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  27 gennaio 2012- 3 Shevat 5772
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
Alberto
Sermoneta,
rabbino capo
di Bologna


La rappresentazione di un'opera di Hans Krasa, musicista ebreo trucidato ad Auschwitz, il quale la compose per dei bambini e la rappresentò nel campo di Terezin per ben 55 volte si è tenuta a Bologna, nell'aula Prodi dell'Università. L'opera si intitola "Il Calabrone" ed è rivolta ai giovanissimi. Non a caso nella parashà della settimana è affermata la mitzvà di narrare ai bambini ogni cosa che fa parte della nostra storia, anche quelle che possono apparentemente impressionare, ma che sicuramente un giorno avranno loro stessi il dovere di narrare al nostro posto.

Laura Quercioli Mincer, slavista


laura mincer
In un grande liceo della Capitale siamo invitati a parlare, ovviamente, del Giorno della Memoria. I ragazzi che sono stati ad Auschwitz raccontano le loro esperienze: la bellezza della cattedrale e del castello di Cracovia e poi, con lo stesso sorriso, la storia atroce delle sorelle Bucci, la descrizione delle montagne di protesi e di occhiali. Con lo stesso sorriso, una foto scattata dal gruppetto nel terreno del Lager. Strani e terribili i modi in cui si esprime l’empatia.

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Qui Roma - Memoria scuola di vita
Un protocollo triennale per costruire assieme la scuola della Memoria. Nel corso della cerimonia per il Giorno della Memoria celebrata questa mattina al Quirinale, al centro delle riflessioni del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e del ministro dell'Istruzione Francesco Profumo l'accordo di collaborazione recentemente siglato tra UCEI e Ministero per portare la didattica della Shoah in tutte le aule del nostro paese. "La firma del protocollo è avvenuta proprio in questi giorni" ha affermato Gattegna ricordando come le basi di questo accordo siano state poggiate in occasione del viaggio della Memoria che il presidente dell'Unione aveva compiuto nelle scorse settimane in Polonia in compagnia dello stesso Profumo e di centotrenta giovani da tutta Italia. "E' stato un viaggio intenso che ha lasciato una traccia indelebile in ciascuno dei partecipanti" ha testimoniato il ministro ribadendo l'impegno assunto affinché nelle scuole italiane "si insegnino i principi fondamentali della nostra Costituzione che, senza alcun tipo di fraintendimento, riconosce a tutti i cittadini uguali diritti e dignità". Particolare attenzione, quindi, al pericoloso strisciare di razzismi e pregiudizi in più strati della società con la scuola "pronta in prima fila a disinnescarli". Nel corso del suo intervento il presidente Gattegna aveva poi specificato come gli eredi dei nazisti, i veri nuovi nazisti, siano oggi i negazionisti. "Essi - ha sottolineato - sono i continuatori di quella feroce distruzione di milioni di esseri umani dei quali tentarono di annientare anche l’identità, mentre erano in vita, sostituendo i loro nomi con dei numeri incisi indelebilmente sulla loro pelle, infliggendo loro dolori e umiliazioni, per poi ucciderli negando anche la sepoltura, riducendo i loro corpi in cenere fino al totale annientamento e occultamento". Sul finale un appello accorato affinché il Giorno della Memoria, di cui si celebra quest'anno la dodicesima edizione, non sia considerato né una "semplice commemorazione dei defunti" e neppure un evento "dedicato esclusivamente alle vittime del popolo ebraico". Ferma restando la specificità della Shoah, che fu il tentativo di realizzare il genocidio perfetto, insuperato e insuperabile sia nella progettazione, che nella tecnica e nella sistematica violazione di qualsiasi diritto, questa deve essere, spiega Gattegna, "l’occasione di una riflessione condivisa che abbracci anche tutte le altre vittime di quella tragedia: gli oppositori politici, gli omosessuali, i disabili fisici e mentali, le popolazioni rom e sinti". "Vogliamo - ha poi detto - che da questa riflessione si possa trarre un insegnamento e un monito, che non sia rivolto solo al passato, ma che ci porti ad interrogarci ancora oggi, giorno dopo giorno, sulla solidità etica del nostro presente per costruire insieme un futuro di pace e di giustizia". In prima fila, seduto a fianco di numerose autorità politiche, militari e religiose, di leader e rappresentanti delle istituzioni ebraiche in Italia, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano applaude più volte. E' poi il suo turno, l'ora di affacciarsi sul palco. Quello stesso palco su cui, pochi istanti dopo, saliranno l'attore Gabriele Lavia per recitare Se questo è un uomo di Primo Levi e gli studenti delle scuole vincitrici del concorso I giovani ricordano la Shoah. "Il Giorno della Memoria che abbiamo celebrato oggi - afferma Napolitano - è uno dei più intensi degli ultimi anni. Per la forza politica e morale dei contributi del ministro Profumo e del presidente Gattegna. Per le genuine, appassionate testimonianze degli studenti. Per il quadro ricco come non mai, che qui si è riflesso, delle iniziative indette in tutto il paese. Per il valore, in particolare, di realizzazioni come quella della mostra del Vittoriano sui ghetti nazisti in Polonia o come quella dell'elenco, reso accessibile online, degli oltre 7mila cittadini ebrei vittime della persecuzione nazifascista in Italia durante la Repubblica sociale e l'occupazione tedesca". Soffermandosi sul nuovo accordo per la didattica del ricordo, Napolitano conferma che questa iniziativa rappresenta il miglior antidoto “a quei rigurgiti di negazionismo e antisemitismo, di intolleranza e di violenza che il ministro ha denunciato come fenomeni, per quanto marginali, da stroncare sul nascere". Segue una significativa digressione sul percorso di consapevolezza e autocritica compiuto nel corso degli anni dai paesi responsabili delle persecuzioni. "Noi italiani - scandisce il Capo dello Stato - chiudemmo i conti con il nazifascismo e con il nostro passato più buio combattendo la guerra di Liberazione e dandoci la Costituzione repubblicana. Ciò detto non abbiamo smesso di cercare e diffondere la verità, guidati anche dalla grande luce della testimonianza e del messaggio di Primo Levi. E su misfatti come quello delle leggi razziste e delle loro conseguenze, abbiamo fatto conoscere la dura verità, negli ultimi anni come non mai". In chiusura, prima della premiazione delle scuole, una intensa celebrazione della giurisprudenza comune dei diritti umani andata affermandosi in Occidente sulle ceneri dell'orrore dello sterminio. "Coltivare queste conquiste contro ogni regressione - commenta Napolitano - è il modo più giusto e fecondo di rendere omaggio alle vittime della Shoah, al sacrificio, alla resistenza, alla rinascita del popolo ebraico".

