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18 maggio 2012 - 26 Iyar 5772
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Scialom Bahbout, rabbino capo
di Napoli


Quale occasione migliore per inaugurare un nuovo Sefer Torah se non Yom HaTorah? Quale momento migliore per portare genitori e figli a studiare assieme la Torah come sarà fatto a Napoli e in altre Comunità?

Laura
Quercioli Mincer,
 slavista



laura quercioli mincer
Con una splendida iniziativa e un superbo sforzo organizzativo il dipartimento Educazione e cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, con la collaborazione di numerose Comunità, propone la prossima domenica la prima “Giornata della Torah” in Italia, sul tema intrigante di “ammonisci il tuo prossimo”. Peccato solo che, su 13 città coinvolte, l’unica donna che figuri sia una addetta a ricevere le prenotazioni per il pranzo, e che anche lo studio collettivo sia, almeno a Roma, previsto per “padri e figli”. Ma non eravamo noi donne, o almeno così si dice, le maestre dell’arte sublime di impicciarsi dei fatti altrui?

davar
Contando l'Omer - Dal negativo al positivo
Venerdi 18 Maggio, 41° giorno dell’Omer, 5 settimane
e sei giorni

Appuntamento fisso quello di domani, con la lettura del terribile brano della parashà di Bechuqqotai (Waiqrà 26) che presenta la lista delle punizioni (eufemisticamente chiamate “ammonizioni”) che colpiranno Israele in caso di disobbedienza. In parallelo con il brano simile ma più lungo di Ki Tavò (Devarim 28) che va letto prima del Capodanno, quello di domani va letto prima che arrivi Shavuot. La tradizione riferisce che nel brano vi sono 49 punizioni e anche se è difficile ricostruire questo numero nel testo, è evidente che l’intero brano, oltre alla sua durezza di sostanza, ha una struttura formale rigorosa basata su alcuni numeri, di cui il sette è il principale. Le punizioni, è detto più volte, saranno “sette per le vostre colpe” (vv. 18, 24, 26). Alcune “parole chiave” del brano tornano sette volte: “weim / e se…”, “qeri / impurita, casualità”, “cherev / la spada”, “beritì / il mio patto”, i derivati della radice “sh b t / cessare, anno sabatico” e della radice “ ’ kh l /divorare”. L’accostamento con i 49 (7x7) giorni dell’Omer non è affatto casuale. È un rovesciamento, dal negativo al positivo. Come a Capodanno, si dice “che finisca l’anno con le sue maledizioni, si rinnovi l’anno con le sue benedizioni”.


rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma - twitter @raviologist

Qui Roma - La Capitale abbraccia Gilad
“Vi ringrazio di cuore per tutto quello che avete fatto per ottenere la mia liberazione”. È emozionato Gilad Shalit, e con lui tutta la folla, quando arriva il momento di intervenire di fronte alle molte migliaia di persone ritrovatesi ieri sera in Campidoglio per rendergli omaggio e per salutare con un boato il conferimento della cittadinanza onoraria della Capitale a un ragazzo barbaramente strappato alla vita per quasi cinque anni e mezzo e che in molti in questo angosciante lasso di tempo hanno imparato ad amare e rispettare. Gilad Shalit, “un simbolo di speranza e fermezza contro i barbari, l'odio e il fondamentalismo”, come dice il sindaco Gianni Alemanno, orgoglioso e commosso padrone di casa e tra i principali artefici della visita capitolina di Gilad ma soprattutto della campagna di sensibilizzazione internazionale che ha permesso di non spegnere mai i riflettori del mondo sulla sua sorte. Ci si ritrova nel cuore di Roma a distanza di sette mesi dalla manifestazione organizzata nella medesima piazza per gioire del suo rilascio. 213 palloncini librano nel cielo, 213 come i giorni trascorsi da allora quando, in ossequio al principio talmudico secondo cui “chi salva una vita salva il mondo intero”, Israele aveva liberato oltre un migliaio di detenuti, molti dei quali colpevoli di omicidio e terrorismo, in cambio di un suo giovane soldato mai abbandonato al proprio destino. Ed è proprio a chi vive nel terrore di una prigionia che va contro ogni principio elementare del diritto internazionale che è andato il pensiero di Gilad. “In questa occasione di festa – ha detto – voglio ricordare tutti gli altri ostaggi imprigionati contro la propria volontà. Spero tornino presto a casa”. Applausi, cori, canzoni hanno fatto da sfondo all'intera serata. Tanti striscioni in piazza tra cui quello congiunto dei movimenti Hashomer Hatzair e Bene Akiva e quello dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia con su scritto “Benvenuto Fratello”. Dal Portico d'Ottavia, cuore del quartiere ebraico, la gente inizia a muoversi in direzione Campidoglio alle prime avvisaglie di tramonto. L'attesa è fortissima, palpabile. Alle 20.45, orario di inizio della cerimonia, le persone continuano ad affluire da più direzioni. I bambini della scuola Polacco fanno intanto le ultime prove di canto, mentre nell'aria il nome di Gilad risuona più volte fino a quando, dall'entrata laterale della piazza, Shalit fa il suo ingresso accompagnato dai genitori Noam e Aviva, presenza fissa al suo fianco, e dalle numerose autorità che interverranno sul palco. Gilad saluta timidamente, quasi imbarazzato dall'euforia straripante che lo circonda.
La stessa euforia che ritroverà questa mattina nel cortile della scuola ebraica per una cerimonia indimenticabile per tutti gli alunni dell'istituto che lo accoglieranno con “Baruch Abbà”, benvenuto. Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, si esprime invece tra le lacrime: “Grazie Gilad per aver resistito”. E poi, dopo aver ringraziato tutte le istituzioni coinvolte, aggiunge che “oggi non è comunque possibile gioire completamente” dal momento che ci sono altri nel mondo “che soffrono pene terribili e ingiuste”. I cristiani sterminati in Nigeria ad esempio, per i quali sono state recentemente spente le luci del Colosseo come avvenne due anni fa per Shalit in occasione del quarto anniversario di detenzione. O ancora i due Marò italiani imprigionati in India. “I nostri soldati devono tornare in libertà” tuona Pacifici. Un breve filmato che ricostruisce l'impegno di Roma e degli ebrei italiani per Shalit apre la serie di interventi ufficiali. “Questa sera ci sembra tutto un sogno ed invece è una meravigliosa realtà” dice il rabbino capo rav Riccardo Di Segni con accanto Fiamma Nirenstein, giornalista e vice presidente della Commissioni affari esteri della Camera, che annuisce. Ed è ancora di sogni che parla Naor Gilon, ambasciatore di Israele in Italia, che augura a Shalit “di realizzare tutti quelli che ha nel cuore e nella testa”. “La cultura della vita ha vinto contro l'ideologia della morte” chiosa il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che evidenzia come tutti i protagonisti di questa vicenda abbiamo dimostrato una statura umana “grandiosa”. In rappresentanza di Provincia di Roma e Regione Lazio intervengono anche Antonio Rosati e Fabio Armeni. Tutti elogiano la fermezza, l'intelligenza calma di Gilad dalla cui bocca mai sono uscite espressioni di odio verso i suoi aguzzini. “Gilad cittadino di Roma, cittadino del mondo, ti vogliamo bene” dice Alemanno consegnandogli la cittadinanza onoraria. L'esecuzione degli inni di Italia e di Israele chiude una serata magica.

Adam Smulevich, twitter - @asmulevichmoked
Lucilla Efrati - twitter @lefratimoked

Yom HaTorah - "Un giorno per studiare ogni giorno"
“Dedicare una giornata allo studio della Torah può trasmettere un messaggio positivo, ma anche destare delle perplessità dal punto di vista ebraico”. Rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’UCEI, che si occupa dell’organizzazione dello Yom HaTorah (prima edizione dedicata a Rav Elia Samuele Artom, nella foto), spiega quale deve essere dal suo punto di vista lo spunto che un appuntamento del genere deve lanciare. Di seguito le sue considerazioni e quelle del Consigliere Ucei Settimio Pavoncello che ha organizzato l'avvenimento.

