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30 marzo 2012 - 7 Nisan 5772
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
rav arbib Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano 


Lo shabbàt che precede Pèsach è, secondo la tradizione, lo shabbàt in cui fu comandato agli ebrei che si preparavano a uscire dall'Egitto di prendere l'agnello che sarebbe stato poi sacrificato poco prima dell'uscita dall'Egitto. Questa mitzvà doveva avvenire in due fasi. L'agnello doveva essere prima prelevato e poi, quattro giorni dopo, portato in sacrificio. Queste due fasi, secondo il midràsh, rappresentano due momenti importanti della preparazione all'uscita. Il primo momento è quello del distacco dall'idolatria. Il verbo usato è mishkhù - che vuol dire letteralmente tirate, ritraete; gli ebrei vengono invitati a ritirasi indietro, a ritrarsi dall'idolatria egizia. La seconda fase è il korbàn - sacrificio. Questa parola deriva dalla radice krb - avvicinarsi. Il korbàn rappresenta l'avvicinamento a Dio e alla Torà. Si tratta quindi di allontanarsi per poi avvicinarsi. Molto spesso un avvicinamento deve essere preceduto da un allontanamento.

Laura
Quercioli Mincer,
 slavista



laura quercioli mincer
Esisto non per essere amato e ammirato, ma per agire e per amare. Non è obbligo della società aiutarmi, ma è mio dovere prendermi cura del mondo e dell’ambiente. (Janusz Korczak, Varsavia 1878-Treblinka 1942)

davar
Dialogo - Quei temi difficili che sono ancora un tabu
La crisi finanziaria, i possibili cambi di rotta per uscire dal tunnel, il ruolo delle comunità religiose per una società più equa sono stati alcuni tra i punti toccati dalla Commissione bilaterale tra la Santa Sede e il Rabbinato israeliano riunitasi negli scorsi giorni in Vaticano. A capo della delegazione israeliana Rabbi Shear Yashuv Cohen (nella foto in un recente incontro con papa Benedetto XVI), già rabbino capo di Haifa, mentre era chiamato a guidare la rappresentanza pontifica il cardinale Peter Tuckson, attuale presidente del consiglio della giustizia e della pace. Molti gli ospiti autorevoli che hanno preso parte ai lavori: tra gli altri Ettore Gotti Tedeschi, presidente dell'Istituto per le Opere di Religione, che è intervenuto con un contributo sulle cause della crisi e sulle sue possibili soluzioni. A chiudere tre intensi giorni di riflessione un comunicato congiunto, che riepiloga i vari punti sollevati lasciando emergere non pochi punti di contatto sull'approccio a queste delicatissime tematiche: su tutti il comune riconoscimento della centralità del rispetto della dignità dell'uomo, quell'uomo "fatto a immagine e somiglianza di D.O" e che deve affermare se stesso non nell'egoismo quanto in una rete comportamentale etica di relazioni e scambi.
L'iniziativa, l'ultima di una serie di incontri, non sembra però convincere più di tanto Sergio Minerbi, diplomatico e già ambasciatore di Israele a Bruxelles, che non ritiene sia giusto attribuire eccessiva importanza a eventi di questo tipo. "C'è un vizio di origine - afferma - e cioè che ambo le parti accettano di evitare gli argomenti scabrosi, quelli che forse impedirebbero un comunicato comune ma potrebbero chiarire in cosa consiste il dissenso e forse anche indicare come superarlo". Fra le questioni da evitare a ogni costo, chiosa il diplomatico, ci sarebbero prima di tutto le relazioni ("ancora tese") fra Santa Sede e Stato ebraico. Minerbi parla quindi del tema scelto come di un tema volutamente 'parve', né carne né pesce, e che non porta conseguentemente da nessuna parte. "E’ giusto evitare di offendere l’altra parte - la sua considerazione - ma non è ammissibile che gli israeliani partecipino per tre giorni consecutivi a una riunione di così alto livello senza nemmeno sfiorare il problema dell’atteggiamento costantemente negativo del Vaticano nei confronti dello Stato di cui sono cittadini".

