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27 febbraio
2012 - 4 Adar 5772 |
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Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova
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"Farai una Menorah d'oro puro,
tutta di un pezzo: il piedistallo e il fusto, i suoi calici, i suoi
boccioli e i suoi fiori da essa saranno" (Esodo 25:31).
Con queste parole il Signore inizia l'illustrazione del progetto della
Menorah. Ben Ish Chay (Yosef Chayym di Bagdad 1832-1909) spiega che la
Menorah è oggi simboleggiata dalla Amidah che recitiamo tre
volte al giorno. La recitazione dell'Amidah è uno degli strumenti per
restaurare la Shekhinah, la presenza divina che, come la Menorah, deve
essere: di "oro puro" - cioè recitata con espressione chiara e senza
errori; "tutta di un pezzo" - detta in un unica composizione, senza
interruzioni, compresi il "piedistallo" (le preghiere di supplica che
seguono la Amidah) e il "fusto" (le benedizioni che la
compongono). "I suoi calici" rappresentano le singole lettere e parole
che formano benedizioni; "i suoi boccioli" simboleggiano il luogo del
pensiero dell'uomo che deve esprimersi nella recitazione dell'Amidah;
"i suoi fiori" sono le aggiunte che i Maestri hanno permesso di fare
all'interno delle benedizioni; "da essa saranno" indica che le
aggiunte, per essere accettate, devono essere all'interno del contesto
della benedizione. Ben Ish Chay sembra dirci, svelando questa
simbologia nascosta, che quando recitiamo l'Amidà, è come se stessimo
davanti la Menorah, anzi, come se noi stessi fossimo una Menorah..
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Anna
Foa,
storica
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Qualcosa sta cambiando nel
nostro Paese? Il Manifesto per la cultura, lanciato solo una settimana
fa dal Sole 24 Ore, con le numerosissime adesioni che ha già ricevuto,
lo fa almeno sperare. Perchè si tratta di una vera e
propria proposta costituente, di una rifondazione culturale di lungo
periodo che lega lo sviluppo economico, sociale e civile allo sviluppo
culturale, alla crescita e alla diffusione delle conoscenze
scientifiche e umanistiche e a una vera e propria strategia culturale
di lungo periodo. E questo rappresenta nel nostro paese una grossa
novità. Credo che un impegno in questa direzione possa portare
alla costruzione nel tempo di un mondo più creativo ed aperto alla
speranza, al futuro, al recupero, insieme con la cultura, dei valori
civili e morali. Perchè sono convinta, e non da ora,
che il nostro declino morale e civile, il crescere del razzismo e
dell'indifferenza, la volgarità dilagante, siano legati a una decadenza
culturale sempre più accentuata, a un analfabetismo di ritorno sempre
più diffuso, a una caduta verticale del prestigio sociale della
cultura, dell'apprendimento, della diffusione di libri e giornali. La
parola scritta si è persa di fronte al dilagare di una parola orale che
diventa sempre più grido e sempre più perde senso. Tanto più questo
dovrebbe essere chiaro a noi ebrei, che abbiamo per secoli legato la
nostra identità e la nostra vitalità al primato della parola scritta,
del Libro. Contribuire a ricostruire il tessuto culturale della società
in cui viviamo è anche un modo per reimmetterci in un circuito
culturale vitale, per ricostruire quel circolo di reciproci influssi
che nei secoli ha caratterizzato il rapporto degli ebrei con le culture
entro cui vivevano.
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Notte
degli Oscar - Premiati il silenzio di Hazanavicius
e la storia di George Melies che denunciò l'Affaire Dreyfus
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E' mancato un nuovo trionfo
per la cinematografia israeliana, che con lo splendido e forse troppo
intellettualistico Footnote non è riuscito a imporsi nella
competizione, ma la notte degli Oscar è stata densa di riferimenti e di
significati ebraici. Nella sua ottantaquattresima edizione, un film
muto ha trionfato per la prima volta dal 1929. Con The Artist, definito
dal New York Times “una lettera d’amore a Hollywood”, il regista
francese Michel Hazanavicius ha raccolto i frutti di una scelta
coraggiosa, riportando sul tetto del mondo il cinema europeo con la
vittoria di cinque statuette tra le più ambite: miglior film, regia,
attore, costumi e colonna sonora.
