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23 marzo
2012 - 29 Adar 5772
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Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano
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All'inizio
della parashà di questa settimana Dio chiama Moshè peché entri nel
Mishkàn. Il libro di Shemòt si conclude con la costruzione del
Santuario ad opera di Moshè ma Moshè attende di essere chiamato prima
di entrare nel Mishkàn. L'atteggiamento di Moshè è di estrema umiltà:
proprio lui che ha costruito il Santuario si sente come
qualsiasi membro del popolo ebraico e aspetta di avere il permesso di
entrare nel Mishkàn. Credo che quest'atteggiamento sia un importante
insegnamento per la nostra vita comunitaria. Un noto rabbino romano, un
mio Maestro, il morè Nello Pavoncello usava dire che in comunità c'era
un esercito di generali. Le comunità, invece, hanno bisogno di molti
soldati semplici che vivano quotidianamente e umilmente la vita
comunitaria, che vadano al tempio, che frequentino la scuola, che si
occupino dei problemi quotidiani delle comunità. Ma ci possono essere
soldati semplici solo se anche i generali si sentono soldati semplici.
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Laura
Quercioli Mincer,
slavista
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Il
treno del giovedì pomeriggio da Genova a Roma è generalmente vuoto e
sono abituata a viaggiare in maniera relativamente comoda. Oggi invece,
proprio nel giorno del terribile trionfo di Mohammed Merah, morto così
come voleva, “con le armi in pugno”, oggi tutti gli scompartimenti sono
occupati da un gruppo indistinto e numerosissimo di giovani
nordafricani: che parlano solo in arabo e a voce altissima, fumano,
cambiano di posto in continuazione, rispondono strafottenti al
controllore, rivolgono complimenti pesanti alle poche donne presenti
sul treno. Come è difficile a volte non detestare gruppi interi dei
nostri simili, ricordarsi dell’ingiunzione di amare lo straniero,
tentare di applicare il principio kantiano di “pensare al posto di
chiunque altro”! Possono bastare cinque ore di treno a farlo sembrare
uno sforzo sovrumano.
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Qui Roma, Qui Milano - Dolore e sdegno nell'Italia ebraica |
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Ieri sera l'Italia ebraica è
tornata a stringersi nel dolore in ricordo delle vittime dell'attacco
antisemita di Tolosa. Due partecipati momenti di raccoglimento hanno
avuto luogo nelle sinagoghe maggiori di Roma e Milano richiamando
migliaia di cittadini e molte autorità, politiche e religiose, che
hanno voluto così testimoniare la loro vicinanza alla comunità ebraica
italiana in queste ore di profonda angoscia e preoccupazione.
“I nemici oggi sono soprattutto sulla rete e
al momento non si fa abbastanza per combatterli”. Ad affermarlo, in uno
dei passaggi più significativi di una cerimonia difficile da
dimenticare per l'intensità e la straordinaria partecipazione di gente
che ha fatto da cornice ai vari interventi, il presidente della
Comunità ebraica Riccardo Pacifici. Molte tra le persone ritrovatesi al
Tempio maggiore di Roma si sciolgono in un applauso che alleggerisce
l'angoscia, la rabbia e la commozione che tanti provano dopo la ferita
mortale di Tolosa. Momenti di grande partecipazione anche a Milano,
dove alla sinagoga centrale di via Guastalla il suo omologo milanese
Roberto Jarach, accompagnato come nella Capitale dalle massime autorità
cittadine, invita i media e la classe politica a non cercare
motivazioni strumentali a comportamenti “che nascono negli anfratti più
bui della stessa natura umana”.
A Roma la tensione è palpabile già all'esterno del luogo di culto. Ad
accogliere la folla, che minuto dopo minuto gremisce il Tempio in ogni
ordine di posto costringendo molti tra i presenti a seguire gli
interventi in piedi, uno striscione, sostenuto da un gruppo di giovani,
che reca la scritta: “Grazie all'ipocrisia del mondo, bambini ebrei
uccisi ancora. Vergogna!”. Attimi di tensione anche all'interno della
sinagoga dove, alcuni istanti prima della recitazione del kaddish in
ricordo delle vittime di Tolosa e dei 335 trucidati alle Fosse
Ardeatine il 23 marzo di 68 anni fa, sono esplose alcune
contrapposizioni (poi fortunatamente placatesi) tra esponenti di
diverse anime del mondo ebraico romano. Siedono tra gli altri in
sinagoga il ministro per la Cooperazione Internazionale e
l'Integrazione Andrea Riccardi, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il
presidente della Provincia Nicola Zingaretti, l'ambasciatore di Israele
presso la Santa Sede Mordechai Lewy, l'ambasciatore di Israele in
Italia Naor Gilon, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Renzo Gattegna e l'imam Yahya Pallavicini.
