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21
giugno 2012 - 1 Tamuz
5772 |
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Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
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ribellione di Qòrach e dei suoi accoliti sembra essere una
contestazione non del tutto negativa: ciò che questi Leviti chiedono è
– tutto sommato – una maggiore partecipazione al servizio divino, cosa
che poteva anche essere giustificabile se consideriamo che
nell’episodio del vitello d’oro la tribù di Levì era stata l’unica che
fosse rimasta totalmente fedele a Ha-Qadòsh Barùkh Hu’, e quindi non
appare strano che essi non siano contenti del fatto che solo a una
parte di loro sia dato un ruolo di preminenza. Invece i Maestri – ma
anche lo stesso dipanarsi del racconto – ne fanno un episodio di
gravità eccezionale; in effetti, nella loro ottica, non si tratta di
una ribellione contro Moshè ed Aharòn, ma di una ribellione contro
Ha-Qadòsh Barùkh Hu’. Narrano infatti i Maestri del Midràsh che Qòrach,
da buon demagogo, tentò di mettere pubblicamente in ridicolo Moshè e la
“sua” legge, facendo domande banali e capziose: se un indumento
quadrangolare interamente tinto di “Tekhéleth” abbia o meno bisogno
dello Tzitzìth (nel quale un filo è di Tekhéleth), se una casa piena e
ricolma di rotoli della Torà abbia o meno bisogno di mezuzà. Accusò
Moshè perfino di avidità nei confronti dei poveri, raccontando: “Una
povera vedova aveva un campicello. Quando lo volle arare, venne Moshè a
vietarle di aggiogare insieme il suo unico bue e il suo unico asino;
quando lo volle seminare, venne Moshè e le vietò di seminare specie
miste; al tempo del raccolto, Moshè le ordinò di lasciare gli angoli
non mietuti e di non raccogliere ciò che cadeva durante il lavoro;
venne poi ad esigere un sessantesimo per Aharòn, un decimo per i Leviti
ed un altro decimo per i poveri. La donna, a questo punto, vendette il
campo e comprò delle pecore. Venne Aharòn e pretese la decima del
bestiame, i primi biocchi di lana e tutti i primogeniti; volle allora
macellarle tutte, ma venne ancora Aharòn e pretese le zampe anteriori,
le guance e le interiora. Così fu che la donna, disperata, donò tutto
al Santuario!” Ora, è evidente che tutto questo discorso è demagogico:
noi sappiamo che qualunque legge non può tenere conto di casi singoli.
Il vero motivo di Qòrach era l’invidia di una posizione preminente,
cosa per la quale era pronto a calpestare quanto c’è di più sacro. Lui
sapeva, come chiunque altro, che la Torà non è la legge di Moshè, ma
quella di Ha-Qadòsh Barùkh Hu’, e quindi la sua presa in giro era
contro Ha-Qadòsh Barùkh Hu’. Anche questa è una costante nella storia:
chi soffre di sfrenata voglia di comandare calpesta anche l’autorità
divina. Invece la concezione ebraica è, ed è sempre stata, che il
comando è un onere più che un onore: chi si trova a essere investito
di un incarico deve farlo con senso di responsabilità e di servizio,
non con superiorità ed albagìa.
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Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme
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Ieri alla grande Conferenza
Tomorrow del Presidente Shimon Peres al Palazzo dei Congressi a
Gerusalemme è stato chiesto a un gruppo di esperti di diversi paesi di
indicare i tre problemi principali all'ordine del giorno del
popolo ebraico. Attorno al tavolo, anche due membri del Parlamento
italiano, l'onorevole Fiamma Nirenstein e l'onorevole Emanuele Fiano. Queste le mie
tre proposte:
1) Va fissato definitivamente il carattere di Israele come Stato
democratico del popolo ebraico. Oggi, inequivocabilmente dimostrata
dagli ultimi dati, vediamo la quotidiana erosione della maggioranza
ebraica sia nello Stato d'Israele, sia sull'intero territorio dalla
costa del Mediterraneo al fiume Giordano. La causa è il più alto
accrescimento degli abitanti arabi, cittadini o non cittadini di
Israele, assieme all'afflusso costante di lavoratori stranieri e di
rifugiati politici da paesi meno sviluppati. Di fronte a queste
tendenze – inevitabilmente destinate a continuare in questo e nel
prossimo decennio – al prezzo di dolorose rinunce, è necessario
stabilire i confini politici dello Stato d'Israele su un territorio con
una chiara e stabile maggioranza ebraica. Israele deve anche tutelare i
diritti di ogni cittadino senza distinzione di religione o etnia, come
prescritto nella Dichiarazione d'Indipendenza. Vanno sviluppati
programmi a sostegno della famiglia ebraica e dei nuovi immigranti per
favorire la crescita della popolazione ebraica in Israele e per lo meno
mantenere la sua stabilità nella Diaspora.
