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28 marzo 2012- 5 Nisan 5772
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alef/tav
david sciunnach David
Sciunnach,
rabbino 

“Ed il recipiente di terracotta in cui (il sacrificio) sarà stato sottoposto a cottura, dovrà essere rotto..." (Vaikrà 6,21). Il grande commentatore Rashì sottolinea che questa mitzvà, e cioè quella di rompere i recipienti, riguarda tutti i Kodashim, vale a dire tutti i recipienti consacrati. A questo punto si domandano i Maestri quale sia l'insegnamento che la Torah vuole trasmetterci. Il Kelì Yakàr associa l'utensile dove viene cotto il sacrificio per l'espiazione dei peccati con l'uomo. Come l'utensile assorbe nel suo interno il divieto, e non ha riparazione se non con la sua rottura, così l'uomo che viene a espiare un peccato, che ha assorbito nel suo intimo compiendo quella trasgressione, non ha riparazione se non con la "rottura" - lacerazione del proprio cuore. Solo così, con il "cuore rotto", l'uomo potrà arrivare al pentimento e alla purificazione.

 Davide  Assael,
ricercatore



davide Assael
Davvero bello il dossier sull’Ungheria di Rossella Tercatin e Daniel Reichel nell’ultimo numero di “Pagine Ebraiche”. Un esempio di come una stampa specialista possa offrire un servizio mancante in molta stampa nazionale. Tra le diverse cose, mi ha colpito l’intervista al militante ebreo di Fidesz (il partito ultranazionalista del premier Victor Orban) György Szabó, che sostiene non vi siano problemi di libertà nel suo Paese, riproponendo, tra l’altro, i cliché argomentativi tipici della destra xenofoba europea; del tipo, “all’estero non ci capiscono”, “l’Europa non ha rispetto delle culture nazionali” e via dicendo. Io credo che ci si debba intendere, o si pensa che le libertà e i diritti siano salvaguardati da una struttura formale che comprende cosine come, l’indipendenza della Corte Costituzionale e la possibilità da parte dei giornalisti di attingere a fonti non esclusivamente governative, oppure si crede che ci si debba affidare al buon cuore del sovrano. Sempre ricordando che anche il faraone di Yossef era buono e bravo, poi però…


