Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme
|
|
Quando si discute, le parole
contano. Contano per il contenuto e il significato, ma anche per il
suono e l'accento. In questi giorni si parla molto di "haredím", il
collettivo degli ebrei molto osservanti delle tradizioni e, in misure
variabili, in cerca di segregazione dalla società moderna. È un
collettivo che è difficile da definire chiaramente, e che se proprio
esiste, è peraltro eterogeneo ideologicamente, con storie e realtà
diverse, frammentato fra correnti in perpetua e accanita competizione
reciproca. E come tutti i gruppi umani, con le sue buone aliquote di
moderazione e di estremismo, di santità e di devianza. La parola
"harèd", traducibile con "timorato" ma anche "preoccupato",
"impaurito", "in preda al panico", per associazione comunitaria al
singolare "haredí", e al plurale "haredím", inizia in ebraico con la
consonante "hèt", che produce un suono gutturale forte e profondo. Il
suono della "hèt" contraddistingue le lingue semitiche e il Medio
Oriente. Pochissimi in occidente la sanno pronunciare bene. Quasi tutti
la confondono con la lettera "hé" che corrisponde a una semplice acca
aspirata. D'altra parte, molti confondono la "hé" con la "alef", che
non ha nessun suono. Ma "hèt" semmai assomiglia a una "ch". Non
proprio, perché per esprimere questo suono palatale esiste la
consonante "caf", purché non all'inizio di una parola quando il suo
suono equivale a quello di una kappa. Ma in definitiva la "hèt di
"haredím" è una consonante dal suono forte. Di conseguenza, quando in
italiano si parla del collettivo, l'uso corretto dell'articolo è sempre
"i haredím" e non "gli haredím", come invece si legge frequentemente in
Italia sulla stampa in generale ma anche sulla stampa ebraica. Lo
strafalcione va fatto notare e va corretto. Se riusciamo a metterci
d'accordo sulla pronuncia e sull'uso esatto delle parole, forse poi
potremo concordare anche sul loro significato e sulle loro implicazioni
più profonde.
|
|
Roma,
Palazzo Chigi. Davanti a un folto pubblico di giornalisti e operatori
della stampa è stato presentato nel primo pomeriggio il programma di
eventi organizzati per la dodicesima edizione del Giorno della Memoria
con il patrocinio del comitato di coordinamento per le iniziative in
ricordo della Shoah. Un programma articolato che si dipana in più
giorni, città e sedi coinvolgendo accademici, storici, giornalisti,
rappresentanti delle istituzioni e della società civile. Parola
d’ordine: sviluppare il ricordo, educare a una Memoria consapevole. Si
parte il 23 gennaio con un grande convegno sullo sterminio alla Scuola
Superiore dell’Amministrazione dell’Interno e si prosegue con eventi
dedicati alla Shoah e all’identità europea, alle persecuzioni in Italia
e al ruolo dei testimoni, passando per il consueto appuntamento al
Quirinale il 27 gennaio mattina. Ad aprire la conferenza stampa il
ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione Andrea
Riccardi che ha ricordato l’importanza di celebrare una Memoria solida,
sentita e priva di retorica. In questo senso va quindi l’allestimento
di numerose iniziative rivolte ai più giovani, a quelle nuove
generazioni che sono chiamate ad essere un presidio contro l’insorgere
di nuovi pregiudizi e intolleranze. A fianco del ministro Riccardi il
presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna
che, seguito negli interventi dalla coordinatrice dell'Ufficio
Studi e Rapporti Istituzionali della Presidenza del Consiglio dei
Ministri Anna Nardini, dal sovrintendente dell’Archivio centrale dello
Stato Agostino Attanasio e dal presidente della Fondazione Museo della
Shoah Leone Paserman, ha tra l'altro ribadito l’importanza di guardare
al futuro, di trovare chiavi sempre nuove e coinvolgenti per
trasmettere la lezione del ricordo a tutti i cittadini italiani.
