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3 settembreo 2012 - 16 Elul
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Adolfo
Locci, rabbino capo
di Padova
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"Lo
straniero che sta in mezzo a te, salirà sopra di te in alto (mà'la
mà'la) e tu scenderai in basso (màtta màtta)" (Devarim 28:43) Lo
straniero dentro di noi non è altro che il nostro yetzer hara',
l'istinto a compiere il male. Se questo istinto prevarrà e ci dominerà,
saremo destinati a scendere nel gheinnam (גהינם =מטה מטה = 108). Il
mese di Elul che stiamo trascorrendo, è sicuramente momento propizio
per percorrere il senso opposto...
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Anna
Foa,
storica
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Della morte del cardinal
Martini mi colpisce la commozione di cattolici ed ebrei, musulmani e
non credenti, il fatto che ognuno vi viva una perdita probabilmente
diversa da quella degli altri ma percepita con simile smarrimento. E
ricordo quanto mi diceva mio padre, Vittorio Foa, raccontando di essere
andato a piazza San Pietro all'annuncio della morte di Giovanni XXIII e
di essersi ritrovato, senza accorgersene, lui ebreo, in ginocchio sul
sagrato insieme agli altri. Che ci siano perdite che annullano, sia pur
per un attimo, le differenze? Mi piacerebbe pensarlo.
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Qui Milano - I Salmi per il cardinal Martini uniscono la città |
"Sii buono, o Signore, con i buoni e con coloro che sono retti". Fra
i Salmi letti per il cardinale Carlo Maria Martini, rav Giuseppe Laras,
rabbino capo emerito di Milano, ha scelto questo verso per raccontare
l'uomo con cui per trent'anni ha intrecciato un intenso dialogo
teologico, ma soprattutto umano. A recitare i brani accanto a lui, nel
cortile del palazzo arcivescovile, c’erano il rabbino capo di Milano
Alfonso Arbib, il presidente dell'Assemblea dei rabbini d'Italia Elia
Richetti, il rav David Sciunnach. Attorno a loro, sotto un manto di
nuvole gravide di pioggia, la città di Milano. Perché all'invito della
Comunità ebraica di riunirsi per recitare Salmi per il cardinale, hanno
risposto in tanti. Presenti numerosi leader ebraici (tra cui Roberto
Jarach, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane),
ebrei milanesi, rappresentanti delle autorità, locali e non solo,
esponenti della comunità islamica, e del mondo cattolico, tra cui
monsignor Mario Delpini, vicario generale dell’arcidiocesi di Milano.
"Ringrazio sentitamente la Comunità ebraica per questa occasione - le
parole del vescovo - Oggi ci siamo riuniti in preghiera per il cardinal
Martini, domani speriamo di riunirci nuovamente per portare avanti la
sua eredità". Attenta e commossa durante la lettura dei Salmi
anche la sorella del cardinale, Maris Martini "In questo momento la
nostra famiglia vuole ricordare mio fratello attraverso il silenzio.
Tuttavia ci tengo a condividere un episodio. La prima volta che mi
recai in Israele con lui, una notte andammo insieme a visitare i
cimiteri ebraici intorno a Tiberiade. Cercammo le tombe dei grandi
Maestri. Ricordo molto bene il cappellino che indossava mio fratello e
l'atmosfera di pace e di profondità. Un'atmosfera unica". Rossella Tercatin - twitter @rtercatinmoked
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Giornata della Cultura - Positiva la risposta del pubblico
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Porte
aperte ieri in tutta Italia per la tredicesima edizione della Giornata
Europea della Cultura Ebraica. Tradizionale occasione di incontro e
dialogo rivolta al grande pubblico, la Giornata era dedicata quest'anno
all'approfondimento delle numerose declinazioni dell'umorismo ebraico.
Un tema complesso, che è stato affrontato attraverso conferenze, mostre
e performance artistiche. Fulcro delle varie manifestazioni Venezia,
città capofila per il 2012, nobilitata ieri dalla presenza nell'antico
ghetto di altissimi rappresentanti istituzionali come i ministri
Cancellieri e Profumo. Da Merano a Trani, da Trieste a Genova: oltre
una sessantina
le località coinvolte tra cui, potentissimo il messaggio simbolico che
si è voluto lanciare, alcuni comuni danneggiati dal sisma che ha
recentemente colpito l'Italia centro-settentrionale. “Un pensiero
particolarmente affettuoso e grato – ha affermato il presidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna nel suo
indirizzo di saluto in Laguna – va alle località che, pur colpite dal
recente terremoto, hanno ugualmente voluto confermare la loro
partecipazione, proprio per dare un segnale netto di volontà di
ripresa, di fiducia nel futuro e di sostegno alle proposte culturali”.
