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29 aprile 2012- 7 Iyar 5772
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Benedetto Carucci Viterbi Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino

"Rabbi Eliezer diceva:-....Riscaldati davanti al fuoco dei Sapienti, ma fai attenzione ai loro tizzoni in modo da non brucianti." (Avot 2, 10). Avvicinarsi troppo ai Maestri può provocare scottature inaspettate.

Miriam
 Camerini, regista



miriam camerini
Ho chiesto a Emanuele Carucci Viterbi, l'attore che ho finalmente conosciuto in occasione della rappresentazione del Principe di Homburg con la regia di Cesare Lievi nel quale interpreta il ruolo del Feldmaresciallo Doerfling, se crede a uno specifico ebraico nel teatro. "Se parliamo di Heinrich von Kleist  mi ha risposto - l'autore probabilmente di ebraico non ha nulla. Eppure nella regia di Lievi c'è un doppio finale. Due possibili conclusioni che si svolgono sulla scena una accanto all'altra. La storia potrebbe esser andata a finire così, ma anche in un altro modo... Questo è tipico del Midrash, e la possibilità di far coesistere diversi punti di vista è propria del Talmud e del teatro allo stesso modo.

davar
Contando l'Omer - Il valore dei numeri
Domenica 29 Aprile, 22° giorno dell’Omer, tre settimane
e un giorno.


I numeri 49 e 50, in Waiqrà 23, istituiscono la conta dell’ Omer e stabiliscono la distanza temporale dall’uscita dall’Egitto al dono della Torà. Un rabbino matematico sopravvissuto alla Shoà, Michael Weissmandel, scoprì una stupefacente conferma del rapporto di queste cifre e la parola Torà agli inizi dei primi due e gli ultimi due libri della Torà (aprendo la strada a una ricerca oggi molto diffusa al computer, sui codici della Torà, di discussa validità scientifica; ma almeno questi casi hanno un indubbio valore). Se si parte dalla prima Taw della Torà, alla fine della parola Bereshit, e si contano le lettere, la cinquantesima è una waw, di qui altre cinquanta e compare la resh, altre cinquanta e c’è la he, per formare la parola Torà. Lo stesso avviene partendo dalla taw della parola Shemot e, alla rovescia dalla prima he che compare in Bemidbar. In Devarim il conto funziona con la prima he del verso 5, ma l’intervallo è 49, non 50. Mistero nel mistero, che qualcuno spiega così: la Torà dei primi libri deriva direttamente dall’alto, quella di Devarim è mediata, ripetuta da Moshè, un gradino più in basso. Noi in che gradino siamo?

rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
twitter @raviologist

Qui Ferrara - Cultura e dibattito alla Festa del libro ebraico
Si è aperta nel nome di Giorgio Bassani, la terza edizione della Festa del libro ebraico in Italia. A cinquant’anni dalla pubblicazione del Giardino dei Finzi Contini la Fondazione Meis ha dedicato un’importante mostra alla straordinaria fortuna del romanzo che segnò uno spartiacque nella letteratura italiana. Intitolata “Che bel romanzo” (le parole con cui il protagonista del libro conclude la narrazione), l’esposizione è stata inaugurata, alla presenza fra gli altri di Enrico Franceschini, da Raffaella Mortara, consigliere della Fondazione Meis, che ha curato l’iniziativa realizzata in collaborazione con la Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, l’Istituto di storia contemporanea di Ferrara e Rai Teche con il patrocinio della Fondazione Corriere della sera.
Nelle belle sale al primo piano del Meis, per l’occasione affollatissime, si susseguono immagini e articoli tratte da quotidiani, periodici e riviste che nel 1962 scandirono il successo del Giardino dei Finzi Contini. Gli appassionati non mancheranno di apprezzare le belle foto di scena messe a disposizione da Lino Capolicchio, presente all’inaugurazione, che nel film di De Sica impersonò il protagonista. E per un tuffo nel mondo di Bassani, ecco il suo studio con la macchina da scrivere e i volumi di cui amava circondarsi, messo a disposizione dalla figlia Paola Bassani che presiede la Fondazione intitolata allo scrittore.
Sempre a Bassani è stato dedicato il giardino interno al Meis, che sarà utilizzato per incontri, concerti e presentazioni e dove è stato assegnato in mattinata il premio di cultura ebraica Pardes. Il riconoscimento, quest’anno alla prima edizione, è andato alla scrittrice Lia Levi e al filosofo Maurice Rouben Hayoun.
Anche attraverso queste iniziative la Festa del libro ebraico in Italia si pone ormai come un riferimento irrinunciabile, è stato sottolineato ieri sera all’inaugurazione della manifestazione cui hanno preso parte Stefano Calderoni, assessore della Provincia di Ferrara; Gian Piero Pollini, direttore dell’Istituto universitario di studi superiori di Ferrara; il sindaco Tiziano Tagliani; il presidente della Fondazione Meis Riccardo Calimani; il presidente UCEI Renzo Gattegna e il rabbino capo di Ferrara Luciano Caro (da sinistra nella foto).
“Tre anni fa quando lanciammo la prima edizione della Festa – ha ricordato Calimani – in molti erano perplessi: sembrava un azzardo che però in brevissimo tempo ha coinvolto in modo attivo la città, le istituzioni e il pubblico”. “Il successo della Festa del libro ebraico – ha sottolineato Renzo Gattegna – ci consente di misurare i progressi del Meis-Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah. Solo quattro anni fa eravamo per gli altri degli sconosciuti. Tramite quest’iniziativa, che a Ferrara ha trovato un ambiente e delle istituzioni accoglienti e attente, siamo riusciti a incontrare molti nuovi amici”. E dopo l’inaugurazione ufficiale, l’attesa apertura della libreria al Chiostro di San Paolo per un tuffo tra migliaia di titoli dedicati alla cultura ebraica accompagnato dal jazz di Tom Kirkpatrick.
La Festa prosegue nel pomeriggio con un incontro sulle questioni ebraiche cui partecipano Stefano Jesurum (Corriere della sera), Enrico Mentana (La 7), Sergio Romano (editorialista Corriere della sera) e Guido Vitale, coordinatore dei Dipartimenti informazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. A seguire l’inaugurazione della mostra Elia Rossi Bey (1816-1891) israelita ferrarese, medico al Cairo al tempo del colera; un incontro, realizzato con la collaborazione della Fondazione Giorgio Bassani, dedicato ai cinquant’anni del Giardino dei Finzi Contini e la presentazione del libro di Anna Vera Sullam Undici stelle risplendenti.

Daniela Gross -
twitter @dgrossmoked

Incontro "Questioni ebraiche: alcune riflessioni" - A partire dalle 15.30 diretta sulla finestra live di moked.it e su twitter @paginebraiche. Intervengono Enrico Mentana, Stefano Jesurum, Sergio Romano, Guido Vitale.


