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9 gennaio
2012 - 14 Tevet 5772 |
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Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova
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"Ed io
assegno a te una parte in più che ai tuoi fratelli (della terra) che ho
preso all'Emoreo con la mia spada e il mio arco." (Genesi 48:22) Nel
Targum Yerushalmi (detto anche di Eretz Israel) questo verso, nella
parte finale, è così parafrasato: "...non con la mia spada, non con il
mio arco, ma con i miei meriti e le mie buone azioni". Tutto ciò che
realizziamo di buono e costruttivo in vita, magari anche più del
dovuto, è perché abbiamo acquisito dei meriti - praticando i nostri
doveri - e fatto buone azioni senza alcun interesse personale. Credo
che il principio che risalta da questa parafrasi redatta circa 1300
anni fa in Eretz Israel, si rispecchi perfettamente nell'operato di
Fabio Norsa, il presidente della Comunità ebraica di Mantova che è
venuto a mancare nello shabbat appena trascorso. Chi lo ha conosciuto, sa che questo principio ha animato la sua
attività in seno alla Comunità ebraica mantovana in particolare e a
quella italiana in generale. Quanto da lui costruito è un patrimonio da
non disperdere e un dovere, per coloro che ne ereditano la
responsabilità, da alimentare e portare avanti. Tehy nafshò tzerurà bitzror
hachayym
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Anna
Foa,
storica
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Di tutte le
modalità della memoria, le pietre d'inciampo - i sampietrini rivestiti
in ottone con il nome di chi è stato deportato dalla casa di fronte al
cui portone il sampietrino è posto, la data di nascita ed eventualmente
di morte - sono fra le più efficaci ed emozionanti. Ogni volta che
incontro questo segnale luccicante, non posso evitare di ricordare che
c'è stato chi ha sceso quella scala ed ha oltrepassato quel portone per
essere mandato alla deportazione. Molti me lo dicono, in molti
l'inciampo è forte e duraturo e tocca sia le emozioni che la volontà di
conoscere e di ricordare. Non riesco ad immaginare che si possa, a meno
di non essere un razzista o un nazista incallito, passare accanto a
quelle pietre e non provare vergogna di tutte le proprie indifferenze,
di tutti i propri compromessi, di tutti i luoghi comuni che si lasciano
crescere nell'animo per pigrizia, ignoranza, paura. In questa
settimana, a pochi giorni di distanza dal 27 gennaio, molte altre
pietre d'inciampo saranno collocate a Roma. Saranno di stimolo,
speriamo, ad una memoria meno ufficiale, più legata alla quotidianità e
alle domande dell'oggi.
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Qui Mantova - La città
intera rende l'ultimo omaggio
al Presidente che ha aperto le porte del dialogo
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Per l'ebraismo
italiano è stato un leader dell'impegno sereno e determinato. Per la
Comunità di cui aveva assunto la guida quindici anni fa, un Presidente
attivo ed entusiasta. Per Mantova, la sua città, Fabio Norsa ha
rappresentato un modello di cittadino, attento al bene della
collettività, benefattore discreto, fautore del dialogo e della
cooperazione, testimone della Memoria e dei valori delle democrazie
contro tutti i fascismi e le intolleranze. Per dare l'ultimo saluto a
Fabio Norsa, il Presidente che volle aprire le porte della Comunità e
della sinagoga condividendo con tutti i cittadini i valori di cui la
gloriosa realtà ebraica italiana è depositaria, i mantovani non si sono
lasciati fermare dalla gelida mattinata feriale, accorrendo in massa
per testimoniare la loro amicizia: esponenti delle istituzioni,
rappresentanti del mondo ebraico, e soprattutto innumerevoli amici di
un Presidente che ha dispensato a piene mani la propria vicinanza a
tutti i cittadini e soprattutto agli appartenenti delle categorie più
deboli e meno integrate nella società maggioritaria.