a.s twitter
@asmulevichmoked

Tolosa - Amore e speranza contro l'orrore
Già pubblicata su l'Unione informa negli scorsi giorni, la lettera inviata da Eva Sandler, vedova del rabbino Jonathan Sandler, dopo i funerali delle vittime dell'agguato mortale alla scuola ebraica Ozar Hatorah di Tolosa, approda oggi anche sulle pagine del Corriere della sera.
L'iniziativa è del Movimento Culturale Studenti Ebrei, che ha voluto divulgare questa straordinaria testimonianza di dolore, coraggio e umanità, acquistando uno spazio a pagamento sulle colonne di uno dei più autorevoli quotidiani italiani.
"Oggi - spiega il presidente Daniel Funaro - chi sfoglierà le pagine del Corriere, tra tante notizie di cronaca, avrà l'occasione di soffermarsi un minuto in riflessione e capire come la risposta ebraica di fronte all'ennesima violenza sia raccolta in una lezione di amore e di speranza, un messaggio di cui siamo orgogliosi e che volevamo condividere con tutta la società civile". L'auspicio di Daniel è adesso quello di incontrare l'adesione all'iniziativa del mondo politico e delle forze sociali così da poter inviare i vari messaggi raccolti da più voci e più movimenti alla vedova Sandler.

Qui Roma - Primo Levi, l'intensità del ricordo
Giunto alla sua settima e ultima sessione, si è concluso oggi nella sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri il simposio internazionale dedicato a Primo Levi a venticinque anni dalla scomparsa. L'evento era organizzato dal Master internazionale in didattica della Shoah di Roma Tre in collaborazione con l'Associazione Europa Ricerca onlus e con molti autorevoli patrocini tra le istituzioni ebraiche e nella sfera pubblica. Di grande valore e prestigio i contributi che si sono susseguiti anche nell'ultima mattinata di lavori, che ha visto protagonisti Pier Vincenzo Mengaldo, Uri Cohen, Irene Kajon e Massimo Giuliani, con moderatore Rino Caputo. Le conclusioni del simposio sono state invece affidate a David Meghnagi.
Professor Meghnagi, possiamo fare un bilancio a caldo di questa esperienza?
Direi che possiamo essere molto soddisfatti. E' stato un convegno con grandi implicazioni etiche sia per il livello dei relatori intervenuti sia per il pubblico che vi ha partecipato: tre generazioni di persone. Oltretutto si è trattato di un pubblico molto diversificato, visto che non era possibile pensare che le stesse persone fossero presenti tutti e quattro i giorni. Abbiamo voluto fare in modo che ciascun relatore approfondisse un aspetto di Primo Levi che potesse interessare una diversa categorie di persone. Oggi ad esempio, Pier Vincenzo Mengaldo ha parlato de “Il canto di Ulisse”, uno dei grandi episodi di “Se questo è un uomo”, ed erano presenti sessanta studenti del Liceo Virgilio ad ascoltarlo.
Cosa significa questo?
Significa che non è stato solo un convegno ma anche una scuola, un'occasione di approfondimento per gli studenti che vi hanno partecipato ma anche per molti dei relatori che sono a loro volta studenti universitari. C'è stato tra gli altri l'intervento di una studentessa romena della mia Università e quello che ritengo importante segnalare è stata la presenza di molti ragazzi stranieri, anche israeliani. Penso che questi scambi culturali siano un ottimo modo per conoscere le rispettive culture e, nel caso di Israele un ottimo modo per capire il Paese: tutti gli stereotipi possono essere combattuti attraverso la conoscenza.
Cosa resterà di questi quattro intensissimi giorni?
Abbiamo registrato tutto il simposio e speriamo che l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane attraverso il suo portale possa renderne disponibile l'ascolto, ma pensiamo anche alla pubblicazione di un volume.
Quali altre iniziative avete in mente?
Primo Levi è un classico e come classico merita che gli sia dedicato tutto un anno e non un solo evento. C'è stata una prima iniziativa a Milano, ora questo grande simposio che sarà seguito da un altro convegno a Torino in collaborazione con il Centro Primo Levi. Abbiamo infine in mente un concerto di musiche verdiane alla Camera dei Deputati con la partecipazione di una sessantina di ragazzi.