 Adam Smulevich

Qui Milano - Generazioni a confronto sulla Memoria
“Ecco ciò che mi assilla: qual è il futuro della Memoria? Cosa sarà della nostra fatica, dei nostri sforzi per parlare, per testimoniare alle persone quello che è stato, quando l’ultimo di noi non sarà più?”. Questa l’accorata riflessione di Goti Bauer, deportata ad Auschwitz nel maggio 1944, e unica sopravvissuta della sua famiglia, nel suo intervento alla serata-concerto “Milano ricorda la Shoah” organizzata da Associazione Figli della Shoah, Comunità ebraica di Milano, Conservatorio G. Verdi, Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, Fondazione Memoriale della Shoah all’auditorium del Conservatorio. Un’inquietudine che ha spinto Goti Bauer addirittura a domandarsi se “la responsabilità di questa preoccupazione non sia anche nostra, di noi reduci, che non abbiamo iniziato a parlare prima, che tornati dai campi, quando nessuno voleva ascoltare quello che era successo, ci siamo arresi, perché figli della cultura del silenzio”. Accanto a lei sul palco, due persone con cui condivide l’impegno della testimonianza, Liliana Segre e Nedo Fiano, che hanno raccontato come e perché hanno trovato il coraggio di squarciare quel silenzio, in una conversazione con Liliana Picciotto, storica del Cdec e autrice de “Il libro della Memoria”, che ha raccolto i nomi degli ebrei deportati dall’Italia. “Leggere il mio nome su quell’opera è stato uno stimolo fondamentale - ha spiegato la signora Segre - e ancora di più realizzare come il mio fosse uno dei pochissimi con la specificazione ‘liberata’. E sono felice che oggi esista uno strumento ancora più consono ai giovani per ricordare quei nomi”. Il riferimento è al nuovo portale realizzato dal Cdec inomidellashoah.it, presentato da Picciotto nel corso della serata. Online dal 26 gennaio sulla home page del sito scorreranno ogni giorno cento nomi diversi di deportati dall’Italia.
A dare una risposta, simbolica e concreta allo stesso tempo, alle preoccupazioni dei sopravvissuti sul futuro della Memoria sono state le voci levatesi nel corso della serata. A cominciare da quelle delle autorità, con l’intervento di Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera alla guida della Fondazione Memoriale della Shoah, di Lucia Castellano, assessore alla Casa, Demanio, Lavori pubblici del Comune di Milano, Bruno Dapei, presidente del Consiglio provinciale, Alessandro Colucci, assessore regionale ai Sistemi verdi e Paesaggio, del presidente della Comunità ebraica Roberto Jarach e di quello del Cdec Giorgio Sacerdoti, del rabbino capo di Milano Alfonso Arbib, accolti dal direttore del Conservatorio Sonia Bo. A intervallare i momenti di riflessione, sono stati gli intermezzi musicali, aperti da rav Elia Richetti, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana, con El Maleh Rachamim, canto liturgico per le anime dei defunti. Gli allievi del Conservatorio e il Coro di Voci bianche e Coro V. Delman, diretti da Edoardo Cazzaniga, hanno eseguito musiche di Gustav Mahler, e di Felix Mendelssohn-Bartholdy, oltre ad alcuni brani di musica ebraica.
Ma a rispondere alla preoccupazione dei reduci, sono state soprattutto la “seconda” e la “terza” generazione di testimoni, i figli e i nipoti dei deportati, attraverso le voci emozionate di Clara Wachsberger, figlia di Arminio, sopravvissuto ad Auschwitz, Paola Sonnino, nata pochi mesi dopo la deportazione del padre Piero e poi di Micol Di Segni e Jonathan Mele, bisnipoti di Enrica Di Segni, scomparsa nello sterminio, che hanno condiviso con il pubblico l’esperienza dei propri cari.
L’impegno delle nuove generazioni fondamentale dunque perché quanto è accaduto non venga dimenticato, per la vigilanza del presente e la costruzione del futuro. Un concetto alla base anche dell’iniziativa “I giovani ricordano”, promossa dall’Unione giovani ebrei d’Italia al liceo classico Alessandro Manzoni, con la proiezione del docu-film “Fratelli d’Italia”. “Penso che i giovani debbano farsi carico di tramandare ciò che è stato - ha spiegato Alessandra Ortona, vicepresidente Ugei - soprattutto in un momento in cui i testimoni diretti sono sempre meno, e che debbano essere i primi promotori del rifiuto contro ogni discriminazione”.

