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6
settembre 2012 - 19 Elul
5772 |
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Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
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Leggendo le
tremende pagine delle Tokhechòth, delle ammonizioni contenute in questa
Parashà, non si può non rendersi conto che queste terribili profezie,
previste nel caso in cui il popolo ebraico si allontanasse dalla via
della Torà, si sono purtroppo puntualmente avverate, specialmente
durante la Shoah. Non intendo minimamente asserire con ciò che la Shoah
sia stata una punizione divina per la scarsa osservanza delle mitzwòth,
o che una maggiore osservanza l’avrebbe potuta evitare: sarebbe
bestemmia contro la memoria di milioni dei nostri confratelli, morti
testimoniando la loro appartenenza all’Ebraismo. Il mio discorso si
limita a far notare quanto sia attuale la nostra Torà e quanto, di
conseguenza, tutto potrebbe ripetersi se – come a volte sembra –
dovessero prevalere le forze del male. Ed allora, come evitare il
ripetersi di una simile catastrofe? La risposta sembra banale:
ricercando e propagandando la pace. In quanto Ebrei, dobbiamo
promuovere una cultura di pace, un insegnamento di pace, una legge di
pace. Ma anche su questo è necessario fare chiarezza: sulla stessa
parola “pace” non c’è univocità, non c’è accordo; e troppo spesso noi
stessi non siamo in grado di essere in pace gli uni con gli altri.
Quale pace dobbiamo o possiamo propagandare? La risposta sta nella
stessa parola che generalmente traduciamo col termine “pace”: “Shalòm”.
Non si ottiene alcun risultato duraturo con la pace fatta di
patteggiamenti, di rinunce per l’altro, e nemmeno con quella fatta
“tollerando” la presenza dell’altro. Il vero “shalòm” si ha quando
ognuno si sente più “shalèm”, più completo grazie all’altro. Questo è
il messaggio che il mondo deve ancora recepire; ma non fa parte del
modo di essere ebraico il propugnare un’idea declamandola nelle piazze,
facendo opera di convinzione o proselitismo: il nostro modo di portare
avanti un’idea, un insegnamento, un concetto od una legge è quello di
diventarne l’esempio vivente. Se ognuno di noi saprà essere “shalèm”,
completo, in se stesso, con Ha-Qadòsh Barùkh Hu’, con ogni nostro
simile, allora la cultura della pace potrà diventare patrimonio
dell’umanità intera.
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Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme
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Il Ministro degli Esteri
Giulio Terzi di Sant'Agata è un grande amico di Israele e della
comunità italiana in questo paese. Lo ricordiamo negli anni attivissimi
della sua missione, che hanno segnato una fase di impulso quasi senza
precedenti, anzi di svolta storica nel rapporto bilaterale fra i due
paesi: sul piano della cultura ebraica e italiana, e su quello della
collaborazione politica, degli scambi commerciali, e della sicurezza.
Durante il periodo di Giulio Terzi come Ambasciatore in Israele,
superando non poche difficoltà con sua grande e decisiva
partecipazione, è stato creato il Comites Israele, che fra l'altro è
quello ancora in carica perché da allora non ci sono state nuove
elezioni. È stato dato forte impulso a una serie di importanti e ancora
non definitivamente risolte questioni amministrative e pensionistiche
riguardanti i perseguitati del periodo fascista e della seconda guerra
mondiale, nonché i diritti di previdenza accumulati da persone che
hanno vissuto una parte della propria vita in Italia e una parte in
Israele. E sono state ospitate molte importanti personalità politiche
italiane: con grande sensibilità, Giulio Terzi e i capi della comunità
italiana in Israele gestirono il "trasbordo" di Gianfranco Fini
contribuendo a scrivere una pagina non marginale di storia politica.
Per questo, in Israele abbiamo fatto un gran "tifo" alla notizia della
sua nomina nel Governo presieduto dal Senatore Monti e abbiamo in un
certo senso riconosciuto in Terzi il "nostro" ministro degli esteri.
Con uno statement scopertamente politico, auguriamo a Giulio Terzi
molti anni di proficuo lavoro come Ministro degli Esteri.
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Qui Mantova - Pagine
Ebraiche fra la gente del Festival
Ladany e la sua corsa contro il male, dal Lager a Monaco '72 |
Il Festival
Letteratura prende quota e mentre si accende il fuoco di fila delle
centinaia di manifestazioni in programma il giornale dell'ebraismo
italiano Pagine Ebraiche, che la più prestigiosa manifestazione
culturale di questa stagione ha deciso di distribuire in tutti i punti
di raccolta e informazione, conquista a Mantova nuovi lettori.