“È più efficace l’astinenza dalla parola che dal cibo e dalle bevande -
diceva il Gaon di Vilna, grande Maestro dell’ebraismo del diciottesimo
secolo - Il confronto con il silenzio ci insegna quanto spesso delle
parole facciamo cattivo uso”. Un insegnamento che Hazanivicius ha
assorbito sin da giovanissimo, perché le parole mai pronunciate hanno
rappresentato una parte fondamentale della sua vita ben prima che si
mettesse dietro a una cinepresa. I suoi genitori e nonni sopravvissero
all’occupazione nazista della Francia proprio grazie alla scelta di
nascondersi dietro a un silenzio totale sulla propria identità ebraica,
anche per meglio difendere i propri figli. L’ebraismo in cui il
vincitore della statuetta per la miglior regia è cresciuto fu dunque
quello delle cicatrici e degli orrori mai raccontati che la Shoah portò
nella sua famiglia, e che gli insegnò il potere delle parole non dette.
“I miei nonni non parlavano. E neppure i miei parenti che tornarono dai
campi - ha raccontato il regista in una recente intervista al Jewish
Journal di Los Angeles - Il silenzio è un linguaggio universale, come
la musica o la pittura. Le parole ti confinano nello spazio geografico
di una lingua”. The Artist racconta la
parabola di George Valentin (Jean Dujardin) da divo del cinema muto ad
artista dimenticato e poi salvato dall’amore e dalla capacità di
rimettersi in gioco di fronte al cambiamento. “Il mio film è incentrato
su un uomo che si trova costretto ad adattarsi o a perdere tutto. Penso
che tutte le vicende del popolo ebraico rappresentino la capacità di
trasformarsi di fronte alle avversità, senza però rinunciare a se
stessi”. Proprio come riesce a fare il bel Valentin.
La Francia e la storia del cinema sono stati assoluti protagonisti
della notte di Los Angeles non solo con The Artist, ma anche con il
primo film in 3D firmato dal regista Martin Scorsese, Hugo Cabret.“Se
ti sei mai chiesto da dove vengono i tuoi sogni… Beh, è qui che vengono
creati” dice il giovane George Méliès, interpretato da Ben Kingsley, al
bambino dagli occhi sgranati che visita i suoi studi cinematografici
nella Parigi dorata della Belle Epoque. Quel bambino diventerà
l’esperto di cinema professor Tabard, che aiuterà Hugo e Isabelle, i
piccoli protagonisti del film, a ricordare all’ormai triste e
dimenticato Papà George la magia di quegli anni, quando il cinema
rappresentava davvero la fabbrica dei sogni verso un futuro
meraviglioso. Hugo Cabret è arrivato alla cerimonia per l’assegnazione
degli Academy Awards da grande protagonista, con ben 11 candidature,
tra cui miglior film e miglior regia, e ha raccolto un bottino di
cinque statuette (miglior fotografia, effetti speciali, montaggio
sonoro, effetti sonori e scenografia, firmata dagli italiani Dante
Ferretti e Francesca Lo Schiavo, alla terza volta sul palco del Kodak
Theatre).