Yom HaTorah - "Una giornata di studio non è sufficiente"  


Rav Della Rocca, lei dice che l’idea di uno Yom HaTorah potrebbe suscitare delle perplessità. Perché?
Dalla festività di Shavuot impariamo che lo studio della Torah non deve essere circoscritto in un tempo preciso. Shavuot infatti è l’unica festa per cui la Torah non specifica la data: sappiamo che si tratta del 6 di Sivan solo perché cade 49 giorni dopo l’inizio di Pesach. Parimenti per Shavuot non esiste una mitzvah specifica, perché lo studio della Torah non è circoscrivibile nemmeno in uno spazio preciso. Uno degli elementi distintivi dell’ebraismo è proprio l’obbligo di studiare Torah costantemente per tutti, e non solo per un’élite di intellettuali. Per questo esiste anche una berakhah specifica. Dunque sarebbe un errore pensare che l’istituzione di Yom HaTorah significhi far passare l’idea che un’unica giornata di studio sia sufficiente.
Si può spiegare in poche parole cosa significa studiare Torah nella vita del popolo ebraico?
Lo studio della Torah riassume in sé quella tensione continua che esiste tra l’antico e il nuovo, tra ripetizione e innovazione, tra tradizione e ricerca. Nella Torah, come nel mondo cui essa fa riferimento, c’è continuità, ma anche rinnovamento. Studiarla significa trovare nell’antico, o meglio, nel perenne, ciò che è assolutamente nuovo. I valori cambiano, ma senza perdersi perché il loro cambiamento è retto dal principio dell’elevarsi. Ma attenzione: il Talmud ci racconta che un giorno il nipote del grande Rabbì Jshmael andò dallo zio chiedendogli se avrebbe potuto studiare filosofia greca visto che aveva imparato tutta la Torah. Rabbì Jshmael gli rispose con un versetto del Libro di Giosuè ‘La Torah non lasci mai le tue labbra e mediterai in essa giorno e notte’ suggerendogli di trovare un tempo che non fosse né giorno né notte per la filosofia greca. Questa risposta potrebbe portarci a dedurre che non esiste un tempo per la filosofia greca, così come non esiste un’ora che non sia giorno, né notte, ma io non penso che questa sia la conclusione appropriata. Non c’è una censura della cultura greca, ma una forte indicazione di come un ebreo legge il mondo con gli occhi della Torah non relegabile negli scorci del tempo. Rabbì Jshmael voleva esortare il nipote a non considerare lo studio della Torah mai concluso. Che è una lezione che dobbiamo tenere a mente anche noi. Per conservare il domani non ci basterà aver studiato ieri.
Cosa si aspetta allora dallo Yom HaTorah?
Ci tengo a sottolineare che l’UCEI negli ultimi anni ha investito tanto sull’organizzazione della Giornata della Cultura ebraica e del Giorno della Memoria, due appuntamenti molto apprezzati e caratterizzati da una forte esposizione verso la società civile. Penso che dedicare le energie a un appuntamento che si rivolga invece agli iscritti delle nostre Comunità sia un segnale importante. Con tanti vantaggi: il fatto di stimolare lo studio presso persone che non ne conoscono l’obbligo né il piacere, la possibilità di fare attività in piccole Comunità, che hanno aderito con grande entusiasmo, e anche il fatto di studiare tutti lo stesso argomento, un elemento di grande unità.
A proposito dell’argomento, perché la scelta dell’ammonimento come tema di questa prima edizione?
Nella parashah di Kedoshim (Levitico 17:19) è scritto “Ammonisci il tuo compagno”. Questa esortazione deve combinata con la proibizione di mettere in imbarazzo il prossimo. Per insegnarci che, piuttosto che odiare chi non studia e non osserva, dobbiamo sforzarci di ammonire con saggezza. Dunque a quali condizioni è lecito ammonire il compagno che sbaglia? E chi può farlo? Ricordando sempre che l’accettazione degli ammonimenti è fondamentale per imparare, e viceversa non accettarli è sintomo di presunzione. Uno dei tanti esempi del valore socio-educativo della Torah.