“La sua testimonianza e l'esempio del suo impegno – ha detto nel corso
della cerimonia funebre il rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova e
Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, rifacendosi
alla tradizione mistica della grande cultura ebraica mantovana – non
devono conoscere soste, devono continuare a vivere nel nostro impegno
di tutti i giorni. Non dobbiamo dare a noi stessi neanche un giorno di
pausa per portare avanti ciò che Fabio Norsa ha iniziato”.
Quella del rav Locci è stata solo una delle tante voci levatasi,
assieme a quella del vicepresidente UCEI Anselmo Calò e a molti
presidenti di Comunità ebraiche italiane, per rendere omaggio alla
figura di Norsa. Attorno a loro, mentre i quotidiani cittadini
dedicavano ancora una volta la prima pagina alla sua scomparsa, tanta
gente, tanti comuni cittadini. Al tributo del vescovo di Mantova
monsignor Roberto Busti e del leader della comunità islamica Ammahadi
Ben Mansour, si è aggiunto anche quello della Città rappresentata dalle
sue più alte autorità. Ad accogliere il feretro al cimitero ebraico, al
di là delle acque del Mincio, il sindaco di Mantova Nicola Sodano. Con
lui il presidente della Provincia Alessandro Pastacci, il direttore
dell'Università mantovana Frediano Sessi, il presidente dell'Istituto
nazionale di Storia mantovana Maurizio Bertolotti, i fondatori del
Festival Mantova Letteratura Carla e Luca Nicolini, il conservatore
della Biblioteca Teresiana Cesare Guerra, il questore Stefano Duca, il
comandante generale dei carabinieri Angelo Franchi, il comandante
provinciale della Guardia di Finanza Marco Molle. Fra la gente i
parlamentari mantovani (accanto alla famiglia l'onorevole Marco Carra),
Emanuele Nitri dell'Ufficio nazionale antidiscriminazione (Unar), molti
esponenti delle comunità Rom e Sinte, i direttori dei quotidiani La
Gazzetta di Mantova Enrico Grazioli e della Voce di Mantova Romano
Gandossi.
E ancora molti, molti altri (impossibile citarli tutti), esponenti del
mondo politico, culturale, produttivo. Fra i tanti, anche Fiorenza
Brioni e Fausto Banzi, esponenti del mondo politico locale che nella
loro qualità di sindaco di Mantova e di assessore provinciale quattro
anni fa assieme a Fabio vollero l'Osservatorio contro le
discriminazioni Articolo 3, nato con la collaborazione dell'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane e della redazione del Portale
dell'ebraismo italiano www.moked.it e con il coinvolgimento di molti
altri gruppi minoritari presenti nella realtà mantovana. Proprio la
gente che ogni giorno dà vita a questo Osservatorio, di cui Fabio Norsa
è stato il primo presidente, e che costituisce un'iniziativa locale che
ha assunto il ruolo di modello operativo in campo nazionale ed europeo,
si è stretta questa mattina attorno all'impegno di proseguire, con
determinazione e senza incertezza, lungo il cammino di apertura e
testimonianza che con il suo lavoro Fabio Norsa ha coraggiosamente
indicato.
Rossella Tercatin
Gli islamici salutano Norsa. "Preghiamo lo
stesso Dio"
Lo spirito della legalità aveva
nome Fabio
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Qui Roma - Le pietre della
Memoria
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È un sampietrino in
onore di don Pietro Barbagallo, sacerdote che durante l’occupazione
nazista di Roma diede soccorso a numerosi perseguitati e venne poi
assassinato alle Fosse Ardeatine in seguito alla denuncia di una spia
tedesca, ad aprire la terza edizione dell’installazione nelle strade
della Capitale delle “stolpersteine”, le ormai celebri pietre
d’inciampo ideate dall’artista Gunter Demnig. La cerimonia odierna,
svoltasi alla presenza di autorità politiche, leader ebraici e dello
stesso Demnig oltre che di numerose scolaresche coinvolte in uno
specifico progetto didattico, è stata preceduta da una conferenza
stampa di presentazione del fitto calendario di installazioni, 72 in
totale, che si svolgeranno in questi giorni a Roma (a seguire
la commemorazione di don Barbagallo, apertasi con la lettura
di alcuni passaggi della sua eroica attività di assistenza,
l’apposizione di 19 sampietrini in memoria dei familiari di Giulia
Spizzichino, uccisi ad Auschwitz e alle Fosse Ardeatine, in via Madonna
dei Monti). L’iniziativa, coordinata dalla storica dell'arte Adachiara
Zevi e promossa da ANED, ANEI, CDEC, Federazione delle Amicizie Ebraico
Cristiane italiane e Museo Storico della Liberazione, è posta
sotto l’Alto Patronato del Presidenza della Repubblica e si svolge con
il patrocinio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, della
Comunità ebraica di Roma e dell’Ambasciata della Repubblica
Federale di Germania.
