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20 maggio 2012- 28 Iyar 5772 |
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Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino
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Yom
HaTorah comincia con un'esperienza speciale: genitori e figli studiano
insieme, insieme sono sui banchi di scuola. Non possiamo farlo senza
pensare a ciò che è accaduto ieri: coloro che si recano a scuola - a
Brindisi, a Tolosa ed ovunque - devono essere intoccabili. Se salta
questo imperativo, è in questione il senso stesso della società.
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Miriam
Camerini, regista
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Oggi è una
giornata particolare: per una volta voglio parlare di uno spettacolo
che non ho ancora visto. Lo spettacolo si svolge nelle nostre comunità
d'Italia, mobilitate alacremente per organizzare una giornata
interamente dedicata allo studio della Torah. Sul palco immaginario,
una volta tanto, non ci sono soltanto Rabbini, anzi magari non ci sono
affatto, perché da buoni registi hanno svolto tutto il loro lavoro
prima, a teatro vuoto e fari spenti. Hanno preparato i loro
protagonisti-studenti talmente bene che questi sono ora in grado di
studiare e insegnare in prima persona. La partecipazione è grande e non
frontale, tutti si sentono coinvolti e responsabili e la riflessione
sui testi, il loro studio, non sono delegati a nessuno, per essere
compito di tutti. Lo spettacolo che vorrei vedere oggi è iniziato da
mesi, con decine e decine di persone - uomini e donne - delle nostre
comunità che sono state chiamate a scegliere un argomento che sta loro
a cuore, o che le tiene sveglie la notte, per condividerlo, insegnarlo
e discuterlo nelle loro comunità. Ogni ora un nuovo protagonista sale
sul palco e porta con sé la sua unicità, il suo punto di vista, i suoi
valori e il suo approccio allo studio. Gli argomenti sono molti e si
può parlare di tutto, affinché questa giornata illumini il nostro
cammino verso una vita ebraica più consapevole e gioiosa. Sipario.
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Contando l'Omer - Un matrimonio simbolico
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Domenica 20 Maggio, 43° giorno dell’Omer, 6 settimane e un giorno.
Ancora con l’amaro in bocca per la lettura di ieri del lungo capitolo delle “ammonizioni”, che insistono sul numero sette,
ci prepariamo in quest’ultima settimana dell’Omer alla festa di
Shavuot. Nella tradizione questa festa è considerata come una sorta di
matrimonio simbolico tra Israele e la Torah e i diversi simboli della
rivelazione sul Sinai sono confrontati con una cerimonia nuziale. Ad
esempio la nube che avvolge il monte ricorda la chuppà, il baldacchino
nuziale. Secondo le regole, al momento del matrimonio e per tutta la
settimana si fa festa recitando sette benedizioni. Sette benedizioni
per sette giorni è 49. Così si passa dalle 49 “ammonizioni” della
parashà di ieri, attraverso i 49 giorni dell’Omer, alle 49 benedizioni
delle nozze sacre di Israele.
rav Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma - twitter @raviologist
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"Coesione e impegno contro chi semina odio"
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Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
"L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane si unisce al dolore delle famiglie
delle vittime e di tutto il paese per il vile attentato di Brindisi. Un
episodio che sconvolge, tormenta le anime per la sua crudele
efferatezza e rivela chiaramente, qualunque sia l'orrenda matrice da
cui trae origine, le intenzioni dei suoi artefici: colpire i giovani,
gli adulti del domani, per colpire le speranze di un'intera società.
Cedere alle minacce del terrore è però un ricatto cui non possiamo in
alcun modo sottostare. Così, in queste ore di incolmabile e atroce
sofferenza, gli ebrei italiani fanno pienamente loro il monito per
l'impegno e la coesione nazionale pronunciato dai massimi
rappresentanti istituzionali affinché chi diffonde odio non abbia
partita vinta su chi si impegna ogni giorno per la vita, l'istruzione e
la democrazia".
