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27 gennaio 2012- 3 Shevat 5772 |
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Alberto
Sermoneta,
rabbino capo
di Bologna
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La
rappresentazione di un'opera di Hans Krasa, musicista ebreo trucidato
ad Auschwitz, il quale la compose per dei bambini e la rappresentò nel
campo di Terezin per ben 55 volte si è tenuta a Bologna, nell'aula
Prodi dell'Università. L'opera si intitola "Il Calabrone" ed è rivolta
ai giovanissimi. Non a caso nella parashà della settimana è affermata
la mitzvà di narrare ai bambini ogni cosa che fa parte della nostra
storia, anche quelle che possono apparentemente impressionare, ma che
sicuramente un giorno avranno loro stessi il dovere di narrare al
nostro posto.
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Laura
Quercioli Mincer, slavista
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In un grande liceo della
Capitale siamo invitati a parlare, ovviamente, del Giorno della
Memoria. I ragazzi che sono stati ad Auschwitz raccontano le loro
esperienze: la bellezza della cattedrale e del castello di Cracovia e
poi, con lo stesso sorriso, la storia atroce delle sorelle Bucci, la
descrizione delle montagne di protesi e di occhiali. Con lo stesso
sorriso, una foto scattata dal gruppetto nel terreno del Lager. Strani
e terribili i modi in cui si esprime l’empatia.
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Qui Roma - Memoria scuola di vita
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Un
protocollo triennale per costruire assieme la scuola della Memoria. Nel
corso della cerimonia per il Giorno della Memoria celebrata questa
mattina al Quirinale, al centro delle riflessioni del presidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e del
ministro dell'Istruzione Francesco Profumo l'accordo di collaborazione
recentemente siglato tra UCEI e Ministero per portare la didattica
della Shoah in tutte le aule del nostro paese. "La firma del protocollo
è avvenuta proprio in questi giorni" ha affermato Gattegna ricordando
come le basi di questo accordo siano state poggiate in occasione del
viaggio della Memoria che il presidente dell'Unione aveva compiuto
nelle scorse settimane in Polonia in compagnia dello stesso Profumo e
di centotrenta giovani da tutta Italia. "E' stato un viaggio intenso
che ha lasciato una traccia indelebile in ciascuno dei partecipanti" ha
testimoniato il ministro ribadendo l'impegno assunto affinché nelle
scuole italiane "si insegnino i principi fondamentali della nostra
Costituzione che, senza alcun tipo di fraintendimento, riconosce a
tutti i cittadini uguali diritti e dignità". Particolare attenzione,
quindi, al pericoloso strisciare di razzismi e pregiudizi in più strati
della società con la scuola "pronta in prima fila a disinnescarli". Nel
corso del suo intervento il presidente Gattegna aveva poi specificato
come gli eredi dei nazisti, i veri nuovi nazisti, siano oggi i
negazionisti. "Essi - ha sottolineato - sono i continuatori di quella
feroce distruzione di milioni di esseri umani dei quali tentarono di
annientare anche l’identità, mentre erano in vita, sostituendo i loro
nomi con dei numeri incisi indelebilmente sulla loro pelle, infliggendo
loro dolori e umiliazioni, per poi ucciderli negando anche la
sepoltura, riducendo i loro corpi in cenere fino al totale
annientamento e occultamento". Sul finale un appello accorato affinché
il Giorno della Memoria, di cui si celebra quest'anno la dodicesima
edizione, non sia considerato né una "semplice commemorazione dei
defunti" e neppure un evento "dedicato esclusivamente alle vittime del
popolo ebraico". Ferma restando la specificità della Shoah, che fu il
tentativo di realizzare il genocidio perfetto, insuperato e
insuperabile sia nella progettazione, che nella tecnica e nella
sistematica violazione di qualsiasi diritto, questa deve essere, spiega
Gattegna, "l’occasione di una riflessione condivisa che abbracci anche
tutte le altre vittime di quella tragedia: gli oppositori politici, gli
omosessuali, i disabili fisici e mentali, le popolazioni rom e sinti".
