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12 marzo 2012 - 18 Adar 5772
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l'Unione informa
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alef/tav
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rav Jonathan saks
Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova


"…farò grazia a chi vorrò farla ed userò clemenza a chi vorrò usarla". (Esodo 33:19) Un Midrash racconta che il Signore mostrò a Moshè una serie di tesori destinati a chi compie determinate mitzwoth. Tra tutti questi tesori, Moshè ne vide uno molto grande e chiese a chi fosse destinato. Il Signore gli rispose: "chi ha del suo (che compie una determinata azione per la quale c'è il tesoro destinato) Io prendo dal suo (tesoro destinato), chi non ha del suo, Io gli concedo il premio gratuitamente da questo tesoro…". Moshè Chayym Luzzatto (1707-1746), nell'opera Da'at Tevunot illumina questo Midrash: "chi crede nell'unicità (di D-o) e comprende il suo concetto, deve credere…che D-o solo domina il tutto...Non esiste nessun dominio alternativo al Suo…cioè non esiste nessun principe o forza in contrapposizione alla Sua, come pensano gli idolatri...Egli solo provvede a tutte le creature con una premura particolare e nel mondo, niente nasce  se non dalla Sua volontà e dalla Sua mano; non per caso, non per natura e non per fortuna…Anche se Israele non avesse alcun merito…il Signore ci salverà sicuramente perché Egli è il Signore di tutto e può fare così come vuole." In questo percorso che ci porterà al mese della redenzione (Nissan), le parole di questo grande maestro sono una belle iniezione di fiducia, soprattutto nei momenti più bui e di sconforto...

Anna
Foa,
 storica

   
Anna Foa
Ho scoperto l'esistenza di un quotidiano neonazista in Italia da alcuni suoi articoli ripresi sulla Rassegna dell'UCEI, anzi inizialmente il fatto che si chiamasse Rinascita, la vecchia testata del PCI, mi aveva messo fuori strada. Rinascita è più che negazionista, anche se naturalmente ospita molti negazionisti sulle sue colonne. È proprio neonazista.Il suo direttore, tal Ugo Gaudenzi, è stato nel 1969 fra i fondatori del movimento Lotta di popolo, chi ha la mia età ricorda certamente i nazimaoisti! Nei giorni scorsi, per esempio, oltre a vari articoli di elogio dell'Iran e di violento attacco a Stati Uniti ed Israele, Rinascita ospitava due articoli (di uno storico negazionista americano, tal Mark Weber) di esaltazione della politica della Germania del dopo Weimar, cioè della Germania nazista. ln termini di grande ammirazione si tratteggiava la politica economica e sociale di Hitler, con un linguaggio abbastanza neutro da non essere smaccatamente nazista (per esempio, non vi si scrive Viva il Fuhrer, morte agli ebrei!), ma comunque il quadro restava inequivocabile. Chi finanzia questo giornale? ed è possibile che nessuno dei suoi articoli ricada sotto la legge Mancino? Comunque, credo che sia bene saperlo: in Italia c'è un quotidiano neonazista in edicola.

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davar
Gli ebrei italiani chiamati al voto il 10 giugno
L'Unione verso il Consiglio nato dalla riforma
Si terranno il prossimo 10 giugno le votazioni che condurranno alla formazione del nuovo Consiglio del'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'organismo consiliare, che sulla base del dettato della riforma istituzionale, sostituirà il vecchio congresso rimanendo in carica per il prossimo quadriennio e sarà composto da rappresentanti di tutte le 21 comunità ebraiche italiane sulla base di una ripartizione ispirata ai criteri di rappresentatività e peso numerico delle diverse realtà ebraiche.
La data è stata annunciata dal presidente UCEI Renzo Gattegna nel corso dei lavori del Consiglio dell'Unione che si è tenuto ieri a Roma. Il Consiglio uscente ha approvato e la comunicazione ufficiale è stata diramata a tutte le Comunità già ieri in serata.
La presentazione delle candidature (o delle liste, là dove previsto) dovrà avvenire in ciascuna Comunità entro il lunedì 16 aprile prossimo, subito dopo la conclusione delle solennità di Pesach. Nelle Comunità maggiori, Roma e Milano, gli elettori esprimeranno un voto scegliendo fra liste di candidati al fine di eleggere rispettivamente 20 e 10 Consiglieri. Nelle altre Comunità il singolo Consigliere potrà a seconda dei casi essere scelto sulla base di una designazione del Consiglio comunitario o su voto diretto.