Una giornata quindi all'insegna dell'arricchimento come ha anche
sottolineato il vicepresidente dell'Unione Giulio Disegni nella
sinagoga di Torino. “Questa – ha detto
– è un'occasione per non dimenticare come la conoscenza e
l'approfondimento della cultura e delle tradizioni 'altre' siano un
arricchimento necessario per una società che si dichiara multiculturale
e multietnica e che sovente deve ancora fare i conti con la mancanza di
conoscenza di tutte le sue componenti”. Mancano ancora dati ufficiali
ma la risposta del pubblico italiano, tradizionalmente tra i più
partecipi in Europa, sembra assumere sfumature ancora una volta
positive. Una conferma tra le tante arriva dal successo riscontrato in
un piccolo centro ebraico come Biella dove l'antica sinagoga è stata
letteralmente presa d'assalto con oltre 1500 presenze in poche ore e
persino a Cogne dove non pochi sono stati i villeggianti a godere del
programma predisposto dalla Libreria Montagne di Carta. “Il numeroso e
inaspettato afflusso di pubblico che abbiamo avuto oggi, specialmente a
Biella – spiega il presidente della Comunità ebraica di Vercelli e
consigliere UCEI Rossella Bottini Treves
– ci dimostra che i nostri luoghi ebraici, la nostra disponibilità, le
nostre importanti attività culturali, hanno consolidato da parecchi
anni una costante presenza affettuosa di amici e di pubblico sempre
desideroso di spiegazioni e interesse”. L'entusiasmo ha fatto da sfondo
nella vicina Casale Monferrato, dove gli oltre 500 visitatori accorsi
hanno potuto godere di un 'aperitivo' di Giornata già a partire
dall'uscita dello Shabbat grazie alla performance di Daniel Fishman e
dove molti, sin dal mattino di domenica, sono stati i relatori a
passarsi il testimone di mattatore in una vera e propria maratona
umoristica, una “lettura a gran vus”, come scrive Alberto Angelino, che
ha visto tra gli altri protagonisti Giorgio Milani, Claudia De
Benedetti, Dionigi Roggero e il sindaco di Moncalvo Aldo Fara.
Significativa la partecipazione nel Meridione d'Italia dove la Giornata
della Cultura è coincisa con l'avvio della settimana di Lech Lechà-Vai
verso te stesso, rassegna in corso di svolgimento in dieci comuni
pugliesi con oltre 40 conferenzieri coinvolti e numerose occasioni di
studio e approfondimento sotto il coordinamento della Comunità ebraica
di Napoli. Un appuntamento, spiega il presidente Pier Luigi Campagnano,
che si candida a essere un punto di incontro con cadenza annuale e che
si propone di dare così continuità nel tempo all'esperienza di Negba
del 2009. Molti i tesori di memoria che sono affiorati nelle scorse
ore. A Trieste ad esempio dove sono proseguite le celebrazioni del
centenario della sinagoga con una mostra di grande valore dedicata alla
figura di Carlo Morpurgo. E il programma è ancora nel vivo in Toscana
con l'apertura di alcune sale cinematografiche dove nelle prossime ore
saranno proiettate pellicole legate al tema del witz e all'umorismo
ebraico. A Firenze, dove il witz è stato di casa con le installazioni
video curate da Giuseppe Burschtein, sarà fruibile tra gli altri lo
storico cinema Odeon in piazza Strozzi.
Adam Smulevich - twitter@asmulevichmoked
(Le immagini sono relative alle città di Venezia, Biella, Livorno e Trani)
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Qui Roma - Umorismo
sotto la cintura
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Riflettori puntati ieri a Roma,
in una Giornata decisamente intensa per numero e qualità delle
inizative proposte, sulla mostra Umorismo sotto la cintura: 30 anni di
satira politica, di costume, televisiva e cinematografica curata dal
noto autore satirico Massimo Caviglia e ospitata presso la Sala
Margana. “Più che una guarigione a posteriori dalla sofferenza,
l’umorismo – ha affermato Caviglia, tra i protagonisti del ritorno
nelle edicole della storica rivista Il Male – fa a priori dell'ebreo un
essere umano inattaccabile dal dolore che inevitabilmente ne permea
l’esistenza. Che la risata sia rivolta verso gli altri o verso se
stessi, anche nel momento della sconfitta l'ebreo, attraverso l’ironia,
consegue una vittoria personale. Forte anche della promessa
plurimillenaria che il popolo ebraico non avrà mai fine. Una speranza
che finora, contro ogni previsione, ci ha permesso di essere ancora
qui”. Di seguito il testo integrale dell'intervento L'umorismo ebraico
tra dolore e speranza pronunciato ieri nella Capitale.
