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4 giugno
2012 - 14 Sivan 5772 |
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Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova
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La
parashà di Nasò, che normalmente si legge dopo la festa di Shavuot, è
la più lunga tra le 54 parashot della Torah e questo "record" è
determinato dal numero dei versi - 176 - che la compongono.
Analogamente, questo numero rappresenta anche il salmo più lungo
(Tehilim 119) e il trattato talmudico più ampio (Bava Batrà 176
pagine). I chakhamim sostengono che non sia un caso che dopo Shavuot si
legga la parashà più lunga. Ciò rappresenta l'invito a "dilungarci"
nello studio della Torah come mezzo per garantire lo sviluppo e
l'affermazione della nostra identità. Al riguardo il numero 176 è
altamente simbolico: è il risultato della somma tra 126 e 50; 126 è il
valore numerico del nome סיון Siwan e 50 rappresenta il giorno di
Shavuot e il dono della Torah. Però, per fare questa somma, dobbiamo
far sì che il numero 126 rappresenti sempre סיון "Siwan" e non נזמי
הזהב "pendenti d'oro" che furono raccolti per costruire il vitello
d'oro...
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Anna
Foa,
storica
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Era già
terribile così: una giovane donna indiana assassinata a Udine dal
marito perché vestiva all'Occidentale. Un altro terribile episodio di
rifiuto omicida dell'integrazione quando questa si estende anche alla
metà femminile del genere umano, quando le donne immigrate vogliono
ottenere gli stessi diritti che le nostre leggi danno alle donne
italiane, gli stessi diritti di cui godono in Italia i loro padri,
fratelli, mariti. Il tutto, mentre sempre più spesso uomini
occidentali, italiani, in barba a tutte le leggi, perseguitano,
violentano e assassinano le loro compagne, mossi da sentimenti e
ossessioni che non sono certo più nobili di quelle del marito assassino
di Udine. Ma l'uscita del leghista Dordolo, che a proposito di questo
omicidio ha sostenuto che il corpo della giovane assassinata inquinava
il sacro Po, supera ogni limite. Questa gente non ha cultura, non ha
umanità, non ha morale: è al di là del bene e del male. Dell'esistenza
di Dordolo e di suoi simili siamo responsabili noi, la nostra società,
la nostra cultura e dobbiamo farne ammenda di fronte al genere umano.
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Elezioni UCEI - La sfida si accende sui social network
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Incontri
con la base, confronti tra liste, pubblici dibattiti. Si apre oggi una
settimana molto intensa per l'ebraismo italiano in vista del voto che
domenica 10 giugno porterà alla formazione del nuovo Consiglio
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il primo a vedere la luce
dopo la storica riforma dello Statuto che ha decretato la nascita del
cosiddetto 'parlamentino' a 52 membri (3 rabbini e 49 'laici' di cui 20
da Roma, 10 da Milano e 19 dalle piccole e medie Comunità). L'agenda di
impegni è estremamente fitta sia nelle città in cui a sfidarsi sono due
o più liste (Roma e Milano) sia nelle realtà in cui il confronto è tra
singoli candidati (Livorno, Firenze e Trieste). Programmi e idee sono
sempre più in circolo anche nel mondo dei social network. In
particolare su Facebook, tra gli strumenti di comunicazione più
utilizzati dagli aspiranti al nuovo direttivo UCEI, dove ormai da
settimane ferve l'attività degli utenti e l'interazione, in un costante
flusso di domande, risposte e anche qualche piccata polemica, tra
elettori e candidati. Numerosi ogni giorno i post di commento sia nelle
pagine 'romane' delle liste Binah (primi nomi della lista Eva Ruth
Palmieri e Sabrina Coen) e Uniti per l'UCEI (capolista il presidente
UCEI Renzo Gattegna) sia, venendo a Milano, sulle postazioni di Milano
per l'Unione – L'Unione per Milano (capolista Roberto Jarach) e Machar
– Domani per l'UCEI (capolista Raffaele Turiel). Non è invece su
Facebook la terza lista in corsa nel capoluogo lombardo, dove – così
come a Livorno – si vota anche per il rinnovo del Consiglio
comunitario, e cioè UCEI per la scuola con candidato unico Cobi
Benatoff.
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Qui Torino - Kasherut, peculiarità e nuove sfide
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Grande
partecipazione e interesse, ieri sera al centro sociale della Comunità
ebraica di Torino, per un incontro sulla kasherut (“Regole, tradizioni,
sapori”) organizzato su iniziativa del gruppo Anavim. Numerose le
tematiche sviscerate nel corso della riunione grazie al
coinvolgimento di quattro autorevoli voci dell'ebraismo italiano
intrattenutesi a lungo col pubblico su peculiarità, ricchezze e nuovi
possibili sfide all'orizzonte. Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di
Roma, si è soffermato in particolare sulla problematica legata alla
certificazione dei cibi mettendo in luce come questo sia ormai
diventato un tema di interesse politico-internazionale in
considerazione anche dei numerosi attacchi da parte di autorità e
gruppi politici alla pratica della shechitah, la macellazione rituale.