Qui Vienna - Un presidente per guardare avanti
Maccabi Games 2011: il riscatto, l'orgoglio, la commozione. Chi scrive ha ancora negli occhi le immagini della bandiera israeliana stesa lungo le facciate del Rathaus un tempo luogo di aberranti decisioni antisemite, la sfilata di migliaia di atleti da tutta Europa nel cuore della città, l'entusiasmo sfrenato che aveva caratterizzato una settimana nel segno dell'agonismo ma anche e soprattutto dell'incontro. La tredicesima edizione dei Giochi, un vero e proprio 'bar mitzvah' celebrato – prima volta nella storia di questa competizione circondata da crescente interesse e partecipazione – in un paese di lingua tedesca.
Oggi uno dei protagonisti di quei giorni si prende carico del compitò più delicato: imprenditore di successo classe 1964, Oskar Deutsch è stato appena chiamato a guidare la gloriosa comunità degli ebrei d'Austria. Una realtà centrale per l'identità ebraica europea (su tutti basti pensare all'ideale sionista partorito dalla visione di Theodor Herzl) che pur nella relativa ristrettezza dei numeri vive in questi anni uno straordinario periodo di crescita e progettualità. La sua nomina segna una svolta storica: Deutsch è infatti il primo presidente nato in Austria e dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale. All'attivo ha oltre 20 anni di impegno ai vertici della comunità e quasi tre lustri come vice del suo predecessore, l'israeliano Ariel Muzicant. “Già il fatto di essere qui, con un'identità ebraica che nelle nostre comunità si fa sempre più profonda e radicata, vuol dire che che Hitler ha perso e che noi abbiamo vinto” spiega Deutsch illustrando al Jerusalem Post le potenzialità della comunità austriaca. Quattordici sinagoghe attive nella sola Vienna, un'offerta importante di ristoranti e supermercati kosher, la funzionalità assodata anche in occasione dei Giochi del centro sportivo Hakoah. Un'attenzione particolare, prosegue il neo presidente, sarà rivolta verso la vicina Ungheria. La recrudescenza verbale, le minacce dei partiti dell'estrema destra hanno infatti già spinto molti ebrei magiari a fare le valigie e a trasferirsi nella tollerante Vienna. La stessa comunità ebraica è oggi un mix ancora in fase di amalgama di varie anime dell'Est Europa. “Il nostro obiettivo – dice Deutsch – deve essere quello di accogliere queste persone favorendone il più possibile l'autosufficienza. Dar loro una prospettiva è infatti una sfida su cui è fondamentale lavorare con progetti e iniziative mirate".

a.s. - twitter @asmulevichmoked

pilpul
In cornice - Artemisia e Azor
daniele liberanomeLa storia di Purim ha ispirato prima dell'Ottocento un buon numero di artisti, soprattutto italiani e olandesi, che seguivano due impostazioni molto diverse. Quella italiana si ricava bene da “Ester davanti ad Assuero” di Artemisia Gentileschi, che recentemente ho visto al Palazzo Reale di Milano. Tratta - con stile caravaggesco e grande uso del chiaroscuro - , del momento in cui Ester, dopo giorni di digiuno, va da Assuero senza essere invitata e a rischio della propria vita. Quando si accorge che Assuero accetta la sua visita, Ester sviene (per paura o tensione), - un particolare non riportato nella meghillà. Deriva invece da una tradizione cristiana che tende ad avvicinare le figure di Ester a di Maria, madre di Gesù, perché anche Maria sarebbe svenuta di fronte al proprio figlio morente. Troviamo lo stesso soggetto in Tintoretto (opera splendida, che la regina Elisabetta si tiene ben stretta), Pompeo Batoni e altri. Invece Michelangelo, nella Cappella Sistina, si concentra sull'uccisione di Haman; a vedere lui, Haman sarebbe stato crocefisso, mentre nella meghillà è scritto che venne impiccato. Michelangelo riprese l'idea della crocefissione da una traduzione in latino della parola “etz” (albero) dell'impiccagione di Haman: nella versione in ebraico del vangelo di Matteo, il termine è utilizzato per tradurre “croce”. Potrei portare altri esempi, ma la sostanza non cambia: le rappresentazioni della storia di Purim in ambito italiano (e pure francese e fiammingo – incluso un Rubens eccezionale-, cioè in ambito cattolico) sono rivisitazioni del testo della meghillà per farne un parallelo della storia di Gesù.
In Olanda, l'attenzione al testo originale della Meghillà fu molto maggiore. Nello splendido manoscritto di “Bibbia Storica” (ossia di parti scelte del Tanakh) miniato dai maestri di Azor - grandi decoratori vissuti attorno al 1430 a Utrecht - è di nuovo raffigurata Esther davanti ad Assuero (http://www.artbible.info/art/large/336.html). Però, come nel testo originale, si vede il re allungare il proprio scettro e la regina toccarlo. La storia di Purim è al centro di diversi quadri di Rembrandt, che visse un ventennio nel quartiere ebraico e fu amico anche di Menashé ben Israel; il suo “Assuero, Esther e Haman al banchetto” (http://www.artbible.info/art/large/93.html) è tipico per forza espressiva e uso del colore, e assolutamente aderente al testo. Stesso atteggiamento tennero i discepoli di Rembrandt, in particolare Arent de Gelder, autore di un buon numero di quadri su questi temi.
Viene da chiedersi da cosa deriva la differenza fra l'approccio italiano e olandese: il forte legame di Rembrandt con il mondo ebraico? O la volontà dei protestanti di tornare a leggere i testi del Tanakh in versione e in lingua originale? O altro ancora?

