Negli scorsi giorni è stata inaugurata
in pompa magna a Roma, nel Braccio di Carlo Magno al Vaticano, la
mostra Verbum Domini-Devar HaShem. Erano presenti numerosi invitati
provenienti da tutto il mondo, cristiani ed ebrei, questi ultimi
dall’America, dall’Europa e da Israele. Diversi erano i rappresentanti
della comunità ebraica di Roma, guidati dal rabbino capo Rav Riccardo
Di Segni. La mostra, sponsorizzata da varie istituzioni come l’American
Bible Society, la Società Biblica in Italia, i Musei Vaticani e molte
altre, ha lo scopo di ripercorrere la storia della Bibbia, “il più
proibito, dibattuto e venduto libro di tutti i tempi”, come recita il
depliant illustrativo, dall’antichità a oggi. Si parte dai rotoli di
Qumran, risalenti a più di duemila anni fa, per arrivare fino ai Sifrè
Torah profanati dai nazisti e usati per farne bisacce e suole di
scarpe. I circa 150 oggetti esposti, distribuiti in otto sale,
includono manoscritti, incunaboli, libri a stampa, reperti archeologici
e provengono per la maggior parte da collezionisti privati. Questa è
un’occasione più unica che rara per poterli vedere: infatti, a
differenza delle biblioteche e i grandi musei pubblici, i cui tesori
sono ben noti, difficilmente si potrebbe avere l’occasione di ammirare
tutti insieme i pezzi più preziosi e interessanti di collezionisti
privati come Green, Jeselsohn, Sofer (Schreiber) e altri. La mostra è
curata dal Dr. Scott Carroll, curatore anche di un museo della Bibbia
che sarà edificato a Washington. Per i codici e i libri in ebraico è
stato fondamentale l’apporto di Angelo Piattelli (presente anche lui
all’inaugurazione), romano di nascita ma da anni residente a
Gerusalemme, dove è responsabile del Museo di Arte Ebraica Italiana U.
Nahon ed è fra i massimi esperti mondiali di libri ebraici, in
particolare di quelli stampati in Italia.
Nella mostra sono presenti codici e libri in diverse lingue (ebraico,
aramaico, greco, latino, arabo, samaritano, ecc.). Fra gli incunaboli
(i primi libri stampati), da segnalare fra gli altri il commento del
Nachmanide alla Torah, stampato a Roma nel 1470 circa, la cui nitidezza
non ha confronti con i libri stampati oggi; una Torah con traduzione
aramaica e commento di Rashì stampato a Lisbona nel 1491 (notare la
data!); una Torah con Haftarot e le cinque Meghillot stampata a Brescia
da Soncino nel 1493; una pagina di uno dei primi libri ebraici stampati
al mondo (secondo alcuni il primo in assoluto), il commento di Rashì
alla Torah, Reggio Calabria 1475. Fra i libri stampati nel 1500,
diversi Bibbie pubblicate a Venezia da Bomberg. Fra i manoscritti, una
Bibbia copiata in Italia nel 1489, miniata dal famoso miniaturista
Matteo da Milano, a Ferrara, circa 1505; una Torah con Targum aramaico
del 1264 con un’elaborata micrografia ebraica. Fra i reperti
archeologici, da ammirare la famosa pietra di Jeselsohn, risalente al I
secolo a.e.v., nota anche come “un rotolo del Mar Morto in pietra”. Un
interessantissimo reperto, scoperto da Scott Carroll stesso, è un
manoscritto su papiro trovato all’interno di una mummia, un esempio di
uso improprio come quello delle pergamene ebraiche utilizzate in
passato in Italia per rilegare libri e registri degli archivi comunali.
Fra questi papiri sono stati trovati, oltre a testi biblici, persino
frammenti di un’opera sconosciuta di Aristotele.
Nella mostra c’è anche la riproduzione in dimensioni reali della prima
pressa per la stampa, con un simpatico personaggio vestito come
Gutenberg che, aiutato da un assistente e anche da volontari del
pubblico, stampa pagine della Bibbia e le regala poi ai visitatori.
Istruzioni per la visita alla mostra: ingresso libero, aperta fino al
15 aprile tutti i giorni dalle 9 alle 18 (il mercoledì 13-18). Poiché
il pubblico che va al Vaticano è internazionale, nelle vetrine non ci
sono didascalie ma solo numeri identificativi degli oggetti:
all’entrata bisogna munirsi del libretto illustrativo nella lingua
preferita (italiano, inglese, spagnolo, ecc.), da restituire
all’uscita.
