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31 maggio 2012 - 10 Sivan 5772
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l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
elia richetti Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
 


La Parashà di questa settimana è una delle più complesse, specialmente a causa di due argomenti “scomodi”: il brano relativo alla Sotà (la donna sospettata di adulterio) e quello del Nazìr, la persona che per voto al Signore si astiene da qualunque derivato dall’uva e mira a mantenersi in stato di purità rituale, evitando il contatto con defunti. Il Midràsh, citato da Rashì, alla domanda sul perché i due brani siano contigui nella Torah, risponde che “chi vede una Sotà nel suo svergognamento si astenga dal vino”. È una raccomandazione problematica per più di un motivo. Innanzitutto, non è affatto detto che fosse così semplice assistere alla prova della Sotà, sia perché si può presumere che nella maggior parte dei casi essa si risolvesse in un nulla di fatto, sia perché non era un evento di così grande pubblicità, sia perché i Maestri dichiarano apertamente che tutta la cerimonia aveva soprattutto lo scopo di far sì che il marito, vedendo o prevedendo il peggio, si risolvesse ad interrompere la prova ed a seppellire i suoi dubbi. Inoltre, ammesso che la prova della Sotà avesse l’esito devastante previsto dalla Torah, in ogni caso il voto di Nazìr non si limita ad essere un’astensione dal vino (che teoricamente, se si giunge all’abuso, può essere causa di comportamenti devianti, di una rottura dei freni inibitori morali), bensì ad un’astensione da tutto ciò che deriva dalla vite, anche un semplice chicco d’uva o un goccio d’aceto sull’insalata! Non solo, ma il nazireato ci viene presentato dalla Torah come un voto religioso, un’offerta di sé a D.o, non un semplice rifugio fuori dai comuni comportamenti sociali per paura di conseguenze deleterie. Una possibile interpretazione ci viene proposta dai Maestri del Mussàr, che vedono in tutta la questione relativa alla Sotà un contrasto con la logica e con l’umanità: lo è il sospetto, lo è un’eventuale effettivo adulterio. Di fronte ad un simile contrasto in questioni così terrene, umane, è comprensibile che per allontanarsene si debba cercare l’elevazione giungendo anche in ambiti religiosi e spirituali all’eccesso, cioè alla ricerca di una purità fisica esasperata, di una capacità di astenersi da cose non di per sé vietate esagerata. Ciò – spiega il Rabbino di Gur – corrisponde all’indicazione dei Salmi: “Allontanati dal male – ed opera il bene”; in altre parole, per realizzarsi religiosamente, dove i valori sono travolti, non basta cercare di fare del bene: occorre operare preventivamente una separazione totale dal male. Dopo di ciò, viene insegnata la Birkàth Kohanìm, la benedizione che Aharòn ed i suoi discendenti invocheranno in tutte le generazioni su Israele. In essa abbiamo una perfetta fusione di elementi concreti (abbondanza, rispetto e pace) ed elementi spirituali (protezione, illuminazione e perdono divino). Difatti, una volta restaurati i valori basilari, la benedizione divina può raggiungerci solo se sapremo armonizzare spirito e materia.


Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme


Sergio Della Pergola
Il terremoto è una brutta e insidiosa bestia. Le notizie dall'Emilia suscitano commossa solidarietà. E risuscitano anche sepolti, oscuri ricordi. Eravamo a Los Angeles nel gennaio del 1994, quando una notte miracolosamente nella città deserta, alle tre del mattino fra due giorni di festa, la terra sussultò. Era un sisma di forza 7, ondulatorio, a più riprese, interminabile. Vi furono circa 60 vittime, 33 di queste per le immediate conseguenze del terremoto. In una California in cui la gente seraficamente ama parlare del forza 9, "the big one", che inevitabilmente distruggerà tutto quello che sta sulla faglia di Sant'Andrea, la grande città coi suoi 11 milioni di abitanti si era preparata, era costruita bene. Entro pochi mesi, prima della fine della primavera, i chilometri di autostrade sopraelevate crollate erano stati ricostruiti, gli edifici restaurati, la vita economica e sociale quasi normalizzata. Quasi: perché ogni giorno, ogni sera, per i sei mesi successivi si verificavano scosse di assestamento, forza 4, forza 3, forza 5. La solidarietà e l'aiuto reciproco in questi momenti danno molta fiducia. Eppure a noi, lí solo temporaneamente, quel gennaio 1994 ricordava tanto, stranamente, un altro gennaio, quello del 1991. Questa volta a casa nostra, in Israele. Erano i giorni della guerra del Golfo. Saddam Hussein lanciava quotidiani grossi missili Scud. Da Gerusalemme, risparmiata dai lanci, sentivamo la terra tremare per le cadute a Lod, a Ramat Gan, a Tel Aviv. La famiglia si rintanava nella camera di sicurezza, le finestre "protette" da strisce di adesivo marrone, con in viso le maschere antigas, a portata di mano una brocca d'acqua. Grande la solidarietà e la sensazione di essere tutti insieme. Brutto e insidioso il terremoto che colpisce a tradimento, toglie ogni sicurezza. Anche quando in certe zone, ma non in altre, sarebbe forse prevedibile. Brutto il lancio di missili, che non è la forza bruta della natura ma dell'uomo.