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Qui Torino - Il saluto
dell'ambasciatore Meir
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Ieri sera
l'ambasciatore d'Israele in Italia Gideon Meir ha voluto terminare, con
la Comunità ebraica di Torino, il giro di saluti alle comunità ebraiche
italiane per la fine del suo mandato. Cinque anni intensi di lavoro, di
iniziative ed eventi hanno caratterizzato la sua esperienza diplomatica
nel nostro paese. Di quest'esperienza Meir, dopo le parole introduttive
di Emanuel Segre Amar, ha tracciato un bilancio alla Comunità nel corso
di una cena affollata e ben riuscita. L'ambasciatore, accompagnato
dalla moglie e al tavolo con il presidente della Comunità ebraica di
Torino Giuseppe Segre, i vicepresidenti Emanuel Segre Amar e David
Sorani, la vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Claudia De Benedetti e il consigliere UCEI Giulio Disegni, ha ricordato
il momento difficile che Israele sta vivendo nell'attuale panorama
mediorientale in evoluzione ed ha accennato agli impegni che presto lo
attenderanno a Gerusalemme nel nuovo incarico che affronterà come
direttore generale al ministero degli Esteri. La serata ha avuto
l'attenzione di tutti rivolta anche al momento difficile che l'Italia
attraversa ed all'antisemitismo strisciante sui media e nella rete.
Anche di questo si è parlato, ma l'ambasciatore non ha avuto
esitazioni: una comunità ebraica forte ed unita a fianco dello Stato di
Israele può sicuramente aiutare a vincere l'antisemitismo spesso
mascherato da antisionismo, una minaccia che sta purtroppo riaffiorando
negli ambiti più disparati.
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In cornice - Stereotipi
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La discussione sugli
"ultra-ortodossi" in Israele e sul loro estremismo, che riempie la
stampa mondiale e questa newsletter, manca spesso di un'analisi appena
approfondita sulla loro società, molto più divisa e dinamica di quel
che si pensi. Si parla per stereotipi, seguendo le orme di artisti come
Isidor Kaufmann o Tony Binder o Lazar Krestin, che dipingevano
ultra-ortodossi come fossero mummie. Niente a che vedere con Marc
Chagall o Emmanuel Manè Katz, che ci hanno lasciato opere
molto più coinvolgenti, anche se dal soggetto simile, che sono finite
per diventare per quasi tutti la tipica arte ebraica di inizio
Novecento. Allora, perché ci piace Chagall e pensiamo come
Kaufmann? Perché non cercare di cogliere la ricchezza degli
"ultra-ortodossi”, posto che si sappia dove trovarla e come
valorizzarla? Perché non capire che quel mondo non è mummificato e
legato a un passato lontano ma in continua evoluzione? Si potrebbe, ad
esempio, iniziare a riflettere sulle conseguenze del cambio
generazionale non solo nel nostro ambiente laico, ma anche in buona
parte di quello ultraortodosso, con il ricordo della Shoah che fa
sempre meno da collante sia qui che lì.
