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7 dicembre 2011 - 11 Kislev 5772
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David Sciunnach
David Sciunnach, rabbino


Ma Esav gli corse incontro…” (Bereshith 33, 4).
Il grande commentatore italiano Rabbì Ovadià sforno commenta questo verso spiegando che in quel momento il cuore di Esav cambiò in un attimo e questo perché Yakov si era sottomesso a lui. Rabbì Ovadià continua dicendo: Questa è la nostra condizione in esilio con i figli di Esav che dice nella sua alterigia: Chi potrà gettarmi a terra?, e mostra che sfuggiremo alla spada del suo orgoglio con la sottomissione e i doni, come dicono i nostri Maestri, di benedetta memoria, riguardo ad Achiau di Shilò che maledisse Israele paragonandolo a una canna che si piega a tutti i venti (TB Ta’anith 20a).
Ed ecco, continua Rabbì Ovadià, che se avessero fatto così gli zeloti nel periodo del secondo Tempio, questo non sarebbe stato distrutto, come testimoniò Rabban Yohannan ben Zakkay quando disse all’imperatore Vespasiano, nel tentativo di salvare Gerusalemme dalla distruzione (TB Ghittin 56b): “Gli zeloti che sono in mezzo a noi non ce l’hanno permesso”.
 Davide  Assael,
ricercatore



davide Assael
Recentemente ho partecipato a Vercelli a un convegno sul rapporto filosofia milanese, antifascismo e identità ebraica. Relazionando sulla figura di Piero Martinetti, grande filosofo, nonché uno dei 12 professori (su 1200), che hanno rifiutato il giuramento imposto dal regime fascista nel 1931, rinunciando alla cattedra, ne ho messo in evidenza la radicale venatura antisemita, resa evidente e dalla sua riflessione cristologia e dalla recente pubblicazione di un inedito di fine anni ’30 dedicato alla “questione ebraica”. Dato il crescente antisemitismo europeo, mi sono domandato sull’opportunità di un antifascismo che ha rimosso la questione ebraica. Una rimozione che ha impedito all’Europa, non solo un adeguato rapporto con le cosiddette radici ebraiche, ma con la più ampia immagine dell’Altro (dobbiamo sempre ricordare cosa stanno subendo oggi i rom in Ungheria). Assisto con grande interesse alle opinioni di Ugo Volli e Sergio Della Pergola sugli attuali pericoli per Israele e l’identià ebraica; mi chiedo se non ci sia anche da parte nostra una miopia sul significato della “differenza ebraica”, nel momento in cui si fanno distinguo fra partiti esplicitamente xenofobi e si definiscono gli uomini della destra di Geert Wilders “liberali conservatori filo israeliani”. Abbiamo visto con la legge sulla macellazione rituale quanto freghi loro di Israele e delle usanze ebraiche.

davar
Gattegna: "I segni dell'odio offendono gli italiani"
Renzo GattegnaIl presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:

"Le scuse formulate agli ebrei italiani da Luigi Tuccio, assessore all’urbanistica del Comune di Reggio Calabria autore di alcune dichiarazioni antisemite sul proprio profilo Facebook in seguito all’ultima performance televisiva di Roberto Benigni, risultano palesemente inconsistenti e forzate. Le parole utilizzate nel suo attacco sono infatti permeate di un antiebraismo disgustoso che attinge a piene mani dalla peggior retorica nazista e fascista e che non lascia spazio ad alcun dubbio o possibile interpretazione sul suo pensiero a riguardo.
L’assessore Tuccio ha offeso la grande tradizione di civiltà e ospitalità propria del popolo calabrese e di una terra in cui arrivarono a insediarsi oltre 50 comunità ebraiche, scomparse in seguito all’entrata in vigore delle regole imposte dall’inquisizione spagnola, e che ancora oggi dimostra grande sensibilità e interesse verso la cultura ebraica. Da tempo l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha instaurato una proficua collaborazione con la Regione Calabria e l’amichevole accoglienza ricevuta appena poche settimane fa in occasione di un intenso seminario a Belvedere Marittimo e Santa Maria del Cedro ci ha mostrato il lato più bello, caloroso e inclusivo di questa terra straordinaria.
L’augurio è pertanto quello che i vertici del partito che Tuccio rappresenta prendano provvedimenti severi e vigilino affinché episodi simili non abbiano a ripetersi su iniziativa di altri appartenenti a tale formazione politica".