Moked 5772 - A Moria Maknouz il premio Cultura ebraica
Il Moked 5772, che riprende il tradizionale appuntamento primaverile organizzato dal dipartimento Educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, apre i battenti solo nel pomeriggio, ma ha già offerto a coloro che hanno scelto di arrivare a Milano Marittima venerdì due giorni all’insegna dell’approfondimento e della buona compagnia. Tazriah, la Parashah dello Shabbat, vissuto in un’atmosfera calorosa e familiare, ha garantito l’occasione per discutere alcuni dei temi più delicati legati al ruolo della donna nel mondo ebraico, filo conduttore dell’intero appuntamento: dalle questioni di bioetica, e in particolare l’inseminazione artificiale e l’utero in affitto, al tema del divieto di ascoltare il canto delle voci femminili. Protagonisti delle riflessioni prima di tutto i rabbanìm, il direttore del Dec rav Roberto Della Rocca e il rabbino capo di Torino rav Eliahu Birnbaum.
Il Moked è anche un’occasione per premiare chi alla diffusione della cultura ebraica in Italia ha dato un importante contributo. Due anni fa a essere scelto fu Moise Levy autore di un’importante opera di traduzione in italiano di vari libri fondamentali per gli studi ebraici, a partire dalla Torah stessa. Quest’anno si è scelto di assegnare il Premio Cultura Ebraica a Moria Maknouz, insegnante dell’asilo della Scuola della Comunità di Milano e animatrice del progetto Revivim, che offre una gamma di corsi di ebraismo a 360 gradi.
“Sono sorpresa e onorata di ricevere questo riconoscimento - spiega Moria - Ci tengo a sottolineare che Revivim è nato e funziona grazie alla collaborazione di tanti, che voglio ringraziare. La più grande soddisfazione però è vedere tante persone di diverso background che studiano e approfondiscono il significato di identità ebraica”. E proprio una delle offerte di punta di Revivim, il metodo di Torah La’am, che permette a tutti un approccio personale allo studio della Torah senza particolari prerequisiti, è stato protagonista della mattinata del Moked con un intervento del suo inventore, il dottor Raphael Zarum, venuto appositamente da Londra. A seguire una lezione su “I sacrifici della donna” di due docenti italiani di Torah La’am, Alfonso Sassun e Daniele Cohenca. La partecipazione sarà pure ridotta rispetto agli anni scorsi in termini quantitativi, ma non di certo in termini qualitativi.


