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24 giugno 2012 - 3 Tamuz 5772
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l'Unione informa
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moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
Benedetto Carucci ViterbiBenedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino

"...tutti sono santi ed in mezzo a loro c'è Dio". La contestazione di Korach, oltre che sul piano del potere, è anche diretta alla Torah che Mosè ha trasmesso al popolo. Se tutti hanno "Dio dentro", l'intermediario non è necessario. E forse tutte le norme che ha comunicato non sono altro che sue autonome decisioni.


David
Bidussa,
storico sociale delle idee


David Bidussa
Su queste pagine Anna Segre ha già detto con chiarezza alcune cose a proposito della traccia storica presentata alla maturità contenente il brano tratto dal volume di Hannah Arendt ”La banalità del male” che descrive la scena della conferenza di Wannsee (20 gennaio 1942) e in cui è formalizzata la decisione di procedere alla soluzione finale. Se ha senso tenere ancora l’attenzione su quel dato è perché esso consente di riflettere sull’idea sbagliata che abbiamo della storia. Studiare storia implica sapere i fatti, ma soprattutto domandarsi come quei “fatti” siano stati possibili e dunque la loro genealogia (non solo cosa li ha preceduti). Rimaniamo al caso in questione. Ovvero lo sterminio di massa. Lo sterminio di massa è un atto che è conseguenza di molti atti, compreso il fatto che esso è avvenuto sotto gli occhi di molti, e anche in conseguenza dell’indifferenza di molti. Ridurre gli stermini alla decisione di burocratica quell’atto è come equiparare l’eliminazione di milioni o di centinaia di migliaia di persone alla decisione di fare un attentato anche terribile da parte di un nucleo di terroristi: una decisione presa in luogo segreto; in condizione di clandestinità; la cui prima preoccupazione è che nessuno possa né vedere né ascoltare; pensata per stupire gli altri affinché riconoscano la bravura degli ideatori. Gli stermini pianificati sono atti che tutti devono vedere, tutti devono sapere e nel corso dei quali è imprescindibile, per i perpetratori avere il controllo della situazione, sapere quanto consenso si ha e soprattutto quanta “solitudine” contorna le vittime prescelte. Le quali possono essere sterminate proprio in conseguenza della loro solitudine e della loro condizione di abbandono e di indifferenza, da parte di molti di coloro che li circondano. Non è accaduto solo in Europa. E non è accaduto solo agli ebrei.

davar
Qui Mantova - Il sisma minaccia la sinagoga di Sermide
L’edificio che ospita la quattrocentesca sinagoga di Sermide, comune del Mantovano gravemente colpito dal terremoto, rischia di essere abbattuto. A lanciare l’allarme è il presidente della Comunità ebraica di Mantova Emanuele Colorni. “La sinagoga di Sermide è un locale spoglio di arredi e il sisma ne ha peggiorato le già non buone condizioni murarie; tuttavia si tratta di un luogo molto importante per la memoria storica del paese e della comunità ebraica che lì ha operato dal 1414 fino alla sua estinzione nel 1936” ha spiegato in una nota il presidente della Comunità mantovana.
In seguito a un sopralluogo dell’immobile insieme al sindaco di Sermide Claudio Calzolari, il presidente Colorni ha potuto constatare di persona le precarie condizioni della struttura, che ospita la sinagoga al secondo e ultimo piano. “I muri al secondo pianoche circondano la antica sala di preghiera sono esili e non sosterranno per ancora molto tempo il peso del tetto fatiscente. La sala di preghiera è oggi ridotta a un ampio vano privo del controsoffitto e conservante solo tre arcate dell'originale architettura; su questo spazio incombe una copertura che potrebbe collassare da un momento all'altro. Per ragioni di sicurezza sono state fatte sgomberare le abitazioni adiacenti e prospicienti la sinagoga e l'amministrazione comunale deve in tempi strettissimi decidere la sorte del fabbricato ospitante la vecchia e gloriosa sinagoga”.
Prosegue intanto la raccolta fondi in soccorso alle popolazioni colpite dal terremoto. Per chi volesse offrire il suo contributo, specificando nella causale “Terremoto 2012″, ecco i dati bancari (codice Iban) delle quattro Comunità ebraiche colpite:

