|
Socialista ed ebreo |
Visitando
la bella mostra Fotografandoci, 60 anni di vita italiana nelle immagini
dell’Ansa che si chiude oggi al Museo del Vittoriano a Roma, ho trovato
una foto in cui si trovano parole simili a quelle della recente accusa
rivolta a Roberto Benigni di essere comunista ed ebreo (nonché
miliardario). La foto ritrae una manifestazione degli anni ’60 del
movimento di destra Avanguardia Nazionale Giovanile a favore
dell’italianità dell’Alto Adige. Il cartello innalzato dai manifestanti
recita: “Kreisky non è nazista! E’ socialista ed ebreo”. Bruno Kreisky
all’epoca era ministro degli esteri austriaco (nel 1970 sarebbe
diventato Cancelliere) e si era fatto portavoce all’ONU delle richieste
di autonomia della popolazione di lingua tedesca del Sud-Tirolo (Alto
Adige), suscitando le proteste del governo italiano. Credo (ma posso
sbagliare) che le parole “socialista ed ebreo” significhino, nella
mente (si fa per dire) dei giovani manifestanti di destra, che benché
Kreisky non fosse un nazista (se lo fosse stato, probabilmente tutta
l’Italia avrebbe aderito alle proteste contro di lui), era pur sempre
un socialista e un ebreo, e in quanto possessore di tali
caratteristiche sicuramente da osteggiare.
Con l’accusa a Benigni
quella a Kreisky ha in comune l’uso del termine ebreo per denigrare una
persona. La differenza è che Kreisky era in effetti ebreo, anche se
qualcuno lo ha ascritto nella categoria degli ebrei che non si
riconoscono più come tali. Ma questo è un altro discorso.
rav
Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano
|
Davar acher - In fuga dall'Inquisizione |
La casa editrice Giuntina,
grande strumento della cultura ebraica italiana, ha appena pubblicato
un libro di Elia Boccara, intitolato "In fuga dall'Inquisizione. Ebrei
portoghesi a Tunisi: due famiglie, quattro secoli di storia" (pp.408, €
22): è la storia di due famiglie ebraiche che sono vissute fra Tunisi e
Livorno, da cui l'autore proviene. Come accade spesso quando queste
microstorie sono frutto di ricerche e testimonianze d'archivio oltre
che di documenti di famiglia, il libro di Boccara offre una lettura
particolarmente affascinante, presentandoci le grandi vicende della
storia ebraica, dalla Cacciata di Spagna all'emancipazione alla Shoah,
rifratte nelle peripezie di persone concrete, messe di fronte ai
dilemmi esistenziali e alle opportunità, ai rischi e alle pressioni che
ne derivano. Vi sono nel testo personaggi affascinanti, anche se
lontani dalla grande storia, a partire da Dona Isabel Henriquez
Bocarra, imputata di giudeizzare dall'Inquisizione di Toledo nel 1670,
fino a Gabriel e Raymond Valensi, uomini d'affari, fiduciari del
consolato di Francia a Tunisi e capi de facto della comunità ebraica in
quella città, e tanti altri, di cui possiamo osservare le strategie di
vita e la collocazione sociale, grazie alle ricerche d'archivio
riassunte nel libro.
Da lettore appassionato di storia, senza alcuna pretesa di essere un
esperto, sono stato catturato dalla vicenda in fondo semplice ma piena
di complicazioni delle generazioni di due famiglie che si sforzano di
restare a galla fra le grandi tempeste della modernità ebraica. Sono i
discendenti di anusim spagnoli, ebrei che hanno mantenuto
clandestinamente la loro identità nella penisola iberica per due secoli
dopo la conversione forzata, che alla fine del Seicento riescono a
emigrare in Italia, fermandosi a Livorno, ma poi trovano conveniente
impegnarsi nella comunità "portoghese" di Tunisi, mantenendo la
cittadinanza toscana prima e italiana poi. Sempre in movimento sul mare
fra Venezia, Pisa, Tunisi Livorno.
Leggere questo libro, oltre a emozionarmi e a interessarmi molto, mi ha
dato da pensare, suggerendo diverse riflessioni, che mi permetto di
esporre qui. La prima è questa. La passione per il passato, per le
storie familiari, le genealogie, le parentele è probabilmente più
diffusa nel mondo ebraico che in qualunque altro ambiente, a parte
forse una certa nobiltà. La ricerca di Boccara è di alto livello, ma
quale nostra famiglia non ha qualcuno che coltivi la passione di
conoscere le vicende di bisnonni e trisavoli, che non dica con
fierezza: noi veniamo da qui, ci è accaduto questo, il nostro nome era
quest'altro, abbiamo subito queste persecuzioni, siamo scappati di qui.
E' un fatto significativo, che rimanda sì alla dispersione volontaria o
obbligata di tanta parte del nostro popolo, ma soprattutto alla volontà
di riallacciarsi alla nostra origine e di conservarla. Al debito che
tutti abbiamo coi nostri antenati che soffrirono e lottarono per
mantenere il loro ebraismo quando tutto intorno cercava di abolirlo. La
memoria che Boccara ricostruisce dei suoi antenati è in fondo la
risposta adeguata al loro ricordo segreto dell'ebraismo, conservato per
generazioni in mezzo a rischi terribili e a una cultura che li
demonizzava. Non è del resto una novità. Troviamo questa stessa
passione nelle genealogie della Torah e nel richiamo all'anteriorità
che percorre tutto il testo: annunciandosi a Moshè dopo due secoli di
"eclisse" anche il Santo Benedetto si definisce come la divinità "dei
tuoi padri".