pilpul
Davar Acher - La realtà di Israele
Ugo VolliMi è capitato di venire in Israele la settimana appena conclusa, quella che comprendeva Iom Hazicharon, dedicata al ricordo dei caduti delle guerre sostenute da Israele e del terrorismo, e subito dopo Iom Haatzmaut, la festa dell'indipendenza. Non voglio raccontare qui le mie emozioni personali, che sono facilmente immaginabili, perché condivise da quasi ogni ebreo italiano che abbia fatto un'esperienza analoga: commozione, tristezza, entusiasmo, gioia. Mi sembra più significativo cercare di riflettere su due impressioni forti che ho ricevuto dai comportamenti che vedevo e dai discorsi delle persone con cui ho parlato. La prima è la partecipazione e la solidarietà. Le feste nazionali nella maggior parte dei paesi europei e anche in Italia sono state abolite da tempo, come il nostro 4 novembre, o sono rimaste quasi solo occasione di vacanza, senza partecipazione collettiva, se non eventualmente di parte. Hanno perso cioè, salvo forse il 25 aprile, la funzione mobilitante e memoriale che è caratteristica della festa, quel ruolo di “monumenti del tempo” che la rivoluzione francese reinventò a partire dalla tradizione religiosa. In Israele non è così. Nonostante tutti i discorsi che si fanno e sono certamente ben fondati, sulla frammentazione della società israeliana in settori che si parlano poco e nonostante l'allontanamento dalla militanza sionista delle origini perseguito sistematicamente da intellettuali e governi di sinistra negli ultimi decenni sui media, nella politica e nella scuola, l'impressione della partecipazione collettiva, dell'esistenza di un soggetto comune, ci una passione patriottica largamente condivisa, è assolutamente dominante. Le bandiere nazionali su macchine e edifici, il silenzio e l'immobilità in risposta all'appello della sirena che chiama due volte per Iom Hazicharon alla meditazione, la partecipazione larghissima e piena di allegria alla festa dell'indipendenza: tutto parla di un paese che non dimentica affatto la sua identità e anzi vi partecipa appassionatamente. Questa impressione coincide con i dati dei sondaggi: il quotidiano più diffuso del paese “Israel Haiom” ne ha pubblicato l'altro giorno uno da cui si deduce che il 93% dei cittadini sono fieri di essere israeliani l'80 per cento non vivrebbe altrove, il 73 per cento pensa che Israele sia il paese dove si vive meglio.
Si può partire di qui per cogliere l'altro aspetto che mi ha molto colpito. Nonostante tutte le minacce che ci preoccupano e di cui parliamo spesso, Israele appare al visitatore come un paese molto sereno, per nulla teso. Ormai sono veramente rari i locali pubblici protetti da una vigilanza serrata con scanner e perquisizioni, che erano diffusi dappertutto fino a qualche tempo fa. Anche entrando in qualche villaggio oltre la linea verde o percorrendo le strade di Giudea e Samaria, i check point sono piuttosto rilassati e l'atmosfera che si respira è di sicurezza. Il paese non appare concentrato sulla propria autodifesa, ma sullo sviluppo economico scientifico e culturale; l'economia non risente della crisi mondiale, i musei nuovi o rinnovati abbondano e sono molto frequentati, il clima è sereno e rilassato. Sono rari i posti nel mondo che danno oggi questa impressione. Ci si interroga naturalmente sulle ragioni di questa situazione, e le risposte possono essere molte (investimenti di lungo periodo sull'istruzione e l'economia, scelte di liberalizzazione, sviluppo tecnologico, soluzioni efficaci di sicurezza come la barriera, un governo che nonostante tutte le diffamazioni è il migliore da decenni a questa parte).
Ma è più interessante forse chiedersi perché ci sorprendiamo. I fatti che ho descritto non sono nuovi, fanno parte di un'ondata che dura da parecchi anni, diciamo dalla sconfitta dell'ondata terrorista voluta da Arafat sotto il nome di seconda intifada. In realtà siamo tutti, anche chi sostiene Israele, accecati da una copertura giornalistica assolutamente scorretta, che cerca ogni pretesto per dipingere Israele per quel che non è, non solo un paese “occupante” o “di apartheid”, la cui democrazia sarebbe “in pericolo”, ma anche un luogo teso e rischioso. Chi si preoccupa di Israele e lo difende, rifiuta naturalmente le accuse più palesemente ideologiche e diffamatorie, ma spesso non riesce a evitare il condizionamento di rappresentazioni che ingigantiscono ogni incidente anche minimo e per esempio corre dietro a pseudoeventi creati appositamente per fini propagandistici, come la “flottiglia” dell'anno scorso, le manifestazioni sporadicamente organizzate dalle organizzazioni palestinesi e dai governi arabi degli ultimi mesi, con pochissima partecipazione, e le fly-tiglie, che hanno coinvolto poche decine di persone, sono state gestite facilmente dalla sicurezza e non hanno inciso minimamente sulla vita del paese. Certo, se il progetto di una villetta in un paese della Giudea viene descritto con toni assai più accesi delle decine di vittime civili prodotte in Siria ogni giorno, è difficile sottrarsi all'illusione di una guerra in atto. E però quest'impressione è falsa, gli appelli a rompere la quiete per la “resistenza popolare” sono sistematicamente caduti nel vuoto. Anche la popolazione araba preferisce lo status quo ed è contenta del suo progresso economico. Questo non significa ovviamente che il terrorismo sia finito per sempre (nuovi tentativi vengono sventati quotidianamente) né tanto meno che il pericolo iraniano sia scomparso. Ma l'Israele che si può vedere oggi è tutt'altra cosa da quel che raccontano i giornali italiani. E giustamente chi li legge qui si indigna.

Ugo Volli - twitter @UgoVolli

notizieflash   rassegna stampa
Israele - Nuovo sito web
per l'ambasciata italiana

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L'ambasciata italiana a Tel Aviv ha annunciato l'attivazione del portale www.itembassy.com/telaviv,un sito web interattivo per la promozione delle attività industriali-scientifiche tra Italia e Israele che, affiancandosi a quello istituzionale, si pone come obiettivo una migliore diffusione al pubblico italiano e israeliano di tutte le attività in programma. Un servizio per i cittadini che allo stesso tempo permette all'ambasciata di registrare i dati delle persone interessate e conservarli per inviti a future attività. 
 
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