davar
Il Libro senza pari si mette in mostra
Verbum domini al vaticanoNegli scorsi giorni è stata inaugurata in pompa magna a Roma, nel Braccio di Carlo Magno al Vaticano, la mostra Verbum Domini-Devar HaShem. Erano presenti numerosi invitati provenienti da tutto il mondo, cristiani ed ebrei, questi ultimi dall’America, dall’Europa e da Israele. Diversi erano i rappresentanti della comunità ebraica di Roma, guidati dal rabbino capo Rav Riccardo Di Segni. La mostra, sponsorizzata da varie istituzioni come l’American Bible Society, la Società Biblica in Italia, i Musei Vaticani e molte altre, ha lo scopo di ripercorrere la storia della Bibbia, “il più proibito, dibattuto e venduto libro di tutti i tempi”, come recita il depliant illustrativo, dall’antichità a oggi. Si parte dai rotoli di Qumran, risalenti a più di duemila anni fa, per arrivare fino ai Sifrè Torah profanati dai nazisti e usati per farne bisacce e suole di scarpe. I circa 150 oggetti esposti, distribuiti in otto sale, includono manoscritti, incunaboli, libri a stampa, reperti archeologici e provengono per la maggior parte da collezionisti privati. Questa è un’occasione più unica che rara per poterli vedere: infatti, a differenza delle biblioteche e i grandi musei pubblici, i cui tesori sono ben noti, difficilmente si potrebbe avere l’occasione di ammirare tutti insieme i pezzi più preziosi e interessanti di collezionisti privati come Green, Jeselsohn, Sofer (Schreiber) e altri. La mostra è curata dal Dr. Scott Carroll, curatore anche di un museo della Bibbia che sarà edificato a Washington. Per i codici e i libri in ebraico è stato fondamentale l’apporto di Angelo Piattelli (presente anche lui all’inaugurazione), romano di nascita ma da anni residente a Gerusalemme, dove è responsabile del Museo di Arte Ebraica Italiana U. Nahon ed è fra i massimi esperti mondiali di libri ebraici, in particolare di quelli stampati in Italia.
Nella mostra sono presenti codici e libri in diverse lingue (ebraico, aramaico, greco, latino, arabo, samaritano, ecc.). Fra gli incunaboli (i primi libri stampati), da segnalare fra gli altri il commento del Nachmanide alla Torah, stampato a Roma nel 1470 circa, la cui nitidezza non ha confronti con i libri stampati oggi; una Torah con traduzione aramaica e commento di Rashì stampato a Lisbona nel 1491 (notare la data!); una Torah con Haftarot e le cinque Meghillot stampata a Brescia da Soncino nel 1493; una pagina di uno dei primi libri ebraici stampati al mondo (secondo alcuni il primo in assoluto), il commento di Rashì alla Torah, Reggio Calabria 1475. Fra i libri stampati nel 1500, diversi Bibbie pubblicate a Venezia da Bomberg. Fra i manoscritti, una Bibbia copiata in Italia nel 1489, miniata dal famoso miniaturista Matteo da Milano, a Ferrara, circa 1505; una Torah con Targum aramaico del 1264 con un’elaborata micrografia ebraica. Fra i reperti archeologici, da ammirare la famosa pietra di Jeselsohn, risalente al I secolo a.e.v., nota anche come “un rotolo del Mar Morto in pietra”. Un interessantissimo reperto, scoperto da Scott Carroll stesso, è un manoscritto su papiro trovato all’interno di una mummia, un esempio di uso improprio come quello delle pergamene ebraiche utilizzate in passato in Italia per rilegare libri e registri degli archivi comunali. Fra questi papiri sono stati trovati, oltre a testi biblici, persino frammenti di un’opera sconosciuta di Aristotele.
Nella mostra c’è anche la riproduzione in dimensioni reali della prima pressa per la stampa, con un simpatico personaggio vestito come Gutenberg che, aiutato da un assistente e anche da volontari del pubblico, stampa pagine della Bibbia e le regala poi ai visitatori.
Istruzioni per la visita alla mostra: ingresso libero, aperta fino al 15 aprile tutti i giorni dalle 9 alle 18 (il mercoledì 13-18). Poiché il pubblico che va al Vaticano è internazionale, nelle vetrine non ci sono didascalie ma solo numeri identificativi degli oggetti: all’entrata bisogna munirsi del libretto illustrativo nella lingua preferita (italiano, inglese, spagnolo, ecc.), da restituire all’uscita.
Godetevi la visita!