Questa mattina il primo di una serie di grandi appuntamenti con la
cultura e la creatività di ispirazione ebraica, l'incontro con il
pensatore italiano Stefano Levi della Torre ha fatto il tutto esaurito
in un cortile del palazzo di San Sebastiano gremito da un pubblico
attento. Levi della Torre, presentato da Lea Melandri, ha parlato del
suo ultimo lavoro (Laicità, grazie a Dio) in cui espone una concezione
molto personale, ma comunque radicata nella matrice culturale ebraica,
di uno dei grandi temi dei tempi nostri, il rapporto fra la politica,
gli ideali, il potere e la religione. I lettori di Pagine Ebraiche
hanno avuto modo, negli scorsi mesi, di seguire il confronto su questo
stesso tema fra molte firme che hanno offerto visuali diverse (da rav
Gianfranco Di Segni a Ugo Volli, da Sergio Della Pergola a rav Roberto
Della Rocca e Anna Foa, da Davide Assael a Anna Segre).
Questa sera l'attesissimo,
commovente abbraccio fra il pubblico e Shaul Ladany, l'uomo che a passo
di marcia ha proseguito la sua corsa per spezzare il male, dal Lager
alla Guerra dei Sei giorni alla strage degli atleti israeliani alle
Olimpiadi di Monaco '72.
Scenderà fra la gente per raccontare la sua storia (i biglietti sono
già tutti esauriti) un marciatore che ogni anno, per il suo compleanno,
percorre un chilometro per ogni anno vissuto. La marcia di Shaul Ladany
è iniziata 76 anni fa: ha incontrato alla partenza la prigionia nel
campo di Bergen-Belsen, è passata per la Guerra dei Sei Giorni in
Israele, ha conosciuto uno dei suoi momenti di crisi nell’attacco
terroristico di Settembre Nero agli atleti israeliani durante le
Olimpiadi di Monaco, avvenuto esattamente quarant'anni fa. Una marcia
ininterrotta, che per tenacia e costanza gli è valsa anche molti record
e medaglie in campo sportivo. Insieme al giornalista Andrea Schiavon,
autore di Cinque cerchi e una stella, e a Matteo Corradini, Ladany
torna sui successi e sulle tragedie che hanno segnato la sua vita e
insieme quella di Israele.
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Qui Ancona - Un anno
per la serenità |
In
occasione di Rosh haShanah e del periodo penitenziale desidero far
pervenire ai membri della Comunità di Ancona e a tutti gli ebrei
d'Italia i miei fervidi sentimenti di augurio di Shanà Tovà. Che il
nuovo anno sia portatore di serenità e di pace per tutto il popolo di
Israele.
Rav Giuseppe
Laras, rabbino capo della Comunità ebraica
di Ancona
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Qui Venezia - Un anno
per la pace |
L'anno
che termina e l'anno nuovo si presentano come tempi agitati e spesso
minacciosi, nei quali spinte generose di rinnovamento si alternano con
violenze, spargimenti di sangue, incertezze per l'avvenire. Auguro a
tutti gli ebrei veneziani e italiani di ritrovare nelle proprie
tradizioni quella compattezza e quella fraternità che hanno permesso
alle generazioni che ci hanno preceduto di superare e sopravvivere a
prove ben più serie. Auguro un anno di maggior serenità, per le nostre
Comunità, per Israele e i nostri amici e parenti che lì risiedono, un
anno di impegni e soddisfazioni culturali, soprattutto un anno pacifico
e di promozione di pace.
A tutti, Shanà Tovà u-mevorekhet
Amos
Luzzatto, presidente della Comunità ebraica di Venezia
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Qui Casale - Un anno
per il futuro |
Gli
auguri dolci e sinceri di Shanà Tovà dal presidente di lunga data di
una piccola Comunità, con un cuore grande, proiettata verso il futuro
grazie all’arrivo di giovani famiglie israeliane e alla nascita di
nuove generazioni, linfa vitale del Popolo ebraico.
Salvatore Giorgio Ottolenghi,
presidente della Comunità ebraica
di Casale
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Qui Modena - Un anno
per la crescita |
Auguri di
Shanà Tovà dalla Comunità ebraica di Modena. Possa quest'anno
essere un anno di crescita per l'ebraismo italiano.
Rav Beniamino
Goldstein, rabbino capo della Comunità ebraica
di Modena
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Qui Pisa - La
cittadinanza ricorda l'infamia di San Rossore |
Il
5 settembre del 1938, nella residenza di San Rossore, il re d'Italia
Vittorio Emanuele III firmava l'ignominoso decreto con cui si apriva un
nuovo periodo discriminatorio nei confronti della popolazione ebraica.