Godetevi la visita!
rav Gianfranco Di Segni,
Collegio rabbinico italiano
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Melamed - Le scuole ebraiche, un laboratorio comune
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“Si
è trattato di una riunione politica ad alto livello, che raccoglie una
mozione presentata già all’ultimo Congresso e un’esigenza ben presente
a tutti i presidenti di Comunità. Lavorando insieme si può fare molto
bene e se si vuole garantire alle scuole ebraiche italiane non solo la
sopravvivenza ma un mantenimento dell’alto livello raggiunto non si può
prescindere da un progetto comune. Le comunità coinvolte, sia pure
eterogenee non solo per consistenza numerica, parlano un linguaggio
comune e condividono problematiche, progetti ed esigenze, oltre alla
ovvia volontà di tenersi stretti i propri ragazzi”. La vicepresidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti
riassume così l'incontro fra i rappresentanti delle quattro Comunità
ebraiche italiane ove è presente una scuola ebraica avvenuto alla
scuola di Roma subito dopo la visita del ministro dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca Francesco Profumo. “Questa è
sicuramente un’esperienza virtuosa – ha spiegato Claudia De Benedetti –
una prima idea del futuro dell’Unione, in cui si procederà per
commissioni che collaborano, su specifici argomenti. Toccherà ad ognuno
degli eletti saper usare le proprie deleghe nel giusto modo”.
“Abbiamo preso atto – aggiunge il presidente della Comunità ebraica di Torino Beppe Segre –
che c’è la volontà di collaborare e le Comunità possono scambiarsi non
solo informazioni, ma esperienze e competenze. Potremo lavorare su
progetti congiunti e pur avendo le scuole caratteristiche anche molto
diverse i Consigli delle rispettive comunità si trovano ad affrontare
situazioni simili. L’obiettivo era di valutare le possibili sinergie
politiche, sia nei confronti della pubblica amministrazione che in
specifico del ministero – e anche le potenziali sinergie di valenza più
pratica, come la messa in atto di economie di scala”.
Il presidente della Comunità ebraica di Trieste, Alessandro Salonichio,
aggiunge: “Insieme possiamo contare di più, soprattutto se riusciremo a
presentarci come un ente unico. Fare gruppo, visti gli intenti comuni,
ci permetterà sicuramente di avere un maggiore peso. Nonostante ci
siano fra noi grandi differenze, tutti condividiamo la grande
determinazione a tenere aperte e vive le scuole, anche se non è facile
ci sono sicuramente spazi comuni su cui lavorare. Un primo passaggio
molto importante cui dovrà seguire un’agenda di incontri”. Il
presidente della Comunità di Milano Roberto Jarach ricorda come la
mattina sia iniziata in maniera positiva, con la visita del ministro
Profumo che è andato ben al di là di un semplice passaggio formale.
“Credo ci possano essere degli sviluppi estremamente significativo, il
ministro si è mostrato molto sensibile e ha espresso una volontà chiara
di comprendere a fondo la realtà delle scuole ebraiche italiane. Anche
il prosieguo della giornata, con l’incontro intercomunitario, penso
possa avere, pur nelle differenze, una valenza certamente positiva,
soprattutto se riusciremo a metterci davvero reciprocamente a
conoscenza di tutte quelle informazioni che potrebbero portare anche
solo a delle economie di scala. Sarebbe ottimo se poi potessimo fare
davvero rete anche per tutto quello che riguarda il fundraising, i
bandi di concorso, o la possibilità di creare un gruppo di pressione in
previsione di legislazione riguardante le scuole. È stata sicuramente
una mattinata ben spesa e vale la pena di dare un seguito a questa
prima riunione. Ci sono possibilità e potenzialità da portare avanti,
spero sia possibile rivedersi a breve.”
Riccardo Pacifici, promotore della riunione e presidente della Comunità
ebraica di Roma, tiene a sottolineare come il ministro Profumo abbia
già dimostrato più volte grande sensibilità, sia in occasione della sua
visita ad Auschwitz insieme al presidente dell'Unione Renzo Gattegna,
sia la scorsa settimana con la decisione di far rispettare in tutte le
scuole d’Italia un minuto di silenzio per onorare e ricordare le
vittime della strage di Tolosa. “Questa mattina, poi, aveva davvero
voglia di stare con i bambini, voleva parlare con loro, aveva voglia di
capire senza nessun tentativo di esibizione né di strumentalizzazione.