rav Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano


Melamed - Le scuole ebraiche, un laboratorio comune
Visita ministro Profumo“Si è trattato di una riunione politica ad alto livello, che raccoglie una mozione presentata già all’ultimo Congresso e un’esigenza ben presente a tutti i presidenti di Comunità. Lavorando insieme si può fare molto bene e se si vuole garantire alle scuole ebraiche italiane non solo la sopravvivenza ma un mantenimento dell’alto livello raggiunto non si può prescindere da un progetto comune. Le comunità coinvolte, sia pure eterogenee non solo per consistenza numerica, parlano un linguaggio comune e condividono problematiche, progetti ed esigenze, oltre alla ovvia volontà di tenersi stretti i propri ragazzi”. La vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti riassume così l'incontro fra i rappresentanti delle quattro Comunità ebraiche italiane ove è presente una scuola ebraica avvenuto alla scuola di Roma subito dopo la visita del ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Francesco Profumo. “Questa è sicuramente un’esperienza virtuosa – ha spiegato Claudia De Benedetti una prima idea del futuro dell’Unione, in cui si procederà per commissioni che collaborano, su specifici argomenti. Toccherà ad ognuno degli eletti saper usare le proprie deleghe nel giusto modo”.
“Abbiamo preso atto – aggiunge il presidente della Comunità ebraica di Torino Beppe Segre
che c’è la volontà di collaborare e le Comunità possono scambiarsi non solo informazioni, ma esperienze e competenze. Potremo lavorare su progetti congiunti e pur avendo le scuole caratteristiche anche molto diverse i Consigli delle rispettive comunità si trovano ad affrontare situazioni simili. L’obiettivo era di valutare le possibili sinergie politiche, sia nei confronti della pubblica amministrazione che in specifico del ministero – e anche le potenziali sinergie di valenza più pratica, come la messa in atto di economie di scala”.
Il presidente della Comunità ebraica di Trieste, Alessandro Salonichio, aggiunge: “Insieme possiamo contare di più, soprattutto se riusciremo a presentarci come un ente unico. Fare gruppo, visti gli intenti comuni, ci permetterà sicuramente di avere un maggiore peso. Nonostante ci siano fra noi grandi differenze, tutti condividiamo la grande determinazione a tenere aperte e vive le scuole, anche se non è facile ci sono sicuramente spazi comuni su cui lavorare. Un primo passaggio molto importante cui dovrà seguire un’agenda di incontri”. Il presidente della Comunità di Milano Roberto Jarach ricorda come la mattina sia iniziata in maniera positiva, con la visita del ministro Profumo che è andato ben al di là di un semplice passaggio formale. “Credo ci possano essere degli sviluppi estremamente significativo, il ministro si è mostrato molto sensibile e ha espresso una volontà chiara di comprendere a fondo la realtà delle scuole ebraiche italiane. Anche il prosieguo della giornata, con l’incontro intercomunitario, penso possa avere, pur nelle differenze, una valenza certamente positiva, soprattutto se riusciremo a metterci davvero reciprocamente a conoscenza di tutte quelle informazioni che potrebbero portare anche solo a delle economie di scala. Sarebbe ottimo se poi potessimo fare davvero rete anche per tutto quello che riguarda il fundraising, i bandi di concorso, o la possibilità di creare un gruppo di pressione in previsione di legislazione riguardante le scuole. È stata sicuramente una mattinata ben spesa e vale la pena di dare un seguito a questa prima riunione. Ci sono possibilità e potenzialità da portare avanti, spero sia possibile rivedersi a breve.”
Riccardo Pacifici, promotore della riunione e presidente della Comunità ebraica di Roma, tiene a sottolineare come il ministro Profumo abbia già dimostrato più volte grande sensibilità, sia in occasione della sua visita ad Auschwitz insieme al presidente dell'Unione Renzo Gattegna, sia la scorsa settimana con la decisione di far rispettare in tutte le scuole d’Italia un minuto di silenzio per onorare e ricordare le vittime della strage di Tolosa. “Questa mattina, poi, aveva davvero voglia di stare con i bambini, voleva parlare con loro, aveva voglia di capire senza nessun tentativo di esibizione né di strumentalizzazione. Nel mondo della politica è un caso raro. Per noi era molto importante che arrivasse il messaggio che l’ebraismo non è solo fatto di Memoria e Shoah: sono concetti fondamentali da non accantonare ma in questa occasione si voleva mostrare la vitalità dei ragazzi, che sono il nostro futuro”. Occasione, quindi, per condividere un momento importante con i presidenti delle altre Comunità e anche per far capire come le scuole ebraiche italiane non possano contare su grandi numeri, come succede per esempio alle scuole cattoliche, ma che unendo le forze possono sicuramente avere un peso diverso.