"Vogliamo - ha poi detto - che da questa riflessione si possa trarre un
insegnamento e un monito, che non sia rivolto solo al passato, ma che
ci porti ad interrogarci ancora oggi, giorno dopo giorno, sulla
solidità etica del nostro presente per costruire insieme un futuro di
pace e di giustizia". In prima fila, seduto a fianco di numerose
autorità politiche, militari e religiose, di leader e rappresentanti
delle istituzioni ebraiche in Italia, il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano applaude più volte. E' poi il suo turno, l'ora di
affacciarsi sul palco. Quello stesso palco su cui, pochi istanti dopo,
saliranno l'attore Gabriele Lavia per recitare Se questo è un uomo di
Primo Levi e gli studenti delle scuole vincitrici del concorso I
giovani ricordano la Shoah. "Il Giorno della Memoria che abbiamo
celebrato oggi - afferma Napolitano - è uno dei più intensi degli
ultimi anni. Per la forza politica e morale dei contributi del ministro
Profumo e del presidente Gattegna. Per le genuine, appassionate
testimonianze degli studenti. Per il quadro ricco come non mai, che qui
si è riflesso, delle iniziative indette in tutto il paese. Per il
valore, in particolare, di realizzazioni come quella della mostra del
Vittoriano sui ghetti nazisti in Polonia o come quella dell'elenco,
reso accessibile online, degli oltre 7mila cittadini ebrei vittime
della persecuzione nazifascista in Italia durante la Repubblica sociale
e l'occupazione tedesca". Soffermandosi sul nuovo accordo per la
didattica del ricordo, Napolitano conferma che questa iniziativa
rappresenta il miglior antidoto “a quei rigurgiti di negazionismo e
antisemitismo, di intolleranza e di violenza che il ministro ha
denunciato come fenomeni, per quanto marginali, da stroncare sul
nascere". Segue una significativa digressione sul percorso di
consapevolezza e autocritica compiuto nel corso degli anni dai paesi
responsabili delle persecuzioni. "Noi italiani - scandisce il Capo
dello Stato - chiudemmo i conti con il nazifascismo e con il nostro
passato più buio combattendo la guerra di Liberazione e dandoci la
Costituzione repubblicana. Ciò detto non abbiamo smesso di cercare e
diffondere la verità, guidati anche dalla grande luce della
testimonianza e del messaggio di Primo Levi. E su misfatti come quello
delle leggi razziste e delle loro conseguenze, abbiamo fatto conoscere
la dura verità, negli ultimi anni come non mai". In chiusura, prima
della premiazione delle scuole, una intensa celebrazione della
giurisprudenza comune dei diritti umani andata affermandosi in
Occidente sulle ceneri dell'orrore dello sterminio. "Coltivare queste
conquiste contro ogni regressione - commenta Napolitano - è il modo più
giusto e fecondo di rendere omaggio alle vittime della Shoah, al
sacrificio, alla resistenza, alla rinascita del popolo ebraico".
Adam Smulevich
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Qui
Milano - Generazioni a confronto sulla Memoria
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“Ecco
ciò che mi assilla: qual è il futuro della Memoria? Cosa sarà della
nostra fatica, dei nostri sforzi per parlare, per testimoniare alle
persone quello che è stato, quando l’ultimo di noi non sarà più?”.
Questa l’accorata riflessione di Goti Bauer, deportata ad Auschwitz nel
maggio 1944, e unica sopravvissuta della sua famiglia, nel suo
intervento alla serata-concerto “Milano ricorda la Shoah” organizzata
da Associazione Figli della Shoah, Comunità ebraica di Milano,
Conservatorio G. Verdi, Fondazione Centro di documentazione ebraica
contemporanea, Fondazione Memoriale della Shoah all’auditorium del
Conservatorio. Un’inquietudine che ha spinto Goti Bauer addirittura a
domandarsi se “la responsabilità di questa preoccupazione non sia anche
nostra, di noi reduci, che non abbiamo iniziato a parlare prima, che
tornati dai campi, quando nessuno voleva ascoltare quello che era
successo, ci siamo arresi, perché figli della cultura del silenzio”.
Accanto a lei sul palco, due persone con cui condivide l’impegno della
testimonianza, Liliana Segre e Nedo Fiano, che hanno raccontato come e
perché hanno trovato il coraggio di squarciare quel silenzio, in una
conversazione con Liliana Picciotto, storica del Cdec e autrice de “Il
libro della Memoria”, che ha raccolto i nomi degli ebrei deportati
dall’Italia. “Leggere il mio nome su quell’opera è stato uno stimolo
fondamentale - ha spiegato la signora Segre - e ancora di più
realizzare come il mio fosse uno dei pochissimi con la specificazione
‘liberata’. E sono felice che oggi esista uno strumento ancora più
consono ai giovani per ricordare quei nomi”. Il riferimento è al nuovo
portale realizzato dal Cdec inomidellashoah.it, presentato da Picciotto