“Abbiamo appena recitato un kaddish per le vittime delle Fosse
Ardeatine – spiega rav Alberto Funaro in apertura di cerimonia – adesso
ci apprestiamo con tristezza a compiere nuovamente il nostro dovere per
un Maestro e per tre bambini che non ci sono più. A distanza di 30 anni
dall'attentato che uccise il piccolo Stefano Gay Taché il nostro cuore
gronda ancora dolore, le nostre ferite non si sono rimarginate”. Il rav
esorta poi alla speranza, a non arrendersi ai fautori dell'odio, della
violenza e dell'annientamento: “Tra pochi giorni, durante il Seder
pasquale, leggeremo Veishamda. È quello un brano che ci deve dare la
forza, che parla dei nostri nemici e dei mali che ci vogliono
infliggere ma anche di come il Signore, Kadosh Baruch U, sia sempre al
nostro fianco per aiutarci a combatterli”. Commosso e incisivo anche
rav Benedetto Carucci Viterbi, preside delle scuole ebraiche di Roma,
una delle vittime di quel maledetto 9 ottobre del 1982 che portò
terrore e morte nel cuore della Capitale. “Tutte le cose, come ci
insegnano i Maestri, hanno un significato. Uccidere i bambini davanti a
una scuola – sottolinea il rav – è un fatto che porta con sé un
messaggio spaventoso: vogliamo negare il vostro futuro. Come dice il
Talmud, chi non ha figli è un uomo morto”. A seguire rav Carucci
propone una riflessione sul significato di libertà. Siamo davvero
liberi, si chiede, quando siamo costretti a vivere all'ombra il nostro
ebraismo per timore di essere aggrediti? Durissimo Riccardo Pacifici:
“Ringrazio le molte autorità presenti oggi, tra cui esponenti
dell'Islam con cui intendiamo ulteriormente rafforzare i rapporti, ma
nonostante la folta presenza di gente in sinagoga devo tristemente
constatare che siamo soli”. La solitudine, spiega Pacifici, deriva dal
fatto che poche sono state le voci di solidarietà espresse del mondo
islamico italiano in questi giorni. “È un fatto – spiega – che ci
amareggia e che allo stesso tempo ci preoccupa”. Nel mirino del leader
degli ebrei romani ci sono soprattutto alcune frange estremiste che
covano i loro terribili propositi nell'ampia galassia del web. “Oggi il
nemico è spesso invisibile – dice – gira nella rete, fa reclutamento
sulla rete. I politici devono prendere un impegno fermo in questo
senso. Alcuni obiettivi sono già stati raggiunti, ma restano ancora
molte cose da fare con la massima urgenza”. Nell'intervento di
Pacifici, che rilancia l'obiettivo di far iscrivere il nome di Stefano
Gay Taché tra le vittime italiane del terrorismo e di ricordare il
trentesimo anniversario del suo assassinio al Quirinale, spazio anche
per alcuni istanti di angoscia e intimità familiare. “L'altro giorno,
al momento di essere messo a letto, mio figlio mi ha chiesto due cose.
La prima è che io smettessi di fare il presidente della Comunità di
Roma perché aveva paura per la mia incolumità. La seconda, una
richiesta alla quale non sono stato in grado di dare una risposta
affermativa, è stata: papà, mi prometti che non mi succederà niente?”.
“Di fronte a quello che è
successo a Tolosa, non ho parole per esprimere il dolore. Per questo le
prenderò in prestito da altri, dalla Bibbia, dai Maestri. Perché tutto
il resto mi sembra inadeguato”. Così Rav Alfondo Arbib nell'affacciarsi
dalla tevah del Tempio centrale di Milano di via Guastalla, davanti
alla sua Comunità, alle massime autorità cittadine, ai rappresentanti
di varie comunità religiose, a tanti cittadini milanesi, per rivolgere
un pensiero e una preghiera alle vittime della strage di Tolosa. Ma
fermarsi al dolore, in un caso del genere non basta, il suo monito.