Con le leggi razziste gli ebrei furono emarginati dalla vita sociale,
espulsi dalle scuole e dalle università, costretti ad abbandonare il
proprio lavoro. Una pagina oscura del Novecento italiano che la città
di Pisa, in occasione del 74esimo anniversario di questa triste
ricorrenza, ha voluto ricordare con una serie di iniziative dedicate ad
approfondire gli errori del passato ma anche a sviluppare nuove
prospettive di inclusione per l'Italia sempre più globale e
multiculturale del ventunesimo secolo. Si è partiti da San Rossore, con
una cerimonia commemorativa cui hanno preso parte le più alte cariche
pubbliche cittadine, la Comunità ebraica pisana con il suo presidente
Guido Cava, rappresentanti dell'Aned, dell'Anpi, dell'Anppia, della
Comunità LGBT e della realtà sinti. Nel pomeriggio, a Palazzo
Gambacorti, si è poi svolto un incontro aperto alla cittadinanza che ha
avuto tra i suoi relatori il rav Luciano Meir Caro, l'antropologo Ugo
Caffaz e Michele Battini del Centro Interdipartimentale di studi
ebraici dell'Università di Pisa con a seguire lectio magistralis di
Guri Schwarz sul tema “L'antifascismo, gli ebrei italiani e la
persecuzione razziale”. A concludere la giornata l'esecuzione del
Requiem K.626 di Wolfgang Amadeus Mozart alla Stazione Leopolda. Sempre
alla Leopolda, questo pomeriggio alle 17.30, tavola rotonda con Silvano
Arieti, Rita Bruschi, Giovanni Umberto Corsini, Ludovico Gallieni e
Silvia Panichi per discutere Il Parnas di Silvano Arieti, testo in cui
si ricostruisce l'eccidio nazifascista avvenuto a Pisa il primo agosto
del 1944 e in cui trovarono la morte 12 persone nell'abitazione
dell'allora parnas Giuseppe Pardo Roques.
"Con la solennità
istituita dal Comune di Pisa – ha affermato nel corso del suo
intervento il sindaco di Pisa Marco Filipppeschi - ogni 5 settembre
rinnoviamo la memoria di quel giorno infausto del 1938 in cui furono
firmati, in San Rossore, i Regi Decreti che promulgavano la
legislazione per la difesa della razza. Abbiamo inteso stabilire un
momento permanente per costruire una memoria condivisa della nostra
storia recente e dare ai giovani un messaggio importante contro il
razzismo e contro ogni forma di discriminazione. Il programmo ancora
più ampio e articolato proposto quest'anno servirà anche come spunto di
riflessione culturale affinché prosperino i valori di libertà,
democrazia e tolleranza che stanno alla base della nostra convivenza
civile e che sono di grande attualità".
a.s - twitter @asmulevichmoked
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Consensi |
E'
sorprendente che quando annualmente si parla di letteratura ebraica,
emerga così tanto, a volte in modo francamente prolisso,
l'umorismo ebraico solo perché l'umorismo è divenuto facilmente
popolare attraverso l'antiletteraria, annichilente televisione. Più che
mettere in luce l'umorismo ebraico, ormai si tratta di caccia al
consenso. E questo sì che fa veramente ridere.
Il
Tizio della Sera
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Lodi e stragi |
Ha ragione Riccardo Pacifici
quando dice che le indagini per la strage di Bologna andrebbero
riaperte. Perché in quella che rimane una delle pagine più drammatiche
e dolorose della storia del nostro paese ci sono ancora troppi punti
oscuri che meritano di essere chiariti. Il compito di uno Stato
democratico deve essere quello di rispondere agli interrogativi che
ancora non hanno trovato risposta; mettendo in discussione anche ciò
che la magistratura sembrava aver stabilito nel caso in cui emergano
nuovi particolari che ribaltano il quadro accusatorio. Lo dobbiamo
anzitutto alle vittime di quel 2 agosto, come a tutte le vittime del
terrorismo in Italia, compreso a Stefano Gay Tachè, ferito a morte
nell’attentato alla Sinagoga nell’ottobre del '82 grazie all’impunità
concessa ai terroristi palestinesi con il lodo Moro-Giovannone. Lodo
Moro che alla strage di Bologna sembra essere tremendamente collegato.
Daniel
Funaro, studente
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Qui
Modena - Fondi per la ricostruzione
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Leggi la rassegna |
Molto significativo il
risultato raggiunto con la raccolta fondi proposta a Modena in
occasione della Giornata europea della cultura ebraica con l'obiettivo
di contribuire, sulla scia della grande campagna lanciata dall'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane in primavera, alla ricostruzione della
biblioteca della scuola Elvira Castelfranchi di Finale Emilia.
Soddisfazione per l'esito dell'iniziativa è stata tra gli altri
espressa da Sandra Eckert, presidente della Comunità ebraica modenese,
che ha affermato: "Desidero ringraziare tutti gli amici che hanno
contribuito con le loro offerte al nostro progetto e anche le numerose
persone che con la loro presenza alle iniziative della Giornata hanno
testimoniato il grande affetto dei modenesi verso la realtà ebraica
cittadina".
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
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