nel corso della serata. Online dal 26 gennaio sulla home page del sito
scorreranno ogni giorno cento nomi diversi di deportati dall’Italia. A
dare una risposta, simbolica e concreta allo stesso tempo, alle
preoccupazioni dei sopravvissuti sul futuro della Memoria sono state le
voci levatesi nel corso della serata. A cominciare da quelle delle
autorità, con l’intervento di Ferruccio De Bortoli, direttore del
Corriere della Sera alla guida della Fondazione Memoriale della Shoah,
di Lucia Castellano, assessore alla Casa, Demanio, Lavori pubblici del
Comune di Milano, Bruno Dapei, presidente del Consiglio provinciale,
Alessandro Colucci, assessore regionale ai Sistemi verdi e Paesaggio,
del presidente della Comunità ebraica Roberto Jarach e di quello del
Cdec Giorgio Sacerdoti, del rabbino capo di Milano Alfonso Arbib,
accolti dal direttore del Conservatorio Sonia Bo. A intervallare i
momenti di riflessione, sono stati gli intermezzi musicali, aperti da
rav Elia Richetti, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana, con El
Maleh Rachamim, canto liturgico per le anime dei defunti. Gli allievi
del Conservatorio e il Coro di Voci bianche e Coro V. Delman, diretti
da Edoardo Cazzaniga, hanno eseguito musiche di Gustav Mahler, e di
Felix Mendelssohn-Bartholdy, oltre ad alcuni brani di musica ebraica. Ma
a rispondere alla preoccupazione dei reduci, sono state soprattutto la
“seconda” e la “terza” generazione di testimoni, i figli e i nipoti dei
deportati, attraverso le voci emozionate di Clara Wachsberger, figlia
di Arminio, sopravvissuto ad Auschwitz, Paola Sonnino, nata pochi mesi
dopo la deportazione del padre Piero e poi di Micol Di Segni e Jonathan
Mele, bisnipoti di Enrica Di Segni, scomparsa nello sterminio, che
hanno condiviso con il pubblico l’esperienza dei propri cari. L’impegno
delle nuove generazioni fondamentale dunque perché quanto è accaduto
non venga dimenticato, per la vigilanza del presente e la costruzione
del futuro. Un concetto alla base anche dell’iniziativa “I giovani
ricordano”, promossa dall’Unione giovani ebrei d’Italia al liceo
classico Alessandro Manzoni, con la proiezione del docu-film “Fratelli
d’Italia”. “Penso che i giovani debbano farsi carico di tramandare ciò
che è stato - ha spiegato Alessandra Ortona, vicepresidente Ugei -
soprattutto in un momento in cui i testimoni diretti sono sempre meno,
e che debbano essere i primi promotori del rifiuto contro ogni
discriminazione”.
Rossella Tercatin
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Qui
Roma - Assieme ai Testimoni
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Angelo
Di Porto, anni 6. Grazia Di Porto, anni 6. Marco Zarfati, anni 6.
Roberta Calò, anni 7. Graziella Di Porto, anni 7. Nel Tempio Maggiore
di Roma i 221 nomi dei bambini deportati e mai più tornati a casa sono
pronunciati, nel silenzio, dai ragazzi delle associazioni giovanili
Benè Akiva e Hashomer Hatzair e delle scuole ebraiche Angelo Sacerdoti
e Renzo Levi. Il 222esimo bambino, senza nome, venuto alla luce al
Collegio Militare, è stato invece ricordato dal rav Riccardo Di Segni,
rabbino capo di Roma che, con la voce rotta dalla commozione, ha
concluso la cerimonia indirizzando parole di consolazione ad uno dei
testimoni presenti, Andra Bucci, che poco prima aveva detto di fronte a
tutto il pubblico presente di vergognarsi per essersi salvata mentre
tantissimi suoi coetanei avevano avuto un atroce destino. Non c'è
stato bisogno di molte parole in questa intensa serata organizzata
dalla Consulta della Comunità ebraica di Roma in collaborazione con il
Centro di Cultura, l’Ufficio Rabbinico e la Fondazione Museo della
Shoah con la conduzione del professor Marcello Pezzetti, che ha
spiegato come è avvenuta la deportazione. Subito dopo il saluto della
dottoressa Elvira Di Cave, presidente della Consulta, che per il terzo
anno consecutivo ha organizzato l'incontro con i testimoni intitolato
quest’anno la “Nominazione” - il cui file rouge è il passaggio del
testimone dai sopravvissuti ai ragazzi - è seguito il discorso del vice
Primo Ministro dello Stato di Israele Silvan Shalom. Assieme al
presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici e a quello
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna sono tra
gli altri intervenuti il sindaco di Roma Gianni Alemanno, i presidenti
di Regione e Provincia Renata Polverini e Nicola Zingaretti. Ma i
grandi protagonisti sono stati indubbiamentte loro, i testimoni: Sami
Modiano, Piero Terracina, Lello Di Segni, Mario Limentani, Giuseppe Di
Porto, Rosa Hannan, Andra e Tatiana Bucci, Joseph Varon e Shlomo
Venezia. Al loro fianco, sempre calorosi, gli studenti delle scuole
superiori degli istituti capitolini.