In 30 anni di attività quale autore di satira, e in oltre 50 anni di
vita come ebreo, ho potuto sperimentare come la risata alleggerisca
spesso le tensioni e dia sollievo a chi la crea e a chi la riceve. Sono
ormai noti i meccanismi alla base di questo procedimento: Freud
sosteneva che l’umorismo fosse uno sfogo sicuro e tranquillo al
desiderio sessuale e all’aggressione sociale. Ma forse c’è un altro
motivo per cui l'ebreo utilizzi così spesso di questa tecnica.
In ogni periodo storico l’ebreo si è confrontato con
difficoltà che hanno minato la sua stabilità emotiva, e l’umorismo è
stato uno dei principali metodi per rimanere persone equilibrate.
All’interno di questa capacità va fatto un piccolo distinguo.
Se la comicità coglie il lato ridicolo di un evento, l’ironia - più
frequentemente praticata in ambito ebraico - va oltre, facendosi spesso
beffe del potere (politico, sociale o religioso).
Mentre il filosofo ateniese Platone riteneva che l’umorismo nascesse
dal senso di superiorità, dal godere delle disgrazie altrui, lo
scrittore Giovenale nell'antica Roma sosteneva : "Ciò che mi spinge a
scrivere è l'indignazione verso il degrado della società in cui mi
trovo a vivere". E lo ribadiva il filosofo Hegel, nella sua opera
"L'estetica", sottolineando come "L'animo puro, non potendo ricreare il
proprio ideale in questo mondo senza morale, se ne fa beffe con la
satira". Ma l’umorismo ebraico viene da più lontano.
In questa giornata molti hanno preso spunto dalla risata di Sara nella
Torah; io già da ragazzo ne ero incuriosito e ne chiedevo spiegazione
ai rabbanim, quasi cercando di decifrare il sorriso della Gioconda.
Avevo anche notato che prima di Sara ride suo marito. Mi affascinava
constatare che il primo uomo a ridere fosse proprio il primo ebreo, il
patriarca Abramo (in Genesi, cap. XVII, vv.15-19), e dopo di lui sua
moglie, la matriarca Sara (cap. XVIII, vv. 9-15), proprio coloro da cui
discende il popolo ebraico.
In Abramo la risata ha inizialmente una connotazione di sofferenza per
la propria sterilità, poi una caratteristica di incredulità per la
paternità annunciata, e poco dopo (da parte di Sara) di scetticismo
alla notizia della gravidanza. Successivamente la risata diventa paura,
perché (anche se espressa solo a livello interiore) Sara teme che venga
recepita come scherno nei confronti dell’onnipotenza divina. Infine
diventa felicità per il concepimento e per il parto, e si tramuta in
una rivincita per il successo ottenuto di fronte a tutti i vicini
increduli (cap. XXI, vv. 6-8). Da quella risata deriva anche
la grande sofferenza del figlio Isacco (il cui nome significa riderà o
colui che ride, dal verbo tsachak) : sua è la sofferenza nel sapere di
andare al sacrificio; del padre è la sofferenza di portarlo al macello;
della madre la sofferenza nel vederlo andare via pensando che non
tornerà; e infine di nuovo la sofferenza del figlio, che torna salvo ma
trova la madre morta di dolore. Per essere nato tutto da una risata,
gli spunti di riflessione sono molti. Pur lasciando ai rabbanim e agli
psicologi l’interpretazione di questi versi, non si può fare a meno di
notare che l’umorismo ebraico sia strettamente legato alla sofferenza,
fin dalla nascita del popolo stesso. Una vulnerabilità iscritta nel
Dna, che comporta una grande forza d'animo per sopportarla, e di cui la
risata è la causa scatenante (la ribellione?) ma anche il modo di
opporsi alle avversità. L'umorismo ebraico, se non contro se stessi, è
rivolto contro il potere: nel caso di Abramo e Sara rappresentato prima
dall’onnipotenza divina e poi dalla società circostante, dubbiosa di
quella maternità; poi, nel corso dei secoli, rivolto verso un potere
incarnato dalle autorità che imponevano le conversioni forzate, i
ghetti e le deportazioni; una realtà contro la quale non esisteva altra
difesa che le parole. L'ebreo che reagisce con ironia è quindi un
piccolo eroe, uno spaventato guerriero che conosce il terribile destino
che lo permea dall'interno e lo circonda all'esterno, ma cerca di
contrastare in questo modo gli eventi tragici della vita. Come un
condannato a morte di lunedì che, davanti al plotone d'esecuzione, dice
"Comincia bene la settimana", così nemmeno le persecuzioni, neanche la
morte possono piegare l'ebreo che ha il dono dell'ironia. Con
la risata ci si mette quasi alla pari con Dio.