Nel mondo della politica è un caso raro. Per noi era molto importante
che arrivasse il messaggio che l’ebraismo non è solo fatto di Memoria e
Shoah: sono concetti fondamentali da non accantonare ma in questa
occasione si voleva mostrare la vitalità dei ragazzi, che sono il
nostro futuro”. Occasione, quindi, per condividere un momento
importante con i presidenti delle altre Comunità e anche per far capire
come le scuole ebraiche italiane non possano contare su grandi numeri,
come succede per esempio alle scuole cattoliche, ma che unendo le forze
possono sicuramente avere un peso diverso.
La riunione intercomunitaria volutamente non era destinata ai dirigenti
scolastici, perché non si trattava di discutere di progetti educativi,
ma di un incontro fra presidenti e fra coloro che si occupano di
risorse e bilanci e di una stima delle possibilità concrete di fare
rete. Le valutazioni sono proseguite a tutto campo, da una disamina
delle esperienze organizzative, delle differenze contrattuali, di
risorse, spese, fundraising, eventuali economie di scala, deducibilità
fiscale delle rette. “Tutti questi elementi – afferma Pacifici – sono
stati analizzati in un clima di cordialità e con sincero spirito di
collaborazione. La prima cosa che vorremmo mettere in piedi è una
Associazione delle scuole ebraiche italiane. Ogni scuola ha qualcosa da
insegnare alle altre, ognuna qualcosa da offrire, lo spirito dovrebbe
essere che ogni scuola può anche andare avanti da sola ma se si ragiona
insieme e si parla a nome di tutti le cose funzionano meglio. Una volta
messe a punto le questioni più politiche si farà un passo indietro, per
lasciare spazio prima ai tecnici, agli esperti di questioni
amministrative e finanziarie e poi si passerà alla collaborazione fra i
dirigenti scolastici per tutto ciò che ha a che fare con la didattica.
È notevole anche vedere come negli ultimi mesi ci sono state varie
riunioni a livello nazionale, qualcosa sta cambiando nella natura
dell’UCEI, che è tornata ad essere veramente al servizio delle
Comunità.”
L’assessore della Comunità romana Ruth Dureghello racconta come è nata
l’idea dell’incontro con il ministro Profumo, che ha poi fatto da
catalizzatore degli eventi, portando alla riunione intercomunitaria.
"La visita - spiega - è frutto di tanti anni di collaborazione e
attenzione del ministero alla realtà scolastica delle scuole romane, in
particolare ai buoni rapporti maturati in questo periodo fra i
funzionari del Miur e la dirigenza scolastica della scuola elementare,
sempre presente nelle manifestazioni e nei progetti più significativi
proposti negli anni. Tutto questo è stato possibile anche grazie alla
direttrice della scuola Milena Pavoncello. I presidenti dell'Unione e
delle altre realtà in cui sono presenti scuole ebraiche sono stati
sensibilmente coinvolti dal presidente Pacifici che non ha voluto
godere del privilegio della visita del ministro in modo egoistico, ma
ha inteso condividere questo riconoscimento con le altre realtà
comunitarie impegnate nell'educazione ebraica”. Dureghello aggiunge poi
che “l’incontro, che ha avuto luogo subito dopo la visita del ministro,
è stata una importante occasione di confronto; sul fronte della
didattica gli scambi già esistono, ma era necessario iniziare a
valutare come attuare procedure comuni e come fare tesoro delle
reciproche competenze e dei reciproci successi. Serve una reale rete di
scambi, abbiamo tutti le stesse difficoltà e tutti le stesse emozioni e
se una scuola ebraica è in difficoltà è quasi sicuramente la Comunità
stessa ad avere dei problemi. La collaborazione è sia possibile che
doverosa e mi auguro anche che nel futuro dell’Unione ci sia una
maggiore vicinanza alle problematiche reali. Io credo molto in un ruolo
più forte dell’UCEI, che ha ben chiaro come la scuola sia il futuro e
sia il modo più bello per trasmettere la cultura. Non dobbiamo
disperdere le energie ma puntare sulla qualità e sul merito, e
incontrarci nuovamente, molto presto.”