Lucilla Efrati
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Piccolo schermo, testimonianza e ragionamento
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Che
cosa sa, cosa conosce, cosa capisce davvero, la popolazione italiana a
proposito della Shoah? La domanda appare quanto mai pertinente in
queste ore, quando in ogni città si tengono innumerevoli appuntamenti,
celebrazioni, occasioni di incontro in occasione del Giorno della
Memoria. Molto probabilmente ha ragione chi ritiene che la stragrande
maggior parte della popolazione sa quello che passa attraverso i grandi
media, soprattutto il cinema, e ancora di più la televisione,
Un'analisi di come si comportano le diverse emittenti televisive alle
prese con questo appuntamento sarebbe molto complessa, ma anche utile,
perché purtroppo sulla concezione della Memoria si regge quel poco che
milioni di italiani sanno degli ebrei e in specifico degli ebrei
italiani. Scorrendo
i palinsesti di questi ultimi giorni si deve certo riconoscere che le
grandi emittenti, pubbliche e private, continuano a riservare
all'argomento una grande attenzione e che questo fenomeno risulta in
crescita. Per scegliere solo un esempio fra i tanti film e documentari
in programmazione, la Rai presenta il filmato realizzato da Roberto
Olla sul campo di Auschwitz
in compagnia di molti Testimoni italiani sopravvissuti alla Shoah. Si
tratta di un significativo impegno sotto il profilo della produzione e
di una preziosa occasione di ascoltare i Testimoni e meditare su quello
che hanno da raccontarci. Ma anche della prima produzione televisiva
italiana in tre dimensioni realizzata nel campo del documentario per il
pubblico adulto. Anche le redazioni giornalistiche hanno cercato di
tenere il passo. E qui si sono potuti osservare modelli diversi di
comunicazione applicati a uno stesso tema. Nella mattinata di oggi la
redazione di Unomattina ha dato voce al Presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, prima che il rappresentante
della massima istanza dell'ebraismo italiano si dirigesse al Quirinale
per aprire, con il Presidente Napolitano e il ministro Profumo, la
cerimonia ufficiale del 27 gennaio. Ieri
sera, cento minuti di Porta a porta hanno dato spazio agli otto ospiti
di Bruno Vespa: i Testimoni Edith Bruck e Sami Modiano, il ministro
della Cooperazione e dell'integrazione Andrea Riccardi, il presidente
della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il Consigliere UCEI
delegato alla Memoria Victor Magiar, lo storico Marcello Pezzetti, la
filosofa Donatella Di Cesare (autrice dell'appello contro il
negazionismo “Se Auschwitz è nulla”, Melangolo edizioni) e lo stesso
Olla, autore del filmato Le non persone. Lo sforzo di Vespa è stato
quello di far rientrare nel polpettone televisivo un'antologia fatta di
testimonianze (sempre molto vive le voci di Edith Bruck e di Modiano),
spezzoni del filmato prodotto dalla Rai, e ragionamenti su dove sta
andando la cultura della Memoria. Nitide le parole del ministro
Riccardi anche nel denunciare la vergogna dell'antisemitismo mascherato
di antisionismo. Forte e chiara la voce di Donatella Di Cesare,
appassionata assertrice della necessità di una vigorosa azione
culturale e giuridica per contrastare il dilagare del negazionismo.
Efficaci i leader ebraici italiani (Pacifici: “Non siamo qui per fare
del vittimismo,
siamo qui per impedire che di fronte agli effetti dell'odio non ci
siano più degli indifferenti”. Magiar: “Gli antisemiti affermano che
dalle ceneri di Auschwitz è nato Israele, ma la realtà è che dalle
ceneri del Lager è nata l'Europa, proprio quell'Europa che ora è
minacciata”). Molto attenti, gli uomini della Rai, a sottolineare le
radici ebraico-cristiane e il ruolo dei cattolici che si impegnarono
per salvare alcuni perseguitati. La trasmissione ha poi virato su un
approfondimento dedicato a tutt'altro tema: il genocidio del popolo
armeno. Dove
si è volato molto alto, di fronte alle telecamere della Sette, è stato
nell'Otto e mezzo di Lilli Gruber (Auschwitz e la memoria corta) che i
telespettatori vedranno questa sera, ma che è stato registrato nelle
ore precedenti per non entrare in conflitto con lo Shabbat (chi sente
il suo impegno per la Memoria coltivando la religione ebraica viva e
non la religione delle celebrazioni, potrà assistere senza commettere
violazioni della Legge ebraica alla trasmissione da domani sera su
questo link). http://www.la7.tv/programmi/ottoemezzo/ Ospiti della
giornalista, per trenta minuti molto intensi, il rabbino capo di Roma
Riccardo Di Segni e la semiologa Valentina Pisanty (autrice del saggio
“Abusi di memoria”, Bruno Mondadori editore, che come quello della
professa Di Cesare è diffusamente presentato sul numero di Pagine
Ebraiche attualmente in circolazione e analizza tutte le distorsioni e
le strumentalizzazioni
che aleggiano attorno a questo tema). Dopo la lucida testimonianza
della sopravvissuta Goti Bauer, il faccia a faccia condotto dalla
Gruber si è tenuto bene alla larga dai discorsi di maniera andando
senza sprecare una sillaba nel cuore del problema. “Alla minaccia
negazionista – ha spiegato Pisanty – si lega l'inverso rischio della
sacralizzazione e quindi della sterilizzazione delle Memoria”. “La
ferita della Shoah – ha risposto il Rav- ha un profondo significato
sacro nella sua spaventosa unicità, ma mi sento in forte polemica
all'interno della mia stessa comunità con chi fa della Memoria una
religione della morte, una patologia negativa che si oppone
all'autentica religione della vita”. Concordi, gli intervenuti, in uno
sforzo intenso di ritrovare i significati autentici, evitare la
banalizzazione, la bulimia commemorativa, l'ossessione celebrativa.