Rossella Tercatin

Qui Roma - Assieme ai Testimoni
Angelo Di Porto, anni 6. Grazia Di Porto, anni 6. Marco Zarfati, anni 6. Roberta Calò, anni 7. Graziella Di Porto, anni 7. Nel Tempio Maggiore di Roma i 221 nomi dei bambini deportati e mai più tornati a casa sono pronunciati, nel silenzio, dai ragazzi delle associazioni giovanili Benè Akiva e Hashomer Hatzair e delle scuole ebraiche Angelo Sacerdoti e Renzo Levi. Il 222esimo bambino, senza nome, venuto alla luce al Collegio Militare, è stato invece ricordato dal rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma che, con la voce rotta dalla commozione, ha concluso la cerimonia indirizzando parole di consolazione ad uno dei testimoni presenti, Andra Bucci, che poco prima aveva detto di fronte a tutto il pubblico presente di vergognarsi per essersi salvata mentre tantissimi suoi coetanei avevano avuto un atroce destino.
Non c'è stato bisogno di molte parole in questa intensa serata organizzata dalla Consulta della Comunità ebraica di Roma in collaborazione con il Centro di Cultura, l’Ufficio Rabbinico e la Fondazione Museo della Shoah con la conduzione del professor Marcello Pezzetti, che ha spiegato come è avvenuta la deportazione. Subito dopo il saluto della dottoressa Elvira Di Cave, presidente della Consulta, che per il terzo anno consecutivo ha organizzato l'incontro con i testimoni intitolato quest’anno la “Nominazione” - il cui file rouge è il passaggio del testimone dai sopravvissuti ai ragazzi - è seguito il discorso del vice Primo Ministro dello Stato di Israele Silvan Shalom. Assieme al presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici e a quello dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna sono tra gli altri intervenuti il sindaco di Roma Gianni Alemanno, i presidenti di Regione e Provincia Renata Polverini e Nicola Zingaretti. Ma i grandi protagonisti sono stati indubbiamentte loro, i testimoni: Sami Modiano, Piero Terracina, Lello Di Segni, Mario Limentani, Giuseppe Di Porto, Rosa Hannan, Andra e Tatiana Bucci, Joseph Varon e Shlomo Venezia. Al loro fianco, sempre calorosi, gli studenti delle scuole superiori degli istituti capitolini.