davar
Qui Roma - L'Unione e il futuro dell'ebraismo italiano
in un vivace confronto pubblico tra i candidati
Confronto in palcoscenico, ieri sera, per Matrix UCEI 2012, il dibattito organizzato dal Benè Berith giovani fra candidati delle liste (Binah e Uniti per l'Unione) in gara alle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. La formula dell'evento, sul modello del noto talk show televisivo, prevedeva un duplice faccia a faccia tra due coppie di candidati affidato alla conduzione di David Parenzo. Il dibattito, grazie all'abilità del moderatore e agli interventi dei partecipanti, ha tenuto viva l'attenzione del centinaio di persone che si erano raccolte nella sala, ma non è riuscito, a causa del ritmo serrato e sempre pronto alla battuta che caratterizza le conduzioni del giornalista, a portare i diversi candidati a esprimersi in profondità sui problemi reali dell'ebraismo italiano e sul significato del loro impegno elettorale.
Solo sul finale, con il supplemento di un intervento dell'attuale Presidente UCEI Renzo Gattegna (che è anche candidato e artefice della lista unitaria Uniti per l'Unione) si è riusciti a ritrovare uno spazio di maggior calma per valutare assieme cos'è realmente l'Unione, quali sono le sue potenzialità, i suoi problemi, le sue prospettive. "L'attuale delicatissimo momento di passaggio da un ebraismo 'cittadino' a un ebraismo 'nazionale' sancito dalla recente riforma dello Statuto – ha affermato Gattegna – rappresenta uno spartiacque che richiede l'impegno e il contributo di tutti”. “Tutti i cambiamenti – ha aggiunto – ci impongono di essere aperti verso la società e di contrastare le tendenze di chiusura che alcuni sostengono. Approfittiamo dell'epoca di libertà e democrazia che numerose Comunità ebraiche nel mondo stanno vivendo per affermare i nostri valori e la nostra piena cittadinanza in questa società. Siamo cittadini come tutti gli altri e per questo dobbiamo avere un rapporto alla pari con i nostri interlocutori, evitando lamentazioni e richieste di privilegi. Perché i privilegi sono un debito e i debiti prima o poi si pagano”. Un pensiero specifico è stato rivolto anche ai giovani: “Il miglior aiuto che possiamo offrire ai giovani – ha detto Gattegna – non è tanto quello di assegnare più o meno fondi, quanto quello di assisterli nelle scelte fondamentali che li porteranno ad avere un ruolo nella società e nel mondo del lavoro”.
Molti i temi che erano stati toccati in precedenza. Protagonisti della prima delle due sessioni in cui è stata suddivisa la serata, Silvia Mosseri e Jacqueline Fellus di Binah e Raffaele Sassun e Emilio Nacamulli di Uniti per l'Unione. Al cuore delle riflessioni un riferimento sulla specificità di cui le due formazioni sono portatrici: da una parte una lista unitaria che riunisce le tre forze di governo della Comunità ebraica di Roma (Per Israele, Hazak ed Efshar), dall'altra una lista tutta al femminile. “Il nostro impegno comune – ha spiegato Sassun – nasce sulla base del proficuo lavoro svolto dal governo unitario di Roma. Un'esperienza che sta dando i suoi risultati e che intendiamo riproporre ai vertici nazionali, consapevoli che soltanto nell'unità, sulla scia di quanto portato avanti dal presidente Gattegna in questi anni, potremo realmente fare il bene di tutti”. “Ci sono momenti storici – ha ribadito Nacamulli – in cui l'unità è un qualcosa di imprescindibile. Questo è senz'altro uno di quei momenti”. Diverse invece le motivazioni alla base della decisione delle Binot di scendere in campo. “Ci siamo candidate alle elezioni dell'UCEI – dice Fellus – perché ciascuna di noi sente di poter dare il proprio contributo. Dicono che siamo inesperte, e questo in alcuni casi è forse vero, ma a chi fa questa osservazione rispondo che abbiamo tantissima voglia di fare e che talvolta la voglia di fare è più importante del resto”. In sintonia con le parole della collega di formazione Silvia Mosseri, che parla dell'avventura politica di Binah come di un'iniziativa spontanea di un gruppo di amiche “che sta lavorando bene insieme”. Sollecitato sulle critiche rivolte da alcuni sulla composizione della lista Uniti per l'Unione, tre anime assai diverse tra loro riunite sotto una bandiera comune, 20 candidati per 20 posti a disposizione, Sassun ha poi aggiunto: “Sono contento che Binah si sia fatta avanti. Non credo però nell'idea di una lista delle donne che con la sua partecipazione salvi il democratico svolgimento del voto. Quando abbiamo iniziato a lavorare al progetto unitario sembrava infatti che numerose altre formazioni fossero sul punto di presentarsi. Se questo poi nella pratica non è avvenuto non dipende certo da noi”.