La riunione intercomunitaria volutamente non era destinata ai dirigenti scolastici, perché non si trattava di discutere di progetti educativi, ma di un incontro fra presidenti e fra coloro che si occupano di risorse e bilanci e di una stima delle possibilità concrete di fare rete. Le valutazioni sono proseguite a tutto campo, da una disamina delle esperienze organizzative, delle differenze contrattuali, di risorse, spese, fundraising, eventuali economie di scala, deducibilità fiscale delle rette. “Tutti questi elementi – afferma Pacifici – sono stati analizzati in un clima di cordialità e con sincero spirito di collaborazione. La prima cosa che vorremmo mettere in piedi è una Associazione delle scuole ebraiche italiane. Ogni scuola ha qualcosa da insegnare alle altre, ognuna qualcosa da offrire, lo spirito dovrebbe essere che ogni scuola può anche andare avanti da sola ma se si ragiona insieme e si parla a nome di tutti le cose funzionano meglio. Una volta messe a punto le questioni più politiche si farà un passo indietro, per lasciare spazio prima ai tecnici, agli esperti di questioni amministrative e finanziarie e poi si passerà alla collaborazione fra i dirigenti scolastici per tutto ciò che ha a che fare con la didattica. È notevole anche vedere come negli ultimi mesi ci sono state varie riunioni a livello nazionale, qualcosa sta cambiando nella natura dell’UCEI, che è tornata ad essere veramente al servizio delle Comunità.”
L’assessore della Comunità romana Ruth Dureghello racconta come è nata l’idea dell’incontro con il ministro Profumo, che ha poi fatto da catalizzatore degli eventi, portando alla riunione intercomunitaria. "La visita - spiega - è frutto di tanti anni di collaborazione e attenzione del ministero alla realtà scolastica delle scuole romane, in particolare ai buoni rapporti maturati in questo periodo fra i funzionari del Miur e la dirigenza scolastica della scuola elementare, sempre presente nelle manifestazioni e nei progetti più significativi proposti negli anni. Tutto questo è stato possibile anche grazie alla direttrice della scuola Milena Pavoncello. I presidenti dell'Unione e delle altre realtà in cui sono presenti scuole ebraiche sono stati sensibilmente coinvolti dal presidente Pacifici che non ha voluto godere del privilegio della visita del ministro in modo egoistico, ma ha inteso condividere questo riconoscimento con le altre realtà comunitarie impegnate nell'educazione ebraica”. Dureghello aggiunge poi che “l’incontro, che ha avuto luogo subito dopo la visita del ministro, è stata una importante occasione di confronto; sul fronte della didattica gli scambi già esistono, ma era necessario iniziare a valutare come attuare procedure comuni e come fare tesoro delle reciproche competenze e dei reciproci successi. Serve una reale rete di scambi, abbiamo tutti le stesse difficoltà e tutti le stesse emozioni e se una scuola ebraica è in difficoltà è quasi sicuramente la Comunità stessa ad avere dei problemi. La collaborazione è sia possibile che doverosa e mi auguro anche che nel futuro dell’Unione ci sia una maggiore vicinanza alle problematiche reali. Io credo molto in un ruolo più forte dell’UCEI, che ha ben chiaro come la scuola sia il futuro e sia il modo più bello per trasmettere la cultura. Non dobbiamo disperdere le energie ma puntare sulla qualità e sul merito, e incontrarci nuovamente, molto presto.”
A esprimere soddisfazione è anche Raffaele Turiel, assessore UCEI alle scuole e alla formazione, che ha trovato positivo riunire intorno ad un tavolo i presidenti delle diverse Comunità, da cui sono venute anche sollecitazioni specifiche: “L’UCEI è ora davvero chiamata a diventare partner delle Comunità, che si stanno ponendo seriamente il tema di fare rete nella gestione delle scuole. Sono venute fuori diverse tematiche davvero trasversali, sia gestionali che in termini di opportunità, che tutte le Comunità si trovano ad affrontare. Credo che si possano avviare progetti di collaborazione concreta, su ambiti anche molto diversi - dai progetti gestionali e amministrativi ai progetti sull’innovazione tecnologica; ci possono essere economie di scala ed ovviamente puntiamo ad uno sviluppo di qualità. Andrà creato un gruppo di lavoro, che permetta di scambiarsi rapidamente documentazione e materiali, di ragionare insieme su quale tipo di continuità dare a questo incontro. Non ci siamo dati un’agenda ma di certo andranno condivise le informazioni in maniera strutturata. Il mio impegno come assessore è di riferire nella prossima riunione di Giunta i contenuti di questo incontro in modo da poter procedere subito a una sensibilizzazione e ad una valutazione puntuale delle istanze emerse".