Più che una guarigione a posteriori dalla sofferenza, l’umorismo fa - a
priori - dell'ebreo un essere umano inattaccabile dal dolore che
inevitabilmente ne permea l’esistenza.
Che la risata sia rivolta verso gli altri o verso se stessi, anche nel
momento della sconfitta l'ebreo - attraverso l’ironia - consegue una
vittoria personale.
Forte anche della promessa plurimillenaria che il popolo ebraico non
avrà mai fine. Una speranza che finora, contro ogni previsione, ci ha
permesso di essere ancora qui.
Massimo
Caviglia
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Qui Milano - La
Giornata fa il tutto esaurito |
“Chi è uno psicanalista? Un
medico ebreo che ha paura del sangue”. Autore del motto di spirito è
stato un vero esperto in materia, David Meghnagi professore di
psicologia clinica all’Università di Roma Tre, che ha condotto il
pubblico milanese della Giornata europea della cultura ebraica in un
percorso sull’umorismo (tema di questa tredicesima edizione) nella
prospettiva della psicanalisi. Protagonista dell’incontro L’umorismo
come medicina contro l’idolatria anche il direttore del Dipartimento
informazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane rav
Roberto della Rocca, che si è soffermato sulla figura del patriarca
Isacco, “Colui che riderà”. “Nella vita di Isacco c’è poco da ridere -
ha spiegato il rav - Eppure, nonostante la tragicità che lo circonda,
culminante nell’istante in cui suo padre Abramo alza il coltello per
sacrificarlo prima di essere fermato dal Signore, quella di Isacco è
una storia che testimonia la scelta della vita sulla morte”.
Affollatissima la sala della conferenza, un dato costante in tutte le
iniziative della Giornata. I milanesi hanno scoperto le radici ebraiche
dei più importanti fumettisti mondiali sotto la guida di Andrea Grilli,
che ha concluso il suo intervento raccontando “cosa c’è di ebraico nei
Simpson” e assistito con curiosità alla performance Rabbini sotto
spirito, lettura di spunti umoristici tratti dal Talmud, con l’editore
David Piazza e le attrici Miriam Camerini e Sabra Del Mare. Tra un
evento e l’altro i visitatori hanno esaminato gli stand di cucina,
oggettistica e associazioni ebraiche milanesi e ammirato la mostra
delle fotografie finaliste del concorso Obiettivo sul mondo ebraico
(nel corso della Giornata della cultura anche la premiazione dei
vincitori) e di una selezione di libri dedicati all’umorismo della
biblioteca della Fondazione Centro di documentazione ebraica
contemporanea.
Neanche posti in piedi all’evento serale ospitato dallo Spazio Oberdan,
con una conversazione sull’umorismo ebraico raccontato nel cinema che
ha avuto come protagonisti il regista e consigliere comunale Ruggero
Gabbai, il giornalista Roberto Zadik e il professor Meghnagi.
Umorismo oltre i luoghi comuni, la formula che la Comunità di Milano ha
scelto di perseguire per la Giornata della Cultura, sembra aver dato i
suoi frutti. L’appuntamento con la Giornata tornerà nel settembre 2013.
rt
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In cornice - I sorrisi
mancati
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Ieri si è tanto parlato di
umorismo ebraico, domandandoci anche se abbia qualcosa di particolare,
se ebraismo e ridere vadano a braccetto. Guardiamo la questione al
contrario: nell'arte occidentale, ma anche orientale, la risata è quasi
inesistente. I personaggi, certamente quelli sacri ma anche i profani,
sono terribilmente seri, non fanno alcuna ironia o umorismo di se
stessi o del mondo che li circonda. Ovviamente ci sono le eccezioni, a
cominciare da Rembrandt che ha incentrato due, forse tre, quadri su
visi che ridono; uno è un bel autoritratto che si trova al Mauritshuis
all'Aja (un museo che da solo vale un viaggio), un altro è della moglie
Saskia e si trova in una collezione privata, un terzo è di nuovo un
autoritratto scoperto di recente e dell'attribuzione incerta, che è
stato offerta in vendita in una casa d'asta della campagna inglese con
una stima di circa 1.000 sterline ed è poi atto aggiudicato per diversi
milioni. E' davvero inusuale tutta questa predisposizione di Rembrandt
alla risata e all'autoironia, in un ambiente così austero come l'Olanda
in cui viveva; è facile pensare gli sia venuta dalla sua frequentazione
con gli ebrei di Amsterdam con i quali aveva intensi contatti e nel cui
quartiere visse a lungo. Un altro esempio, recente, di pittore di
personaggi che ridono è il cinese Yue Minjun: i suoi
personaggi/marionette, ridono senza alcun senso e motivo, e la loro
risata dà la misura di quanto siano lontani dalla realtà, siano
incapaci di vederla o di viverla. L'approccio dell'artista è quindi
molto lontano da quello ebraico, ma indica quanto largo potrebbe essre
il campo di utilizzo della risata nell'arte. Ma così non è l'arte,
specie quella occidentale, rimane in genere terribilmente seria.