Una seconda riflessione riguarda la pluralità ebraica. Nel libro di
Boccara si vede come essa sia stata grandissima e strenuamente difesa,
mentre oggi essa è a rischio, a causa della Shoah, del genocidio
culturale che gli Stati arabi hanno fatto dell'ebraismo sefardita,
della globalizzazione, di un certo centralismo cultuale del rabbinato
israeliano. La comunità ebraica "portoghese", cioè italiana, di Tunisi,
racconta Boccara, convive ma non si confonde per secoli con quella
arabofona di Tunisi, come non si confondono "levantini" e "ponentini" a
Venezia – eppure secondo i nostri criteri attuali sono tutti sefarditi.
Sullo sfondo c'è la tradizione askenazita, anch'essa nelle sue varie
forme, quella italiana (ma ben diversa a Roma, in Piemonte o a
Venezia): tutte vissute come diverse. A Tunisi gli ebrei "portoghesi"
si dividono nell'Ottocento fra francofili e italofoni, e ci sono
diversi gradi di interesse per la dimensione religiosa e di osservanza,
che si indovinano nelle vicende ricostruite dal libro. Insomma non si
trova affatto in questa storia un ebraismo antico chiuso e
completamente autosufficiente, magari ingenuo ma integro, come in certe
immagini oleografiche del nostro passato. Gli ebraismi sono tanti, e
nessuno cerca di unificarli. Una ricchezza che in parte ci è giunta,
per esempio con le diverse edot delle maggiori comunità italiane e con
la fantastica ricchezza culturale israeliana, ma di cui forse ci sfugge
il valore e che rischia di appiattirsi.
Una terza riflessione. Il rapporto che queste famiglia hanno col loro
ambiente, il loro essere immigrati. E' chiaro che esse sono molto
segnate dalla loro appartenenza, che per esempio a Tunisi come in
Bulgaria o a Venezia, ci si ricorda dell'ingrata patria iberica dopo
secoli. C'è oggi una tendenza da parti del mondo ebraico a identificare
la diaspora ebraica nei secoli con l'immigrazione islamica attuale, per
reclamare politiche di accoglienza nei confronti di quest'ultima. Senza
entrare nel merito di ciò, il libro di Boccara aiuta a capire le
differenze profonde fra questi due fenomeni. Anche prima
dell'emancipazione, ininterrottamente per tutta l'antichità e il
medioevo fino all'età moderna, il mondo ebraico ha sempre cercato e
spesso trovato un equilibrio delicato fra la conservazione delle
propria identità e l'integrazione nelle società in cui si muoveva; ha
pregato per i governi degli Stati in cui si trovava, ha adottato lingue
e costumi.
Attaccati al proprio ebraismo fino al punto di conservarlo in segreto
per secoli, gli ebrei raccontati da Boccara, come tanti altri, sono
però anche a loro agio con le culture in cui si muovono. Per secoli a
Tunisi fanno da mediatori fra pirati barbareschi e cittadini europei,
in particolare italiani, per la liberazione dei prigionieri; sono
commercianti che basano la propria fortuna sul credito, dunque sulla
credibilità; non pretendono affatto di imporre i propri costumi o di
conquistare nulla, si adattano, parlano le lingue europee e ne
indossano gli abiti, insomma sono molto più multiculturali loro del
loro ambiente, si affermano per la loro capacità di integrazione, che
non è certo assimilazione. Sono utili al loro ambiente, spesso
indispensabili e assai più colti e produttivi dei loro vicini. Oggi le
cose sono molto diverse, è diverso il rapporto fra mondi religiosi e
fra culture, diverse le pretese della nuova immigrazione.
Il libro di Boccara ci parla, oltre che dei suoi protagonisti, della
nostra comune variabile identità, delle tattiche e delle strategie
della secolare sopravvivenza ebraica. E' un bell'esempio (come
certamente ce n'è molti altri) di una complessità sociale e culturale
nel nostro passato che gli storici senza dubbio conoscono bene, ma che
spesso è occultata dalla ricostruzione popolare e spettacolare
romantica di un mitico passato ebraico incontaminato, povero ma felice,
che sarebbe stato assimilato dalla modernità. In realtà noi siamo oggi
eredi più dell'intraprendenza multiculturale dei "portoghesi" di Tunisi
che dell'isolamento degli shtetl polacchi (che probabilmente in realtà
presentavano anch'essi fenomeni analoghi): siamo sempre stati
mediatori, viaggiatori, interpreti di culture, ci siamo sempre esposti
al rischio della modernità e dell'integrazione; ma siamo qui perché
abbiamo saputo conservare il nostro cuore ebraico proprio grazie a
questo coraggio e a questa apertura.
Ugo Volli
|
|
notizie
flash |
|
rassegna
stampa |
Israele
e Turchia, nuove tensioni |
|
Leggi la rassegna |
E' ancora gelo diplomatico
tra Israele e Turchia. L'ultima puntata della crisi a Vienna con il
presidente del Parlamento turco Abdullah Gul che, in occasione di
un'importante conferenza internazionale, ha scelto di non presenziare
né al pranzo né alla cena ufficiale. Il motivo? La presenza, tra gli
invitati, del ministro israeliano Ehud Barak. "Tra Turchia e Israele i
rapporti non sono ancora tornati alla normalità" ha affermato Gul per
motivare la sua assenza.
|
|
|
|
 |
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono
rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it
indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI -
Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo
aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione
informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale
di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
|
|
|
|
| | |