Fu un sognatore George Méliès (Parigi, 1861-1938), grandissimo
produttore/regista/attore degli albori del cinema. Ma nella vita non
dimenticò l’importanza del mondo reale, per cercare di trasformarlo in
un posto migliore. Tanto da scegliere di portare sul grande schermo il
più grande intrigo politico del diciannovesimo secolo: l’Affaire
Dreyfus. Perché, come il più celebre scrittore Emile Zola, di fronte
all’ingiustizia delle accuse contro l’ufficiale ebreo, Méliès comprese
che non poteva rimanere semplice spettatore, ma doveva mettere la sua
arte al servizio della verità. Da Gare Montparnasse, la
stazione dove si svolge gran parte di Hugo Cabret, partivano i treni
per la città di Rennes, che il governo scelse nel 1899 come sede del
secondo processo a Dreyfus, invocato da tanti francesi sulla spinta del
J’accuse di Zola. Méliès, in quegli anni all’apice del successo, portò
Rennes nei suoi studi, dove filmò una serie di corti sulla storia
dell’ufficiale, che rievocavano, avvalendosi di tutte le tecniche più
avanzate dell’epoca, le tappe della vicenda, dal processo farsa alle
sofferenze dell’esilio sull’Isola del Diavolo. L’impatto sul pubblico
fu enorme, la proiezione dei documentari provocò continui tafferugli
tra innocentisti e colpevolisti. Al punto che Méliès divenne il primo
regista della storia la cui opera fu censurata dalle autorità francesi,
terrorizzate dal modo in cui un mezzo di comunicazione che doveva
essere soltanto un piacevole passatempo per le masse era stato capace
di mettere a nudo uno scandalo politico. Tanti applausi, ma
niente Oscar invece per il film israeliano Footnote (Nota a piè di
pagina), candidato nella categoria miglior film straniero. Incentrata
sulla storia di una delicata rivalità tra padre e figlio, grandi
studiosi di Talmud, la pellicola di Joseph Cedar già nominato per gli
Academy Awards nel 2007 con Beaufort, aveva ottenuto al Festival di
Cannes il premio per la miglior sceneggiatura. L’ambita statuetta è
andata all’iraniano A separation, del regista Asghar Farhadi, che ha
battuto anche In Darkness, pellicola della polacca Agnieszka Holland
sulla vicenda di un gruppo di ebrei che nel 1943 per sfuggire ai
nazisti, si nascondono nelle fogne della cittadina di Lvov.
Rossella
Tercatin
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Qui Roma – Il patrimonio
dell’Europa ebraica
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L'obiettivo è
quello di fornire al portale Europeana, nuovo contenitore del
patrimonio culturale digitale europeo, oltre tre milioni di dati e
rendere disponibili in formato digitale le collezioni ebraiche di
numerosi archivi, biblioteche e musei. Judaica Europeana, progetto di
recente iniziativa che sta portando alla raccolta di un vasto materiale
documentale a carattere ebraico in tutto il continente, vive oggi uno
dei suoi momenti più significativi con una conferenza internazionale in
corso di svolgimento alla Biblioteca nazionale centrale di Roma.
Estremamente denso il programma di interventi e relazioni,
inframmezzati da alcune esibizioni artistiche, che ha richiamato già
dal mattino un folto pubblico di studiosi, esperti di digitalizzazione,
studenti e appassionati di temi ebraici. Siedono tra gli altri in
platea l’ambasciatore dello Stato di Israele presso la Santa Sede
Mordechay Lewy, il segretario generale dell’Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Gloria Arbib e il vicepresidente Anselmo Calò. Filo
conduttore del convegno la centralità dell’apporto ebraico alla moderna
identità europea, la necessità di una conservazione e di una facile
fruizione di questo contributo da parte del grande pubblico.
Un’opportunità preziosa da cogliere ribadita tra gli altri dal
direttore della Biblioteca nazionale Osvaldo Avallone, dal direttore
dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico Rossella Caffo e dal
direttore della Biblioteca nazionale d’Israele Oren Weinberg. Una sfida
ambiziosa che trova terreno fertile nel nostro paese non a caso sede
della Comunità ebraica di Roma, la più antica realtà della Diaspora.