(Nell'immagine il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo insieme al presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in occasione dell'incontro romano)

Ada Treves
twitter @atrevesmoked

Qui Milano - Una settimana per capire il futuro
Per ora tutto fermo. Potrebbe essere una questione di ore o di giorni, ma la domanda che da diverse settimane attraversa la Comunità ebraica di Milano, se questo Consiglio rimarrà in carica per tentare di completare il mandato, oppure si tornerà a elezioni, magari in concomitanza con quelle dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane il prossimo 10 giugno, non ha trovato una risposta nel Consiglio di ieri sera. Alla riunione si era infatti arrivati in una situazione delicata, con la recente scelta di farsi da parte di Michele Boccia e Rami Galante, entrambi della lista per Israele, il numero dei consiglieri dimessisi è salito a cinque: raggiunti i sei, lo statuto prevede le elezioni anticipate. L’ipotesi di ulteriori dimissioni, quelle degli altri due consiglieri della lista Per Israele, Sara Modena e Yasha Reibman era nell’aria. Dimissioni che sono state vicine in molti momenti della serata, ma che alla fine non sono arrivate, almeno per ora. La notizia infatti è l’indizione di un Consiglio straordinario la prossima settimana per l’approvazione di un nuovo regolamento per le elezioni UCEI. Una riunione in cui si potrà anche continuare a discutere per evitare la caduta del Consiglio trovando una quadratura tra le esigenze di tutti che, nell’incontro di ieri protrattosi fino a tarda sera, non è stata individuata.
“Ci hanno già lasciato cinque persone, provenienti da tre liste e da diverse esperienze, ma tutti con la sensazione di non poter più lavorare in questo Consiglio. Ci sono tanti problemi. Io e Yasha avremmo dovuto dare le dimissioni subito ma prima vogliamo capire se si può fare qualcosa perché si creino le condizioni per proseguire. Non chiediamo posti in giunta, ma che le proposte che abbiamo presentato siano discusse e approvate”. Così Sara Modena ha presentato il documento, firmato anche da Raffaele Turiel, Guido Osimo e David Piazza e articolato in sette punti: sospensione della riscossione dei tributi tramite esatri, revisione finanziaria delle procedure d'iscrizione a scuola, rispetto dell’autonomia del rabbino capo con piena implementazione del piano di potenziamento del Bet Hamidrash (collegio rabbinico di Milano) da lui proposto, e un’iniziativa per la formazione di nuove famiglie entro il mese di maggio, un piano di governance e riorganizzazione amministrativa della Comunità, pieno sostegno al rafforzamento della scuola in ogni suo ordine, elaborazione di un progetto di sostegno alle famiglie sul modello della Deputazione della Comunità di Roma, ridefinizione dei ruoli di giunta e in particolare di quello dell'assessore al culto. Tante e sentite le obiezioni sollevate dalla maggioranza. Il presidente Roberto Jarach ha sottolineato come molte delle istanze proposte costituiscano già temi oggetto del lavoro delle commissioni cui stanno partecipando anche tre firmatari del documento e ha rivendicato i risultati ottenuti dalla sua giunta, il risanamento economico, le iniziative culturali, il rapporto con la città. Altri hanno messo in evidenza come il “cambio di rotta” nel governo della Comunità chiesto nell’incipit del documento sia già in attuazione da diversi mesi proprio con l’apertura delle commissioni, e che presentare come propri e in quella forma principi senz’altro condivisi da tutti, come il rispetto per il rabbino capo e il sostegno alla scuola non rappresenti il bene della Comunità. Per parte sua, l’opposizione ha ribattuto che il documento andasse letto nel senso di portare avanti i progetti a un ritmo più serrato rispetto al passato (Turiel), che in questa nuova fase di condivisione l’apertura del governo della Comunità all’opposizione non sia stata sufficiente (Osimo), e che la sua volontà fosse non di creare nuove contrapposizioni, ma di arrivare alla formulazione di principi condivisi (Reibman e Piazza).
Il confronto si è mantenuto serrato. La maggioranza si è espressa contro la modalità e i toni con cui il documento è stato presentato. L’opposizione ha rivendicato la necessità di ricevere un segno tangibile della sensibilità verso le proprie istanze.
Al termine della serata una nuova versione del documento che ne recepiva i sette punti è stata messa al voto e respinta dal Consiglio. Passata invece, anche se di stretta misura (quattro voti a favore, tre contro e sette astensioni, tra cui i cinque consiglieri d’opposizione) una mozione per presentare un documento condiviso che raccolga i principi di quello presentato ieri alla prossima riunione. Quando forse si capirà se gli ebrei milanesi saranno chiamati alle urne a due anni dall’ultima volta.