2) Va creato un nuovo sistema di governance rappresentativa degli
interessi del popolo ebraico a livello mondiale. Nella congerie di
organizazioni nazionali, continentali e mondiali che si auto-proclamano
rappresentanti del collettivo ebraico, nessuna si basa sul voto diretto
delle persone. Necessita un nuovo foro di consultazione dei
rappresentanti di Israele e di tutte le comunità del mondo, con le
dovute correzioni per evitare lo stradominio di Israele e degli Stati
Uniti. Questo organismo – la Tavola Peres per il Popolo Ebraico – va
stabilito sotto l'egida della Presidenza dello Stato d'Israele.
Dovrebbe potere consultivo obbligatorio su tutte le questioni relative
ai rapporti fra Israele e la Diaspora. È essenziale che questa Tavola
raccolga non solamente i soliti dirigenti e professionisti
istituzionali, ma anche gli esponenti di tutte le correnti ideologiche
dell'ebraismo, del mondo della cultura e dell'economia.
3) Va cambiato il sistema elettorale in Israele – madre e padre di
tutte le piaghe che indeboliscono la società israeliana e il rapporto
fra Israele e gli ebrei nel mondo. L'attuale metodo, proporzionale
puro, a collegio unico nazionale, senza voto di preferenza, con una
soglia di ammissione minima del 2 per cento, è un anacronismo su scala
mondiale. Esso crea una Knesset non governabile e non rappresentativa e
incoraggia ogni ricatto possibile nella formazione della coalizione
governativa israeliana. Questa determina in larga misura l'identità
politica, culturale e religiosa del paese e i suoi rapporti con gli
ebrei nel mondo, con conseguenze deleterie. Il numero di partiti
politici rappresentati in parlamento va grandemente ridotto con
l'aumento della soglia di ammissione al 4 per cento e l'elezione di
metà dei deputati (60 su 120) in altrettanti distretti elettorali,
mentre l'altra metà sarà sempre eletta in collegio unico nazionale. La
conseguente inevitabile fusione o scomparsa di molti partiti minori
creerà un sistema politico migliore, più rappresentativo e governabile,
a vantaggio di Israele e del popolo ebraico.
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Maturità 2012 - Traccia
sulla Shoah, opinioni a confronto
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Un primo riscontro positivo
viene dai numeri. Da quel 4,7% di studenti che, alle prese con gli
esami di maturità, per la prova d'italiano che ha aperto ieri mattina
la sessione degli scritti si è orientato sulla traccia B, quella in cui
è richiesto un approfondimento sulla 'scientificità' della soluzione
finale nazista ai danni del popolo ebraico. Un dato solo apparentemente
basso perché, se comparato alla media delle preferenze accordate nel
passato ai temi ad argomento storico (appena l'1%), risulta invece
molto significativo tanto che lo stesso Ministero dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca, in un comunicato emesso nel
pomeriggio, parla di risultato “particolarmente rilevante”. Numerose le
reazioni. In campo ebraico e non solo. Soddisfazione, in una nota
inviata alle agenzie di stampa, è stata espressa dal presidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
“Riflettere sul nesso di causalità che vi fu tra ideologia della morte
e sua concreta applicazione – ha spiegato – è una grande opportunità
che il Ministero ha voluto oggi offrire a quasi 500mila studenti
italiani. Una lezione di portata universale perché, a partire dal
dramma di un popolo e di tutte le altre realtà vittime del
nazifascismo, si rafforzi nelle nuove generazioni la consapevolezza
dell’impegno democratico per un futuro di autentica amicizia e
fratellanza tra tutti i popoli del mondo”. Per Riccardo Pacifici,
presidente della Comunità ebraica di Roma, si tratta di una scelta
'importante' e 'coraggiosa' che serve misurare “cosa esattamente
pensano gli studenti italiani su questo tema in un momento molto
difficile per l’Europa tutta con l'emergere di pulsioni
nazionalistiche, xenofobe, fasciste e negazioniste”. Dal leader degli
ebrei capitolini è arrivata anche una proposta operativa: far esaminare
i vari elaborati a una commissione di esperti così da capire “come in
questi anni è passato il messaggio sulla Shoah”. Reazioni anche dal
rabbinato: “Mi sembra molto importante – dice tra gli altri il rabbino
capo di Roma rav Riccardo Di Segni – che per proporre una riflessione
su un tema così drammatico sia stato scelto un brano che mette in
evidenza alcuni degli aspetti più allucinanti dello sterminio nazista
come la programmazione, il cinismo, la burocrazia, il carrierismo, la
banalità”. Visto da questa speciale prospettiva, afferma infatti il
rav, “la storia della Shoah è ancora di più una lezione per il presente
e un banco di prova per la maturità”. Di traccia coraggiosa parla lo
storico Marcello Pezzetti, direttore scientifico del Museo della Shoah.