Il dibattito si è poi spostato più concretamente sul programma delle due liste che, almeno sul piano teorico, registra vari punti di convergenza. Tra i temi più pressanti quello dell'assistenza a chi si trova in condizioni difficili, il potenziamento delle politiche di accoglienza, un contatto più forte e costante con la cosiddetta 'base'. Ad aprire un confronto sul ruolo del rabbinato le considerazioni di Nacamulli, secondo cui, nel prossimo Consiglio, dovrà essere affrontato con urgenza anche il disagio di tutte quelle persone che si stanno allontanando dalle Comunità per alcune eccessive rigidezze. Un tema che tornerà più volte nel corso della serata e che sarà affrontato direttamente dai candidati o con alcune sollecitazioni provenienti dal pubblico. “L'ebraismo italiano non è sempre unforme e il rabbinato spesso agisce in maniera scoordinata. Il progetto dell'UCEI – ha spiegato il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici – deve essere quello di favorire la nascita di un Beth Din nazionale che utilizzi gli stessi standard in ogni Comunità e non affronti questioni come la kasherut o i ghiurim come un fatto estemporaneo. Oggi uno dei problemi più grandi che ci troviamo ad affrontare è quello di un rabbinato che parla e ascolta la gente troppo poco”. Sulla stessa lunghezza d'onda la 'binah' Mosseri: “Dobbiamo tornare a questo, a una rabbanut più vicina alle persone, che le accompagni e le istruisca. Dobbiamo avvicinare le persone lavorando sulle sensibilità”.
Più tecnica, negli argomenti e nei punti sollevati, la seconda sessione di dibattito con la partecipazione, per Uniti per l'Unione, di Barbara Pontecorvo e Mario Venezia e, per Binah, di Fabiana Di Porto e Alessia Salmoni. Nel corso di questa sessione si è parlato in particolare di Otto per Mille, bilanci e giovani. Ad essere affrontata anche l'idea di uno sportello nazionale di assistenza proposto da Binah su cui ci si era già soffermati nella precedente sessione. L'idea, spiega Di Porto, è quella di appoggiarsi a un numero verde di assistenza sull'antisemitismo che vedrà presto la luce e di allargare questa opportunità ad altre problematiche in ambito sociale. Oltre non si potrà però andare, ha sottolineato comunque Pontecorvo, perché l'UCEI è un ente che svolge una funzione di controllo e dunque, come regola lo Statuto, piuttosto che creare un 'suo' sportello deve appoggiare le iniziative già adottate dalle singole Comunità. “Da parte di Binah sento arrivare proposte molto suggestive – ha detto Venezia – dispiace però constatare come spesso manchi una reale percezione dei costi”. Una delle strade da percorrere sul piano dei finanziamenti, sostengono le Binot, è l'aumento delle entrate derivanti non solamente dal gettito dell'Otto per Mille ma anche dal reperimento di fondi europei. “Vorremmo ingrandire la torta delle risorse e offrire un'opportunità lavorativa anche ai nostri giovani” ha spiegato Salmoni illustrando alcuni punti essenziali dell'iniziativa. A mettere l'accento sulla difficile situazione economico-finanziaria di alcune Comunità è stata nuovamente Pontecorvo. “Oggi – ha affermato – molte Comunità sono in situazione di grave disagio, una grossa gatta da pelare per il prossimo parlamentino. Personalmente credo che prima di ogni altra destinazione i soldi andranno erogati per il mantenimento in vita delle Comunità che oggi rischiano seriamente di scomparire”. “C'è però bisogno dell'affermazione di un principio fondamentale – ha ribatutto Di Porto – quello di responsabilità delle singole Comunità. È giusto che l'UCEI intervenga, ma non cedendo a un clima di isteria finanziaria”. “Sono favorevole a un atteggiamento progettuale – ha concluso Venezia – coprire i deficit delle Comunità solo se questo sforzo potrà andare a sostegno dei giovani. Sostenere un ebraismo vivo, questa deve essere la sfida”.