Rossella Tercatin
twitter @rtercatinmoked

Qui Roma - Primo Levi, un torinese allo specchio
È Beppe Segre, presidente della Comunità ebraica di Torino, ad aprire la seconda giornata del grande simposio internazionale in memoria di Primo Levi nel venticinquesimo anniversario della scomparsa. Il suo ricordo è teso a mettere in risalto la “torinesità” di Primo, la sua capacità di conservare l'umanità anche nei momenti più tragici della vita e, soprattutto, di raccontarla. “Tutti lo portiamo nel cuore ma noi torinesi abbiamo qualche motivo in più” rileva Segre descrivendo quanto Primo Levi fosse legato alla sua città, e soprattutto a una parte di essa, il suo spiccato senso di selettività e l'autoironia nel parlare del piccolo e ristretto gruppo di amici che solitamente frequentava, ma anche la nostalgia di un'epoca ormai sparita spazzata via dalla persecuzione, un'epoca che è legata alle sinagoghe piemontesi e all'ebraico-piemontese, quel misto di lashon ha codesh e dialetto che gli ebrei del posto parlavano, e ancora l'amore per la montagna poiché “per i giovani ebrei che alla fine degli anni '30 furono allontanati dalle scuole, dai posti di lavoro e dalla vita sociale, le ascensioni in montagna erano l'unico sport ammesso che li avrebbe abituati purtroppo e inconsapevolmente anche alle asperità future”.
Numerosi e di grande valore i contributi che continuano a susseguirsi in queste ore. Tra gli altri, fuori programma, un suggestivo accostamento di David Meghnagi, direttore scientifico del Simposio, fra la parola argon cui è dedicato uno dei racconti de Il sistema periodico e la parola ebraica irgun.
I lavori proseguiranno fittamente fino a venerdì 30 marzo, spostandosi da domani mattina nella sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri dove si apriranno alle 9.30 con i saluti, fra gli altri, del ministro all'Istruzione Francesco Profumo e del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. A moderare gli interventi il professor Meghnagi.