Rossella Tercatin - twitter @rtercatinmoked


Yom HaTorah - "Un giorno che serve a crescere"

Un racconto chassidico narra di un ragazzo che correva disperato urlando: ho la risposta, ho la risposta, ho la risposta! Tutti gli si avvicinarono chiedendogli quale fosse il problema. La risposta fu: " Non ho la domanda"! Siamo soliti credere che tutto è stato già detto e pensato, che la vita sia un viaggio già definito, confortati da alcune certezze che ci fanno compagnia e ci illudono di darci forza. Ma una domanda rimette tutto in discussione e, come sappiamo, ci vuole coraggio per cambiare. Avere una domanda vuol dire essere possessori di un tesoro incredibile. Vuol dire sentire un terribile bisogno di andare oltre le apparenze per cercare la verità e vivere una vita più vicina possibile alla fonte divina.
I nostri Maestri conoscono l'importanza di porsi domande. Infatti il Seder di Pesach, momento centrale nel ciclo ebraico della vita, è basato su domande. Sono i bambini a dare il via alla serata formulando domande attraverso il famoso "Ma Nishtana", che differenza c'è tra questa sera dalle altre sere? I Saggi arrivano a dire che anche se uno fosse solo, dovrebbe porre ugualmente domande a se stesso e cercare le risposte.
Lo studio della Torah è da sempre il mezzo che il popolo ebraico ha a disposizione  per scoprire i veri tesori del progetto divino. Il Talmud è l'esempio di cosa significhi porsi  domande e cercare risposte continuamente. In questo spirito è stato scelto "l'ammonimento" come argomento di questa edizione di Yom ha Torah. Ammonire e essere ammoniti sono azioni che scatenano immediatamente interrogativi. Chi sono io? Che senso hanno le mie azioni? Sono così integro da potermi permettere di richiamare gli altri?
E nel caso fossimo ammoniti, quante domande ? Dove ho sbagliato? Perché non viene capito il mio modo di fare? Che posso fare per dare una percezione diversa di me stesso?
Un figlio può ammonire un genitore o un  alunno il proprio maestro che sbaglia, anche se sono loro che ti hanno insegnato tutto?
In questo Yom HaTorah abbiamo tutti una grande occasione, quella di poter trasmettere ai nostri figli,  studiando insieme, che non c'è niente di piu ebraico dela ricerca della verità. E la gioia più grande potrebbe essere proprio che dopo una serie di domande e risposte i nostri figli trovino il coraggio di ammonirci.
La nostra generazione deve fare di tutto affinché il ragazzo del racconto trovi la sua personale domanda. La nostra speranza è che il grande entusiasmo che si è creato intorno alla giornata dello Yom HaTorah sia un buon veicolo per cercare di essere migliori giorno dopo giorno.