Tutti fenomeni elaborati in una società, quella italiana, che fatica
ancora a fare i conti con il proprio passato e assumersi, al di là
delle parole, le responsabilità che ne conseguono.
gv
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Qui
Roma - Il racconto dei giovani |
Centinaia di classi in lizza
in tutto il paese per dare forma alla Memoria con oggetti, immagini e
suoni. Il concorso I giovani ricordano la Shoah, indetto dal ministero
dell’Istruzione, Università e Ricerca in collaborazione con l’Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane e con l’Alto Patronato del Presidente
della Repubblica, ha rappresentato per moltissimi studenti italiani una
grande occasione di riflessione sul tema del ricordo. Quattro le classi
vincitrici oggi premiate nel corso della cerimonia al Quirinale. A
cinque è andata invece una menzione speciale.
Ad aggiudicarsi il riconoscimento nella sezione scuola
primaria è stato l’album L’ultimo girotondo della scuola De Scalzi
Polacco di Genova. L’opera, incentrata sul racconto di una nonna
sull’amicizia tra tre bambini (di cui una, la femmina, ebrea) che si
conoscono ai tempi della guerra per ritrovarsi dopo 70 anni, è frutto
di un lavoro interdisciplinare che ha coinvolto più docenti e tutta una
classe quarta. “L’accuratezza della ricostruzione – si legge nel
commento della giuria – è il risultato dell’impegno continuo sul tema
della Shoah dell’intera scuola, che ha partecipato al concorso anche in
edizioni precedenti, ricevendo diverse ‘menzioni’ per i lavori
presentati”.
‘E quindi uscimmo a riveder le stelle’. Questo il titolo del film,
realizzato dai ragazzi dell’Istituto Comprensivo Francesco Baracca di
Lugo di Romagna (Ravenna), vincitore tra le scuole secondarie di primo
grado. La pellicola racconta la storia di quattro sopravvissuti – Yoana
Oberski, Primo Levi, Luciana Nissim Momigliano, Lucio Pardi – facendo
emergere situazioni diverse per età e contesti professionali ed umani.
“L’elaborato – spiega la commissione – sviluppa il tema con notevole
efficacia comunicativa e padronanza degli strumenti tecnico-espressivi”.
Veniamo poi agli studenti del Liceo Classico Renzo Franchetti di Mestre
(Venezia). Il cortometraggio Vivere oltre il ricordo di cui sono
autori affronta il tema della Memoria, sottolineano i
giurati, con freschezza e capacità di sintesi. “Le immagini – è scritto
nella motivazione – hanno un forte impatto emotivo e sono valorizzate,
nella loro semplicità, dall’interpretazione essenziale ed intensa dei
protagonisti e dal discreto e pertinente accompagnamento musicale”.
Infine pubblico riconoscimento, tra le AFAM (Alta formazione artistica,
musicale e coreutica), per ‘Le Note della Memoria’ a cura del
Conservatorio Statale Nicola Sala di Benevento, istituto i cui studenti
hanno dato vita a un’elaborazione articolata e completa di partiture
musicali composte nei campi di sterminio. L’opera, arricchita da
un’introduzione storica a ciascuna corrispondente parte musicale, è
stata realizzata “attraverso l’integrazione di ottime competenze
tecniche ed esecutive”.
Menzioni speciali sono andate all’Istituto Comprensivo Severi di Arezzo
(Un incubo…no, una realtà), alla SMS Manzoni di Bressanone (Il coraggio
di vivere), alla SMS Giovanni XIII di Grumo Appula (La valigia dei
ricordi), all’IPS Cabrini di Taranto (Elaborazioni grafiche su poster)
e al Liceo Scientifico Ferraris di Torino (Il ritorno: fra speranza e
disincanto).