Lucilla Efrati

Piccolo schermo, testimonianza e ragionamento
Che cosa sa, cosa conosce, cosa capisce davvero, la popolazione italiana a proposito della Shoah? La domanda appare quanto mai pertinente in queste ore, quando in ogni città si tengono innumerevoli appuntamenti, celebrazioni, occasioni di incontro in occasione del Giorno della Memoria. Molto probabilmente ha ragione chi ritiene che la stragrande maggior parte della popolazione sa quello che passa attraverso i grandi media, soprattutto il cinema, e ancora di più la televisione, Un'analisi di come si comportano le diverse emittenti televisive alle prese con questo appuntamento sarebbe molto complessa, ma anche utile, perché purtroppo sulla concezione della Memoria si regge quel poco che milioni di italiani sanno degli ebrei e in specifico degli ebrei italiani.
Scorrendo i palinsesti di questi ultimi giorni si deve certo riconoscere che le grandi emittenti, pubbliche e private, continuano a riservare all'argomento una grande attenzione e che questo fenomeno risulta in crescita. Per scegliere solo un esempio fra i tanti film e documentari in programmazione, la Rai presenta il filmato realizzato da Roberto Olla sul campo di Auschwitz in compagnia di molti Testimoni italiani sopravvissuti alla Shoah. Si tratta di un significativo impegno sotto il profilo della produzione e di una preziosa occasione di ascoltare i Testimoni e meditare su quello che hanno da raccontarci. Ma anche della prima produzione televisiva italiana in tre dimensioni realizzata nel campo del documentario per il pubblico adulto.
Anche le redazioni giornalistiche hanno cercato di tenere il passo. E qui si sono potuti osservare modelli diversi di comunicazione applicati a uno stesso tema. Nella mattinata di oggi la redazione di Unomattina ha dato voce al Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, prima che il rappresentante della massima istanza dell'ebraismo italiano si dirigesse al Quirinale per aprire, con il Presidente Napolitano e il ministro Profumo, la cerimonia ufficiale del 27 gennaio.
Ieri sera, cento minuti di Porta a porta hanno dato spazio agli otto ospiti di Bruno Vespa: i Testimoni Edith Bruck e Sami Modiano, il ministro della Cooperazione e dell'integrazione Andrea Riccardi, il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il Consigliere UCEI delegato alla Memoria Victor Magiar, lo storico Marcello Pezzetti, la filosofa Donatella Di Cesare (autrice dell'appello contro il negazionismo “Se Auschwitz è nulla”, Melangolo edizioni) e lo stesso Olla, autore del filmato Le non persone. Lo sforzo di Vespa è stato quello di far rientrare nel polpettone televisivo un'antologia fatta di testimonianze (sempre molto vive le voci di Edith Bruck e di Modiano), spezzoni del filmato prodotto dalla Rai, e ragionamenti su dove sta andando la cultura della Memoria. Nitide le parole del ministro Riccardi anche nel denunciare la vergogna dell'antisemitismo mascherato di antisionismo. Forte e chiara la voce di Donatella Di Cesare, appassionata assertrice della necessità di una vigorosa azione culturale e giuridica per contrastare il dilagare del negazionismo. Efficaci i leader ebraici italiani (Pacifici: “Non siamo qui per fare del vittimismo, siamo qui per impedire che di fronte agli effetti dell'odio non ci siano più degli indifferenti”. Magiar: “Gli antisemiti affermano che dalle ceneri di Auschwitz è nato Israele, ma la realtà è che dalle ceneri del Lager è nata l'Europa, proprio quell'Europa che ora è minacciata”). Molto attenti, gli uomini della Rai, a sottolineare le radici ebraico-cristiane e il ruolo dei cattolici che si impegnarono per salvare alcuni perseguitati. La trasmissione ha poi virato su un approfondimento dedicato a tutt'altro tema: il genocidio del popolo armeno.
Dove si è volato molto alto, di fronte alle telecamere della Sette, è stato nell'Otto e mezzo di Lilli Gruber (Auschwitz e la memoria corta) che i telespettatori vedranno questa sera, ma che è stato registrato nelle ore precedenti per non entrare in conflitto con lo Shabbat (chi sente il suo impegno per la Memoria coltivando la religione ebraica viva e non la religione delle celebrazioni, potrà assistere senza commettere violazioni della Legge ebraica alla trasmissione da domani sera su questo link). http://www.la7.tv/programmi/ottoemezzo/
Ospiti della giornalista, per trenta minuti molto intensi, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e la semiologa Valentina Pisanty (autrice del saggio “Abusi di memoria”, Bruno Mondadori editore, che come quello della professa Di Cesare è diffusamente presentato sul numero di Pagine Ebraiche attualmente in circolazione e analizza tutte le distorsioni e le
strumentalizzazioni che aleggiano attorno a questo tema). Dopo la lucida testimonianza della sopravvissuta Goti Bauer, il faccia a faccia condotto dalla Gruber si è tenuto bene alla larga dai discorsi di maniera andando senza sprecare una sillaba nel cuore del problema. “Alla minaccia negazionista – ha spiegato Pisanty – si lega l'inverso rischio della sacralizzazione e quindi della sterilizzazione delle Memoria”. “La ferita della Shoah – ha risposto il Rav- ha un profondo significato sacro nella sua spaventosa unicità, ma mi sento in forte polemica all'interno della mia stessa comunità con chi fa della Memoria una religione della morte, una patologia negativa che si oppone all'autentica religione della vita”. Concordi, gli intervenuti, in uno sforzo intenso di ritrovare i significati autentici, evitare la banalizzazione, la bulimia commemorativa, l'ossessione celebrativa. Tutti fenomeni elaborati in una società, quella italiana, che fatica ancora a fare i conti con il proprio passato e assumersi, al di là delle parole, le responsabilità che ne conseguono.