Con Dan Shechtman premiato il coraggio della tenacia
In diretta su moked.it la grande festa del Nobel
Dan ShechtmanInizia oggi la cerimonia di assegnazione dei Premi Nobel 2011. Stoccolma e Oslo, capitali mondiali della cultura e del progresso di questo ultimo scorcio di autunno, sono pronte ormai da giorni ad accogliere e celebrare alcune tra le menti più brillanti del pianeta. Domani mattina a partire dalle 9 riflettori puntati sulla lectio magistralis dell’accademico israeliano Dan Shechtman (nella foto), vincitore del Nobel per la Chimica. La sua è una straordinaria storia di passione, coraggio e perseveranza. Professore di scienze materiali al Technion Institute of Technology e all’Iowa State University, Shechtman entra nell’Olimpo della scienza con la scoperta dei quasicristalli, forme strutturali individuate grazie a un lungo e meticoloso lavoro di ricerca portato a termine nonostante le forti perplessità espresse a suo tempo da non pochi ed eminenti colleghi. Il professore, si legge nella lettera di motivazione del riconoscimento, ha “fondamentalmente alterato il modo in cui la chimica considera la materia solida”. Il suo merito? Aver intuito che gli atomi possono disporsi in una forma ordinata non necessariamente periodica, rivelazione di rottura rispetto a quanto universalmente sostenuto fino al completamento dei suoi studi. Malgrado l’opposizione di buona parte della comunità scientifica alle sue tesi, a volte accompagnate persino da interventi di scherno e dileggio, Shechtman aveva tenacemente scelto di proseguire a testa alta la sua battaglia di verità. Una battaglia oggi premiata dal tributo più prestigioso che consegna a Israele il suo quarto premio Nobel in questo affascinante e dinamico settore del sapere.
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Qui Milano - Un premio nel segno della Memoria
Ambrogino d'oroCome ogni 7 dicembre, anche oggi sono stai consegnati gli Ambrogini d’oro, nome non ufficiale con cui vengono chiamate  le onorificenze conferite dal Comune di Milano. La cerimonia si è svolta questa mattina in un Teatro dal Verme gremito di giornalisti, autorità, e di un calorosissimo pubblico. I cui applausi quest’anno non sono mancati  anche per l’Associazione Figli della Shoah, che ha ricevuto un Attestato di Civica Benemerenza. A ritirare il premio si sono presentati il Presidente Marco Szulc e i sopravvissuti ai campi di sterminio  Liliana Segre e Aaron Tenembaum.
Costituita nel 1998, l’Associazione si occupa di mantenere viva la memoria della Shoah. In primo luogo attraverso le testimonianze dirette dei sopravvissuti ai campi di sterminio, ma anche con un’incessante opera di sensibilizzazione culturale, storica e civile, coinvolgendo le più eminenti personalità della cultura italiana e internazionale. Ha promosso e sostenuto con il Comune di Milano la realizzazione del memoriale “Binario 21” alla Stazione Centrale e ha inoltre realizzato decine di mostre offrendo quindi un contributo decisivo alla campagna di sensibilizzazione per l’istituzione del Giorno della Memoria a partire dal 2001. Oggi, al momento della consegna dell’Attestato, l’Associazione è stata definita “un simbolo di impegno tenace per una memoria consapevole e diffusa, contro ogni barbarie totalitaria e a favore della democrazia e della pace”.
“Dopo anni di lavoro silenzioso, questo Ambrogino d’oro è per noi un riconoscimento molto importante: mette in luce la nostra attività, che da sempre si rivolge in modo particolare alle scuole e ai giovani” ha affermato dopo la premiazione Daniela Dana Tedeschi, volontaria da alcuni anni presso l’Associazione. La Tedeschi ha poi aggiunto: “Questo è un premio che va anche più in generale al volontariato”.
Una medaglia d’oro è stata inoltre conferita a Vera Jarach Vigevani. Ebrea milanese emigrata in Argentina dopo la promulgazione delle leggi razziste, ha lavorato come giornalista a Buenos Aires raccontando il periodo della dittatura militare. Dopo la scomparsa della figlia Franca, è stata una delle prime donne ad aderire al movimento delle “madres de Plaza de Mayo”. Vera non ha mai dimenticato la sua città d’origine: da molti anni tiene incontri nelle università e nelle scuole milanesi sulla tragedia dei desaparecidos italiani.
Una Milano dunque attenta anche al mondo ebraico, che collabora all’arricchimento nel campo della cultura e della formazione che la città può offrire. Come ha detto il sindaco Giuliano Pisapia nel suo discorso d’apertura della cerimonia, interpretando anche il tema dei 150 anni di Unità d’Italia: “Unità è volere il bene di tutti, anche di chi è diverso da noi, per esempio perché professa un’altra religione. Milano deve essere solidale”.

