Presi
singolarmente, con i loro 95 e 93 anni, non sono certo da Guinness dei
primati. Ce ne corre, prima di raggiungere i due olìm (nuovi immigrati)
che fecero l’aliyah dall’Ex Unione sovietica negli anni Novanta con
un’età dichiarata di 111 anni, o Belle Goldstein, la più anziana
immigrata in Israele dagli Stati Uniti che si trasferì nello Stato
ebraico a 102 anni nel 1998. Ma se è vero che l’unione fa la forza,
Phillip and Dorothy Grossman potrebbero essere la più anziana coppia
sposata di olim di sempre e la loro Alyah (ascesa in Israele) è
destinata a far parlare. Insieme da 71 anni, contabile in pensione lui
e casalinga lei, i Grossman hanno ancora voglia di esplorare nuovi
confini, e così, con l’aiuto dell’Agenzia ebraica e del ministero per
l’Immigrazione israeliano, hanno deciso di lasciare la loro città,
Baltimora, con un biglietto di sola andata, destinazione Gerusalemme.
“Amiamo Israele e siamo molto emozionati per la nostra aliyah - hanno
dichiarato i Grossman - Siamo felici anche di poter trascorrere più
tempo con la nostra famiglia che vive qui”. Una famiglia non da poco,
dato il totale di tre figli (uno già in Israele e un altro sul punto di
trasferirsi), cinque nipoti, 14 pronipoti e due propronipotini Ad
accoglierli all’aeroporto è stato proprio uno dei pronipoti, studente
in yeshivah, Yosef Segel, 22 anni, orgogliosissimo dei suoi
superbisavoli “Mio nonno è anche bravissimo col computer, non ha un
account Facebook, ma lo usa per scrivere lettere”. “I Grossman
sono la prova che non è mai troppo tardi per realizzare un sogno e
prendere una decisione così significativa nella propria vita - ha
sottolineato Erez Halfon, vice direttore di Nefesh B’Nefesh,
organizzazione che si occupa di facilitare l’immigrazione in Israele -
Siamo molto felici e auguriamo loro di trascorrere ancora tanti anni di
salute e felicità insieme in Israele”.
Rossella Tercatin
|
|
|
|
|
Le destre, le riforme
|
|
Devo
dire che mi ha colpito non poco la decisione del partito di estrema
destra greco Laos di non votare il pacchetto di riforme imposte da UE,
BCE e FMI. Dal momento che tutti conoscono bene il destino cui sarebbe
consegnato il Paese in caso di mancato invio di soldi da parte della
cosiddetta Troika, mi chiedo quale sia l’obiettivo del leader Georges
Karatzaferis. Certo, speculare politicamente sulle disgrazie della
gente, ma con quale prospettiva? Non vorrei che queste estreme destre
che non si riconoscono nei valori del costituzionalismo europeo (e non
c’è un fenomeno speculare dal lato opposto dell’arco politico)
cominciassero a parlarsi ed a pianificare opposizioni comuni. Ricordo
sempre che Heinz-Christian Strache, probabile Premier austriaco dal
2013, ha riproposto l’idea di un’alleanza interna alle destre xenofobe.
Un fenomeno da monitorare con attenzione. Ci sono sondaggi, in Francia,
che danno la Le Pen in vantaggio addirittura su Sarkozy.
Davide Assael, ricercatore
|
|
Le ragioni dei pessimisti
|
|
Del
libro di Alberto Mayer, Mabruk! Storie di vita e di morte dei kamikaze
palestinesi (Aliberti Castelvecchi 2010), e del dibattito ad esso
dedicato giovedì scorso, 9 febbraio, presso il Museo Ebraico di Roma,
si è già parlato, sulla Newsletter di venerdì. Alle considerazioni
svolte nel corso della tavola rotonda, e riportate nella suddetta
cronaca, mi sento di dovere aggiungere soltanto una sensazione e una
considerazione di fondo, suscitate dalla lettura del volume,
appartenenti, la prima, al terreno delle emozioni, la seconda a quello
della razionalità. La sensazione emotiva che il libro suscita nel
lettore, purtroppo, è quella di una profonda angoscia. La descrizione
analitica del macabro rituale di morte che porta tanti giovani, tante
madri, tanti padri, tanti mariti a preparare con meticolosa cura il
martirio proprio o dei propri congiunti, ad accettare con serafica
indifferenza o con apparente entusiasmo l’idea della morte propria o
dei propri parenti, desiderata e procurata per poter così massacrare il
numero più alto possibile di ‘nemici’ (quasi sempre civili inermi,
vecchi, donne e bambini, colpevoli solo di essere ebrei), non può non
gettare nel più profondo sconforto. L’immenso dolore per le vittime si
intreccia a una somma di sentimenti, difficilmente decifrabili, rivolti
ai responsabili: ripugnanza, orrore, pena, disgusto, incredulità… Che
si può provare nei confronti di una bambina destinata, fin dalla
nascita, a morire, per dare la morte ad altri? Che si può pensare dei
suoi genitori e parenti, della società che le è intorno, che approva