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Qui Torino - L'infanzia rubata, il dramma di Jona
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Il
Giorno della Memoria è dedicato quest’anno al ricordo del milione e
mezzo di bambini morti durante la Shoah. Portavoce dell’infanzia rubata
è Thomas Geve, deportato ad Auschwitz all’età di 13 anni, oggi
relatore nella Sala del consiglio comunale di Torino dove, alla
presenza di numerosi rappresentanti delle istituzioni e del Consiglio
della Comunità ebraica (tra gli altri erano presenti il presidente
Beppe Segre, il vicepresidente Emanuel Segre Amar e il rabbino capo
Eliahu Birnbaum) ha portato la sua testimonianza. Tra i tanti
ospiti prende la parola il consigliere regionale Roberto Placido, che
afferma come un popolo “senza memoria” sia un popolo “che non ha
futuro”. A seguire l’intervento di Ferruccio Maruffi, deportato
sopravvissuto all’orrore di Mauthausen: “Non dobbiamo dimenticare di
chiederci il perché di tutto ciò e di ricordare che noi sopravvissuti
siamo usciti vincitori dai campi di sterminio: abbiamo vinto l’odio, in
quanto istinto primordiale dell’uomo”. E poi ancora, si chiede Maruffi,
“che nemico è un bambino?”. Al termine della sua riflessione interviene
il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia
De Benedetti, che si sofferma sull’importanza del ricordo, importanza
trasmessa dalla stessa tradizione ebraica che pone il verbo “ricordare”
come imperativo categorico. Il sindaco Piero Fassino conclude la
cerimonia ricordando le due parole incise sulla pietra all’entrata del
campio di Auschwitz: “Mai più”. Questo, afferma, è l’impegno più
autentico e pressante che si deve assumere il Giorno della Memoria.
Alice Fubini
Qui Torino – Il dramma di Giuseppe Jona
1487
nomi conservati gelosamente nella casa del presidente della Comunità.
La storia drammatica di Giuseppe Jona e della lista degli ebrei
veneziani, riscoperta da Fabrizio Frassa, è divenuta un testo teatrale
duro, di forte impatto, terribile, pulito, senza orpelli, dal grande
valore storico e dal significato didattico eccezionale. Mettere in
scena la storia di un dramma personale consumatosi all'ombra delle
persecuzioni razziali non era operazione facile: Frassa, con la
compagnia It.Arte, ci è riuscito in pieno. Shalom Aleikhem è
il titolo della splendida, commovente lettura scenica rappresentata su
testo dello stesso Frassa ieri al Centro Sociale della Comunità ebraica
di Torino. Dal 9 settembre 1943, con il controllo tedesco di
Venezia, si entrò nell'ottica nazista della "soluzione finale", che
presupponeva, come premessa alla deportazione, la precisa conoscenza
dell’elenco di tutte gli ebrei puri o misti. La questione era
delicata poiché gli elenchi in possesso della Prefettura non
coincidevano con quelli della Comunità che, pertanto, era continuamente
sollecitata a dare riscontri alle pressanti domande di chiarimento. Giuseppe
Jona, medico, che era stato presidente dell'Ateneo veneziano dal 1925
al 1929, era in quel momento il presidente della Comunità ebraica di
Venezia; ma quando i nazisti pretesero da lui gli elenchi della
comunità, bruciò la lista e si tolse la vita per non tradire i suoi
fratelli. La lettura drammatizzata, accompagnata da immagini
di Venezia in bianco e nero e da musiche originali, ci riporta a quel
terribile autunno-inverno del ‘43 in cui Jona visse un dramma personale
e singolare a seguito della richiesta del comando tedesco di consegnare
nomi e indirizzi di tutti gli appartenenti alla comunità ebraica. Dopo
un drammatico colloquio in Prefettura, Jona prese tempo un giorno nel
corso del quale maturò la sua terribile ed eroica decisione, senza
nulla proferire in casa. Un dramma consumato dunque intimamente, per
salvare i suoi concittadini ebrei: al mattino presto, prima di recarsi
all'appuntamento ove avrebbe dovuto consegnare la lista, Jona, non
visto dalla sorella con cui viveva, bruciò il registro che aveva
conservato sino a quel momento. Il sacrificio di Giuseppe Jona
salvò la vita ad oltre 1200 ebrei veneziani. Tra il 5 dicembre 1943 e
il 17 agosto 1944, il Comando Tedesco e la Guardia Fascista
imprigionarono e deportarono, nei campi di sterminio nazisti, 248 ebrei
veneziani; di questi, solo otto fecero ritorno nella loro città.
Particolarmente doloroso fu l’arresto dei 21 ospiti della Casa di
Riposo Israelitica, avvenuto il 17 agosto ’44. Lo spettacolo
teatrale messo in scena dal gruppo It. Arca di Caselle (To) ha avuto
grande successo: lunghi applausi hanno sottolineato il vivo
apprezzamento del pubblico per un gruppo che volontariamente ha
ricostruito la storia e il dramma di Jona e dell'intera comunità
ebraica veneziana, partendo dalla piccola targa in bronzo che nel
Ghetto di Venezia ricorda il dolore e il sacrificio di Giuseppe Jona:
Giuseppe Jona clinico illustre maestro di rettitudine e di bontà
nell'ora tristissima della persecuzione resse la comunità di Venezia
con alto senso di dignità e vi profuse i tesori dell'anima sua grande. Gli
attori Loredana Bagnato e Livio Vaschetto, con la scenografia di Franca
Battistella, rappresentano il dramma consumatosi in casa di Jona e tra
le calli di Venezia con una forza straordinaria. Lo spettacolo, merita
attenzione e merita di girare per l’Italia, per far conoscere una
pagina di storia da molti non conosciuta, ma sarebbe anche un’ottima
lezione aperta per le scuole, restituendo quello che, anche
intimamente, fu il dramma delle persecuzioni, un dramma consumatosi
all'interno delle mura domestiche, da un personaggio che sentiva su di
sé il peso di dover rappresentare tutti gli ebrei della sua
città. Attori e regista si sono dichiarati ben disponibili a
portare in giro la loro lettura scenica e hanno, con il vivo desiderio,
soprattutto, di poterla rappresentare a Venezia, nel cuore di quel
ghetto dove si consumò la tragedia di Jona.
