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21 febbraio 2012 - 28 Shevat 5772
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Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino

Domenica si è conclusa a Pinzolo la settimana bianca organizzata dal Dec Ucei. La consueta vacanza invernale ha visto molti nuovi partecipanti tra cui molte famiglie provenienti dalla Comunità di Milano. Uno Shabbat denso, allietato durante i pasti da divrè Torah di alcuni bambini, che è stato interamente condiviso da tutti i “campeggisti” dall’inizio alla fine. Quando dello Shabbat si riescono a vivere assieme e in modo naturale valori positivi e stimolanti non è necessaria alcuna forma di imposizione. Anche per chi tiene a considerarsi “non religioso”  lo Shabbat costituisce talvolta un paradigma identitario di rigenerazione spirituale oltre che fisiologica. Un partecipante, a cui diverse volte ho spiegato il significato della Havdalà, mi ha confessato di non averne mai compreso appieno il significato fintanto che non ha vissuto e condiviso questa cerimonia di congedo dallo Shabbat in questa piacevole e calorosa atmosfera... E questo non dovrebbe valere per tutte le mitzwot che si studiano? 

Dario
 Calimani,
 anglista



Dario Calimani
Sergio Romano ritorna a fare il ‘diplomatico’. Un lettore gli chiede testualmente: “perché i nazisti se la presero così tanto solo contro gli ebrei? Ci sarà un perché?” Incredibile! La domanda è una di quelle che suona sporca fin dalla sua formulazione e che sembra portare in sé anche la sua squallida e antisemitissima risposta. Ma Sergio Romano si è fatto scaltro, e risponde che non è vero che i nazisti se la siano presa solo con gli ebrei, ma anche con omosessuali, zingari, comunisti, evangelici. Alla domanda vera posta dalla lettera sfugge: troppo rischioso dire quello che pensa. Tanto l’ha già detto altrove.

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davar
Qui Roma - Marrani di ieri e di oggi
Marrani e marranesimo. Un tema ricco di fascino e mistero che è legato indissolubilmente alle questioni dell'identità e che lo stesso ebraismo italiano ha più volte affrontato in questi ultimi anni attraverso un denso programma di incontri, convegni – tra cui il Moked primaverile del 2010 – e nuove progettualità. Di ebraismo pubblico e privato, di identità ritrovate a distanze di secoli (anche in Italia), si torna a parlare domani pomeriggio all'incontro Marrani di ieri e di oggi in programma a partire dalle 18 al Centro Bibliografico Tullia Zevi dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Protagonisti della serata la storica Anna Foa (titolo del suo intervento “Il marranesimo, un nodo della storia”), il rabbino capo di Napoli Scialom Bahbout (“Ma i marrani sono ebrei? Cosa dice la normativa ebraica?”) e il medico Roque Pugliese (“Io sono un marrano!). Seguirà al dibattito la proiezione, introdotta dalla coordinatrice UCEI Sira Fatucci, del filmato “Marrani d'Israele o tradizioni in comune?”. Moderatore dei lavori Gadi Piperno, coordinatore del Dipartimento Educazione e Cultura UCEI e responsabile del Progetto Meridione, realtà assiduamente impegnata in una riscoperta ebraica nel meridione dello Stivale. Un lavoro che sta dando i suoi frutti come dimostrano recenti iniziative di successo a San Nicandro Garganico, Belvedere Marittimo e Siracusa.