“Questo titolo – dice – mi ha fatto un piacere umano ma anche e
soprattutto scientifico. È un grande segno di maturità che viene dalla
scuola. Il ministro sta dimostrando che il mondo scolastico ha una
posizione avanzata su questo tema rispetto al resto della società”. Non
mancano però considerazioni di taglio differente. In un'intervista
rilasciata al giornale online Linkiesta lo storico sociale delle idee
David Bidussa ammonisce infatti contro il rischio banalizzazione.
“Leggendo l'estratto di Hannah Arendt – spiega – si deduce un certo
modo di vedere il genocidio. Appare come un fatto deciso da alcune
persone che, riunite insieme, scelgono di perpetrare lo sterminio e la
cosa poi si realizza come conseguenza quasi
burocratico-amministrativa”. Ma non è così, gli chiede il giornalista?
“Di fatto sì, ma c'è un punto che non può essere trascurato. Quel
momento, che c'è stato, è solo l'attimo finale di un processo. La
decisione vera era avvenuta prima in una società complessa e complicata
nella quale si vede sparire il vicino e il conquilino senza che la cosa
costituisca un problema. È qui che si decide il genocidio”.
a.s
- twitter
@asmulevichmoked
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Consiglio Ucei -
Pagine Ebraiche di luglio offre al lettore un quadro aggiornato |
Il numero di luglio del
giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche, che va in stampa
stamane e sarà distribuito da domani, riporta un quadro aggiornato
della composizione del nuovo Consiglio dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane uscito dalle votazioni e dalle designazioni dello
scorso 10 giugno.
Nell'ambito dei diversi servizi dedicati all'argomento il giornale
rivolge la seguente avvertenza al lettore:
"Queste pagine offrono un quadro aggiornato al momento di andare in
stampa (21 giugno 2012). La complessità della struttura dell’assise
dell’ebraismo italiano fa sì che l’iter di alcuni ricorsi attualmente
pendenti e le relative verifiche si concluderanno solo nelle prossime
settimane. Gli effetti delle decisioni della Commissione elettorale
centrale, del Consiglio stesso ed eventualmente dei Collegio Probiviri
potrebbero quindi variare in qualche misura la composizione del
Consiglio. Il suggerimento ai lettori è quello di consultare quanto
pubblicato quotidianamente dal Portale dell’ebraismo italiano www.moked.it e queste stesse
pagine in versione elettronica, facilmente sfogliabile su web (www.paginebraiche.it),
nell’applicazione facebook e su tablet (Apple e Android). La redazione
le terrà costantemente aggiornate"
Ieri sono intanto scaduti i termini per la presentazione dei ricorsi. A
quello relativo all'attribuzione del seggio di competenza della
Comunità di Trieste, su cui si è già pronunciata la Commissione
elettorale centrale sulla base di una verifica e di nuovo conteggio
delle schede votate, si sono aggiunti altri tre ricorsi, attualmente
pendenti, tutti relativi alla definizione dei principi e dei requisiti
di eleggibilità e nominabilità.
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ECJC - L’impegno dei
leader per l’Europa del futuro
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“Riconoscendo l’esistenza di valori comuni condivisi, come solidarietà
tra le varie organizzazioni e comunità ebraiche, responsabilità,
democrazia, trasparenza e reciproca accettazione (…) ci impegniamo a
promuovere questi valori, a rafforzare la cooperazione, e la
comunicazione, a favorire la formazione di nuovi leader, a lavorare per
una cittadinanza europea impegnata e consapevole, a rimanere aperti
alle organizzazioni che si riconoscono in questi principi”. Questa
l’essenza della Dichiarazione di Barcellona, il documento che ha
rappresentato il cuore del Meetings of Presidents organizzato negli
scorsi giorni nel capoluogo catalano dall’European Council of Jewish
Communities e dall’American Joint Distribution Committee. Un’occasione
di confronto su tanti temi legati alla gestione delle Comunità ebraiche
europee, per condividere problemi, soluzioni, proposte per il futuro.