A esprimere soddisfazione è anche Raffaele Turiel, assessore UCEI alle
scuole e alla formazione, che ha trovato positivo riunire intorno ad un
tavolo i presidenti delle diverse Comunità, da cui sono venute anche
sollecitazioni specifiche: “L’UCEI è ora davvero chiamata a diventare
partner delle Comunità, che si stanno ponendo seriamente il tema di
fare rete nella gestione delle scuole. Sono venute fuori diverse
tematiche davvero trasversali, sia gestionali che in termini di
opportunità, che tutte le Comunità si trovano ad affrontare. Credo che
si possano avviare progetti di collaborazione concreta, su ambiti anche
molto diversi - dai progetti gestionali e amministrativi ai progetti
sull’innovazione tecnologica; ci possono essere economie di scala ed
ovviamente puntiamo ad uno sviluppo di qualità. Andrà creato un gruppo
di lavoro, che permetta di scambiarsi rapidamente documentazione e
materiali, di ragionare insieme su quale tipo di continuità dare a
questo incontro. Non ci siamo dati un’agenda ma di certo andranno
condivise le informazioni in maniera strutturata. Il mio impegno come
assessore è di riferire nella prossima riunione di Giunta i contenuti
di questo incontro in modo da poter procedere subito a una
sensibilizzazione e ad una valutazione puntuale delle istanze emerse".
(Nell'immagine il ministro
dell'Istruzione Francesco Profumo insieme al presidente dell'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in occasione
dell'incontro romano)
Ada Treves – twitter @atrevesmoked
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Qui Milano - Una settimana per capire il futuro
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Per
ora tutto fermo. Potrebbe essere una questione di ore o di giorni, ma
la domanda che da diverse settimane attraversa la Comunità ebraica di
Milano, se questo Consiglio rimarrà in carica per tentare di completare
il mandato, oppure si tornerà a elezioni, magari in concomitanza con
quelle dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane il prossimo 10
giugno, non ha trovato una risposta nel Consiglio di ieri sera. Alla
riunione si era infatti arrivati in una situazione delicata, con la
recente scelta di farsi da parte di Michele Boccia e Rami Galante,
entrambi della lista per Israele, il numero dei consiglieri dimessisi è
salito a cinque: raggiunti i sei, lo statuto prevede le elezioni
anticipate. L’ipotesi di ulteriori dimissioni, quelle degli altri due
consiglieri della lista Per Israele, Sara Modena e Yasha Reibman era
nell’aria. Dimissioni che sono state vicine in molti momenti della
serata, ma che alla fine non sono arrivate, almeno per ora. La notizia
infatti è l’indizione di un Consiglio straordinario la prossima
settimana per l’approvazione di un nuovo regolamento per le elezioni
UCEI. Una riunione in cui si potrà anche continuare a discutere per
evitare la caduta del Consiglio trovando una quadratura tra le esigenze
di tutti che, nell’incontro di ieri protrattosi fino a tarda sera, non
è stata individuata.
“Ci hanno già lasciato cinque persone, provenienti da tre liste e da
diverse esperienze, ma tutti con la sensazione di non poter più
lavorare in questo Consiglio. Ci sono tanti problemi. Io e Yasha
avremmo dovuto dare le dimissioni subito ma prima vogliamo capire se si
può fare qualcosa perché si creino le condizioni per proseguire. Non
chiediamo posti in giunta, ma che le proposte che abbiamo presentato
siano discusse e approvate”. Così Sara Modena ha presentato il
documento, firmato anche da Raffaele Turiel, Guido Osimo e David Piazza
e articolato in sette punti: sospensione della riscossione dei tributi
tramite esatri, revisione finanziaria delle procedure d'iscrizione a
scuola, rispetto dell’autonomia del rabbino capo con piena
implementazione del piano di potenziamento del Bet Hamidrash (collegio
rabbinico di Milano) da lui proposto, e un’iniziativa per la formazione
di nuove famiglie entro il mese di maggio, un piano di governance e
riorganizzazione amministrativa della Comunità, pieno sostegno al
rafforzamento della scuola in ogni suo ordine, elaborazione di un
progetto di sostegno alle famiglie sul modello della Deputazione della
Comunità di Roma, ridefinizione dei ruoli di giunta e in particolare di
quello dell'assessore al culto. Tante e sentite le obiezioni sollevate
dalla maggioranza. Il presidente Roberto Jarach ha sottolineato come
molte delle istanze proposte costituiscano già temi oggetto del lavoro
delle commissioni cui stanno partecipando anche tre firmatari del
documento e ha rivendicato i risultati ottenuti dalla sua giunta, il
risanamento economico, le iniziative culturali, il rapporto con la
città. Altri hanno messo in evidenza come il “cambio di rotta” nel
governo della Comunità chiesto nell’incipit del documento sia già in
attuazione da diversi mesi proprio con l’apertura delle commissioni, e
che presentare come propri e in quella forma principi senz’altro
condivisi da tutti, come il rispetto per il rabbino capo e il sostegno
alla scuola non rappresenti il bene della Comunità. Per parte sua,
l’opposizione ha ribattuto che il documento andasse letto nel senso di
portare avanti i progetti a un ritmo più serrato rispetto al passato
(Turiel), che in questa nuova fase di condivisione l’apertura del
governo della Comunità all’opposizione non sia stata sufficiente
(Osimo), e che la sua volontà fosse non di creare nuove
contrapposizioni, ma di arrivare alla formulazione di principi
condivisi (Reibman e Piazza).