|
Qui Roma - Il saluto della Capitale all’ambasciatore Meir
|
|
È
un grande incontro tra popoli nel segno della musica l’arrivederci
rivolto da Roma all’ambasciatore di Israele in Italia Gideon Meir che,
conclusi i cinque anni di missione nella Capitale, si appresta a
tornare a Gerusalemme per assumere un importante ruolo dirigenziale al
ministero degli Esteri. David D’Or e Noa, Raiz e Hana Yahav: sono solo
alcuni degli interpreti avvicendatisi ieri sul palco dell’Auditorium
della Conciliazione per una serata di note e parole, condotta da
Fabrizio Frizzi, che si declinava nel segno dell’intenso legame di
amicizia tra Italia e Israele e che voleva a questo modo rivolgere un
caloroso “lehitrahot” al diplomatico uscente e a sua moglie Amira.
Sedevano tra il pubblico alte cariche istituzionali, grandi
protagonisti della cultura e della società italiana, numerosi leader
ebraici. Tra gli altri hanno voluto testimoniare la loro vicinanza il
presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il presidente del
Consiglio Mario Monti, i suoi predecessori Silvio Berlusconi e Romano
Prodi, il presidente del Senato Renato Schifani, il presidente della
Camera Gianfraco Fini e il ministro degli Esteri Giulio Terzi di
Sant’Agata. Intervenendo sul palco in apertura di concerto e dopo le
parole di stima espresse dal ministro Terzi di Sant’Agata, Meir ha
tracciato un bilancio della sua quinquennale esperienza romana. “Sono
stati anni straordinari, assolutamente indimenticabili. Lascio un paese
che mi ha dato tanto – ha affermato l’ambasciatore – e che mi ha sempre
fatto sentire a casa regalandomi emozioni, calore e stimoli”.
a.s.
|
Qui Torino - Nuovo Consiglio per gli amici della scuola
|
|
Oltre
duecento iscritti, destinati a crescere. Attività che si rivolgono al
sociale ma anche all’aggregazione di chi negli anni ha popolato, intere
generazioni di studenti, le aule della scuola ebraica di Torino. Il
sociale perché l'associazione ex allievi e amici della scuola ebraica
di Torino, nata tre anni fa sull’onda del "rivedersi” e del “fare
attività insieme", non dimenticando gli aspetti fondanti dell'ebraismo,
dell'antifascismo e del carattere democratico tutelati da questo
glorioso istituto, vuole essere un valido supporto alle esigenze degli
studenti di oggi attraverso l’acquisizione di materiale tecnico e
didattico oppure ancora attraverso l’erogazione di borse di studio per
i più meritevoli. Elemento caratterizzante è però la peculiarità delle
attività che mensilmente si organizzano: visite a sinagoghe e antichi
ghetti ebraici del Piemonte, musei e residenze sabaude del torinese,
spettacoli, teatrali e musicali (a tema ebraico e non), iniziative nel
segno del ricordo con appuntamenti dedicati alla Memoria e alla
liberazione dell’Italia dal giogo nazifascista. Insomma, un insieme di
proposte indirizzate a un pubblico eterogeneo e ampio (si contano
associati di 15 come di 90 anni) che ne fanno oggi una realtà ferma e
vita nell'ambito non solo della Comunità ebraica quanto dell’intero
contesto cittadino. L’assemblea
dei soci ha appena eletto il nuovo Consiglio dell’associazione per il
triennio 2012-2014. Risultano eletti Sonia Brunetti, Mara Di Chio,
Giulio Disegni, Lidia Krieger, Shemuel Lampronti, Daniel Lascar, Livia
Momigliano, Ingeborg Scheitlin e Nicoletta Scrivo. Il Consiglio,
riunitosi a metà di questa settimana, ha poi scelto di confermare alla
presidenza il consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Giulio Disegni, già al lavoro sul programma a breve e lungo termine. I
prossimi appuntamenti, ci spiega, saranno incentrati sul valore della
memoria. Si inizierà il 2 febbraio con la proiezione di La chiave di Sara,
pellicola di Gilles Paquet-Brenner sui fatti del 16 luglio 1942 quando
la polizia francese, obbedendo alla volontà dei tedeschi, rastrellò
migliaia di ebrei parigini e li rinchiuse per giorni nel Vélodrome
d'Hiver, per proseguire il 12 febbraio al Teatro Murialdo di Torino con
lo spettacolo Processo a Dio di
Stefano Massini per la regia di Mario Piazza. Un’opera intensa e
struggente, ambientata nel campo di Maidanek ormai liberato dove alcuni
ebrei, ancora presenti al suo interno, inscenano un processo al
creatore nel tentativo di capire la mostruosità della Shoah.