Comunità ebraica di Ferrara: IT09F0615513000000000022715
Comunità ebraica di Mantova: IT19O0503411501000000022100
Comunità ebraica di Modena: IT55W0200812925000102122135
Comunità ebraica di Parma: IT82B0693065940000000001687

In attesa di definizione anche il progetto di ricostruzione che verrà finanziato dalla raccolta lanciata dall’UCEI che vi ha contribuito con una quota dei fondi dell’Otto per Mille.
Chi desidera partecipare può farlo versando il proprio contributo al conto corrente bancario intestato all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, IBAN IT40V0200805189000400024817 causale Terremoto Emilia; oppure sul conto corrente postale intestato all’Unione Comunita Ebraiche Italiane numero 45169000 sempre specificando la causale Terremoto Emilia.

rt -  twitter @rtercatinmoked

Condannato per la denuncia del razzismo di una vignetta.
Stop dei giudici all'ufficiale giudiziario contro Caldarola
L'ufficiale giudiziario ha dovuto tornare sui suoi passi lasciando il campo a mani vuote e il minacciato pignoramento non ha potuto avere luogo. Presentatosi a casa dei giornalisti Peppino Caldarola e Antonio Polito per reclamare la provvisionale fissata dai giudici di primo grado nella causa intentata ai loro danni dal vignettista Vauro Senesi, ha dovuto prendere atto che nel frattempo era intervenuta una decisione della Corte d'appello che considerava non giustificata la decisione dei magistrati di primo grado. Solo dalla sentenza di secondo grado, di conseguenza, ci si potranno attendere novità.
Gli antefatti sono noti: alla vigilia del voto per le politiche del 2008 il disegnatore Vauro Senesi, nel corso della trasmissione Annozero, mostra una vignetta pubblicata sul quotidiano Il Manifesto che raffigura fra l'altro l'onorevole Fiamma Nirenstein col naso adunco e la stella di Davide cucita sul petto identificandola e dileggiandola in quanto ebrea. Senesi intitola il suo schizzo 'Mostri elettorali'. Ai molti che lo accusavano di razzismo e antisemitismo l'autore ha poi risposto di aver voluto denunciare l'incompatibilità elettorale dell'ebrea Nirenstein (poi eletta nelle liste del Pdl) con altri candidati del suo stesso schieramento appartenenti al mondo della destra politica. Passano alcuni mesi e il giornalista ed ex deputato di centrosinistra Peppino Caldarola, sulle colonne del Riformista, in un articolo di taglio satirico dedicato alla trasmissione di Santoro pubblica un deciso attacco al comportamento di Vauro. Senesi querela per diffamazione Caldarola e il direttore del Riformista Antonio Polito e i due giornalisti sono condannati in primo grado con una sentenza che prevede anche un pesante risarcimento economico.
Senza attendere gli esiti del processo di secondo grado Vauro cerca di ottenere il pagamento del risarcimento, ma la missione dell'Ufficiale giudiziario si conclude con un nulla di fatto.
“Diciamo che voleva farsi le vacanze a nostre spese e che gli è andata male” spiega Caldarola ai lettori de l'Unione informa. Il tono è scanzonato ma l'amarezza per il comportamento di Senesi traspare chiaramente dalle sue parole. “È già di per sé grave che Vauro abbia trasformato una contesa tra colleghi in una contesa giudiziaria – dice – ma arrivare a un tentativo di pignoramento è davvero il massimo. Forse si è dimenticato dei principi e dei valori che regolano la nostra professione e in particolare i rapporti tra giornalisti".
Consumato questo ultimo passaggio l'attesa è adesso per il pronunciamento di appello quando i magistrati dovranno decidere se rivedere la sentenza di primo grado dando ragione allo stesso pubblico ministero del tribunale, che si era precedentemente espresso per l'assoluzione di entrambi gli imputati.