gv

Qui Roma - Il racconto dei giovani
Centinaia di classi in lizza in tutto il paese per dare forma alla Memoria con oggetti, immagini e suoni. Il concorso I giovani ricordano la Shoah, indetto dal ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca in collaborazione con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, ha rappresentato per moltissimi studenti italiani una grande occasione di riflessione sul tema del ricordo. Quattro le classi vincitrici oggi premiate nel corso della cerimonia al Quirinale. A cinque è andata invece una menzione speciale.
 Ad aggiudicarsi il riconoscimento nella sezione scuola primaria è stato l’album L’ultimo girotondo della scuola De Scalzi Polacco di Genova. L’opera, incentrata sul racconto di una nonna sull’amicizia tra tre bambini (di cui una, la femmina, ebrea) che si conoscono ai tempi della guerra per ritrovarsi dopo 70 anni, è frutto di un lavoro interdisciplinare che ha coinvolto più docenti e tutta una classe quarta. “L’accuratezza della ricostruzione – si legge nel commento della giuria – è il risultato dell’impegno continuo sul tema della Shoah dell’intera scuola, che ha partecipato al concorso anche in edizioni precedenti, ricevendo diverse ‘menzioni’ per i lavori presentati”.
‘E quindi uscimmo a riveder le stelle’. Questo il titolo del film, realizzato dai ragazzi dell’Istituto Comprensivo Francesco Baracca di Lugo di Romagna (Ravenna), vincitore tra le scuole secondarie di primo grado. La pellicola racconta la storia di quattro sopravvissuti – Yoana Oberski, Primo Levi, Luciana Nissim Momigliano, Lucio Pardi – facendo emergere situazioni diverse per età e contesti professionali ed umani. “L’elaborato – spiega la commissione – sviluppa il tema con notevole efficacia comunicativa e padronanza degli strumenti tecnico-espressivi”.
Veniamo poi agli studenti del Liceo Classico Renzo Franchetti di Mestre (Venezia). Il cortometraggio Vivere oltre il ricordo di cui sono autori  affronta il tema della Memoria, sottolineano i giurati, con freschezza e capacità di sintesi. “Le immagini – è scritto nella motivazione – hanno un forte impatto emotivo e sono valorizzate, nella loro semplicità, dall’interpretazione essenziale ed intensa dei protagonisti e dal discreto e pertinente accompagnamento musicale”.
Infine pubblico riconoscimento, tra le AFAM (Alta formazione artistica, musicale e coreutica), per ‘Le Note della Memoria’ a cura del Conservatorio Statale Nicola Sala di Benevento, istituto i cui studenti hanno dato vita a un’elaborazione articolata e completa di partiture musicali composte nei campi di sterminio. L’opera, arricchita da un’introduzione storica a ciascuna corrispondente parte musicale, è stata realizzata “attraverso l’integrazione di ottime competenze tecniche ed esecutive”.
Menzioni speciali sono andate all’Istituto Comprensivo Severi di Arezzo (Un incubo…no, una realtà), alla SMS Manzoni di Bressanone (Il coraggio di vivere), alla SMS Giovanni XIII di Grumo Appula (La valigia dei ricordi), all’IPS Cabrini di Taranto (Elaborazioni grafiche su poster) e al Liceo Scientifico Ferraris di Torino (Il ritorno: fra speranza e disincanto).