Daniele Liberanome, critico d'arte

Tea for Two – Wissotzky mon amour
rachel silveraPer una rubrica che si chiama "Tea for two", forse i tempi sono maturi per parlare di tea. Qualche giorno fa bazzicavo in rete su facebook (lancio quotidianamente invettive contro Mark Zuckerberg che mi ha trasformata in una larva virtuale) e mi sono imbattuta nella pubblicità del tè israeliano Wissotzky. Un cortometraggio dedicato alle madri ebree che girano come un sevivon per adempiere ai loro sfiancanti compiti. Assodato che le pubblicità dei prodotti alimentari abbiano un fascino perverso – donne perfettamente truccate che lanciano sguardi languidi a un cioccolatino, genitori venticinquenni che si passano sane merendine come se fossero in un musical, sorridendo alla figlia adolescente che sembra Skipper la sorella di Barbie e al piccolo lentigginoso uscito da Billy Elliot – vorrei concentrarmi sui due colossi di questa melliflua pubblicità: il Tè e la Mamma. Se prima era la promessa di un esotismo variopinto e di una intensità che prometteva avventure alla Sandokan o di rivelare le memorie di una geisha, il tè è presto diventato irrinunciabile. Che sia con la regina Elisabetta o accompagni una sessione pomeridiana di pettegolezzi con le amiche. L'ho amato e lo amo molto: dall'arte giapponese del chakai alle scatole deluxe di Laduree. Dalla bustina setosa di Fauchon alla sua comparsa nei film in costume della BBC. Le teiere mi fanno andare in brodo di giuggiole e aspettavo con ansia che Tolstoj facesse qualche considerazione sul samovar mentre leggevo Anna Karenina. Chissà quante decisioni sono state prese sorseggiando il celebre infuso, certamente se gli Stati Uniti ci sono è anche un po' merito di un carico di tè. Il Wissotzky poi, lo vedo come un brand simbolo di Israele. Bamba e Wissotzky (non insieme però!). Il mio preferito? Quello al sapore di amaretto è la mia madeleine personale (credo c'entrino gli amaretti di Pesach). E quei pubblicitari furbacchioni, quei Don Draper dei miei stivali, hanno pensato bene di far sposare tea con mamma. Non una mamma qualsiasi, la mitica e temuta mamma ebrea. Si potrebbero fare battute alla Allen ("Sto scrivendo un libro su mia madre, il titolo? la sionista castrante!") o riferimenti letterari, ma non credo di esserne in grado. Quando penso alla mamma, la mia in particolare, mi viene in mente Eshet Chayil. Credo siano parole universali e che si cuciano bene addosso alle donne della nostra generazione che si barcamenano tra lavoro e marmocchi, suocere e mariti, capi e colleghi, animali domestici e vicini di casa sul piede di guerra. Le madri ci sono di notte fonda a ricalcare con te le cartine geografiche per il controllo dei quaderni e la mattina dopo ti svegliano come se non avessero passato tutta la notte a tracciare i confini del Lussemburgo. Mi sembra indicativo poi, che una delle più antiche autobiografie sia di una mamma ebrea, Glikl bas Yehudah Leib, ma questa è un'altra storia. In effetti, forse è giunta l'ora del tè.

Rachel Silvera, studentessa

notizie flash   rassegna stampa
L'Odissea in ebraico-ladino   Leggi la rassegna

Moshe Ha-Elyion (87), israeliano originario di Salonicco, ha completato la traduzione della Odissea di Omero in dialetto ebraico-ladino (Judezmo): un derivato dal castigliano del XV secolo diffuso un tempo fra gli ebrei dei Paesi balcanici e ormai pressoché scomparso. Un critico letterario, Avner Peretz, ha dichiarato a Haaretz che l'impresa di Ha-Elyion rappresenta ''una delle vette di 500 anni di storia'' di questo dialetto e il suo lavoro va ad accostarsi alla traduzione in ebraico-ladino della Bibbia, portata a termine nel XIX secolo. Secondo Haaretz Ha-Elyon sembra un moderno Ulisse: è sopravvissuto a 21 mesi di reclusione nel campo di sterminio di Auschwitz grazie ai bocconi che gli passava un internato cristiano in cambio di lezioni di greco. Dopo la guerra mondiale Moshe cercò di raggiungere la Palestina (allora sotto Mandato) ma fu imprigionato dagli inglesi. Fu poi ferito nella guerra di indipendenza israeliana (1948-49) per intraprendere infine una brillante carriera militare. Adesso Ha-Elyion passerà alla traduzione dell'Iliade, pur sapendo che ben pochi la prenderanno mai in mano.
 


"Israele, non colpire Teheran"
David Grossman, La Repubblica,
12 marzo 2012


Kissinger: "Per negoziare bisogna dare legittimità al regime degli ayatollah"
Fareed Kakaria, La Repubblica,
12 marzo 2012
























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