Adam Smulevich - twitter @asmulevichmoked

Qui Roma - La legge dell'altro e l'etica universale
Si conclude con la quarta sessione, tenuta stamane al Centro bibliografico “Tullia Zevi” dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il convegno "Essere ebrei", organizzato con il patrocinio di UCEI, Comunità ebraica di Roma, Benè Berith in collaborazione con l'Università la Sapienza di Roma, la lunga riflessione filosofica, la prima di questo genere in Italia, che partendo dalla domanda “che cosa significa essere ebrei?” ha attraversato il pensiero del Novecento, da Franz Rosenzweig a Ludwig Wittgenstein, da Emmanuel Lévinas a Jacques Derrida, per giungere ai nostri giorni. “I principi che la filosofia ha ritenuto validi non hanno retto alla prova di Auschwitz, - osserva infatti la professoressa Donatella Di Cesare, organizzatrice del convegno - dove il limite etico ha perso ogni senso di fronte alla degradazione assoluta dell’umano, alla privazione della dignità non solo della vita, ma persino della morte. È dopo Auschwitz che viene rivendicata l’universalità dell’etica ebraica”.
Ed è proprio dopo Auschwitz (meglio dire negli ultimi decenni) che la filosofia in forme e modalità differenti si interroga su cosa significhi essere ebrei come hanno messo in risalto i relatori intervenuti nella maratona filosofica conclusasi con la tavola rotonda cui hanno preso parte quest'oggi il presidente del Benè Berith Sandro Di Castro, Ilana Bahbout, Lisa Block de Behar, Danielle Cohen Lévinas, Donatella Di Cesare, Manfred Gestenfeld, Shmuel Trigano e Vittorio Robiati Bendaud.
Nella sessione finale dei lavori infatti si è parlato di identità ebraica, di Shoah, di ebraismo della quantità e della qualità, concetto cui ha fatto riferimento Sandro Di Castro per parlare di una “qualità” della cultura ebraica che sappia rispondere alle sfide della società moderna. “Quello che si voleva fare durante il periodo dei Ghetti era appunto uccidere la cultura ebraica, sottolinea Di Castro, e il rogo del Talmud ne è la più eclatante dimostrazione”.
Un vivace dibattito è scaturito dal confronto fra le opinioni dei relatori presenti sull'ebraismo europeo (e italiano in particolare), sulla figura dell'intellettuale ebreo, sul suo ruolo nella società moderna, sulla possibilità di riflettere in un modo nuovo o diverso sulla tragedia dei campi di sterminio e su quale possa essere il futuro culturale di questa identità, questioni strettamente connesse alla domanda principale sull’essere ebrei che rivela qui la sua ampiezza e la sua profondità. “Non si tratta infatti di domandarsi sul modo di mantenere in vita l'ebraismo” spiega la Di Cesare. “L’ebraismo, forma di vita che si rimette alle mitzvòt, insegna alla filosofia l’eteronomia, la legge dell’Altro. L’ebreo che compie la mitzvà, che fa, prima di ascoltare, diventa la figura esemplare di una nuova etica universale”.

Lucilla Efrati - twitter @lefratimoked
 
Giornata Europea Cultura Ebraica - Alla città di Venezia
il compito di fare da capofila alle manifestazioni italiane
E' Venezia la città italiana designata come capofila della Giornata Europea della Cultura Ebraica in programma il prossimo 2 settembre. La soddisfazione della Comunità lagunare è espressa attraverso una nota a firma del suo presidente Amos Luzzatto. "Il tema caratterizzante la Giornata di quest'anno è l'umorismo ebraico. Deve essere chiaro - si legge nel documento - che non si tratta di una antologia di barzellette, ma del modo tradizionale ebraico di affrontare e cercare di risolvere le avversità mettendo in evidenza le loro contraddizioni logiche e la forza secolare di coloro che ironizzando sulle proprie debolezze e sulla stessa forza di resistere malgrado tutto, ha sempre trovato la forza di minimizzare le difficoltà esprimendo nel contempo la propria fiducia. Ne è derivato un vero modo di vivere che si è riprodotto con un sorriso in tutte le Comunità, in tutti i paesi, trasformando le persecuzioni in prove che il coraggio dà la forza di superare. Siamo onorati di essere al centro di questa manifestazione contribuendo con la classica ironia veneziana espressa anche nella letteratura locale e nello spirito degli ebrei di questa città."