Il confronto si è mantenuto serrato. La maggioranza si è espressa
contro la modalità e i toni con cui il documento è stato presentato.
L’opposizione ha rivendicato la necessità di ricevere un segno
tangibile della sensibilità verso le proprie istanze.
Al termine della serata una nuova versione del documento che ne
recepiva i sette punti è stata messa al voto e respinta dal Consiglio.
Passata invece, anche se di stretta misura (quattro voti a favore, tre
contro e sette astensioni, tra cui i cinque consiglieri d’opposizione)
una mozione per presentare un documento condiviso che raccolga i
principi di quello presentato ieri alla prossima riunione. Quando forse
si capirà se gli ebrei milanesi saranno chiamati alle urne a due anni
dall’ultima volta.
Rossella Tercatin – twitter @rtercatinmoked
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Qui Roma - Primo Levi, un torinese allo specchio
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È
Beppe Segre, presidente della Comunità ebraica di Torino, ad aprire la
seconda giornata del grande simposio internazionale in memoria di Primo
Levi nel venticinquesimo anniversario della scomparsa. Il suo ricordo è
teso a mettere in risalto la “torinesità” di Primo, la sua capacità di
conservare l'umanità anche nei momenti più tragici della vita e,
soprattutto, di raccontarla. “Tutti lo portiamo nel cuore ma noi
torinesi abbiamo qualche motivo in più” rileva Segre descrivendo quanto
Primo Levi fosse legato alla sua città, e soprattutto a una parte di
essa, il suo spiccato senso di selettività e l'autoironia nel parlare
del piccolo e ristretto gruppo di amici che solitamente frequentava, ma
anche la nostalgia di un'epoca ormai sparita spazzata via dalla
persecuzione, un'epoca che è legata alle sinagoghe piemontesi e
all'ebraico-piemontese, quel misto di lashon ha codesh e dialetto che
gli ebrei del posto parlavano, e ancora l'amore per la montagna poiché
“per i giovani ebrei che alla fine degli anni '30 furono allontanati
dalle scuole, dai posti di lavoro e dalla vita sociale, le ascensioni
in montagna erano l'unico sport ammesso che li avrebbe abituati
purtroppo e inconsapevolmente anche alle asperità future”.
Numerosi e di grande valore i contributi che continuano a susseguirsi
in queste ore. Tra gli altri, fuori programma, un suggestivo
accostamento di David Meghnagi, direttore scientifico del Simposio, fra
la parola argon cui è dedicato uno dei racconti de Il sistema periodico
e la parola ebraica irgun.
I lavori proseguiranno fittamente fino a venerdì 30 marzo, spostandosi
da domani mattina nella sala polifunzionale della Presidenza del
Consiglio dei Ministri dove si apriranno alle 9.30 con i saluti, fra
gli altri, del ministro all'Istruzione Francesco Profumo e del
presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
A moderare gli interventi il professor Meghnagi.