“Grazie alla vastità del suo patrimonio ebraico in parte ancora
inesplorato – afferma Annie Sacerdoti, consigliere UCEI con delega ai
beni culturali – l’Italia può avere un ruolo molto significativo in
questo progetto che tanti stimoli e opportunità offre alle nostre
Comunità”. La strada percorsa finora, spiega ancora la dottoressa
Sacerdoti, è incoraggiante e lo dimostrano ad esempio il progetto
Stella di Davide e Tricolore realizzato in occasione del
Centocinquantenario di unità nazionale e il lavoro svolto per quanto
riguarda la collezione ebraica dell’Archivio di Stato di Venezia. Due
iniziative sulle quali ci si soffermerà con un approfondimento nel
corso della giornata. La lezione introduttiva dedicata da Moni Ovadia
alla cultura della Diaspora ebraica, l'intensa lettura del racconto
Nostalgia da parte di Aldo Zargani, le performance artistiche di Miriam
Meghnagi e Olek Mincer. La prima sessione di lavori ci consegna,
assieme al racconto degli obiettivi di Judaica Europeana (tra i
relatori la coordinatrice Lena Stanley Camp) e alla testimonianza di
alcuni soggetti coinvolti in questa operazione che punta a ‘fare
cultura’ e divulgazione, un caleidoscopio di emozioni declinate su più
aspetti dell’identità ebraica. Intensità che caratterizzerà anche i
lavori del pomeriggio coordinati dalla storica Anna Foa e che vedranno
la partecipazione di Cristiana Facchini, Dov Winer, Raffaele Santoro,
Andrea de Pasquale, Laura Quercioli e Maria Teresa Natale. Tra i temi
in agenda la possibilità di accesso alle risorse ebraiche sul web e
alcuni lavori di ricerca e catalogazione effettuati negli ultimi anni
in Italia. Ad allietare il pubblico un intervento musicale del
clarinettista Gabriele Coen.
Adam Smulevich
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Qui
Vercelli - Techì Italyah! Viva l'Italia!
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Nel primo pomeriggio di
domenica 26 febbraio, alla sinagoga di Vercelli, dopo le consuete
visite guidate, con la partecipazione dei rappresentanti della
Provincia di Vercelli che ha promosso l’iniziativa, del Comune e di un
folto pubblico, Cinzia Ordine e Roberto Sbaratto hanno condotto un
viaggio nello spazio e nel tempo, indietro di 150 anni, attraverso i
vicoli dell’antico Ghetto vercellese che fu luogo di formazione civile
e culturale tra i più fecondi dell’età del Risorgimento. Molti
personaggi che lasciarono un’impronta nel dibattito sull’Unità d’Italia
e che influenzarono profondamente la cultura e la morale del tempo,
transitarono per l’illustre istituzione del Collegio Foa, fondato nel
1829 e che, nel corso dell’800, divenne culla di quella cultura
dell’“eguaglianza” che consentì all’Italia di gettare le fondamenta
della sua Unità.
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In cornice - Tel
Aviv, i restauri, il senso del bene comune
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A Tel Aviv non si arresta un
attimo l'attività di recupero degli edifici storici, siano
essi in stile Bauhaus, eclettico o “coloniale”. Shderot
Rotschild (Rotschild boulevard) è ormai un museo a cielo aperto,
il vecchio quartiere di Nevè Tzedek è stato da anni tirato al
lucido da ricchi bohemiens, la stazione ferroviaria
abbandonata della linea Yaffo-Gerusalemme è oggi un centro
commerciale e un punto di ritrovo di grande fascino. La
scorsa settimana ho notato anche il progressivo recupero
dell'area sud di rehov Hayarkon; di fronte all'albergo Dan,
una casa Bauhaus, che fino a un paio di anni fa era
disabitata e in rovina, è pronta per riaccogliere condomini
nei suoi volumi equilibrati e armonici. L'orgoglio sionista
per il lavoro compiuto, lascia spazio ad almeno due riflessioni. Se Tel
Aviv, dopo aver quasi buttato alle ortiche il suo passato
(impossibile dimenticare la distruzione dello storico Ginnasio Herzelia
per far posto all'orrendo grattacielo di Migdal Shalom), ha cambiato
atteggiamento, possibile che non sia possibile seguire l'esempio in
tante città italiane? E poi, il restauro degli edifici storici
di Tel Aviv è per lo più opera di privati, che in cambio
ricevono il permesso di costruire negli spazi adiacenti.
Il rischio di scempio architettonico sembra enorme: il
costruttore potrebbe far finta di restaurare il passato, o
costruire nuovi edifici incompatibili con quelli vecchi. Le istituzioni
potrebbero fra finta di controllare e accettare di tutto,
casomai a fronte di laute mazzette. Tutto questo non accade,
solitamente. Il perché sta anche nel maggior senso del bene comune che
hanno sia le istituzioni sia i privati israeliani, rispetto,
ad esempio, a quelli italiani. Ecco un'implicazione pratica
del concetto del patriottismo.