Settimio Pavoncello, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane


Qui  Napoli - La gioia di un nuovo Sèfer Torah

Quale occasione migliore per inaugurare un nuovo Sefer Torah se non Yom HaTorah? Quale momento migliore per portare genitori e figli a studiare assieme la Torah come verrà fatto a Napoli e in altre Comunità?
La scrittura del testo non è un mero strumento per comunicare: l’uomo che scrive il testo e che lo legge riversa tutto se stesso nella sua scrittura e trasforma una pergamena morta in qualcosa di vivo e “l’inchiostro si trasforma in fuoco nero e la pergamena in fuoco bianco”. Gli oggetti non hanno una sacralità in sé, ma la acquistano solo in quanto l’uomo gliela trasmette: le parole del Sèfer Torah interiore fluiscono dal mondo interiore - dal cuore dell’uomo - attraverso la sua mano, verso l’esterno - la pergamena - che le accoglie.
Secondo i Maestri, scopo della vita dell’uomo è quello di trasformarsi in un Sèfer vivente. Quando la pelle interiore dell’uomo viene lavorata, la sua personalità viene trasformata in pergamene sulle quali è possibile scrivere il Sèfer interiore, la cui santità si espande e irradia verso l’esterno, rendendo sacro tutto ciò che viene a contatto con l’uomo. Così come la pergamena deve essere accuratamente preparata per accogliere le lettere, allo stesso modo non si può insegnare la Torah a un bambino se non si è preparato in maniera adeguata il suo animo e il suo carattere. Secondo Maimonide, queste categorie possono essere applicate all’uomo in generale, con le sue caratteristiche psicofisiche  e spirituali.
L’inaugurazione del Sèfer Torah è preceduta da una cerimonia che inizierà con un corteo che partirà da Piazza dei Martiri per raggiungere la Sinagoga: ballare, cantare e gioire con la Torah, con l'intenzione di studiarla, applicarla e non di raggirarla, è questo uno dei segreti della sopravvivenza ebraica.

Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli

Qui Venezia - Ammonizione, consigli per l'uso

Domenica mattina nei locali della Comunità ebraica di Venezia, in occasione di Yom HaTorah, si svolgerà una lezione del rabbino capo, Rav Gili Benyamin dedicata alla mitzvah della Tochachà, rimprovero. Se è vero che ogni ebreo è responsabile per un altro, quando è possibile ammonire un proprio correligionario che si comporta male per aiutarlo a redimersi? Esistono delle condizioni in cui è sconsigliato farlo, ad esempio, se si sa già in partenza che non è possibile che la persona cambi idea? Tutti possono ammonire qualcuno o solo chi ricopre un ruolo di spessore morale come il rabbino?
Due intense ore di lezione, dalle 10 alle 12 in cui Rav Benyamin esplorerà questa spinosa tematica a partire dai testi per poi calare la teoria nella vita di tutti giorni arricchendo la discussione con esempi e Midrashim.

Michael Calimani

Tutte le informazioni e gli aggiornamenti su: www.yomhatorah.it

Qui Roma - 150 anni, un'identità in bilico
Un'identità in bilico, un intricato cammino di sofferenza, affrancamento e partecipazione. Pubblico delle grandi occasioni ieri sera al Centro Bibliografico dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per la presentazione del nuovo volume della Rassegna Mensile di Israel interamente dedicato ai 150 anni dell'Unità d'Italia. Introdotti dal presidente UCEI Renzo Gattegna e moderati dal vicepresidente Anselmo Calò, i tre relatori d'eccezione chiamati a dibattere su 'l’ebraismo italiano tra liberalismo, fascismo e democrazia' – Giovanni Maria Flick, Daniele Garrone e Massimo Teodori – hanno guidato il pubblico lungo un itinerario ricco di stimoli e suggestioni. Moltissimi i temi, straordinarie e di assoluta centralità le personalità toccate in questo viaggio, ultimo appuntamento del ciclo di incontri 'Quale identità ebraica? Generazioni a confronto', che partiva dal Risorgimento per arrivare ai giorni nostri focalizzandosi sulle varie tappe di un secolo e mezzo di vita nazionale declinato 'all'ebraica'. Emozione in sala quando a prendere la parola è stato un discendente di Isacco Artom, segretario di Cavour e grande protagonista dell'epopea risorgimentale, che ha parlato del tesoro di Memoria custodito dalla sua famiglia: un significativo archivio cartaceo che testimonia con nuovi e inediti documenti il ruolo svolto dall'illustre avo nelle vicende politiche del tempo e nel processo di unificazione. Ad intervenire tra gli altri anche il direttore della Rassegna Mensile di Israel Giacomo Saban e il curatore dell'opera Mario Toscano. A quest'ultimo il compito di illustrare il senso di un'iniziativa editoriale che raccoglie numerosi, densi e autorevoli contributi dalla comunità degli storici e dal rabbinato italiano. “La scelta di partire dalla storia interna al mondo ebraico e dalla sua autoimmagine di privilegiare, nel triangolo formato dallo Stato, dalla società e dalla minoranza religiosa, l'ottica di quest'ultima – ha spiegato Toscano citando un passo della sua introduzione – non rappresenta la conseguenza di un'impostazione riduttiva, minimalistica, 'ebreocentrica'. E tantomento il tentativo di giustificare l'acquisizione dei diritti di cittadinanza attraverso l'esibizione del contributo fornito dagli ebrei allo sviluppo del paese”. Per il professore, sono infatti le forme e i contenuti “che hanno modellato nel tempo questa condizione di cittadini portatori di una identità particolare a costituire i temi storicamente meritevoli di studio e interpretazione”.