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Yom HaTorah - A Roma con la mente rivolta a Brindisi |
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È
un riferimento di rav Riccardo Di Segni al passo di Mishnah in cui è
citata Brindisi ad aprire la prima edizione nazionale dello Yom
HaTorah, la giornata di studio della Torah promossa in tutto il paese
dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in ricordo di rav Elia
Samuele Artom e con tema “l'ammonimento”. Impossibile infatti, in una
giornata intensamente dedicata all'apprendimento come quella odierna,
prescindere da una riflessione su un episodio così grave e atroce
svoltosi proprio nel luogo maggiormente consacrato a questa
occupazione. Il fantasma dei tragici accadimenti di Brindisi è presente
in molte parole, tra i rabbanim e gli allievi, e inevitabilmente
attenua il clima di festa pensato per la manifestazione. La
sveglia suona comunque presto per chi vuole godere di questa inedita
occasione di studio non frontale, aperta a tutti e declinata nel segno
della “havrutah”, l'usanza di studiare e confrontarsi con uno o più
compagni di pari livello e non secondo un rapporto di allievo-maestro,
come già spiegato dal consigliere UCEI referente del progetto Settimio
Pavoncello. Alle 9, al Collegio Rabbinico, sono numerosi gli studenti,
giovani e meno giovani, che si ritrovano per dialogare con rav Di Segni
e con rav Steinberger della Yeshivat haKotel di Gerusalemme.
Partecipazione, spunti e momenti di interazione si avranno poi per
tutta la mattinata in vari luoghi ebraici della Capitale: dal Tempio
Bet Shalom al Tempo Bet El, dal Tempio dei Giovani al Centro di Cultura
Il Pitigliani. Nel segno della dialettica anche l'iniziativa “Avot
Uvanim”, due ore di studio congiunto tra padri e figli che ha avuto
luogo nelle aule della scuola ebraica e una lezione svoltasi oltre i
confini cittadini al Tempio Shirat haYam, ormai nevralgico punto di
incontro per tutti gli ebrei di Ostia e dintorni. Ricchissimo anche il
programma del pomeriggio che, a partire dalle 17, prevede un trittico
di appuntamenti al Palazzo della Cultura, una lezione alla Casa di
Riposo e per finire al Pitigliani, dalle 20.30 in poi, l'intrigante
Rashisushi organizzato in collaborazione con i ragazzi dell'Ugei.
a.s. - twitter @asmulevichmoked
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Yom HaTorah - A Milano si va di sinagoga in sinagoga
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Ci
sono voluti una ventina di chilometri di macchina. E non sono stati
sufficienti neanche per andare dappertutto. Nella mattina di Yom
HaTorah erano tantissime le sinagoghe che offrivano lezioni per la
grande festa dello studio. “Ammonisci il tuo prossimo” il tema scelto
per questa prima edizione. In alcuni casi le iniziative si sono
intrecciate ai normali programmi della domenica mattina. In altri sono
state offerte occasioni di studio ad hoc. Ma ciò che emerge in maniera
è la ricchezza di sfumature e di tradizione che poche comunità ebraiche
possono vantare, soprattutto in rapporto al numero degli iscritti. Così
si parte dalla lezione di rav David Sciunnach alla sinagoga centrale
(“la mano destra e la mano sinistra rappresentano misericordia e
rigore, giustizia. È necessario trovare il giusto equilibrio tra le due
cose”), per passare alla lezione, al Tempio Yoseph ve Eliahu, tenuta
dal presidente dell’Assemblea rabbinica italiana rav Elia Richetti, che
si è concentrato sull’interpretazione che i Maestri danno alla
necessità di ammonire il prossimo nel senso di trasmettergli ciò di cui
si è a conoscenza. Ma anche di non serbare odio interiore per coloro
che ci fanno del male, rimproverandoli invece apertamente e riportando
l’armonia nel rapporto. E poi ancora bambini da tutte le parti per le
classi di Talmud Torah dello Yoseph Tehillot, e una lezione del rabbino
israeliano Daniel Gudis al centro Noam. Mentre alla scuola della
Comunità fervevano i preparativi per giochi, quiz e lezioni dedicati ai
bambini a partire dall’ora di pranzo. Il tutto a fare da preludio
all’incontro del pomeriggio, quando i rabbanìm di riferimento di varie
sinagoghe ed edot (rav Elia Richetti, rav Yaakov Simantov, rav Avraham
Hazan, rav Michael Kadosh, rav Daniel Gudis) si ritroveranno per
confrontarsi, con il coordinamento del direttore del Dipartimento
educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane rav
Roberto Della Rocca. A concludere la giornata sarà l’intervento del
rabbino capo di Milano Alfonso Arbib. In serata, alla Sinagoga
centrale, iniziativa tutta speciale targata Unione giovani ebrei
d’Italia, RashiSushi, una lezione congiunta di rav Arbib e rav Della
Rocca allietata dalla più amata pietanza giapponese.