“Siamo davanti a un evento orribile, ma non unico. L'antisemitismo è un
filo rosso lungo la storia dell’umanità e tragicamente non si riesce a
interrompere. Ricordiamoci di Amalek che dopo l’uscita del popolo
ebraico dall’Egitto vuole la sua distruzione. La cosa tremenda è che
non la Torah non ci dice il perché. E non c’è un perché, l’odio è
gratuito. L’antisemitismo è odio gratuito, qualsiasi motivazione è una
maschera. Quest’odio si può combattere, combattendo l’educazione ad
esso. Tutti insieme, senza se e senza ma”.
Era piena la sinagoga di Milano. Centinaia di persone sono arrivate per
abbracciare la Comunità ebraica e per rivolgere un pensiero a quanto
accaduto in Francia. “Si può forse chiamare uomo colui che uccide
bambini innocenti?”, si domanda il presidente della Comunità ebraica
Roberto Jarach citando le parole di Elie Wiesel. “Voglio lanciare qui
un appello ai mezzi di informazione e ai politici: non cercate
motivazioni strumentali a comportamenti che nascono negli anfratti più
bui della stessa natura umana. L’odio basato sulla discriminazione deve
essere condannato senza riserve”. A stringersi intorno alla Comunità
sono state in prima battuta i rappresentanti delle istituzioni: le
sedute di consiglio comunale e provinciale sono state infatti sospese
per permettere ai consiglieri di prendere parte alla cerimonia. “Di
fronte allo sgomento per quello che è accaduto verrebbe voglia di
rimanere in silenzio. Milano invece vuole alzare la voce per affermare
con forza gli ideali di libertà e tolleranza che sono propri della sua
storia” afferma il sindaco Giuliano Pisapia. Un duro monito è poi
lanciato dal presidente della Provincia Guido Podestà: “Attenzione –
esorta – a quello che sta accadendo in Europa, perché colpevole è anche
chi sceglie di girare la testa dall’altra parte”. “Aprire le porte
della sinagoga questa sera ha un significato particolare – afferma il
vicepresidente della Comunità Daniele Nahum - A Tolosa non sono state
colpite solo delle vite innocenti, ma i valori di tutte e tre le
regioni monoteiste. E ci tengo a sottolineare come i primi a esprimerci
la loro vicinanza sono stati i rappresentanti delle comunità islamiche
di Milano". Poi le parole lasciano spazio alla preghiera. Tutti i
rabbini presenti in Tempio salgono a recitare i Salmi per le vittime di
Tolosa. Rav Elia Richetti, presidente dell’Assemblea dei rabbini
d’Italia, ha cantato El Maleh Rachamim, la preghiera per le anime
defunte. Quindi la cerimonia arriva a conclusione e arriva il momento
di Arvit, la preghiera della sera. Perché la più grande risposta della
comunità ebraica è stata proprio questa: continuare a vivere il proprio
ebraismo.
Adam Smulevich
- twitter@asmulevichmoked
Rossella
Tercatin -
twitter@rtercatinmoked
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Informazione - Primi esperimenti per la diretta |
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La redazione del Portale
dell'ebraismo italiano opera a partire dalle diverse realtà
territoriali. Dopo fatti tragici come quelli avvenuti a Tolosa, tante
testimonianze sono giunte da ogni parte d'Italia a raccontare la
mobilitazione delle varie Comunità ebraiche e i sentimenti della gente.
Con i due grandi momenti di preghiera che hanno chiamato le
cittadinanze di Roma e Milano a raccogliersi per Tolosa nelle sinagoghe
cittadine, la redazione ha tentato un primo esperimento nell'ambito del
suo progetto di operare a livello professionale anche nel mondo dei
social network: raccontare ai lettori in diretta i momenti salienti
delle celebrazioni che hanno visto la partecipazione di moltissimi
cittadini. Rossella Tercatin (twitter @rtercatinmoked) da Milano e Adam
Smulevich (twitter @asmulevichmoked) da Roma hanno raccontato discorsi
e atmosfere in lanci istantanei e immagini. A coordinare la diretta da
@paginebraiche il direttore Guido Vitale. Nel complesso sono stati
lanciati una trentina di segnali tweet con vari rilanci e risposte del
pubblico. Il piccolo tangibile inizio di una nuova frontiera
dell'informazione ebraica in Italia.