pilpul
Un mondo in piccolo
Anna SegreQuando si entra nel Salone del Libro si ha la sensazione di entrare in un’altra dimensione, un mondo a parte con i suoi ritmi e le sue regole. Un mondo che sembra per certi versi riprodurre in piccolo quello di fuori, non solo perché si incontrano conoscenti e amici da tutta Italia e arrivano scrittori da ogni continente, ma soprattutto perché del mondo di fuori sembra riprodurre i meccanismi: ciascuno va per la propria strada seguendo i propri interessi, cerca un editore, ascolta una presentazione o un dibattito, si mette in coda per un biglietto di accesso alla sala in cui parlerà qualche personaggio famoso, poi affronta un’altra coda per un pezzo di pizza o un caffè. Qualcuno si insegue, qualcuno si incontra, i più si ignorano. Ognuno cerca gli scrittori, gli editori e i dibattiti coerenti con i propri interessi e le proprie opinioni. Ce n’è per tutti e raramente si rischia di avere davvero a che fare con qualcuno con cui non si è d’accordo. C’è chi critica il governo mentre poco lontano da lì parla qualche ministro. In una sala qualcuno sparla di qualcun altro che magari nello stesso momento in un altro punto del salone sta sparlando di lui. Ci sono stand per tutti i gusti e tutte le tendenze, tra cui naturalmente non mancano quello filoisraeliano e quello filopalestinese. Ognuno va a sentire i discorsi coerenti con le proprie idee e si rafforza nelle proprie convinzioni. Raramente mi è capitato di sentire nel Salone discussioni davvero accese. Gli ebrei, come sempre, sono una minoranza esigua ma visibile e si fanno notare con uno strano stand che in realtà non è uno stand ma un muro imponente di copie di Pagine ebraiche che piano piano con il trascorrere dei giorni si abbassa fino a diventare un muretto. I visitatori ebrei si trovano a dover scegliere tra un evento legato alla cultura ebraica o a Israele e il proprio scrittore preferito, oppure fanno le corse per non perdere né l’uno né l’altro: i soliti problemi di identità e appartenenza? Doppia lealtà? Una volta tanto, però, non si comportano diversamente da tutti gli altri visitatori che passano magari da un dibattito sulla mafia agli assaggi di cioccolato e poi alla fantascienza. Un mosaico di identità composite che almeno nella reciproca indifferenza si lasciano vicendevolmente in pace. Se il mondo esterno fosse davvero così sarebbe già tutto sommato un passo avanti.

Anna Segre, insegnante

notizieflash   rassegna stampa
Londra 2012 - Israele: "Inaccettabile
il rifiuto di ricordare le vittime"
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Israele definisce "inaccettabile" il rifiuto da parte del comitato olimpico internazionale di accettare la richiesta del governo di Gerusalemme un minuto di silenzio alla cerimonia d'apertura delle Olimpiadi di Londra per gli atleti israeliani assassinati dai terroristi a Monaco nel 1972. "Questa risposta è inaccettabile perché rifiuta i principi centrali della fraternità globale su cui le Olimpiadi dovrebbero fondarsi", ha dichiarato il vice presidente degli Esteri Danny Ayalon.
 
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