Daniele
Liberanome, critico d'arte
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Tea for Two - Il mito Abramson, seria ma non troppo
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Fin
da quando il lume della ragione si è insinuato timidamente nella mia
testa, un fatto mi ha perseguitata: avrei cercato continuamente modelli
ai quali ispirarmi. E se fino a qualche tempo fa in cima alla top ten
delle "donne che vorrei essere", troneggiava Rory, la genialoide figlia
del poetico telefilm Una mamma per amica,
ora a insidiarla è arrivata la nuova regina della carta stampata.
Complice un articolo sul Corriere della Sera, Jill Abramson è
ufficialmente la donna che diventerà il mio faro nella notte.
Probabilmente passerò la vita a scrivere in un sottoscala polveroso, ma
sopra alla mia brandina scricchiolante ci sarà il suo poster,
ovviamente accanto a quello di qualcuno di altamente improbabile come
Gabriel Garko. Jill Abramson è il primo direttore donna del New York
Times, la quinta nella classifica delle donzelle più influenti secondo
Forbes. Sposata, due figli e un golden retriver di nome Scout. Vi
rendete conto? Carriera dorata iniziata con il giornalismo
investigativo e vita sentimentale niente male. Ma l'elemento
determinante che l'ha resa un role model che consiglio a chiunque, è il
seguente: la Abramson ha scritto un libro, frutto della rubrica
che teneva sul giornale, intitolato The puppy diaries. Un titolo
azzeccato che fa eco ai vari Carrie diaries, The nanny diaries, The
vampire diaries e compagnia bella. Una giornalista seria e temuta come
lei dedica l'inchiostro o il ticchettio di un portatile alle prodezze
del suo cucciolo di cane. Questo si sposa perfettamente con l'ideale
che contorna la mia esistenza: seri si, ma non troppo. Di successo
magari, ma senza dimenticare di dare la pappa al cane e portarlo giù.
Perché è questa la vera bellezza, non perdersi in viaggi metafisici
della fama (quella della Abramson è stratosferica) e dello stuolo di
questuanti, ma vivere in maniera terrestre e perché no, anche canina.
La immagino con la tenuta casual, in una di quelle case di New York
piene di libri e con i mattoni a vista. Magari con la cucina con
l'isola e barattoli di burro di arachidi e gefilte fish, per ricordarsi
di essere americani ed ebrei. E a proposito di ebraismo, i blog si sono
scatenati: "Jill Abramson controlla la stampa, ergo gli ebrei
controllano la stampa e quindi il mondo" hanno tuonato. Ma Jill non
credo se ne preoccuperà, Scout l'unico essere vivente che non è
minimamente intimidito da lei, la difenderà lealmente come solo un
quattro zampe sa fare.
Rachel Silvera, studentessa
twitter @RachelSilvera2
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notizie flash |
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rassegna
stampa |
Monaco - In memoria degli atleti israeliani uccisi quaranta anni fa
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la rassegna |
La
Germania commemora oggi il 40esimo anniversario del massacro delle
Olimpiadi di Monaco del 1972, quando 11 atleti israeliani vennero
uccisi dal commando palestinese "Settembre nero". Nel pomeriggio
si terrà una cerimonia in omaggio alle vittime sul luogo del tragico
epilogo del sequestro, l'ex base militare di Fuerstenfeldbruck. Il
consolato israeliano di Monaco di Baviera ha annunciato l'arrivo di
sette sopravvissuti e di alcuni parenti delle vittime. Le autorità
della Baviera hanno ordinato bandiere a mezz'asta sugli edifici
pubblici e l'esposizione per la prima volta delle fotografie delle
vittime sulla torre di controllo dell'ex base di Fuerstenfeldbruck.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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