Qui Milano - Un luogo per tutte le religioni alla Bocconi
Inaugurato all’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano uno spazio interconfessionale aperto alla riflessione, alla preghiera e all’incontro di tutti i credi religiosi. A realizzare il progetto che, come ha specificato il rettore Guido Tabellini presente all’iniziativa “rappresentava da tempo un’esigenza sentita all’interno dell’Università”, è stata la Rettoria di San Ferdinando, che ha in questo modo voluto festeggiare il suo cinquantesimo anniversario. Protagonisti dell’inaugurazione sono stati tre studenti di diverso credo religioso. In ordine “rigosoramente cronologico”, come ha tenuto a specificare il sacerdote don Gian Piero Guidetti, Rossella Tercatin studentessa del quinto anno di Giurisprudenza e redattrice del Portale dell’ebraismo italiano, Giovanni Salvucci, cattolico, al secondo anno di specialistica in Economia dell’innovazione e della tecnologia, Karim Ramadan Ahmed, laureando in Economia aziendale e management, italiano di origine egiziana e musulmano.
“In un’occasione come questa penso sia importante sottolineare che le religioni, tutte le religioni, possono offrire ai giovani qualcosa che oggi non è più assolutamente scontato: dei valori, un’identità - ha sottolineato Rossella Tercatin - Per questo motivo, le religioni hanno la grossa responsabilità di dare un’identità e dei valori positivi per noi stessi e per tutta la società”. Valori, un concetto chiave espresso anche da Giovanni Salvucci, che ha specificato l’importanza del dialogo e del confronto fra i diversi credi, e non soltanto quelli ‘rappresentati’ all’inaugurazione del centro. “Vorrei prima di tutto esprimere i miei più sentiti ringraziamenti alla Rettoria di San Ferdinando, all’Università Bocconi e a don Gian Piero per averci dato questa nuova opportunità - le parole di Karim Ramadan - Ora starà a noi il compito di trasformarla in un punto di partenza per la conoscenza reciproca e per la riflessione”.


pilpul
Problemi di personale
Il Tizio della SeraTre, quattromila anni fa, pensa il Tizio, fatti come la Concordia, i terremoti, le orge dei re, i tesorieri che rubano, sarebbero stati catalogati dai profeti. Ora purtroppo manca il personale.

Il Tizio della Sera


Il silenzio dei pacifisti
Non stupisce neanche un po’ l’atteggiamento dei "pacifisti" su ciò che sta accadendo in Siria. Non si è visto partire nessun aereo per Damasco e nessuna Flottiglia per aiutare i rivoltosi che combattono contro il dittatore sanguinario di Damasco; nessun noto vignettista ha trovato giusto dedicare un fiore ai bambini vittime del massacro di Hula e le associazioni umanitarie, sempre pronte a criticare Israele, hanno aspettato mesi per esprimere le loro timide condanne. Per non parlare della comunità Internazionale che ancora non riesce a trovare un accordo per fermare la carneficina del governo di Bashar al Assad. Una vergogna che non sorprende e che ci ricorda come per certi “pacifisti” i morti non siano mai tutti uguali.

Daniel Funaro, studente

notizieflash   rassegna stampa
L'Osservatore al femminile   Leggi la rassegna


Un nuovo, elegante supplemento a colori, “Donne Chiesa Mondo” accompagna l'edizione odierna del quotidiano vaticano Osservatore romano e uscirà ogni ultimo giovedì del mese. Le donne e il loro rapporto con la fede, la cultura e l'emancipazione sono centro della pubblicazione, che nel primo numero, curato da Lucetta Scaraffia e Ritanna Armeni con il contributo in redazione di Giulia Galeotti, presenta numerose e autorevoli collaborazioni. Tra le firme anche quella della storica Anna Foa e della giornalista e grafica Cinzia Leone, autrice di una strip con il personaggio ironico di Suor Ultima.




 
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