Lucilla Efrati – twitter @lefratimoked

Kadima - Tzipi Livni, una sconfitta che lascia il segno
Alle ultime elezioni si era presentata come il riferimento dei 'moderati' sfiorando la poltrona di primo ministro e, pur sconfitta dal maggior peso complessivo di seggi in Parlamento della coalizione tra Likud e Israel Beitenu, aveva comunque guadagnato il consenso più alto tra la popolazione israeliana. In queste ore Tzipi Livni, già ministro degli Esteri del governo Olmert (2006-gennaio 2009), starebbe per alcuni meditando un clamoroso addio alla politica. Decisive le consultazioni svoltesi la scorsa notte per la guida del partito Kadima, formazione centrista fondata da Ariel Sharon e di cui teneva le redini dall'autunno del 2008. Il responso della consultazione è stato inequivocabile: 62% per l'ex generale e capo di Stato maggiore Shaul Mofaz; appena 38% per l'ex leader. Una sconfitta schiacciante, determinata in parte anche del 'voto arabo' marcatamente più orientato verso Mofaz, e dalle differenti priorità programmatiche dei due (problemi sociali interni e sicurezza nazionale per Mofaz, più vicino al Likud, rilancio dei colloqui con i palestinesi per la Livni, che rispetto al rivale si proponeva maggiormente in alternativa all'attuale governo). Per Kadima, esperienza più volte indicata come punto di riferimento per i grandi partiti centristi europei, sono adesso ore decisive in vista delle elezioni del prossimo anno e con i sondaggi che danno il Likud in costante ascesa. Molte le voci che si rincorrono intanto sul futuro della grande sconitta, che per il momento ha semplicemente affermato “di volersi riposare”: da chi prevede una pausa di riflessione a chi immagina la nascita di una nuova corrente politica avviata sotto il suo impulso. Fino all'ipotesi più radicale, appunto: l'uscita definitiva di scena.

a.s twitter @asmulevichmoked

pilpul
Abolire Dante
Francesco LucreziTra tante le tante notizie brutte, bruttissime e orrende che, con assoluta puntualità, ci dispensa, ogni mattina, la stampa quotidiana, non manca, ogni tanto, qualche informazione decisamente grottesca, come un intervallo satirico in un lugubre, interminabile film d’orrore. È il caso, per esempio, della recente richiesta, avanzata da alcuni, come il movimento Gherush92, di abolire l’insegnamento della Divina Commedia dalle scuole italiane, in ragione dell’antisemitismo che la pervaderebbe. La Commedia, spiega la presidente, Valentina Sereni, “presenta contenuti offensivi e discriminatori”, “viene proposta senza che vi sia alcun filtro o che vengano fornite considerazioni critiche rispetto all’antisemitismo e al razzismo”, per cui si chiede “di espungerla dai programmi scolastici ministeriali o, almeno, di inserire i necessari commenti e chiarimenti”.
Dunque. Che nella Commedia il popolo ebraico, nel suo insieme, venga considerato responsabile della morte di Cristo, e perciò condannato alla giusta punizione, è cosa nota (Tito, col distruggere Gerusalemme, avrebbe realizzato “la vendetta de la vendetta del peccato antico” [Par. 6.92-93], ossia la riparazione del deicidio, a sua volta riparatore del peccato originale). Era questa la visione del Medioevo, nessun teologo se ne poteva discostare, e il povero Dante ha avuto la sfortuna di essere medioevale. Se fosse nato ai nostri giorni, col suo carattere ribelle, non lo immagineremmo tanto conservatore. Ma così non è stato. Si potrebbe ricordare che, nell’inferno, ci sono molti più papi e sacerdoti che ebrei (tutti i padri di Israele, Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè ecc., sono in paradiso [Inf. 4.56-61]) - per non parlare dei musulmani (il povero Maometto va girando con le budella in mano: “la corata pareva, e ‘l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia” [Inf. 28.26-27]) - e che, in fondo, Giuda Iscariota, che il Poeta mette nella bocca di Lucifero (Inf. 34.62-63), non è che sia considerato proprio un eroe della storia ebraica, neanche dagli ebrei. Ma è inutile sottilizzare. Il deicidio, nella Commedia, c’è, quindi la richiesta di Gherush92 va presa in considerazione. I nostri insegnanti, apprendiamo, non operano alcun ‘filtro’, propongono i versi danteschi così come sono, alla lettera (oddio, come siamo ridotti!), quindi, o insegniamo loro a inserire “i necessari commenti e chiarimenti”, o aboliamo Dante. Ma, siamo seri: se fino ad oggi, dalla riforma Gentile ad oggi, nessun nostro insegnante ha imparato a “fare il filtro”, come potremmo mai sperare che, all’improvviso, imparino oggi? Impossibile, è evidente, per cui l’unica soluzione praticabile è quella, più spiccia, dell’abolizione. Tanto più che, se il filtro non c’è nella teologia, non ci sarà neanche, immaginiamo, nella geografia, nell’astronomia, nella medicina ecc., e allora il rischio è molto più grave. I nostri studenti possono pure crescere antisemiti, ma che imparino a scuola che la terra è ancora al centro dell’universo, che al di là delle colonne d’Ercole c’è solo il purgatorio ecc., è francamente inopportuno.
Aboliamo Dante, dunque. Però, forse tale abolizione non sarebbe poi sufficiente, se, come abbiamo ricordato, il deicidio non è che l’abbia inventato lui (il primo a parlarne è Origene, e poi Eusebio, Agostino e tutti gli altri). Che facciamo con questi? Li lasciamo? E perché mai? Aboliamo, dunque, non il solo Dante, ma tutto il Medio Evo. È facile. Lasciamo solo la storia precedente a Costantino. Però, a pensarci bene, neanche questo sarebbe poi giusto, perché anche lì ci sono non pochi ‘cattivi’. Vespasiano e Tito, per esempio. Prima di loro, Nabuccodonosor, Antioco Epifane ecc. Resterebbe la storia moderna, ma lì è peggio che andar di notte, con Hitler, Mussolini, Stalin ecc. Facciamo così, aboliamo tutta la storia, e non se ne parla più. Le ore recuperate potremmo dedicarle, per esempio, alla geografia. Però, però, anche così non è che vada tanto bene: non sarebbe diseducativo parlare della Germania, o della Polonia, o dell’Iran? La filosofia? Men che meno, è zeppa di antisemiti, da Kant e Hegel in giù. La musica? E come facciamo con Wagner? E la letteratura moderna, con Valery, Céline, Dostojevskij e tanti altri?
È inutile, tutte le arti e le scienze umane, “senza filtri”, sono pericolose. Non le insegniamo più. Possiamo insegnare, però, le scienze esatte e naturali: matematica, fisica, chimica, botanica ecc. Lì, non c’è dubbio, di ebrei non si parla. Niente ebrei, niente antisemiti. Ed ecco che la proposta di Gherush92 comincia ad apparire interessante. I nostri giovani, impegnati, da bambini, unicamente nei numeri, nei calcoli e negli esperimenti di laboratorio, diventeranno dei veri geni, altamente competitivi sul mercato internazionale, perfettamente in linea con i moderni standard ministeriali di ispirazione americana. E immuni, soprattutto, dalla benché minima traccia di antisemitismo.