Lucilla Efrati – twitter @lefratimoked
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Kadima - Tzipi
Livni, una sconfitta che lascia il segno
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Alle
ultime elezioni si era presentata come il riferimento dei 'moderati'
sfiorando la poltrona di primo ministro e, pur sconfitta dal maggior
peso complessivo di seggi in Parlamento della coalizione tra Likud e
Israel Beitenu, aveva comunque guadagnato il consenso più alto tra la
popolazione israeliana. In queste ore Tzipi Livni, già ministro degli
Esteri del governo Olmert (2006-gennaio 2009), starebbe per alcuni
meditando un clamoroso addio alla politica. Decisive le consultazioni
svoltesi la scorsa notte per la guida del partito Kadima, formazione
centrista fondata da Ariel Sharon e di cui teneva le redini
dall'autunno del 2008. Il responso della consultazione è stato
inequivocabile: 62% per l'ex generale e capo di Stato maggiore Shaul
Mofaz; appena 38% per l'ex leader. Una sconfitta schiacciante,
determinata in parte anche del 'voto arabo' marcatamente più orientato
verso Mofaz, e dalle differenti priorità programmatiche dei due
(problemi sociali interni e sicurezza nazionale per Mofaz, più vicino
al Likud, rilancio dei colloqui con i palestinesi per la Livni, che
rispetto al rivale si proponeva maggiormente in alternativa all'attuale
governo). Per Kadima, esperienza più volte indicata come punto di
riferimento per i grandi partiti centristi europei, sono adesso ore
decisive in vista delle elezioni del prossimo anno e con i sondaggi che
danno il Likud in costante ascesa. Molte le voci che si rincorrono
intanto sul futuro della grande sconitta, che per il momento ha
semplicemente affermato “di volersi riposare”: da chi prevede una pausa di riflessione a chi immagina la nascita di una nuova
corrente politica avviata sotto il suo impulso. Fino all'ipotesi più
radicale, appunto: l'uscita definitiva di scena.
a.s – twitter @asmulevichmoked
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Abolire Dante
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Tra
tante le tante notizie brutte, bruttissime e orrende che, con assoluta
puntualità, ci dispensa, ogni mattina, la stampa quotidiana, non manca,
ogni tanto, qualche informazione decisamente grottesca, come un
intervallo satirico in un lugubre, interminabile film d’orrore. È il
caso, per esempio, della recente richiesta, avanzata da alcuni, come il
movimento Gherush92, di
abolire l’insegnamento della Divina Commedia dalle scuole italiane, in
ragione dell’antisemitismo che la pervaderebbe. La Commedia, spiega la
presidente, Valentina Sereni, “presenta contenuti offensivi e
discriminatori”, “viene proposta senza che vi sia alcun filtro o che
vengano fornite considerazioni critiche rispetto all’antisemitismo e al
razzismo”, per cui si chiede “di espungerla dai programmi scolastici
ministeriali o, almeno, di inserire i necessari commenti e chiarimenti”.
Dunque. Che nella Commedia il popolo ebraico, nel suo insieme, venga
considerato responsabile della morte di Cristo, e perciò condannato
alla giusta punizione, è cosa nota (Tito, col distruggere Gerusalemme,
avrebbe realizzato “la vendetta de la vendetta del peccato antico”
[Par. 6.92-93], ossia la riparazione del deicidio, a sua volta
riparatore del peccato originale). Era questa la visione del Medioevo,
nessun teologo se ne poteva discostare, e il povero Dante ha avuto la
sfortuna di essere medioevale. Se fosse nato ai nostri giorni, col suo
carattere ribelle, non lo immagineremmo tanto conservatore. Ma così non
è stato. Si potrebbe ricordare che, nell’inferno, ci sono molti più
papi e sacerdoti che ebrei (tutti i padri di Israele, Abramo, Isacco,
Giacobbe, Mosè ecc., sono in paradiso [Inf. 4.56-61]) - per non parlare
dei musulmani (il povero Maometto va girando con le budella in mano:
“la corata pareva, e ‘l tristo sacco che merda fa di quel che si
trangugia” [Inf. 28.26-27]) - e che, in fondo, Giuda Iscariota, che il
Poeta mette nella bocca di Lucifero (Inf. 34.62-63), non è che sia
considerato proprio un eroe della storia ebraica, neanche dagli ebrei.