Gli israeliani? Lavorano più di 50 ore a settimana
Ma restano soddisfatti della loro qualità di vita 
Si può misurare statisticamente quella che viene definita la “qualità della vita” degli abitanti di un paese e compilare una classifica internazionale? Da molti anni gli economisti sono consapevoli del fatto che la misura di benessere comunemente utilizzata per misurare il polso di un’economia e fare confronti tra paesi, ossia il prodotto interno lordo (il reddito generato in un anno in un paese), è per molti versi inadeguata, soprattutto perché essendo una media non tiene conto delle diseguaglianze (i “polli di Trilussa”) e perché ignora altri fattori che determinano il benessere degli abitanti oltre al reddito, come la salute, l’istruzione, la sicurezza, il tempo libero.
Il sogno di molti economisti è diventato realtà grazie a un nuovo progetto dell’OCSE, l’organizzazione che riunisce le 34 economie avanzate del mondo e alla quale partecipa, da circa un anno, Israele. L’OCSE ha creato una banca dati, che viene aggiornata periodicamente, in cui si misura il benessere degli abitanti di ogni paese (Better life index) in base a 11 parametri. Tre di questi parametri si riferiscono alle condizioni di vita “materiale”: reddito e ricchezza; quota di popolazione che ha un lavoro; qualità delle abitazioni. Gli altri otto sono invece indicatori “immateriali” di qualità della vita: salute, equilibrio tra lavoro e vita privata, istruzione, rete di relazioni sociali, impegno civico, qualità dell’ambiente, sicurezza personale, benessere soggettivo percepito.
La classifica generale dei 34 paesi non riserva sorprese: in testa alla classifica, basata su una media calcolata assegnando lo stesso peso a ognuno degli undici indicatori, nelle prime sei posizioni si trovano paesi anglosassoni (Australia, Canada, Usa) e scandinavi (Svezia, Norvegia e Danimarca); nelle ultime posizioni, come prevedibile, paesi di recente industrializzazione: all’ultimo posto vi è la Turchia, preceduta da Messico, Cile ed Estonia. Israele si colloca in posizione quasi mediana, al ventesimo posto, subito dopo il Giappone ma prima della Spagna (ventiduesima) e dell’Italia (ventiquattresima).
Come è prevedibile, data la sua industrializzazione relativamente recente Israele è svantaggiata rispetto agli altri paesi dell’OCSE sui parametri strettamente economici (“condizioni materiali”), come il reddito pro capite, la dimensione dell’alloggio (1,2 stanze per persona, contro 1,6 della media OCSE) e la sua qualità (il 5% delle abitazioni non ha bagno in casa, contro il 2,8% della media OCSE), partecipazione al mondo del lavoro (solo il 59% degli israeliani ha un’occupazione, contro una media OCSE del 65%). Tuttavia, gli israeliani “vivono meglio” rispetto alla media dei paesi OCSE se si considerano gli otto indicatori di “qualità della vita”, in particolare la salute (l’aspettativa di vita alla nascita è più elevata che altrove), la sicurezza personale (ci sono meno rapine e aggressioni), l’istruzione (vi è una percentuale più elevata di diplomati e laureati che altrove).
Infine vi sono due indicatori di “qualità della vita” particolarmente interessanti perché forniscono risultati apparentemente paradossali. Da un lato gli israeliani si collocano in posizione bassissima in graduatoria per quanto riguarda l’equilibrio tra il tempo dedicato al lavoro e alla vita privata, perché lavorano molto: il 23% degli israeliani lavora più di 50 ore la settimana (solo i giapponesi, i coreani e i messicani “sgobbano” di più) e ai lavoratori israeliani rimangono in media dopo il lavoro 15 ore al giorno da dedicare al sonno, alla cura di se stessi e al tempo libero (peggio fanno i giapponesi, a cui ne rimangono circa 14, meglio di tutti i belgi, con quasi 17 ore libere).
Nonostante lo stile di vita da workaholics, e qui sta il paradosso, gli israeliani si sentono in media più “felici” dei cittadini di altri paesi: ben il 72% degli israeliani si dice “soddisfatto della propria vita”, una delle percentuali più elevate tra i 34 paesi esaminati. A confermare il paradosso è il fatto che l’Italia è in una situazione diametralmente opposta: rispetto agli altri paesi agli italiani rimane mediamente più tempo libero dopo il lavoro (grazie al minor numero di ore lavorate) ma nel contempo l’Italia è in bassa classifica per quanto riguarda il senso di “soddisfazione” (solo il 54% si considera soddisfatto della propria vita. In altre parole, non è detto che lavorare di meno e avere più tempo libero renda più felici.

Aviram Levy, Pagine Ebraiche, febbraio 2012

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pilpul
La religione, la politica e le cantonate di Sanremo
Tobia ZeviQuanto è facile diventare profeti! Prendiamo Adriano Celentano: talento straordinario, molti soldi, estremo provincialismo. Il gioco è fatto. Per una settimana non si parla che di lui e dei suoi sermoni, il nuovo disco è lanciato e gli ascolti si impennano. Persino la celeberrima farfallina di Belen non riesce a tenere il passo, e il molleggiato viene richiamato sul palco per dare l’ultima scossa allo share. Ora, di tutta la querelle sanremese due aspetti mi paiono interessanti: per due volte Celentano ha attaccato la stampa cattolica con l’assenso implicito (omissivo) dei vertici Rai. Non avevano visionato i testi, d’accordo, ma in questo caso che senso poteva avere il secondo giro? La verità è che contano solo gli ascolti, cioè i soldi, assai più importanti, addirittura, della Chiesa, senza contare le altre vittime della filippica adrianesca. Il secondo punto è di merito. L’accusa formulata dal palco dell’Ariston ad «Avvenire» e «Famiglia cristiana» è, in estrema sintesi, di trascurare i temi spirituali (il «paradiso») e di occuparsi del mondo, della politica, della quotidianità. Al netto di una certa rozzezza – che cosa è stata la Chiesa cattolica se non la gestione del mondo reale in una prospettiva eterna? – la critica è interessante perché riflette due modi di intendere la religione antitetici e interconfessionali: diciamo i «militanti» contro gli «spirituali».
L’ebraismo ha un approccio diverso, perché la sua aderenza alla realtà quotidiana è dettata dalle Mizvoth e dalla Torah. Ma spesso si sente ripetere: «Perché fare questo, che cosa c’entra con l’ebraismo? Non dovremmo studiare e praticare di più?». Ecco, la mia risposta a Celentano e ai suoi omologhi di altre fedi, è «no». Mi sento profondamente ebreo perché l’ebraismo parla del mondo e al mondo, perché il valore del nostro agire si misura in questa vita e nei confronti degli altri. Perciò fanno bene «Avvenire» e «Famiglia cristiana» a fare politica, se con questo si intende difendere i poveri, gli immigrati, i rom, gli ultimi.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas 


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notizie flash   rassegna stampa
Nomine in Campidoglio - Ester Mieli portavoce del sindaco Alemanno 
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Ester Mieli è la nuova portavoce del Sindaco di Roma Gianni Alemanno. A confermare la notizia della nominma a margine della conferenza stampa sul rimpasto di Giunta, Alemanno stesso: "Ester Mieli è la mia nuova portavoce – ha riferito il Primo cittadino – è una donna e, considerate le tempeste mediatiche che mi hanno riguardato ultimamente, la sua nomina è un atto di coraggio, oltre ad essere anche una scelta di professionalità”. La Mieli, già portavoce della Comunità ebraica di Roma, subentra a Simone Turbolente .
 
 

La notizia principale oggi è nascosta in una breve del Tempo: il 5 marzo prossimo ci sarà un nuovo incontro alla Casa Bianca fra Obama e Netanyahu.

Ugo Volli

























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