Rossella Tercatin - twitter @rtercatinmoked
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Qui Roma - Gilad, uno di noi
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Ieri
sera è stata generosamente ospitata a casa Piperno una cena che ha
permesso l’incontro tra Gilad Shalit e alcuni suoi coetanei del
Dipartimento Giovani della Comunità ebraica di Roma, del Benè Berith
Giovani e dell’UGEI. Le emozioni nel corso della serata,
magistralmente organizzata da Celeste Pavoncello e dalle sue figlie
Dora e Sofia, sono state tante e varie. Al primo impatto con Gilad, la
cosa che più ti colpisce è quella voglia di essere una ragazzo come
tanti, un ragazzo che assieme ai suoi nuovi amici sta seduto con gli
occhi incollati sulla finale di Champions League tra Bayern Monaco e
Chelsea. Lo vedi esultare al gol della squadra per cui tifa, lo vedi
accigliarsi nel contrattacco, trattenere il fiato per ognuno dei rigori
tirati, lo vedi persino timidamente sorridere quando le ragazze
irrompono nella stanzetta piena di tensione, chiedendo ingenuamente chi
siano i rossi e quali i blu. Gilad non è un ragazzo qualunque, lo
sa bene. Nei suoi occhi leggi però il desiderio di tornare ad esserlo.
Non vuole essere trattato come una star, non vuole i flash delle
fotocamere puntati addosso, vorrebbe piuttosto che i suoi coetanei
chiacchierando con lui lasciassero scivolare via l’imbarazzo, si
dimenticassero per 10 minuti, che per 5 anni e 4 mesi lui è stato
prigioniero dei terroristi di Hamas, per chiedergli semplicemente che
ne pensa del match tra Nadal e Ferrer, se gli è piaciuta Roma o se
vuole andare a prendere una birra a Campo dei Fiori. Questo hanno
fatto i ragazzi che in questi giorni hanno avuto l’onore e il piacere
di tenergli compagnia nella sua permanenza nella Capitale, come se
fosse un amico di vecchia data, e questo abbiamo cercato di fare ieri
sera grazie all’accoglienza dei Piperno. Conoscere Shalit è stata
un’importante opportunità per me come per tutti i giovani presenti
perché ne siamo usciti con la consapevolezza che Gilad non è solo un
eroe da ammirare e onorare, ma un amico, un nostro fratello.
Semplicemente uno di noi.
Sara Astrologo
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Davar Acher - Yom HaTorah e Yom Yerushalaim
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Oggi
in Italia è Yom HaTorah, la lodevole iniziativa decisa dall'Ucei per
promuovere lo studio e la cultura ebraica nelle nostre comunità -
studio e cultura che naturalmente hanno senso solo se procedono tutto
l'anno, ma che è utile esporre in una giornata dedicata. In Israele e
nel resto del mondo ebraico - dunque anche in Italia - oggi è Yom
Yerushalaim, l'anniversario della liberazione e della riunificazione
della capitale storica del popolo ebraico, alla fine della guerra del
'67. Suppongo che la sovrapposizione delle due ricorrenze sia puramente
casuale, ma anche in questo caso sarebbe "ben trovata"; e naturalmente
ancor di più se fosse stata scelta apposta. Yerushalaim è infatti
la nostra capitale da tremila anni, il luogo della nostra indipendenza
politica, ma anche il luogo dove per quasi mille anni si è eretto il
Tempio, la sede del Sacro (beit hamikdash), il punto di riferimento di
ogni pensiero ebraico, l'orientamento di ogni preghiera, il solo luogo
in cui la realizzazione della vita prescritta dalla Torah sia
interamente possibile, perché solo al Tempio si possono realizzare
molti dei comandamenti (mitzvot) contenuti nel nostro Libro.