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Tolosa - Rav Bernheim:
“Misura, dignità e responsabilità”
Il messaggio di dolore e speranza di Chava Sandler
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“Invitiamo i politici, i
giornalisti e più in generale tutti i concittadini a far indietreggiare
l'odio, a rigettare i pregiudizi delle generalizzazioni menzognere e la
diffamazione di Israele e a esprimere sempre, immancabilmente, le
proprie opinioni con misura, dignità e responsabilità”. Lo ha affermato
il gran rabbino di Francia Gilles Bernheim in un messaggio alla nazione
lanciato all'indomani dell'individuazione del terrorista autore del
massacro di Tolosa.
Oggi, ha aggiunto il Rav salutando il lavoro compiuto dalle forze
dell'ordine, il dolore prosegue accompagnato dal sollievo che un
assassino presunto non è più in grado di nuocere.
“La grande emozione e il riflesso di unità nazionale che hanno
investito il nostro paese – ha aggiunto – non devono restare senza un
domani se vogliamo che tali massacri non si ripetano e speriamo che
questi avvenimenti orribili rischiarino la coscienza di coloro che
sotto l'influenza di discorsi perversi, terroristici o razzisti,
rischiano di essere tentati da atti che negano Dio e l'Umano”.
“L'incapacità – ha concluso – dimostrata da Catherine
Ashton, alta rappresentante dell'Unione europea a fare una differenza
fra i massacri di Tolosa e Montauban e la situazione a Gaza conferma
purtroppo che il male è profondo anche nelle più alte sfere pubbliche”.
In un nuovo messaggio rivolto al rabbinato francese e a tutti gli ebrei
della prima comunità ebraica europea il rav Bernheim ha poi indicato la
necessità di intensificare prima dell'accensione delle candele di
questo Shabbat la mitzvà della Tzedakà, della giustizia sociale. “Possa
questo dovere verso coloro che hanno bisogno e sono in difficoltà,
portare alle nostre famiglie e alla comunità protezione divina e
speranza”.
In un
messaggio diffuso dall'organizzazione Chabad Lubavitch, la vedova del
rav Jonathan Sandler assassinato con due dei suoi figli e un'altra
bambina a Tolosa, si rivolge agli ebrei di tutto il mondo con queste
parole:
“Il mio cuore è spezzato. Non riesco a parlare. Non c'è un modo per
esprimere il dolore divorante che risulta dall'assassinio del mio caro
marito rav Jonathan e i nostri figli, Aryeh e Gavriel e di Miriam
Monsonego, figlia del preside della scuola Ozar Hatorah rav Yaakov.
Che nessuno debba più soffrire in questa maniera.
Molti di voi, cari fratelli e sorelle in Francia e nel mondo, state
chiedendo cosa potete fare per me, per la mia figlia Liora e per le
anime dei miei cari marito e figli, e sento che per quanto possa essere
difficile, ho il dovere di rispondere alle vostre richieste.
La vita del mio marito era dedicata all'insegnamento della Torah. Siamo
tornati al suo paese di nascita per aiutare la gioventù a scoprire la
bellezza della Torah. Era un uomo veramente buono, affettuoso e
altruista. Era sensibile a tutte le creature di D-o, sempre cercando il
modo per scoprire la bontà negli altri.
Lui ed io abbiamo allevato Aryeh e Gavriel a vivere le vie della Torah.
Chi avrebbe potuto sapere quanto brevemente arebbero vissuto su questa
terra, quanto breve sarebbe stato il tempo in cui sarei stata la loro
madre?
Non so come io, i miei suoceri e la sorella di mio marito troveremo la
consolazione e la forza per continuare, ma so che le vie di D-o sono
buone e che Lui ci dimostrerà la strada e ci darà la forza per andare
avanti. So che le loro anime sacre rimarranno con noi per sempre e se
che molto presto arriverà il momento in cui ci riuniremo con la venuta
del Mashiach.
Credo con tutto il cuore alle parole del verso "D-o ha dato, D-o ha
preso; benedetto sia il nome di D-o". Ringrazio D-o per il privilegio,
quanto breve fosse, di poter allevare i miei figli assieme al mio
marito. Ora il Sign-re li vuole vicino a Lui.