g.d
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Qui Venezia - I registri della vergogna
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“Le
numerose manifestazioni di quest'anno per il Giorno della Memoria
possono essere un'occasione per riflettere criticamente sulla società
odierna, attualizzando il ricordo. Fondamentali in questa fase di
analisi sono le ricerche documentali, che possono rivelare nuovi
spaccati di quel periodo storico”. Questo il pensiero di Amos
Luzzatto, presidente della Comunità Ebraica di Venezia, in occasione
della presentazione della prima fase della ricerca sui registri
matricola del Carcere di Santa Maria Maggiore che censiscono i dati
degli ingressi dei perseguitati politici e razziali durante il periodo
dell'occupazione tedesca. La collaborazione con la Direzione
dell'Istituto di detenzione ha avuto inizio nel novembre del 2009 ad
opera dell’Iveser con il sostegno dell'Assessorato comunale alle
Attività culturali e si è concretizzata nel progetto “Uomini e numeri”,
presentato ieri nel centro sociale della Comunità Ebraica di Venezia
con una conferenza stampa a cui sono intervenuti, il presidente del
Consiglio comunale, Roberto Turetta, il prefetto, Domenico Cuttaia, il
questore, Fulvio Della Rocca, e il presidente della Comunità ebraica
veneziana, Amos Luzzatto. Un incontro promosso dal Coordinamento
cittadino per il Giorno della Memoria e parte integrante del ricco
programma di eventi e incontri che hanno caratterizzato quest’ultima
settimana: “Il lavoro fatto quest'anno - ha sottolineato il presidente
Turetta - è partito con tanti elementi di novità, di cui il più
importante è sicuramente la ricerca dell'Iveser, un 'work in progress'
che non ha solo valenza storico-sociale, ma che è anche motivo di
riflessione sulle condizioni di precarietà in cui si viveva in quegli
anni, nei quali si poteva finire in carcere per dei non-motivi.” Il
progetto dell'Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della
società contemporanea in collaborazione con la Comunità ebraica e il
Comune di Venezia, iniziato nel febbraio 2010 in occasione delle
manifestazioni per il Giorno della Memoria, ha previsto lo spoglio
integrale dei registri matricola dall’8 settembre 1943 al 27 aprile
1945 al fine di individuare il passaggio e la detenzione dei
perseguitati politici, militari e razziali nel carcere cittadino.
Questi risultati, infatti, rappresentano un'importante fonte storica
già utilizzata in altri studi di carattere scientifico. L'Iveser oltre
a curare l'organizzazione scientifica del progetto ha seguito anche le
procedure di censimento e la raccolta delle informazioni. Il
direttore dell’Iveser Marco Borghi e il ricercatore Giulio Bobbo hanno
illustrato la metodologia e i risultati della ricerca: i registri sono
stati fotografati nella loro interezza e sono state ricavate 3630
schede, catalogate a livello informatico grazie al software Filemaker.
I dati raccolti costituiscono innanzi tutto una nuova fonte di ricerca
a livello internazionale e permettono di confermare notizie già note
attraverso documenti ufficiali; inoltre sottolineano la portata del
lavoro coatto dei 459 detenuti che vennero trasferiti in Germania dal
carcere veneziano, delineando un’identità e una geografia della
persecuzione.