Yerushalaim è nominata più di seicento volte nel canone dei libri sacri
ebraici e allusa altrettanto spesso sotto perifrasi come "il luogo che
ti indicherò ecc.) - mai invece nel Corano. Heine ha scritto, da una
diaspora che per lui fu anche personale (una conversione poi
confusamente ritrattata) che la Torah è la "patria portatile" del
popolo ebraico; ma allora Yerushalaim è il luogo della Torah o se si
vuole, la sua patria. Chi, nel mondo arabo ma anche in certi frammenti
ultrà dell'ebraismo, nega o ridimensiona oggi il rapporto del popolo
ebraico con la sua capitale, la gioia del ricongiungimento, la
reciproca appartenenza di ebraismo e Sion, deve rinnegare anche la
Torah e l'esperienza storica del nostro popolo o cercare di smentirne
addirittura l'esistenza. Anche se l'amore per Yerushalaim e per la
terra che essa rappresenta, iscritto nella Torah, è stato l'esempio
alla base della moderna idea di nazione, come hanno mostrato molti
studi recenti (Jan Assmann, Anthony Smith), molti in Occidente fanno
fatica a vedere quel rapporto fra Torah e popolo che è alla base
dell'ebraismo, sono convinti che per sua natura la religione debba
essere per forza questione di fede e la politica pura amministrazione,
entrambe "universali", senza rapporti con identità collettiva.
L'ebraismo è il contrario dell' "utopia", cioè della mancanza di
luogo, dell'ideale sradicato, sia esso politico o religioso. Esso al
contrario ha luogo, è "topico", l'incrocio di politica (che è il modo
di regolare la città), economia ("la legge della casa") e sacralità
(kedushà cioè "differenza") è il cuore vibrante della sua esperienza.
Per noi la religione è legge rivelata (dat), legge civile assai più che
liturgica. Dunque, in termini latini, questa legge, questo principio
della convivenza fra i "prossimi" è legame (re-ligo) stabilito fra chi
ne ha accettato il vincolo. La terra è "data", non promessa, proprio in
relazione a questa "costituzione". Il buon diritto al possesso di
Yerushalaim (di Eretz Yisrael) è iscritto nella Torah, ed è perfino una
ragione della sua struttura, come spiegò mille anni fa Rashì nella sua
celebre prima nota del commento al testo. Un uso della Torà che non
ambisse a realizzarsi come società sul suo luogo, che si limitasse a
sancire degli astratti principi etici, o peggio un minuzioso costume
fine a se stesso, sarebbe vuoto, privato di buona parte del suo senso. Per
questo, durante un giorno che si è deciso di dedicare alla Torah una
settimana prima del ricordo liturgico del suo dono, bisogna pensare a
Yerushalaim e sapere che, come dice il salmo 137, "se mi dimenticherò
di te", anche nello studio, "la lingua mi si attaccherà al palato".
Ugo
Volli twitter
@UgoVolli
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notizieflash |
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rassegna
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Qui Roma - Rinviata la notte dei Musei
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Non
ha avuto luogo la "Notte dei Musei" che si sarebbe dovuta svolgere ieri
sera e che avrebbe coinvolto fra gli altri, il Museo ebraico di Roma:
"In segno di lutto e di cordoglio per l'orribile attentato avvenuto
questa mattina a Brindisi, Roma Capitale, d'intesa con il Ministero per
i beni e le Attività culturali, ha deciso di rinviare la Notte dei
Musei in programma questa sera" si legge nella nota firmata dal sindaco
di Roma Gianni Alemanno e l'assessore alla Cultura Dino Gasperini.
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Giornate
tristi quelle che stiamo vivendo, assediati da notizie luttuose e
tragiche. Il terremoto di questa notte, che pure non occupa ancora le
pagine dei giornali ma, soprattutto, l’attacco terroristico di ieri ad
una scuola brindisina, campeggiano sui mezzi di comunicazione,
occupandone un po’ tutti gli spazi. Le notizie in campo ebraico
scolorano dinanzi al quadro di urgenza che altri eventi ci segnalano.
Claudio Vercelli
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
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