“Il problema principale – ha sottolineato il rav – è la mancanza di
un’autorità certificatrice italiana, che deve essere riconosciuta a
livello nazionale e internazionale; di qui la necessità di un
organizzazione centralizzata che deve fare riferimento a requisiti e
regole condivise. Perciò risulta fondamentale una grossa promozione
politica da parte delle Comunità ebraiche con l’appoggio del
rabbinato”. È seguito l’intervento di Dario Calimani che ha sostenuto
come la mancanza di un marchio nazionale sia la metafora dei problemi
delle Comunità ebraiche italiane: unificare le risposte per stabilire
che cosa sia kosher e che cosa invece non lo sia. “È necessario – ha
affermato – un marchio dell’ebraismo italiano prima ancora di un
marchio della kasherut”. La scrittrice Elena Loewenthal si è poi
soffermata sul significato della cucina e della tradizione ebraica:
mangiare kosher, ha spiegato, non ha nulla a che fare né con norme
igieniche né con norme di carattere morale e non rientra in un sistema
di privazione. Il cibo può essere invece visto nel ruolo di custode
identitario e si può così parlare di cucina ebraica 'memorabile' perché
capace di fare da contrassegno nella memoria, ricordando a noi stessi e
agli altri chi siamo. Ha concluso l’incontro Eva Vitali Norsa Lanza,
che ha messo in luce l’aspetto più familiare dell’alimentazione ebraica
presentando la nuova versione del ricettario composto dalla madre
Giuliana 'La cucina nella tradizione ebraica'. A moderare gli
interventi Shemuel Lampronti del gruppo Anavim.
Alice Fubini
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Qui Milano - Festa del calcio formato Ghetton’s League |
Tifo,
entusiasmo, passione. Ragazzi e ragazze di tutte le età, in campo e
fuori dal campo. Queste sono state le finali di Ghetton’s League, dopo
dieci anni ormai un’istituzione dell’ebraismo milanese in formato sport
e socializzazione. Non un semplice torneo di calcio a cinque, molto di
più. Come testimonia il fatto che la serata finale di ieri ha portato
in campo ben otto squadre per quattro partite. Ad aprire le danze sono
stati i ragazzi del campionato under 18, poi sono venute le giocatrici
della Liga femminile e la finale di Coppa Italia. Il tutto a fare da
preludio all’appuntamento più atteso, la finale di League, che vedeva
contrapposti gli ormai pluricampioni Tremorsi e i più giovani Hammers,
che hanno conquistato la vittoria finale ai rigori, dopo un match ricco
di rovesciamenti di fronte terminato sul 3-3 allo scadere del tempo
regolamentare. Ma al di là dei vincitori finali, che hanno
sollevato i trofei con lo stesso entusiasmo si fosse trattato della
coppa dalle grandi orecchie, sono 22 le squadre che si sono date
battaglia durante tutto l’anno nelle varie divisioni, con decine di
ragazzi e ragazze coinvolte. E già parte la corsa alle iscrizioni
per la stagione 2012-2013, con una novità in più: la squadra vincitrice
volerà in Israele nel giugno 2013, dove disputerà la Ghetton’s Supercup
e assisterà ai Campionati europei under 21 che si svolgeranno nello
Stato ebraico.
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Qui Livorno - Nuovo Consiglio per l'Adei |
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Rinnovo
consiliare per la sezione livornese dell'Adei Wizo. Le votazioni per il
nuovo Consiglio direttivo, che resterà in carica fino al 2016, hanno
portato all'elezione (in ordine di preferenze) della presidente uscente
Silvia Ottolenghi Bedarida e di Carla Guastalla, Lidia Orefice, Gina
Belforte, Valentina Levi Borghini e Daniela Sarfatti Mosseri. Le
operazioni sono state effettuate nel corso della tradizionale Giornata
della Bibbia organizzata dall'Adei e incentrata quest'anno su alcune
figure femminili fondamentali per Israele e per tutto il mondo ebraico.
L'iniziativa si è chiusa con un commovente ricordo di Irene Sendler,
eroina del Ghetto di Varsavia recentemente scomparsa alla quale molte
migliaia di ebrei polacchi devono la vita.