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Qui
Milano - Una corona e qualche divergenza |
“In
questo luogo si raggiunse l'apice degli orrori a Milano. Spiace però
che quando si partecipa a queste occasioni ci si ritrovi a constatare
come troppo spesso vi sia l’incomprensione di alcune espressioni
linguistiche. L'ebraismo ha usato sempre usato il termine “specificità
della Shoah”. Noi ci siamo sempre schierati contro ogni sopraffazione,
nella difesa dei nostri valori, che rappresentano una ricchezza per
tutta la società. Come Comunità ebraica siamo chiamati a formare e a
portare un esempio e un contributo a una società sempre più
multietnica. Ma questo non significa rinunciare alla specificità della
Shoah”. Così ha risposto il presidente della Comunità ebraica Roberto
Jarach all’ex partigiano Guido Artom e a chi durante la cerimonia
davanti all’ex Albergo Regina di Milano, sede del comando SS e quartier
generale della Gestapo dal 1943 al 1945, ha sottolineato come sia
necessario smettere di attribuire unicità allo sterminio degli ebrei
durante la seconda guerra mondiale. All’incontro con deposizione di
una corona davanti alla lapide che ricorda quanto avvenne nell’edificio
a due passi da piazza del Duomo, incontro coordinato dallo storico
Marco Cavallarin, hanno partecipato anche il vicesindaco Maria Grazia
Guida, Roberto Cenati per l’Anpi Milano, Giovanna Massariello in
rappresentanza dell’Aned, Onorio Rosati della Camera del Lavoro. “Le
nuove generazioni hanno il compito di tenere viva la memoria e la
volontà di non dimenticare. E come assessore alle Scuole penso che sia
fondamentale che negli ambienti educativi venga maggiormente
valorizzata la storia. È una scelta importante per il futuro, per
preservare i valori della nostra democrazia” ha sottolineato il
vicesindaco.
rt
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Qui
Venezia - La città si stringe nel ricordo
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Una
corona d’alloro e sei lumi posti sul memoriale della Shoah in campo di
Ghetto Nuovo in ricordo di altrettanti milioni di ebrei deportati e
sterminati nei campi di concentramento, vittime di una barbarie
inaudita. Una cerimonia fortemente voluta dal governatore del
Veneto, Luca Zaia, per celebrare adeguatamente il Giorno della Memoria,
a cui hanno partecipato gli esponenti della Comunità Ebraica di Venezia
e tra questi il presidente, Amos Luzzatto e il rabbino capo di Venezia,
Gili Benyamin. Il presidente Amos Luzzatto ha sottolineato invece la
sua soddisfazione per il grande interesse dimostrato in questi giorni
dalle istituzioni cittadine, provinciali e regionali ponendo
l’attenzione sui pericoli di questo periodo di crisi diffusa: “Ai
periodi di difficoltà economiche e di tensioni internazionali si
accompagnano quasi sempre recrudescenze di diffidenza e di odio nei
confronti degli stranieri; le ripetute e numerose manifestazioni di
quest'anno in occasione del Giorno della Memoria possono essere
un'occasione per riflettere criticamente su questi fenomeni,
soprattutto per prevenire il rischio sempre presente di una loro
evoluzione violenta e tragica.” Nel corso dell’incontro il
Governatore Zaia ha portato il suo saluto alla Comunità esprimendo il
suo cordoglio per le vittime, ma sottolineando altresì come il Giorno
della Memoria sia anche un momento di riflessione profonda ricordando
poi il professor Jona, presidente della Comunità durante le
persecuzioni, che pur di on consegnare le liste degli iscritti preferì
il suicido: “Il rispetto - ha affermato Zaia - va riservato a tutti.
Chi oggi tocca un ebreo è come toccasse ognuno di noi. Dobbiamo parlare
ai giovani perché si rendano conto della realtà, ma dobbiamo parlare
anche a coloro che professano il negazionismo questa deve essere la
nostra preoccupazione”. Dello stesso avviso anche il
vicepresidente del Consiglio regionale del Veneto, Franco Bonfante: “La
giornata di oggi - ha detto - non deve essere un rito, un obbligo, ma
l’occasione per riflettere e capire, il Consiglio regionale si
impegnerà nell’organizzare attività nel campo della conoscenza e
dell’istruzione come forte azione culturale per evitare che queste cose
succedano nuovamente”. In chiusura il rabbino capo di Venezia, Rav
Gili Benyamin, ha letto un salmo in ricordo dei caduti, seguito dalla
preghiera del Kaddish, recitata dal vicepresidente della Comunità,
Corrado Calimani
M. C.
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Generazioni
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Pochi insegnanti coinvolti e
molti perplessi, diffidenti, troppo presi dalla fine del quadrimestre
per pensare alla giornata della memoria, ansiosi di scaricare
l’incombenza sui colleghi di storia. Allievi molto più disponibili,
abbastanza informati, interessati, curiosi. E’ l’impressione (certo
parziale e soggettiva) che ho ricavato dai discorsi scambiati negli
ultimi giorni. Dodici anni per molti colleghi non sono che l’epilogo di
una lunga carriera in una scuola dove fino al 2000 era impensabile che
la fine di gennaio non fosse dedicata alle verifiche e interrogazioni.
Dodici anni sono tutta la vita che i liceali riescono a ricordare: per
loro la giornata della memoria è sempre esistita come sono sempre
esistiti i quadrimestri; quando saranno cresciuti e passeranno
dall’altra parte della cattedra per loro il 27 gennaio non sarà né una
fastidiosa e anomala incombenza né una novità a cui dedicarsi con tutte
le proprie forze. Forse solo allora sarà possibile trarre bilanci e
discutere serenamente di modalità e contenuti.
Anna
Segre, insegnante
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