Accolti nella splendida cornice di Palacio de la Generalitat la
residenza del presidente della Catalogna Artur Mas, i leader ebraici
hanno in seguito avuto occasione di partecipare a vari incontri
dedicati a temi specifici (dal ruolo di donne e giovani nella politica
comunitaria al calo demografico, dalla solidarietà in tempo di crisi al
fund raising), ma anche di lavorare ad alcuni passaggi formali
fondamentali in un’organizzazione che si propone di fare della
trasparenza uno dei requisiti imprescindibili della sua attività, come
l’approvazione del bilancio. E poi naturalmente Barcellona ha offerto
l’opportunità di stare insieme, di condividere l’atmosfera di Shabbat,
di raccontarsi le esperienze dei vari paesi di provenienza.
“Penso che il fatto che tante organizzazioni e comunità ebraiche
differenti si ritrovino a lavorare condividendo una piattaforma di
rispetto reciproco, trasparenza e collaborazione rappresenti un segnale
molto positivo e importante” il commento di Simone Mortara, delegato
ECJC dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e membro del
Consiglio direttivo.
Uno dei punti chiave trattati a Barcellona è stato quello
dell’innovazione delle attività per le comunità, e delle ricette per
riuscire ad aumentare la partecipazione delle persone. A questo
proposito, Diego Ornique, direttore del JDC per Ungheria, Bulgaria e
paesi dell’Ex Jugoslavia, ha sottolineato come molti modelli vincenti
siano arrivati non dall’interno delle Comunità stesse, ma si siano
sviluppati nell’ambito di progetti specifici spesso sostenuti da
fondazioni, come il Limmud e ha invitato quindi le Comunità a ripensare
il proprio modo di agire, non più dettando l’agenda delle attività, ma
raccogliendo gli spunti dei tanti soggetti attorno ad esse.
Per la delegazione italiana, hanno partecipato anche il consigliere
UCEI Claudia De Benedetti, intervenuta nel panel sulla leadership al
femminile, Arturo Tedeschi, che ha ricevuto la presidenza della
commissione per l’educazione, il presidente della Comunità ebraica di
Parma Giorgio Yehuda Giavarini, Cobi Benatoff, neoeletto consigliere
UCEI, già presidente dell’ECJC, che è stato protagonista del European
Jewish Leadership Awards 2012 insieme al presidente del Congresso
ebraico Moshe Kantor e al direttore del JDC in Europa e America Latina
Alberto Senderey.
Presentato anche il nuovo logo per l’ECJC: vincitore del concorso
lanciato alcuni mesi fa il giovane greco Eric Kouni, capace di
richiamare nella sua proposta la stella di David al pari delle stelle
europee che tradizionalmente simboleggiano gli Stati membri. Un
bell’auspicio per l’Europa del futuro.
Rossella
Tercatin - twitter @rtercatinmoked
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Qui Milano - JOB, un
aiuto a chi cerca lavoro
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Si può dire che il mondo del
lavoro sia una grande metafora, in cui le situazioni della vita sono il
modello delle sue strutture. Questo è emerso ieri sera a Milano, alla
Scuola della Comunità ebraica, alla presentazione con aperitivo di Job,
l’agenzia di intermediazione al lavoro autorizzata dal Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali e promossa dalla stessa Comunità, che
è nata dall’impegno di Daniel Fishman, consulente di comunicazione e
suo coordinatore insieme a Miriam Levi, esperta di recruiting, e Dalia
Fano, responsabile dei servizi sociali della Comunità. “Un’iniziativa
che in Consiglio abbiamo sostenuto con entusiasmo perché percepiamo i
bisogni più vivi dei nostri iscritti: in questi due anni abbiamo
cercato di uscire dallo schema dei semplici aiuti alle famiglie,
cercando di essere più propositivi”, ha detto in apertura di serata
l’assessore uscente ai Servizi Sociali della Comunità Claudio Gabbai.