Qui Torino - L'infanzia rubata, il dramma di Jona
Il Giorno della Memoria è dedicato quest’anno al ricordo del milione e mezzo di bambini morti durante la Shoah. Portavoce dell’infanzia rubata è Thomas Geve, deportato ad Auschwitz all’età di 13 anni, oggi  relatore nella  Sala del consiglio comunale di Torino dove, alla presenza di numerosi rappresentanti delle istituzioni e del Consiglio della Comunità ebraica (tra gli altri erano presenti il presidente Beppe Segre, il vicepresidente Emanuel Segre Amar e il rabbino capo Eliahu Birnbaum) ha portato la sua testimonianza.  Tra i tanti ospiti prende la parola il consigliere regionale Roberto Placido, che afferma come un popolo “senza memoria” sia un popolo “che non ha futuro”.  A seguire l’intervento di Ferruccio Maruffi, deportato sopravvissuto all’orrore di Mauthausen: “Non dobbiamo dimenticare di chiederci il perché di tutto ciò e di ricordare che noi sopravvissuti siamo usciti vincitori dai campi di sterminio: abbiamo vinto l’odio, in quanto istinto primordiale dell’uomo”. E poi ancora, si chiede Maruffi, “che nemico è un bambino?”. Al termine della sua riflessione interviene il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti, che si sofferma sull’importanza del ricordo, importanza trasmessa dalla stessa tradizione ebraica che pone il verbo “ricordare” come imperativo categorico. Il sindaco Piero Fassino conclude la cerimonia ricordando le due parole incise sulla pietra all’entrata del campio di Auschwitz: “Mai più”. Questo, afferma, è l’impegno più autentico e pressante che si deve assumere il Giorno della Memoria.

Alice Fubini

Qui Torino – Il dramma di Giuseppe Jona

1487 nomi conservati gelosamente nella casa del presidente della Comunità. La storia drammatica di Giuseppe Jona e della lista degli ebrei veneziani, riscoperta da Fabrizio Frassa, è divenuta un testo teatrale duro, di forte impatto, terribile, pulito, senza orpelli, dal grande valore storico e dal significato didattico eccezionale. Mettere in scena la storia di un dramma personale consumatosi all'ombra delle persecuzioni razziali non era operazione facile: Frassa, con la compagnia It.Arte,  ci è riuscito in pieno.
Shalom Aleikhem è il titolo della splendida, commovente lettura scenica rappresentata su testo dello stesso Frassa ieri al Centro Sociale della Comunità ebraica di Torino.
Dal 9 settembre 1943, con il controllo tedesco di Venezia, si entrò nell'ottica nazista della "soluzione finale", che presupponeva, come premessa alla deportazione, la precisa conoscenza dell’elenco di tutte gli ebrei puri o misti.  La questione era delicata poiché gli elenchi in possesso della Prefettura non coincidevano con quelli della Comunità che, pertanto, era continuamente sollecitata a dare riscontri alle pressanti domande di chiarimento.
Giuseppe Jona, medico, che era stato presidente dell'Ateneo veneziano dal 1925 al 1929, era in quel momento il presidente della Comunità ebraica di Venezia; ma quando i nazisti pretesero da lui gli elenchi della comunità, bruciò la lista e si tolse la vita per non tradire i suoi fratelli. 
La lettura drammatizzata, accompagnata da immagini di Venezia in bianco e nero e da musiche originali, ci riporta a quel terribile autunno-inverno del ‘43 in cui Jona visse un dramma personale e singolare a seguito della richiesta del comando tedesco di consegnare nomi e indirizzi di tutti gli appartenenti alla comunità ebraica. Dopo un drammatico colloquio in Prefettura, Jona prese tempo un giorno nel corso del quale maturò la sua terribile ed eroica decisione, senza nulla proferire in casa. Un dramma consumato dunque intimamente, per salvare i suoi concittadini ebrei: al mattino presto, prima di recarsi all'appuntamento ove avrebbe dovuto consegnare la lista, Jona, non visto dalla sorella con cui viveva, bruciò il registro che aveva conservato sino a quel momento.
Il sacrificio di Giuseppe Jona salvò la vita ad oltre 1200 ebrei veneziani. Tra il 5 dicembre 1943 e il 17 agosto 1944, il Comando Tedesco e la Guardia Fascista imprigionarono e deportarono, nei campi di sterminio nazisti, 248 ebrei veneziani; di questi, solo otto fecero ritorno nella loro città. Particolarmente doloroso fu l’arresto dei 21 ospiti della Casa di Riposo Israelitica, avvenuto il 17 agosto ’44.
Lo spettacolo teatrale messo in scena dal gruppo It. Arca di Caselle (To) ha avuto grande successo: lunghi applausi hanno sottolineato il vivo apprezzamento del pubblico per un gruppo che volontariamente ha ricostruito la storia e il dramma di Jona e dell'intera comunità ebraica veneziana, partendo dalla piccola targa in bronzo che nel Ghetto di Venezia ricorda il dolore e il sacrificio di Giuseppe Jona: Giuseppe Jona clinico illustre maestro di rettitudine e di bontà nell'ora tristissima della persecuzione resse la comunità di Venezia con alto senso di dignità e vi profuse i tesori dell'anima sua grande.
Gli attori Loredana Bagnato e Livio Vaschetto, con la scenografia di Franca Battistella, rappresentano il dramma consumatosi in casa di Jona e tra le calli di Venezia con una forza straordinaria. Lo spettacolo, merita attenzione e merita di girare per l’Italia, per far conoscere una pagina di storia da molti non conosciuta, ma sarebbe anche un’ottima lezione aperta per le scuole, restituendo quello che, anche intimamente, fu il dramma delle persecuzioni, un dramma consumatosi all'interno delle mura domestiche, da un personaggio che sentiva su di sé il peso di dover rappresentare tutti gli ebrei della sua città. 
Attori e regista si sono dichiarati ben disponibili a portare in giro la loro lettura scenica e hanno, con il vivo desiderio, soprattutto, di poterla rappresentare a Venezia, nel cuore di quel ghetto dove si consumò la tragedia di Jona.