Francesco Lucrezi, storico

notizieflash   rassegna stampa
Roma - Omaggio a Modigliani,
nel segno dell'identità ebraica
  Leggi la rassegna

Mostra ModiglianiIl contratto di matrimonio dei genitori scritto in ebraico, il Libro dei Memini, un carnet con gli schizzi di dieci figure di donna interpretate con la simbologia dei 'sephirot'. Roma rende omaggio al grande pittore Amedeo Modigliani con una mostra inedita, dal titolo "Modigliani. Segno e tradizione", in cui ad essere posto in particolare rilievo è il  legame che questi ebbe con la tradizione ebraica. Organizzata dal Modigliani Institute e dal Keren Hayesod, la mostra è stata inaugurata ieri sera a Palazzo della Cancelleria con un evento di gala e sarà visitabile fino al prossimo 11 aprile.

 

Continuano i giornali a parlare di quanto succede dopo la strage di Tolosa, ed è opportuno aprire anche noi una ampia discussione sull'argomento.
Mentre il padre del Mahmoud assassino si ripromette di portare in giudizio la Francia che ha ucciso suo figlio (che non dovesse essere impossibile prenderlo vivo è opinione di molti, ma se l'azione di questo inconsolabile padre possa essere accettabile, beh, lasciamo andare), è arrivata, negli uffici di al Jazeera di Parigi, una chiavetta contenente le riprese della strage fatte dall'assassino con una telecamera appesa al collo(...)

Emanuel Segre Amar











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