A tutti coloro che desiderano portare consolazione alla nostra famiglia
e compiacimento alle anime di coloro che ci hanno lasciato: Portiamo
avanti la loro vita su questa terra.
Genitori, baciate i vostri figli. Dite loro quanto li amate e quanto è
vicino al vostro cuore il desiderio che siano degli esempi viventi
della Torah, impregnati del timore del Cielo e l'amore del prossimo.
Aumentate il vostro studio della Torah, da soli o con parenti e amici.
Aiutate coloro che hanno difficoltà a studiare da soli.
Aumentate la luce nel mondo tramite l'accensione dei lumi di Shabbat
questo e ogni venerdì sera. Anticipate un po' l'orario pubblicato per
aumentare ancora i momenti di santità nel mondo.
Si avvicina la festa di Pesach. Invitate un'altra persona nelle vostre
case per far sì che tutti abbiano un posto ad un Seder per celebrare la
festa della nostra libertà.
Assieme al ricordo amaro delle difficoltà in Egitto tanti anni fa,
raccontiamo ancora quanto "in ogni generazione si sono messi contro di
noi per annientarci". E tutti insieme annunceremo con voce alta e
chiara: "D-o ci salva dalle loro mani".
Lo spirito del popolo ebraico non può mai essere spento, il suo legame
con la Torà e le mitzvòt non potrà mai essere distrutto.
Che sia la volontà di D-o che da questo momento in poi si possa
conoscere solo la gioia.
Invio le mie sentite condoglianze alla famiglia Monsonego per la
perdita della loro figlia Miriam, e prego per la guarigione di Aharon
ben Leah, che è rimasto ferito durante l'attacco.
Vi ringrazio del vostro supporto e del vostro amore”.
Chava Sandler
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Silenzio |
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Un minuto di silenzio nelle
scuole italiane per le vittime di Tolosa ha permesso ad insegnanti e
allievi di onorare la memoria di quattro persone che, come loro, si
erano alzate una mattina come tante per andare a insegnare e imparare
(due cose inscindibili l’una dall’altra, indipendentemente dai
rispettivi ruoli); forse li ha anche aiutati a ricordare che la
cultura, lo studio e l’insegnamento sono valori, che possono dare molto
fastidio e proprio per questo devono essere difesi. E’ giusto
analizzare crimini come questo nel proprio contesto, cercare di capirne
le cause, se non altro per evitare che si ripetano. Eppure talvolta,
inserendolo in una catena di altri eventi di cui non si vede né
l’inizio né la fine, si finisce per spostare l’attenzione dal crimine a
tutto ciò che sta intorno, rischiando così di stemperarne la gravità
nella percezione pubblica e di far passare in secondo piano le
responsabilità di chi lo ha commesso. Ci sono poi quelli che quando
condannano un crimine non possono fare a meno di menzionare
contemporaneamente qualche altro fatto che ritengono possa fare da
contrappeso, come se si sentissero vincolati a una sorta di paradossale
par condicio; è un modo di ragionare assurdo e pericoloso: non a caso
l’infelice uscita di Lady Ashton, che sembrava rispondere a questa
logica perversa, è stata ripresa dall’assassino stesso nelle sue
dichiarazioni. Benemerita, quindi, la scelta di un semplice e
rispettoso minuto di silenzio: di fronte al rischio di discorsi
superficiali e fuori luogo ogni tanto anche il silenzio ha una valenza
didattica.
Anna
Segre, insegnante
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Trasporti:
Accordo Ue -
Israele
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Leggi la rassegna |
Un accordo sullo sviluppo di
un mercato unico nel settore del trasporto aereo è stato
firmato da Ue e Israele. A riferirlo la Commissione Ue, che ha chiuso
i negoziati a Tel Aviv. Prima di entrare in vigore, l'intesa dovrà
attendere i via libera delle procedure interne alle due parti.
L'accordo si basa sull'adozione di regole comuni, dalla sicurezza alla
protezione dei consumatori, e segue l'esempio di quelli già stipulati
con altri paesi, come Marocco e Giordania, con la prospettiva di
arrivare un giorno a uno spazio aereo euro-mediterraneo.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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