g.d

Qui Venezia - I registri della vergogna
“Le numerose manifestazioni di quest'anno per il Giorno della Memoria possono essere un'occasione per riflettere criticamente sulla società odierna, attualizzando il ricordo. Fondamentali in questa fase di analisi sono le ricerche documentali, che possono rivelare nuovi spaccati di quel periodo storico”.
Questo il pensiero di Amos Luzzatto, presidente della Comunità Ebraica di Venezia, in occasione della presentazione della prima fase della ricerca sui registri matricola del Carcere di Santa Maria Maggiore che censiscono i dati degli ingressi dei perseguitati politici e razziali durante il periodo dell'occupazione tedesca.
La collaborazione con la Direzione dell'Istituto di detenzione ha avuto inizio nel novembre del 2009 ad opera dell’Iveser con il sostegno dell'Assessorato comunale alle Attività culturali e si è concretizzata nel progetto “Uomini e numeri”, presentato ieri nel centro sociale della Comunità Ebraica di Venezia con una conferenza stampa a cui sono intervenuti, il presidente del Consiglio comunale, Roberto Turetta, il prefetto, Domenico Cuttaia, il questore, Fulvio Della Rocca, e il presidente della Comunità ebraica veneziana, Amos Luzzatto.
Un incontro promosso dal Coordinamento cittadino per il Giorno della Memoria e parte integrante del ricco programma di eventi e incontri che hanno caratterizzato quest’ultima settimana: “Il lavoro fatto quest'anno - ha sottolineato il presidente Turetta - è partito con tanti elementi di novità, di cui il più importante è sicuramente la ricerca dell'Iveser, un 'work in progress' che non ha solo valenza storico-sociale, ma che è anche motivo di riflessione sulle condizioni di precarietà in cui si viveva in quegli anni, nei quali si poteva finire in carcere per dei non-motivi.”
Il progetto dell'Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea in collaborazione con la Comunità ebraica e il Comune di Venezia, iniziato nel febbraio 2010 in occasione delle manifestazioni per il Giorno della Memoria, ha previsto lo spoglio integrale dei registri matricola dall’8 settembre 1943 al 27 aprile 1945 al fine di individuare il passaggio e la detenzione dei perseguitati politici, militari e razziali nel carcere cittadino. Questi risultati, infatti, rappresentano un'importante fonte storica già utilizzata in altri studi di carattere scientifico. L'Iveser oltre a curare l'organizzazione scientifica del progetto ha seguito anche le procedure di censimento e la raccolta delle informazioni.
Il direttore dell’Iveser Marco Borghi e il ricercatore Giulio Bobbo hanno illustrato la metodologia e i risultati della ricerca: i registri sono stati fotografati nella loro interezza e sono state ricavate 3630 schede, catalogate a livello informatico grazie al software Filemaker. I dati raccolti costituiscono innanzi tutto una nuova fonte di ricerca a livello internazionale e permettono di confermare notizie già note attraverso documenti ufficiali; inoltre sottolineano la portata del lavoro coatto dei 459 detenuti che vennero trasferiti in Germania dal carcere veneziano, delineando un’identità e una geografia della persecuzione.
 