Lucilla Efrati - twitter @lefratimoked

Qui Milano - Le delizie del cioccolato kasher
Nella vita ci sono pochissime certezze. Ecco perché è così difficile trovare un argomento che metta tutti d’accordo. Uno di questi però è sicuramente il cioccolato. Perché anche se gli uomini potrebbero dividersi in almeno tre grandi partiti, quelli del cioccolato fondente, al latte e bianco, e se anche forse da qualche parte nel mondo può esistere qualche strano individuo a cui proprio non piace, nessuno potrà mai negare che sia una grandissima invenzione. Il dessert perfetto per una cena? Una bella torta al cioccolato. Conquistare la ragazza dei sogni? Cioccolatini. Un antidepressivo? Decisamente gelato al cioccolato.
Ecco perché la notizia che da poco il delizioso e raffinato cioccolato del piemontese Guido Gobino ha ottenuto la certificazione di kasherut da parte del rabbinato di Parigi è così importante. Ieri sera a Milano, proprio accanto all’università Bocconi, presso la libreria Egea, la presentazione dei prodotti che hanno ottenuto il riconoscimento, nell’ambito di uno dei quattro dolci incontri organizzati dalla rivista Torte con grandi maestri della pasticceria, naturalmente con una degustazione. Guido Gobino si occupa di cioccolato da sempre, e la sua omonima azienda è una delle più importanti d’Italia. “In realtà il rabbino di Torino ha accertato la kasherut della mia cioccolata già da tempo”, ha raccontato Gobino. “Anni fa una signora ebrea torinese amava così tanto i miei gianduiotti che ne portava sempre in gran quantità alla casa di riposo della comunità ebraica, ritenendoli perfetti in quanto non contenevano latte. Così Rav Somekh già allora volle verificare di persona che fossero kasher”. La certificazione ufficiale da parte del rabbino di Parigi rappresenta un ulteriore passo in avanti. Non soltanto perché sono poche le aziende che si impegnano e riescono a sottostare a controlli tanto rigidi, che per altro vanno a incrementare l’igiene delle linee di produzione e la salubrità dei prodotti stessi. Ma anche perché in questo modo è possibile puntare sul mercato kasher internazionale: la Francia, New York, e ovviamente Israele, un paese sempre più attento alla qualità.
Un’iniziativa importante non solo dal punto di vista commerciale però, ha voluto sottolineare Gobino, ma anche da quello culturale, per varie ragioni. Innanzi tutto perché il marchio di kasherut è ormai diventato sinonimo di prestigio e qualità anche al di fuori del mondo ebraico. Ne è la prova il fatto che la presentazione di ieri non fosse rivolta alla comunità ebraica e fra il pubblico pochi ne ne facessero parte. E poi perché più in generale parlare di cioccolato non è soltanto parlare di cibo, ma di qualcosa di molto più complesso. “Il cioccolato non è un alimento tout court, bensì il risultato di ricerca e tradizione”, ha spiegato Gobino. In effetti partecipare alla degustazione, anche per una profana nel campo, non è stato semplicemente assaggiare cose buone, ma come fare un viaggio con i sensi guidati da una voce esperta. Infatti, probabilmente anche per merito delle mitiche endorfine liberate nel corpo dai cioccolatini appena gustati, oppure dello squisito Barolo Chinato sorseggiato per accompagnarli, al termine di quest’esperienza ci si sentiva di ottimo umore, rilassati e sorridenti. Più o meno la sensazione che si prova dopo aver visto un bel film.

Francesca Matalon

pilpul
Dialogo tra i libri
Anna SegreA Torino le iniziative per ricordare Primo Levi a 25 anni dalla scomparsa si sono aperte lunedì scorso con la presentazione dell’edizione commentata di Se questo è un uomo a cura di Alberto Cavaglion, in una serata che ha visto gli interventi del Sindaco Piero Fassino, di Amos Luzzatto, Presidente del Centro Internazionale Primo Levi, di Mauro Bersani responsabile dei classici Einaudi e dello stesso Cavaglion, con letture di Valter Malosti; in conclusione è stato consegnato ai figli Lisa e Renzo il documento che certifica l’intitolazione a Primo Levi dell’asteroide 4545. Molti gli spunti di riflessione offerti al pubblico, dall’incontro di Primo Levi con il mondo ebraico ai suoi interessi per l’astronomia, testimoniati anche da alcuni racconti. Cavaglion offrendo alcuni assaggi del suo commento si è soffermato in particolare sull’intertestualità. Spesso chi legge Se questo è un uomo come una semplice testimonianza senza considerarne il valore letterario non si rende conto della quantità infinita delle citazioni che costellano il testo: non solo la Torah e Dante (con buona pace di Gherush 92), ma anche l’Eneide, Baudelaire, Dostoevskij (letture giovanili di Levi, autori che in alcuni casi non saranno più citati successivamente). Non si tratta solo di una ricerca erudita: l’individuazione di queste citazioni potrebbe apparire, soprattutto ai ragazzi, come una vera e propria caccia al tesoro, che potrebbe aiutarli a riflettere, tra le altre cose, sul valore della cultura, su una catena ininterrotta di libri che dialogano con altri libri. In fin dei conti l’abitudine midrashica a mescolare il prima e il dopo funziona anche per il nostro immaginario. Non solo Dante ha influenzato Primo Levi, ma Primo Levi ha influenzato il nostro modo di leggere Dante. Ho letto per la prima volta Se questo è un uomo alcuni anni prima di leggere il XXVI canto dell’Inferno, e dunque per me non è mai esistito il canto dantesco senza la lettura di Levi; i due testi sono legati inscindibilmente: censurare Dante per me significherebbe censurare Primo Levi. La lezione di Cavaglion è stata utile per ricordare che i libri che abbiamo letto costituiscono un patrimonio che nessuno ci potrà mai togliere, e anche che, proprio perché i libri dialogano tra loro, le censure sono più problematiche di quanto qualcuno creda.