Francesca Matalon


pilpul
Ebraico e democratico
Francesco LucreziIl 49° numero della rivista Justice, organo della International Association of Jewish Lawyers and Jurists (Fall 2011), rappresenta un punto di riferimento particolarmente rilevante per il dibattito sulla natura giuridica dello Stato d’Israele, dal momento che offre ai lettori i testi delle relazioni presentate in occasione del 14° Congresso internazionale della IAJLJ, svoltosi sul Mar Morto dal 2 al 5 febbraio 2011, e dedicato, appunto, al tema di “Israel as a Jewish an Democratic State”. Le molteplici questioni legate a tale peculiare “doppia natura” di Israele (in quanto Stato ebraico e democratico), ai possibili punti di attrito tra queste due qualità costitutive, come anche alla possibilità e necessità che esse vadano invece a fecondarsi reciprocamente, sono state sviscerate da molti punti di vista, attraverso una ricognizione complessiva che ha preso in considerazione l’intera, intensa storia della giovane democrazia, nei suoi momenti essenziali di costruzione e consolidamento (dalla Dichiarazione d’Indipendenza al particolare processo costituente “a tappe”, dalle Leggi Fondamentali del 1992 sulla Libertà di Occupazione e la Libertà e la Dignità della Persona fino alla più recente giurisprudenza della Corte Suprema). Una discussione ricca, serrata, non priva di divergenze e contrapposizioni, di cui non è possibile dare conto nel breve spazio di poche righe.
Mi permetto, semplicemente, di fare un paio di annotazioni riguardo a tale fondamentale problema, così strettamente legato alla stessa ragion d’essere – nazionale, storica, morale, spirituale 
dello Stato d’Israele, alla sua specifica collocazione nella famiglia delle nazioni.
Dovrebbe essere superfluo dire, innanzitutto, che chiunque abbia davvero a cuore Israele dovrebbe difenderne, congiuntamente e contemporaneamente, entrambe le caratteristiche costitutive. Israele è un Paese ebraico e democratico, e tale dovrà restare. È un dato di fatto che l’accettazione del carattere ‘ebraico’ dello Stato non appare sempre condivisa dalla cospicua minoranza araba, e anche (sia pure in misura molto marginale) da alcuni piccoli gruppi di opinione ebraici (all’insegna del cd. “post-sionismo”). Ciò rappresenta, certamente, un problema, ma ogni soluzione non potrà non essere ricercata e praticata all’interno della cornice costituzionale dello Stato delineata dalla Dichiarazione d’Indipendenza, che vuole Israele patria del popolo ebraico, ma sempre attentissimo a garantire pienezza di diritti a tutte le minoranze etniche e religiose, e piena facoltà di parola e di dissenso a tutti i cittadini: anche a coloro che usano la libertà di pensiero e di espressione per contestare le stesse fondamenta di quello Stato che tale libertà assicura e garantisce. Solo una vigile e attenta salvaguardia della qualità democratica della società israeliana, a mio avviso, potrà fungere da efficace baluardo contro gli attacchi alla sua natura di “Stato ebraico”.
D’altra parte, se occorre difendere la natura ebraica di Israele, anche la sua natura di Stato democratico non può essere data per scontata, come acquisita una volta per tutte. Sappiamo bene come, su tanti piani (per esempio, la laicità dello Stato, i diritti dei non osservanti o dei non credenti, la tutela delle minoranze ecc.), la società israeliana presenti talora dei punti di criticità, che talvolta portano diverse componenti della popolazione a dividersi e contrapporsi, in modi anche aspri. E non c’è dubbio sul fatto che il perenne stato di emergenza, se non di assedio, in cui versa il Paese metta sempre in secondo piano una serie questioni essenziali che, in diverse condizioni, emergerebbero con forza, probabilmente in forme non indolori.
La difesa di Israele come Stato ebraico e democratico, insomma, richiede un impegno quotidiano, un’attenzione continua. Ed esprimo qualche perplessità rispetto a chi pare porre una gerarchia di priorità tra i due elementi (per esempio, Fania Oz-Salzberger, in un acuto saggio, pubblicato nel citato fascicolo di Justice, dal titolo, dichiaratamente “provocative”: “Democratic first, Jewish second”). I due termini, infatti (come la stessa studiosa riconosce), non possono essere messi sullo stesso piano, in quanto il primo riguarda un funzionamento civile e politico, il “dover essere” di una società, mentre il secondo esprime semplicemente un dato di fatto, l’“essere” della nazione ebraica. Ed è proprio sull’“essere” dell’ebraismo (non sul “dover essere” della democrazia, che non esisteva nel mondo antico) che si realizza la continuità tra l’Israele moderno e quello antico. Due estrinsecazioni storiche della medesima, identica realtà: il popolo ebraico, libero e sovrano nella sua terra.

Francesco Lucrezi, storico


notizieflash   rassegna stampa
Fischer: "L'economia israeliana tiene"
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"L'economia israeliana, per quanto riguarda la situazione microeconimica, è in buone condizioni. Questo è il risultato delle cose positive fatte in questi anni dai governi che si sono avvicendati". Secondo il governatore della Banca d'Israele Stanley Fischer, a fronte della preoccupate crisi internazionale, ha ricordato che Israele, nonostante sia riuscita ad evitare il peggio, deve tenere alta la guardia. "Se non saremo in grado di agire in modo appropriato non riusciremo a gestire con successo i pericoli a venire".

 
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