Daniele
Liberanome, critico d'arte
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Tea for two - Il matrimonio |
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Poupette, la strepitosa
bisnonna di Vic nel Tempo delle mele, diceva intrisa di saggezza: " Il
matrimonio è l'arte di risolvere in due i problemi che non hai quando
non sei sposato." L'Huffington Post, il sito di notizie più potente al
mondo, ha aperto prima la sezione dedicata al divorzio (con la
collaborazione della celeberrima Nora Ephron) e poi quella del
matrimonio. Ma allora perché continuare, perché non accettare
passivamente il cinismo che sempre di più invade e dirada le nostre
nuvolette di zucchero filato? Perché il matrimonio è di per sé un fatto
prodigioso. L'unione di due individui che scelgono deliberatamente di
condividere l'armadio, le gioie e i dolori per il resto della propria
vita. Decidono di sopportare il tubetto del dentifricio spremuto da
sopra per un bene superiore. Tollerano la possibilità di avere una
presenza che 'ciondoli' per casa senza un fine ben preciso. Accettano
di preparare minestrine e infusi miracolosi per l'influenzato
stagionale di turno. Sono ben consapevoli che non sapranno mai cucinare
le leccornie di mamma e non avranno mai il potere decisionale del papà.
Ma con la sicurezza di girarsi indietro e di poter contare su qualcuno
in questo mondo, dove tutto sembra un pavimento scivoloso sul quale è
stata appena passata la cera. La celebrazione del matrimonio ebraico è
un insieme di rituali che eternano il momento: la cuppah, la rottura
del bicchiere, i balli forsennati (forse per intontire lo sposo e non
fargli realizzare la parziale o totale perdita della tanto agognata
libertà). Tutto questo lo so perché sono la cugina della sposa.
Fortunatamente mi hanno esonerata dall'indossare uno di quegli abiti
color lavanda che solo gli stomaci forti possono tollerare. E non sono
nemmeno stata obbligata a farmi fare una permanente riccia anni '80 che
fa sembrare chiunque un personaggio di Kiss me Lycia. In compenso non
ho fatto la cugina cattiva dei matrimoni che vuole a tutti i costi
accalappiare un invitato o che assaggia la torta nuziale con le dita.
La sposa non è una ragazza qualsiasi.
Mia cugina, Michal Colombo,
è una delle persone più particolari che abbia mai conosciuto. Scrive
come se fosse la figlia naturale di Tolstoj e a volte snobba la
grammatica. Sforna idee come torte al cioccolato (certo se sapesse fare
anche quelle non sarebbe male, ma imparerà, tra bruciature e fumo poco
rassicurante). Prende decisioni risolute da quando ha pronunciato le
prime parole. Per questo è stato così emozionante vederla mentre si
dava da fare per costruire pezzo dopo pezzo questo matrimonio. Tra
qualche telefonata su skype, messaggi lapidari ("Non riuscirò mai a
fare tutto in tempo") e il discutere delle disposizioni dei tavoli, che
portano quasi sempre a voler decapitare qualche povero e inconsapevole
invitato che non si sa dove piazzare, mi sforzo per non commuovermi.
Ricordo quando disegnavamo i vestiti e lei puntualmente ideava il suo
vestito da sposa, disegnando piccolo per fare entrare più modelli in un
unico foglio per fare economia. E la cosa più bella è vedere
che ha incontrato qualcuno che ha il suo stesso livello di follia misto
a genialità. Vedere David e Michal insieme è come assistere
ad un telefilm delle sette di sera. Non puoi sentirti di troppo perché
ti invitano immediatamente ad accedere nelle loro strane e
divertentissime dinamiche di coppia. Mazal Tov David e Michal per
compiere il prodigio del matrimonio e dare un bel calcione al cinismo.
Rachel
Silvera, studentessa
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notizie
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rassegna
stampa |
Israele
- L'anchorman Yair Lapid
lascia la televisione per la politica
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Leggi la rassegna |
Yair Lapid, uno dei giornalisti israeliani più noti, abbandonerà
l'incarico di conduttore del telegiornale del week-end nella
televisione commerciale Canale 2 per entrare in politica. La notizia,
anticipata dal sito web Ynet, desta preoccupazione nel partito
centrista di opposizione Kadima perché la piattaforma di Lapid è
simile, per certi versi, a quella del partito di Tzipi Livni.
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"L'Iran si fermi sulla linea
rossa" Maurizio Molinari, La Stampa,
9 gennaio 2012
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
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