|
|
torna su ˄
|
|
|
L'inciampo
|
La soluzione inaspettata del
caso sul furto delle pietre d’inciampo mi stimola ad alcune
riflessioni. Diamo per scontato che l’autore del furto/demolizione dica
il vero e non abbia cercato di nascondere un atto antisemita per paura
delle conseguenze. Ma riflettiamo sulle sue argomentazioni:
1.Innanzitutto, le pietre d’inciampo gli sembravano, così poste davanti
a casa sua, un cimitero. Insomma, ci è proprio inciampato sopra! Ha
dovuto pensare che alcune persone sono state trascinate a forza da
quella casa verso il campo di sterminio. L’idea gli è riuscita di
disturbo, tanto da pensare, eliminando le pietre, di eliminare anche
l’inciampo emotivo.
2.E per farlo, ha pensato bene di compiere un atto vandalico su terreno
pubblico (perché il marciapiede è terreno pubblico, non privato), in
un’estensione abnorme del suo diritto di proprietà: casa mia!
3. Il signore in questione non è un povero analfabeta, ma un
farmacista. Se non è un commesso di farmacia, si suppone che abbia
fatto la facoltà di farmacia, e prima ancora una scuola superiore. Il
risultato è proprio fantastico!
4. Se quanto dicono i giornali è esatto, il signore in questione ha
detto che le pietre erano brutte. Ne deduco che si senta autorizzato ad
andare nei musei a distruggere quanto non corrisponde al suo
giudizio estetico, visto che questa parola è stata da lui scomodata per
il suo atto.
Anna Foa, storica
|
Vivere davvero
|
Le bombe; i kamikaze; il
negazionismo; la propaganda ideologica anti-sionista e antisemita;
l'avversione di destra e di sinistra; l'odio islamista; un odio
indeterminabile che potrebbe sorgere dalla palude umana; fazioni
opposte che progettano insieme la criminalizzazione di ogni esistenza
ebraica: ognuna di tali questioni è estremamente seria, e tutte insieme
hanno posto in uno stato di allerta difensiva la persona ebraica,
protesa in un vano, surreale sforzo di decostruire le menzogne,
smascherarle, ridicolizzarle. Quasi che fosse divenuto possibile
vivere, se vogliamo chiamarlo vivere, urlando ogni minuto: "Non è
vero". Ahinoi, è tutto risibilmente inutile se l'azione è meramente
difensiva: bisognerà cambiare passo, dire quello che c'è da dire,
criticare quello che c'è da criticare, parlare e sognare di altro,
uscire da questo cerchio buio: la vita ci richiede un'estenuante
veglia. Ci vorranno anni, forse decenni, per ricostruire ide personali
o collettive che non siano solo idee dettate dall'esigenza di
schierarsi; anni per realizzare ponti verso le società nazionali nelle
quali viviamo, costretti a parlare unicamente e angosciosamente di noi
stessi. Anni per vivere normalmente, anche se non c'è più niente di
normale.
Il
Tizio della Sera
|
|
|
torna su ˄
|
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo
messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare
con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete
comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it
indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI -
Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo
aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione
informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale
di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
|
|
|
|
|
|
| |