a.s - twitter @asmulevichmoked

Londra 2012 - "L'Italia sia ambasciatrice di pace"
L'impegno dell'Italia affinché, in occasione della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra, si commemorino gli undici atleti israeliani uccisi durante i Giochi di Monaco nel 1972. A chiederlo, in una lettera inviata al presidente del Coni Gianni Petrucci, è il consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e presidente del Maccabi Italia Vittorio Pavoncello. “Ricordarli, onorarli e commemorarli – scrive Pavoncello – è essenziale per mantenere gli ideali olimpici e sportivi, un valore comune che sta al di sopra di dispute politiche e di odio. Le chiedo quindi, caro presidente, un atto importante: l'Italia sportiva, da Lei rappresentata, sia ambasciatrice di pace e porti la proposta di commemorare le vittime di Monaco 1972. Con lo stesso spirito con il quale la Nazionale di calcio ha reso omaggio alle vittime della Shoah visitando nelle scorse settimane i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau”. A maggio, come noto, il Comitato Olimpico Internazionale si è opposto alla richiesta dei familiari delle vittime motivando questa decisione col fatto che più volte in passato si è già reso omaggio alla loro memoria e che altre iniziative saranno prossimamente realizzate in coordinamento con il Comitato israeliano. Una decisione che aveva suscitato la reazione sdegnata di molti, in ambito ebraico e non solo. “I Giochi Olimpici – afferma Pavoncello - sono basati su fondamenti storici importanti e spesso sono riusciti a sanare situazioni, altrimenti seriamente compromesse, contribuendo a ristabilire rapporti tra Paesi apertamente ostili. Oggi le Olimpiadi non possono non ricordare la Strage di Monaco: un crimine commesso non solo nei confronti di Israele ma verso tutti. Soprattutto nei riguardi di quei valori universali che i Giochi incarnano. Per prevenire futuri attacchi, il CIO deve ricordare e dire 'mai più' in un messaggio rivolto al mondo intero”. Da Petrucci massima disponibilità: appena ricevuta la missiva ha infatti contattato Pavoncello dandogli appuntamento a lunedì, al suo ritorno da Kiev dove questa sera seguirà gli azzurri del calcio, per un colloquio sulle possibili modalità di intervento.

Calcio - Una vittoria per Cesare
Ci sono tanti modi per ricordare chi ci ha lasciato. Una partita di pallone, se la persona di cui si vuol trasmettere la memoria ha dedicato tutta la sua vita al confronto sul campo da gioco, all'agonismo e ai massimi valori sportivi, ha un valore del tutto speciale. A poche ore dalla scomparsa Cesare Pavoncello, popolarissimo atleta del Maccabi Italia tragicamente mancato all'affetto dei suoi cari martedì scorso, è stato così onorato nel luogo più amato: il rettangolo verde, scenario di tante epiche battaglie in calzoncini e maglietta. Protagonisti di questo commovente omaggio i ragazzi della rappresentativa che tiene alti i colori di Israele al mundialito di calcetto in svolgimento a Tel Aviv. “Siamo scesi in campo per lui. Pur non conoscendolo personalmente – spiega il capitano Elad Levin – abbiamo voluto dedicare la partita a Cesare, un fratello della grande famiglia Maccabi che non c'è più”. Per la cronaca Israele ha battuto l'Olanda per sette reti a uno.