La Comunità ebraica “è un acquario all’interno del quale tanti pesci
diversi navigano insieme: qualcosa di buono può sicuramente venire
fuori”, ha spiegato Daniel Fishman, illustrando i due obiettivi
principali di Job: non solo creare una rete all’interno della Comunità
per mettere in contatto persone che non si conoscono e dare vita a
nuovi rapporti lavorativi, ma anche organizzare incontri di
preparazione con lo scopo di aiutare i candidati a presentare al meglio
ciò che hanno da offrire e valutare ciò che viene loro offerto. Perché
cercare un lavoro vuol dire “essere il capo progetto della vendita
delle proprie competenze: il primo passo è conoscere se stessi e porsi
degli obiettivi che siano coerenti”, ha chiarito nel suo intervento
Fausto Fantini, Career Management Fellow, specificando che “quello che
dobbiamo vendere è il nostro vantaggio competitivo, la caratteristica
che ci rende unici, smettendo di ancorarci al curriculum, nient’altro
che un necrologio, un elenco di ciò che abbiamo fatto nel passato, ma
concentrandoci su quello che siamo diventati e che abbiamo da offrire”.
E lo ha confermato anche Giorgio Del Mare, amministratore delegato di
Methodos: “In particolare dobbiamo mettere in risalto i tratti della
nostra leadership, perché in un momento in cui il posto fisso non
esiste più e si cambia spesso, nelle aziende c’è bisogno di locomotive,
non di vagoni”. E riprendendo questo punto, Roberto Maconi,
amministratore delegato di Herbrooks, ha specificato che “bisogna
essere leader 'accesi', non 'spenti', e cioè non limitarsi a svolgere
il proprio compito in modo asettico, ma cercare di coinvolgere e
stimolare il più possibile quelli che ci stanno intorno, perché la
crisi di oggi porta le aziende a ricercare figure non solo competenti,
ma anche con doti caratteriali e relazionali”. Ma non stiamo parlando
solo di grandi manager. Andrea Serpi, dell’area orientamento dell AEI,
cooperativa Accoglienza e Integrazione, nel suo intervento ha spiegato
come la lotta e la competizione che sono aumentate negli ultimi anni
abbiano spinto le società a un incremento della qualità e quindi della
professionalità di tutti i lavoratori, anche quelli che non puntano per
forza al top. Ecco perché si stanno moltiplicando gli interventi di
coaching e di counceling anche nei gradini più bassi delle aziende. Ed
ecco perché, per trovare lavoro, è necessario essere sempre più
aggiornati e preparati. Per farlo, è possibile rivolgersi a enti come
l’Agenzia per la formazione, l’orientamento e il lavoro della Provincia
di Milano, che ha uno dei suoi edifici proprio in via Soderini, nel
quartiere della Scuola ebraica, ed era rappresentata ieri sera dalla
responsabile del Polo Orientamento Daniela Ferrari. “La Provincia di
Milano offre corsi di formazione e aiuto nell’orientamento, avvalendosi
anche di tecnologie che permettono di simulare più e più volte i
colloqui di selezione per essere pronti al massimo: anche l’allenamento
è importante e ripetere più è più volte la partita aiuta ad arrivare
più preparati all’incontro decisivo”, ha detto. Insomma, per trovare
lavoro bisogna essere duttili e svegli. Secondo Franco Fantini il
paradigma del futuro è il surfista, capace di cavalcare l’onda giusta e
di abbandonarla per saltare su un’altra quando questa cala. A
conclusione della serata l’intervento di Alfonso Sassun, Segretario
Generale della Comunità ebraica di Milano, che ha illustrato come la
Torah si ponga in relazione al mondo del lavoro: ha fatto notare come
già al suo interno fosse evidente la necessità di tutelare il
lavoratore, che viene sempre paragonato al povero, in modo tale che il
datore di lavoro sia sempre stimolato, seguendo gli insegnamenti della
Torah, a non sfruttarlo e a pagarlo sempre per tempo. Un vero peccato
che ieri sera fra il pubblico ci fossero pochissimi giovani e che ancor
meno si siano trattenuti fino alla fine. In fondo, sono loro che
dovrebbero essere più preoccupati di informarsi su come trovare un
lavoro, dal momento che con l’attuale scarsità di posti fissi e
l’aumento dell’età della pensione saranno costretti in futuro a
cambiarne un bel po’. Già perse tutte le speranze? Svogliati? Oppure
semplicemente spaventati da questo mondo di pesci, venditori di
competenze, necrologi, locomotive, allenamenti e surfisti?