questo percorso, ne è orgogliosa o, quanto meno, non proferisce neanche
mezza parola di rifiuto, di dissenso, di perplessità? “Lo shahid –
nota Mayer – è… un soggetto normotipo”, le sue azioni non sono
collegabili ad alcun tipo di patologia psichica, di percepibile
alterazione comportamentale: “l’attentato suicida è il punto di arrivo
di un percorso estremamente razionale e articolato, all’interno del
quale eventuali patologie paranoidi, psicotiche o narcisistiche non
sono rilevanti”. Il gesto della cd. shahada, atto a mietere vite umane,
a dilaniare decine di corpi, è preparato, accettato da famiglie
normali, dove si va a scuola, si parla di calcio, si fanno i conti per
la spesa, si guarda la televisione. Un’assoluta “banalità del male”,
che lascia attoniti, ammutoliti, convinti unicamente della totale
inadeguatezza delle proprie categorie culturali di fronte a un fenomeno
che pare appartenere a una logica assolutamente ‘altra’, oscura,
impenetrabile, eppure così terribilmente consequenziale, e funzionante. La
considerazione razionale è l’amara, amarissima constatazione della
completa inconsistenza, in siffatto scenario, di qualsiasi prospettiva
di soluzione politica del conflitto mediorientale, per il semplice
motivo che la radice, la natura di esso non appare, in alcun modo, di
tipo politico. Ė vero, come si dice, che qualsiasi contrasto può
trovare soluzione, che anche guerre secolari hanno avuto un termine, ma
ciò può avvenire, è avvenuto soltanto quando, da una parte e
dall’altra, a un certo momento l’ottenebramento ideologico, il furore
distruttivo ha ceduto il passo al paziente linguaggio del dialogo, del
compromesso, della mediazione: quando al brutale istinto di morte, con
la sua cruda semplificazione, si è sostituito l’umile desiderio di
normalità, una minima capacità di ascolto, di accettazione, di
ripiegamento. L’umiltà, la pazienza della politica, la fiducia nella
forza mite, incruenta della parola, della persuasione. Ma quale
politica, quale razionalità si può scorgere in genitori che allevano i
loro figli per vederli morire, rivolgendo loro le proprie felicitazioni
(“mabruk!”, “auguri!”) per l’annunciato “lieto evento”? I kamikaze, è
vero, non rappresentano l’intera società palestinese. Ma è altrettanto
vero, ripetiamo, che le voci di condanna del fenomeno sono pressoché
inesistenti. Tutti i terroristi liberati nello scambio con Gilad Shalit
– alcuni dei quali organizzatori di veri e propri eccidi - hanno
ricevuto consistenti premi economici non solo da Hamas, ma anche
dall’Autorità Palestinese, e ad alcuni di loro lo stesso Presidente, il
“moderato” Abu Mazen, ha voluto personalmente porgere il proprio saluto
e apprezzamento. Se le variegate opinioni sui possibili sviluppi
del conflitto mediorientale di dividono, fondamentalmente, nei due
grandi partiti dei pessimisti e degli ottimisti (o, per lo meno, dei
possibilisti), non c’è dubbio sul fatto che il libro di Mayer offra
molti argomenti, tanto tristi quanto veri, a uno solo dei due, e
nessuno, proprio nessuno, all’altro.
Francesco
Lucrezi, storico
|
|
|
notizieflash |
|
rassegna
stampa |
Benjamin Netanyahu in visita a Cipro
|
|
Leggi la rassegna |
Prima visita a Cipro per il premier israeliano Benjamin Netanyahu che
da domani sarà sull'isola per un viaggio di lavoro. La prima su
quest'isola mediterranea di un capo di governo dello Stato ebraico.
Voci sull'interesse di Israele ad avere una presenza aerea sull'isola
circolano da tempo e si sono fatte ancora più insistenti dopo un
recente incontro a Tel Aviv tra il ministro della Difesa cipriota ed il
suo omologo israeliano.
|
|
Ancora
storie di esplosioni "islamiche" in estremo oriente, dopo quelle di
ieri in India ed in Georgia, che riportano ad un Iran che si proclama,
ovviamente, del tutto estraneo; questa volta, tuttavia, due cittadini
iraniani si fanno subito beccare in Thailandia confermando, in tal
modo, quanto le autorità israeliane, Barak in primis, stavano dicendo
da alcuni giorni.
Emanuel Segre Amar
|
|
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo
messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare
con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete
comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it
indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI -
Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo
aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione
informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale
di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
|
|