pilpul
Davar Acher - Legami pericolosi
Ugo VolliUn libro che ho letto di recente mi ha molto colpito. E' “Legami pericolosi” di Marina Caffiero, pubblicato da Einaudi (pp. 388, € 34). E' la ricostruzione, condotta su carte dell'Inquisizione romana rese di recente disponibili agli storici, di una serie di processi che mostrano la posizione e le relazioni degli ebrei italiani rispetto alla Chiesa e soprattutto rispetto alla popolazione cattolica largamente maggioritaria che li circondava. La tesi fondamentale di Caffiero è che questi legami fossero molto più ricchi e complessi di quel che si ritiene comunemente, cioè che i ghetti fossero tutt'altro che isole chiuse e impermeabili, ma che al contrario fra le due popolazioni ci fosse uno scambio continuo non solo sul piano economico, ma anche su quello culturale, religioso, delle pratiche magiche e superstiziose, degli affetti e delle relazioni, anche intime. Io non sono uno specialista della disciplina e quindi non sono in grado di giudicare sul carattere innovativo della tesi e neppure sulla sua fondatezza, che però mi sembra molto ben documentata, soprattutto se si pensa che i casi raccontati sono il frutto di una doppia selezione nel senso di ciò che alle autorità ecclesiastiche pareva patologico: nelle carte compaiono non solo esclusivamente i casi denunciati e sottoposti a processo di “eccessi” in questa convivenza, ma quelli che apparivano tanto gravi, o tanto complessi da non essere risolti localmente, ma mandati a Roma per una decisione. Si può dunque trarne una conferma indiretta sulla continuità e “normalità” di rapporti che arrivavano all'attenzione dei tribunali inquisitoriali solo in casi molto conflittuali o gravemente “irregolari” (dispute religiose accanite, scambio di amuleti e di libri, tentativi di conversione nel senso “sbagliato”, relazioni sentimentali e sessuali proibite perché trasgredivano il confine fra le religioni ecc.).
A me in questa massa di storie hanno colpito tre elementi diversi, su cui mi sembra importante riflettere. Il primo è il grado di interferenza della Chiesa nella vita ebraica, la modalità puntigliosa e intrusiva della sorveglianza ecclesiastica della vita ebraica. Chi pensasse che la Chiesa si limitasse a rinchiudere gli ebrei nei ghetti, a umiliarli e a reprimerli, a proibir loro certe attività economiche e sociali, a cercare di convertirli con le buone o con le cattive, avrebbe ragione, nel senso che tutte queste attività repressive venivano regolarmente svolte, ma mancherebbe di capire un punto che mi sembra fondamentale: la Chiesa aveva la pretesa di decidere qual era l'ebraismo corretto e quale quello sbagliato e inaccettabile, cioè “eretico”. Di conseguenza esaminava dettagliatamente carte e libri, interrogava rabbini e credenti comuni, infliggeva punizioni a volte pesantissime per chi praticasse un ebraismo che non corrispondeva alla sua idea di quel che dovessero essere le credenze degli ebrei. Non si trattava solo della caccia al Talmud e ai midrashim, in genere alla letteratura rabbinica che motivava il rifiuto degli ebrei di convertirsi. Ma per esempio, l'ebreo che si fosse lasciato sfuggire la credenza nel gilgul, la trasmigrazione delle anime, che fa parte del pensiero cabalistico, o chi avesse detto che non è chiaro in termini scritturali che cosa accade dopo la morte; o chi avesse usato iscrizioni tratte da versetti dei Salmi o da nomi divini come protezione de possibili attacchi demoniaci contro neonati o malati, sarebbe stato severamente punito come eretico. Più in generale, tutta la cultura rabbinica, tutta l'elaborazione di secoli e millenni dell'ebraismo a partire dalla Torah orale, era oggetto di persecuzione minuta e costante: i libri erano bruciati, i sapienti ammoniti, l'insegnamento vietato. Quando si parla del ritardo dell'ebraismo italiano dopo la fioritura rinascimentale, non si può non tener conto di questa volontà repressiva, che spesso Caffiero descrive nei termini di lasciare agli ebrei solo la Torah senza commento e senza neppure i libri di halakha, con la doppia volontà di reprimere l'”eresia” e di renderli più permeabili alle spinte verso la conversione. Dunque vi era un'intrusione continua, programmata, minuziosa, vi erano perquisizione, sequestri, interrogatori, il tentativo continuo, se posso permettermi l'espressione, di un genocidio culturale.