Ma è inutile sottilizzare. Il deicidio, nella Commedia, c’è, quindi la
richiesta di Gherush92 va presa in considerazione. I nostri insegnanti,
apprendiamo, non operano alcun ‘filtro’, propongono i versi danteschi
così come sono, alla lettera (oddio, come siamo ridotti!), quindi, o
insegniamo loro a inserire “i necessari commenti e chiarimenti”, o
aboliamo Dante. Ma, siamo seri: se fino ad oggi, dalla riforma Gentile
ad oggi, nessun nostro insegnante ha imparato a “fare il filtro”, come
potremmo mai sperare che, all’improvviso, imparino oggi? Impossibile, è
evidente, per cui l’unica soluzione praticabile è quella, più spiccia,
dell’abolizione. Tanto più che, se il filtro non c’è nella teologia,
non ci sarà neanche, immaginiamo, nella geografia, nell’astronomia,
nella medicina ecc., e allora il rischio è molto più grave. I nostri
studenti possono pure crescere antisemiti, ma che imparino a scuola che
la terra è ancora al centro dell’universo, che al di là delle colonne
d’Ercole c’è solo il purgatorio ecc., è francamente inopportuno.
Aboliamo Dante, dunque. Però, forse tale abolizione non sarebbe poi
sufficiente, se, come abbiamo ricordato, il deicidio non è che l’abbia
inventato lui (il primo a parlarne è Origene, e poi Eusebio, Agostino e
tutti gli altri). Che facciamo con questi? Li lasciamo? E perché mai?
Aboliamo, dunque, non il solo Dante, ma tutto il Medio Evo. È facile.
Lasciamo solo la storia precedente a Costantino. Però, a pensarci bene,
neanche questo sarebbe poi giusto, perché anche lì ci sono non pochi
‘cattivi’. Vespasiano e Tito, per esempio. Prima di loro,
Nabuccodonosor, Antioco Epifane ecc. Resterebbe la storia moderna, ma
lì è peggio che andar di notte, con Hitler, Mussolini, Stalin ecc.
Facciamo così, aboliamo tutta la storia, e non se ne parla più. Le ore
recuperate potremmo dedicarle, per esempio, alla geografia. Però, però,
anche così non è che vada tanto bene: non sarebbe diseducativo parlare
della Germania, o della Polonia, o dell’Iran? La filosofia? Men che
meno, è zeppa di antisemiti, da Kant e Hegel in giù. La musica? E come
facciamo con Wagner? E la letteratura moderna, con Valery, Céline,
Dostojevskij e tanti altri?
È inutile, tutte le arti e le scienze umane, “senza filtri”, sono
pericolose. Non le insegniamo più. Possiamo insegnare, però, le scienze
esatte e naturali: matematica, fisica, chimica, botanica ecc. Lì, non
c’è dubbio, di ebrei non si parla. Niente ebrei, niente antisemiti. Ed
ecco che la proposta di Gherush92 comincia ad apparire interessante. I
nostri giovani, impegnati, da bambini, unicamente nei numeri, nei
calcoli e negli esperimenti di laboratorio, diventeranno dei veri geni,
altamente competitivi sul mercato internazionale, perfettamente in
linea con i moderni standard ministeriali di ispirazione americana. E
immuni, soprattutto, dalla benché minima traccia di antisemitismo.
Francesco
Lucrezi, storico
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rassegna
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Roma - Omaggio a Modigliani,
nel segno dell'identità ebraica
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la rassegna |
Il
contratto di matrimonio dei genitori scritto in ebraico, il Libro dei
Memini, un carnet con gli schizzi di dieci figure di donna interpretate
con la simbologia dei 'sephirot'. Roma rende omaggio al grande pittore
Amedeo Modigliani con una mostra inedita, dal titolo "Modigliani. Segno
e tradizione", in cui ad essere posto in particolare rilievo è il
legame che questi ebbe con la tradizione ebraica. Organizzata dal
Modigliani Institute e dal Keren Hayesod, la mostra è stata inaugurata
ieri sera a Palazzo della Cancelleria con un evento di gala e sarà
visitabile fino al prossimo 11 aprile.
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Continuano
i giornali a parlare di quanto succede dopo la strage di Tolosa, ed è
opportuno aprire anche noi una ampia discussione sull'argomento.
Mentre il padre del Mahmoud assassino si ripromette di portare in
giudizio la Francia che ha ucciso suo figlio (che non dovesse essere
impossibile prenderlo vivo è opinione di molti, ma se l'azione di
questo inconsolabile padre possa essere accettabile, beh, lasciamo
andare), è arrivata, negli uffici di al Jazeera di Parigi, una
chiavetta contenente le riprese della strage fatte dall'assassino con
una telecamera appesa al collo(...)
Emanuel Segre Amar
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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