Qui Milano - Una corona e qualche divergenza 
“In questo luogo si raggiunse l'apice degli orrori a Milano. Spiace però che quando si partecipa a queste occasioni ci si ritrovi a constatare come troppo spesso vi sia l’incomprensione di alcune espressioni linguistiche. L'ebraismo ha usato sempre usato il termine “specificità della Shoah”. Noi ci siamo sempre schierati contro ogni sopraffazione, nella difesa dei nostri valori, che rappresentano una ricchezza per tutta la società. Come Comunità ebraica siamo chiamati a formare e a portare un esempio e un contributo a una società sempre più multietnica. Ma questo non significa rinunciare alla specificità della Shoah”. Così ha risposto il presidente della Comunità ebraica Roberto Jarach all’ex partigiano Guido Artom e a chi durante la cerimonia davanti all’ex Albergo Regina di Milano, sede del comando SS e quartier generale della Gestapo dal 1943 al 1945, ha sottolineato come sia necessario smettere di attribuire unicità allo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale.
All’incontro con deposizione di una corona davanti alla lapide che ricorda quanto avvenne nell’edificio a due passi da piazza del Duomo, incontro coordinato dallo storico Marco Cavallarin, hanno partecipato anche il vicesindaco Maria Grazia Guida, Roberto Cenati per l’Anpi Milano, Giovanna Massariello in rappresentanza dell’Aned, Onorio Rosati della Camera del Lavoro.
“Le nuove generazioni hanno il compito di tenere viva la memoria e la volontà di non dimenticare. E come assessore alle Scuole penso che sia fondamentale che negli ambienti educativi venga maggiormente valorizzata la storia. È una scelta importante per il futuro, per preservare i valori della nostra democrazia” ha sottolineato il vicesindaco.

rt


Qui Venezia - La città si stringe nel ricordo 
Una corona d’alloro e sei lumi posti sul memoriale della Shoah in campo di Ghetto Nuovo in ricordo di altrettanti milioni di ebrei deportati e sterminati nei campi di concentramento, vittime di una barbarie inaudita.
Una cerimonia fortemente voluta dal governatore del Veneto, Luca Zaia, per celebrare adeguatamente il Giorno della Memoria, a cui hanno partecipato gli esponenti della Comunità Ebraica di Venezia e tra questi il presidente, Amos Luzzatto e il rabbino capo di Venezia, Gili Benyamin.
Il presidente Amos Luzzatto ha sottolineato invece la sua soddisfazione per il grande interesse dimostrato in questi giorni dalle istituzioni cittadine, provinciali e regionali ponendo l’attenzione sui pericoli di questo periodo di crisi diffusa: “Ai periodi di difficoltà economiche e di tensioni internazionali si accompagnano quasi sempre recrudescenze di diffidenza e di odio nei confronti degli stranieri; le ripetute e numerose manifestazioni di quest'anno in occasione del Giorno della Memoria possono essere un'occasione per riflettere criticamente su questi fenomeni, soprattutto per prevenire il rischio sempre presente di una loro evoluzione violenta e tragica.”
Nel corso dell’incontro il Governatore Zaia ha portato il suo saluto alla Comunità esprimendo il suo cordoglio per le vittime, ma sottolineando altresì come il Giorno della Memoria sia anche un momento di riflessione profonda ricordando poi il professor Jona, presidente della Comunità durante le persecuzioni, che pur di on consegnare le liste degli iscritti preferì il suicido: “Il rispetto - ha affermato Zaia - va riservato a tutti. Chi oggi tocca un ebreo è come toccasse ognuno di noi. Dobbiamo parlare ai giovani perché si rendano conto della realtà, ma dobbiamo parlare anche a coloro che professano il negazionismo questa deve essere la nostra preoccupazione”. 
Dello stesso avviso anche il vicepresidente del Consiglio regionale del Veneto, Franco Bonfante: “La giornata di oggi - ha detto - non deve essere un rito, un obbligo, ma l’occasione per riflettere e capire, il Consiglio regionale si impegnerà nell’organizzare attività nel campo della conoscenza e dell’istruzione come forte azione culturale per evitare che queste cose succedano nuovamente”.
In chiusura il rabbino capo di Venezia, Rav Gili Benyamin, ha letto un salmo in ricordo dei caduti, seguito dalla preghiera del Kaddish, recitata dal vicepresidente della Comunità, Corrado Calimani

M. C.


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Anna SegrePochi insegnanti coinvolti e molti perplessi, diffidenti, troppo presi dalla fine del quadrimestre per pensare alla giornata della memoria, ansiosi di scaricare l’incombenza sui colleghi di storia. Allievi molto più disponibili, abbastanza informati, interessati, curiosi. E’ l’impressione (certo parziale e soggettiva) che ho ricavato dai discorsi scambiati negli ultimi giorni. Dodici anni per molti colleghi non sono che l’epilogo di una lunga carriera in una scuola dove fino al 2000 era impensabile che la fine di gennaio non fosse dedicata alle verifiche e interrogazioni. Dodici anni sono tutta la vita che i liceali riescono a ricordare: per loro la giornata della memoria è sempre esistita come sono sempre esistiti i quadrimestri; quando saranno cresciuti e passeranno dall’altra parte della cattedra per loro il 27 gennaio non sarà né una fastidiosa e anomala incombenza né una novità a cui dedicarsi con tutte le proprie forze. Forse solo allora sarà possibile trarre bilanci e discutere serenamente di modalità e contenuti.

Anna Segre, insegnante

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