Francesca Matalon - twitter @MatalonF
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Terremoto - Un
contributo alla ricostruzione |
Prosegue la raccolta fondi in
soccorso alle popolazioni colpite dal terremoto. Per chi volesse
offrire il suo contributo, specificando nella causale “Terremoto 2012″,
ecco i dati bancari (codice Iban) delle quattro Comunità ebraiche
colpite:
Comunità ebraica di Ferrara: IT09F0615513000000000022715
Comunità ebraica di Mantova: IT19O0503411501000000022100
Comunità ebraica di Modena: IT55W0200812925000102122135
Comunità ebraica di Parma: IT82B0693065940000000001687
In attesa di definizione anche il progetto di ricostruzione che verrà
finanziato dalla raccolta lanciata dall’UCEI che vi ha contribuito con
una quota dei fondi dell’Otto per Mille.
Chi desidera partecipare può
farlo versando il proprio contributo al conto corrente bancario
intestato all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, IBAN
IT40V0200805189000400024817 causale Terremoto Emilia; oppure sul conto
corrente postale intestato all’Unione Comunita Ebraiche Italiane numero
45169000 sempre specificando la causale Terremoto Emilia.
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Cesare Pavoncello (1960-2012) |
Centinaia
le persone, giovani e meno giovani, vecchi compagni di squadra, parenti
e amici che ieri sera, al Tempio Maggiore di Roma, hanno commemorato
Cesare Pavoncello, storica figura dello sport ebraico in Italia
tragicamente scomparsa alcuni giorni fa nel corso di una partita di
calcetto. “Indimenticato e indimenticabile capitano di mille battaglie
con il Maccabi – lo ricorda il presidente del Maccabi Italia e
consigliere UCEI Vittorio Pavoncello – maestro di decine e decine di
giovani calciatori, sempre nel Maccabi. Ancora nel fiore degli anni,
aveva avuto la gioia, poche settimane fa, di sposare la figlia Ylenia
al Tempio Maggiore. Tutta la Comunità ebraica di Roma lo piange, un
uomo buono, sempre col sorriso, amico di tutti”.
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Esami di maturità |
Ho sempre avuto seri dubbi
sull’utilità dell’esame di maturità. Oltre al fatto che non penso che
riesca a dimostrare veramente la preparazione e la capacità degli
alunni durante il loro percorso scolastico, ritengo che un po’ come
tutto il sistema italiano, finisca per rendere una tappa importante
come la fine del liceo, inutilmente stressante per gli studenti che si
trovino a viverla. La conclusione di un percorso di studi dovrebbe
stimolare la curiosità dei ragazzi ad approfondire argomenti che hanno
invogliato lo studente ad appassionarsi allo studio di una determinata
materia, o invece ad affrontare tematiche complesse che gli permettano
di ragionare sul proprio ruolo nella società. Per questo, per quanto mi
riguarda, l’esame di maturità sarebbe potuto finire ieri con la prima
prova. Gli argomenti scelti hanno permesso agli studenti di riflettere
su tematiche interessanti e formative come il bene comune, la crisi dei
giovani, la responsabilità della scienza e della tecnologia, fino ad
arrivare alla Shoah. Un tema particolarmente importante quest’ultimo
con la speranza che serva come monito alla scuola italiana che la
strada da percorrere sull’argomento è ancora molta.
Daniel
Funaro, studente - twitter @danielfunaro
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Salvi grazie a una carta di identità falsa
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Leggi la rassegna |
È
stata una carta d’identità falsa, rilasciata da un addetto all’Anagrafe
del Comune di Borgo San Lorenzo, Antonio Gigli, a salvare la vita ai
componenti della famiglia Spiegel durante la persecuzione razzista. La
vicenda è riemersa grazie alla testimonianza di Renato Spiegel che
ha scritto al sindaco di Borgo Giovanni Bettarini per riuscire a
incontrare e conoscere di persona i discendenti del Gigli. Dopo una
lunga e accurata ricerca è stato possibile ricostruire la vicenda
e di recente Renato Spiegel, la moglie Yaffa e la sorella Dinah, che
vivono a Gerusalemme, hanno fatto visita in Comune per incontrare il
sindaco Bettarini. Grazie alla ricostruzione dei fatti e alla
testimonianza diretta di uno dei figli di Antonio Gigli, Paolo, i
fratelli Spiegel hanno ottenuto dal Governo italiano il riconoscimento
dello status di perseguitati razziali.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo
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