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In cornice - Americani a Firenze |
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Vale
la pena di visitare la mostra “Americani a Firenze” se non altro per il
quadro “Ghetto di Firenze” di Telemaco Signorini del 1882, che di
solito si trova a Roma. E' inserito nella sezione della mostra dedicata
agli scorci tipici della Firenze di fine Ottocento, che ispiravano gli
artisti del periodo. In particolare il ghetto, ormai aperto da decenni
e sul punto di essere demolito, era vissuto come una testimonianza di
un mondo del passato sul punto di essere cancellato dal progresso.
Stessa impressione la danno anche gli ebrei, poveri, mal vestiti,
dediti a lavori umili, che si trovano in primo piano; ben diversi dai
signori ben vestiti che danno loro le spalle e guardano verso lo sfondo
da cui proviene la luce che illumina la tela. Lo sviluppo spazzerà via
queste vestigia del passato, pare dirci Signorini. Il messaggio può
apparire comunque retorico, ma il quadro ebbe grande successo, venne
copiato dagli allievi di Signorini e rivenduto Oltre Manica e Oltre
Oceano. Come a dire, che questa visione dell'ebraismo al crepuscolo era
diffusa a quei tempi. Del resto anche le teste dal titolo “Bambino
Ebreo” creato da Medardo Rosso qualche decennio dopo, offre la stessa
immagine. Bisognerebbe capire quanto Israele abbia contribuito a
cambiare quella percezione dell'ebreo e dell'ebraismo che avevamo noi
di noi stessi e gli altri di noi.
Daniele
Liberanome, critico d'arte
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Tea for Two - Quattro ragazze alla conquista di New York
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Ho
sempre avuto l'impressione che Catullo in realtà fosse una donna,
specialmente nel Carme 64 in cui si immedesimava nella mitica e
sfortunata Arianna, una delle tante donne abbandonate da eroi
spregevoli che seguivano fama e onori risposandosi senza alcun
tentennamento. In quei versi traspare una sensibilità che rivela una
complessità tutta femminile. Di Woody Allen invece non ho avuto alcun
dubbio, uomo fino al midollo. Narcisista, complessato e con una
intelligenza vivace. Poi ammettiamolo, non gli abbiamo ancora perdonato
di aver mollato Mia Farrow e di non aver reso felice Diane Keaton. Ma
vi siete mai chiesti chi sarebbe se fosse una donna? Chi riuscirebbe a
tinteggiare il suo atteggiamento con un bel fucsia acceso? L'America
sembra averla trovata: si tratta di Lena Dunham, attrice,
sceneggiatrice e regista. Dopo aver realizzato il suo primo film Tiny
Furniture, la Dunham ci riprova con un telefilm prodotto da Judd Apatow
e in onda su Hbo: Girls. Quattro ragazze alla conquista di New York
dalla vita sentimentale turbolenta. Detta così sembrerebbe un prodotto
fotocopia destinato a fallire ed essere perennemente sbiadito rispetto
all'originale Sex & the City, che negli anni '90 ha stravolto la
vita di milioni donzelle sull'orlo di una crisi di nervi. Ma Girls non
si accontenta di essere un epigono e Lena Dunham non calza certo scarpe
da 400 dollari, piuttosto indossa gonnelline scovate nei fondi dei
cestini delle offerte dei grandi magazzini e incappa nell'ennesimo
ragazzo totalmente deludente e quindi, dato il masochismo femminile
congenito, totalmente perfetto. Le amiche completano il quadro: Marnie
con un fidanzato troppo gentile per essere attraente, Jessa
l'avventurosa dall'accento britannico e Shoshanna, un personaggio
completamente fuori di zucca. Perché Lena è la nuova Woody? Narcisista
al punto giusto fa passare qualsiasi evento sotto la lente implacabile
del suo giudizio, pronuncia frasi sconvenienti e impercettibilmente
geniali e come dice lei sarà "la voce della sua generazione, o meglio
una voce di una generazione". Il tocco jewish certamente non manca e la
Dunham non esita a dire quanto sia influenzata dalla cultura ebraica
americana che ha portato alla ribalta scrittori, attori, registi e
creativi un po' nevrotici ma implacabilmente spassosi.
Rachel
Silvera, studentessa -
twitter@RachelSilvera2
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notizie
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rassegna
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4 giugno - Celebrazione austera
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Aderendo
all'invito del Governo a partecipare al lutto nazionale in ricordo
delle vittime del sisma che ha colpito nelle scorse settimane l'Emilia,
la Comunità ebraica di Roma ha annullato i festeggiamenti che da tre
anni si svolgono davanti alla Sinagoga per ricordare la liberazione
della Capitale, avvenuta il 4 giugno '44, che significò anche la
riapertura del Tempio Maggiore.
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L'Unione
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incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
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