Daniele
Liberanome, critico d'arte
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Tea for Two - Uno shabbat
con Inseparabili
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Nell'indolenza che mi coglie
il venerdì, quando tutti si affrettano per terminare le incombenze che
precedono lo Shabbat, sfoglio distrattamente Vanity Fair. E quasi come
per magia, Gad Lerner mi comunica dell'uscita del nuovo libro di
Alessandro Piperno, Inseparabili, il secondo volume del dittico Il
fuoco amico dei ricordi. Era più di un anno che la vicenda di Leo
Pontecorvo, lo sfortunato quanto inerme protagonista, mi perseguitava.
Dovevo sapere qualcosa in più di Rachel Spizzichino in Pontecorvo. Non
aspettavo altro che vedere dove diavolo si erano cacciati i due
Pontecorvo junior, Filippo e Samuel. Improvvisamente la prospettiva di
uno Shabbat passato a oziare dopo la temibile sessione di esami non era
poi così invitante. E allora ecco che Inseparabili si è insinuato nel
mio week-end. Ammetto di non essere neutrale. Vi confido anche che non
sarò mai una grande critica letteraria dal nome altisonante. Ma
Alessandro Piperno per me sarà sempre Alessandro Piperno. Un colpo di
fulmine iniziato Con le peggiori intenzioni e continuato con una
quantità spropositata di articoli strappati selvaggiamente dal giornale
e gelosamente tenuti da parte. Qualsiasi argomento tratti: da Kafka ai
mondiali di calcio, da Marie Antoinette a Barney Panofsky non delude.
Alessandro Piperno conosce le parole e non ha paura di usarle. I suoi
aggettivi ornano ma prendono anche vita (penso a 'croccante' o
'gustoso' accostati a sostantivi impensabili). Costruzioni complesse e
contenuti sagaci creano un cortocircuito che è una gioia per gli occhi.
Per quanto Inseparabili sia arditamente perverso in alcuni punti,
lasciandomi più volte allibita e sconcertata (ho persino pensato di
abbandonare il libro e ripiegare sul più confortante Topolino), non
posso fare a meno di continuare imperterrita a sostenere che Piperno
sia un narratore di enorme potenza. Un narratore che trasuda Balzac e
Tolstoj. Celebra un insolito matrimonio tra pietre miliari della
letteratura e cultura fluorescente degli anni '80. Non lo vedo come un
accademico che ha tradito l'élite con best seller da macero, ma come un
uomo con una terribile impellenza di raccontare. "Il bello di aver
realizzato un'opera di successo è la consapevolezza che - per quanto tu
te ne stia a oziare indecorosamente - lei sgobbi in tua vece tutto il
santo giorno come un fidato maggiordomo." Anche i più aggueriti
detrattori, che ora si staranno affilando le unghie, non potranno
negare l'onestà intellettuale della frase di un grande
scrittore come Alessandro Piperno.
Rachel
Silvera, studentessa
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notizie
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rassegna
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Qui
Firenze – In Consiglio entrano
Fiorentini e Di Gioacchino |
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Cambia in parte volto il Consiglio della Comunità ebraica di Firenze.
Filippo Fiorentini e Umberto Di Gioacchino sostituiscono infatti Silvia
Bemporad e Mauro Di Castro, che si erano dimessi dall'incarico nelle
scorse settimane. L'accettazione delle cariche è avvenuta nel corso
dell'ultima riunione di Consiglio. A Fiorentini sono state assegnate le
deleghe per Siena (incluso il capitolo della riscossione dei tributi) e
per la vigilanza della Società Israelitica di Misericordia che proprio
nella città del Palio ha sede. Di Gioacchino si occuperà invece di
Museo e Patrimonio culturale ebraico, Archivio, Attività sociali ed
eventi comunitari, Giovani, Notiziario mensile e attività turistiche.
Un saluto e un augurio di lavoro proficuo è stato a entrambi rivolto
dal presidente della Comunità ebraica Guidobaldo Passigli e dal rabbino
capo Joseph Levi.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
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