Anna Segre, insegnante 


Qui Venezia - "L'orgoglio, miglior reazione"
Amos LuzzattoLa vita pubblica italiana ha assistito nelle ultime settimane a una ricomparsa di manifestazioni - in parte solo verbali, ma in parte anche violente - di razzismo e antisemitismo; ritengo che siamo in presenza tanto di atteggiamenti personali quanto di possibili organizzazioni che tengono ad aumentare la tensione e la avversione per gruppi di minoranza, come gli ebrei ma non solo, creando non solo la falsa indicazione di una ossessiva ricerca di capri espiatori per le situazioni di crisi che ci colpiscono, ma piuttosto una tensione crescente che possa costituire in un futuro più o meno vicino la cornice nella quale favorire irresponsabili azioni discriminatorie o anche solamente minacciose.
Reagire a questa situazione è necessario, opportuno, di stretta attualità o è preferibile astenersi dal fornire una cassa di risonanza a questi fenomeni? Questa domanda va rivolta al tempo stesso a ebrei e a non ebrei, ai singoli individui come alle strutture della società, alle sue istituzioni, alle sue associazioni.
L'esperienza del passato ci insegna che non si ottiene mai alcuna prevenzione astenendosi da assumere posizioni chiare. Indubbiamente anche l'inverso non è una garanzia e tuttavia bisogna ricordare che se è vero che durante la seconda guerra mondiale gli ebrei, gli zingari e altre minoranze hanno pagato un debito di sangue fuori dal comune, è anche vero che non sono stati gli unici ad essere colpiti dalla furia nazifascista.
Ne deriva ancora una volta il principio che razzismo e xenofobia sono certo una minaccia per i diretti interessati, ma non solo; una società giusta e civile non può essere che quella nella quale la maggioranza si rende garante per i diritti umani, culturali, esistenziali, delle sue minoranze.
Mentre non bisogna lasciarsi andare a reazioni esasperate va ribadita la necessità di isolare le forze eversive e razzistiche prima che possano consolidarsi e avere seguito nell'opinione pubblica. In modo particolare credo vada curata una paziente opera educativa delle nuove generazioni che spesso non sono neppure informate degli orribili fatti avvenuti in un recentissimo passato.
Lettere anonime, scritte incitanti all'odio, liste di proscrizione, azioni violente contro scolari e contro docenti devono essere un'occasione non solo per parole di biasimo e di solidarietà, ma soprattutto per iniziative culturali che facciano capire ai malintenzionati che le organizzazioni, le istituzioni educative e formative, le rappresentanze sociali e politiche, intendono fare da barriera contro qualsiasi nostalgia del passato recente.
Ai nostri fratelli delle comunità ebraiche, oggi più che mai, rivolgo un fraterno appello perché siano consapevoli che coloro che fomentano l'odio non attenderanno mai nostre prese di posizione per promuovere una campagna antisemitica e pertanto la reazione più produttiva da parte nostra può essere soltanto quella di esprimere il nostro fermo orgoglio di appartenere alla tradizione ebraica anche qui in Europa e di voler essere cittadini dei paesi dove viviamo contribuendo con i nostri valori, a voce alta, al progresso dell'intera società.

Amos Luzzatto, presidente della Comunità ebraica di Venezia


notizieflash   rassegna stampa
Israele - Il Technion fa 100 anni
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Tra i massimi centri internazionali nel campo della ricerca scientifica, l'istituto Technion di Haifa compie oggi 100 anni di vita. Un traguardo prestigioso per quella che è stata la casa di molti scienziati di fama e di non pochi premi Nobel tra cui, ultimo in ordine di tempo, il professor Daniel Shechtman cui è andato il riconoscimento dell'Accademia di Oslo nel 2011 per la sua scoperta dei quasicristalli.
"Israele può vincere la battaglia della sopravvivenza solo scommettendo sull'innovazione tecnologica", soleva dire un certo Albert Einstein, non a caso
primo presidente della Technion Society.
 
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