Secondo spunto. Alla testa di questo tentativo vi erano i convertiti. Coloro che si distaccavano dall'ebraismo per prendere posto nelle schiere dei suoi nemici erano i più accaniti, i più implacabili, i più maligni. E' impressionante vedere come dietro a tutti i provvedimenti repressivi, tutte le condanne, gli indici dei libri proibiti, le censure di quelli consentiti, i pamphlet antiebraici vi erano sempre degli ex ebrei. Disprezzati dalla comunità ebraica, ma in fondo anche dalla Chiesa, che non se ne fidava mai completamente, spinti da rancore, vendetta, volontà di venir accettati fino in fondo nel nuovo ambiente, gareggiavano nel cercare di danneggiare e di insultare i loro antichi fratelli. Quando oggi si parla dell'odio di sé dei nemici di Israele, è chiaro che il meccanismo che agisce è ancora quello, che una vecchia sceneggiatura agisce ancora: uscire dal gruppo dei discriminati per unirsi alla maggioranza che discrimina e boicotta non è un gesto che si compia accontentandosi di essere comodamente nel nuovo gruppo; al contrario porta ad aizzarlo e a cercare di indurirlo e di motivarlo all'odio e alla discriminazione.
Il terzo spunto è più positivo. In questi secoli di estrema oppressione e di sorveglianza ossessiva, gli ebrei reagiscono. Da un lato le comunità e i rabbini si difendono con lucidità e determinazione, cercando di usare le regole del gioco stabilite dalla chiesa per tutelarsi almeno un po'; mandano memoriali per protestare contro i provvedimenti più discriminatori, fanno causa per riavere i libri sequestrati, si difendono con intelligente tattica giuridica dalle accuse. Qualcosa del genere, al loro livello, riescono a fare anche molti singoli accusati, sforzandosi per esempio di distinguere fra “opinioni” e “credenze”, scaricando responsabilità eventualmente confessando in anticipo e chiedendo scusa. Dall'altro dalle carte processuali emerge una forte coscienza di sé e un notevole orgoglio della propria identità. Gli ebrei, anche di bassa condizione, mescolati ai cristiani nella vita quotidiana, conservano le proprie regole, si sforzano di tenere la kashrut, difendono la propria fede, talvolta finiscono nei guai per aver reagito verbalmente a provocazioni e intimazioni di conversione, rivendicando la superiorità della propria tradizione. Vi è insomma molta più resistenza e fierezza e fedeltà alla propria identità in quelle situazioni difficilissime, di quanto ce ne sia oggi, quando difficoltà del genere non esistono. E' un tema su cui riflettere, che forse può illuminare in maniera un po' diversa il dibattito infinito su emancipazione e assimilazione: è la fierezza dell'ebraismo, l'orgoglio della propria identità, oltre che la fede vera e propria, che sostiene tutte queste generazioni di ebrei sotto il tentativo di genocidio culturale cui consapevolmente la Chiesa li sottopone per secoli. Una fierezza che oggi manca, se non forse a proposito di Israele.

Ugo Volli - twitter @UgoVolli

notizieflash rassegna stampa
Israele - Torna la Moto Guzzi
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Ritorna in Israele dopo un'assenza di 20 anni la Moto Guzzi, un veicolo a suo tempo "molto considerato ed amato" dagli appassionati locali delle due ruote. Ad annunciarlo il quotidiano Yediot Ahronot.  Erano anni, rileva il giornale, in cui le industrie giapponesi escludevano Israele per non subire ripercussioni negative nei mercati arabi. E nello Stato ebraico la Moto Guzzi, aggiunge, andava per la maggiore. La Moto Guzzi - anticipa Yediot Ahronot - sarà venduta dall' importatore della Piaggio, un marchio che occupa il terzo posto nel mercato e che in Israele è ben noto da generazioni. Due mesi fa anche la Cinemateca di Tel Aviv ha reso omaggio al mito della 'Vespa', nel cinema e nella società. Yediot Ahronot prevede che la Moto Guzzi potrà avere successo fra quegli adulti che l'hanno amata da giovani. Potrebbe inoltre destare interesse - secondo il giornale - nella polizia israeliana e competere così con i tedeschi della Bmw.

 
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