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13 settembre 2012 - 26 Elul 5772
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l'Unione informa
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elia richetti Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
 


Siamo vicini alla conclusione degli insegnamenti che Moshè, ormai prossimo alla fine, rivolge al popolo ebraico. Gli ammonimenti a rimanere fedeli alla Torà si susseguono con ritmo incalzante. Particolare rilievo ha in queste Parashòth il concetto che all’osservanza delle mitzwòth sia strettamente collegata la benedizione divina, mentre l’allontanamento dalle medesime porterebbe la maledizione. Dopo aver ribadito questo concetto, la Torà afferma che “Le cose occulte sono del Signore D. nostro, e quelle manifeste sono per noi e per i nostri figli per sempre, per fare tutte le parole di questa Torà”. In questo contesto, però, non è chiaro che cosa debba intendersi per occulto e che cosa sia manifesto. I nostri Maestri, nel trattato talmudico di Chullìn, ci vengono incontro insegnando che Ha-Qadòsh Barùkh Hu’ non ha voluto rivelare i motivi e la ricompensa di ogni singola mitzwà affinché noi non si fosse portati a trascurare le mitzwòth di minore portata limitandoci ad osservare quelle portatrici di maggior premio. In realtà – essi osservano – a proposito di due mitzwòth la Torà ci indica la stessa conseguenza positiva (“cosicché tu vivrai e allungherai i tuoi giorni”): si tratta di una mitzwà importante e continuativa, il rispetto dovuto ai genitori, e di una semplice e momentanea, il divieto di sottrarre i pulcini o le uova alla madre in atto di cova. Ciò ci insegna evidentemente che al di là della maggiore o minore difficoltà nella loro osservanza, le due mitzwòth devono essere considerate di uguale importanza e quindi di uguale obbligatorietà. Questo è esattamente ciò che ricorda il versetto della nostra Parashà. Le cose occulte spettanti a D. sono le motivazioni e le ricompense delle singole mitzwòth; solo di due di esse la ricompensa è rivelata e manifesta: una di esse è riferita a “noi”, ossia il divieto relativo agli uccelli, e l’altra “ai nostri figli”, ossia ha a che fare col rapporto tra figli e genitori. Questa ripartizione ha un solo scopo: quello di spingerci a mettere in pratica tutta la Torà, e non solo alcune mitzwòth. L’invito ad osservare la Torà integralmente non deve risuonare solo nella lettura del Séfer di questa settimana: deve essere lo spunto chiave sul quale soffermarci in questi giorni di Teshuvà. Che l’anno che sta per cominciare porti a tutti noi la soddisfazione di vedere crescere il nostro legame con la Torà e con le mitzwòth. Auguri di Shanà tovà a tutti.


Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme


Sergio Della Pergola
Nella mia prima apparizione su questa pagina, circa quattro anni fa, notavo che Israele contava 7,3 milioni di abitanti, meno di Svezia, Austria, Svizzera, Bulgaria, Serbia, più di Danimarca, Slovacchia, Finlandia, Norvegia, Irlanda, Croazia, fra i paesi europei al di sotto dei 10 milioni. Quattro anni dopo, alla vigilia del Capodanno ebraico, la popolazione di Israele ammonta a 7.930.000, di cui 5.970.000 ebrei, ha superato la Bulgaria e la Serbia, e tallona da vicino la Svizzera. La crescita demografica di Israele è andata di pari passo con lo sviluppo dell'economia e delle infrastrutture, ma anche comporta una crescente complessità nella compagine sociale, persistenti disuguaglianze nella distribuzione delle risorse, e un vivace dibattito interno sulle vie politiche da seguire in una democrazia con tredici partiti rappresentati in parlamento. Ci chiedevamo allora, e ci chiediamo nuovamente oggi: E' possibile parlare di Israele in termini normali e non eccezionali? Il sionismo storico, con lo strumento della sovranità statale, perseguiva due scopi: mantenere l’eccezionalità, e conseguire la normalità per il popolo ebraico. È possibile conseguire questi due obiettivi antitetici? Di fatto, in Europa si parla quasi sempre di Israele al di fuori della norma. Un'indagine sulle percezioni dell'antisemitismo da parte degli ebrei in nove paesi europei, fra i quali l'Italia, è in corso in questi giorni attraverso la rete internet su iniziativa della Fundamental Rights Agency dell'Unione Europea. Tutti sono invitati a partecipare. I suoi risultati ci permetteranno presto di meglio valutare la relazione triangolare che indubbiamente esiste oggi all'interno delle società europee fra il fenomeno Israele, sempre presente nell'orizzonte mediatico e politico, gli atteggiamenti prevalenti nei confronti di Israele e delle comunità ebraiche locali nei diversi paesi, e i loro riflessi all'interno della popolazione ebraica in Italia e in Europa.

davar
Ciclismo - Gli ebrei italiani e francesi al direttore del Tour:
"Nel 2014 ricordiamo Bartali partendo da Firenze"
Ancora poche settimane e la Commissione del Tour de France scioglierà le riserve su quale località avrà l'onore di dare il via alla Grand Boucle nel 2014. In corsa con ottime prospettive c'è Firenze, tra le ipotesi più concrete in un ventaglio di nomi che comprende anche altre importanti città europee come Londra, Edimburgo e Barcellona. Punto di forza del fascicolo fiorentino è la possibilità di legare questo appuntamento ai Mondiali di ciclismo che avranno luogo in riva all'Arno nel 2013 ma soprattutto di celebrare, in concomitanza con l'avvio della manifestazione, il centenario della nascita di un corridore che ha fatto sognare il popolo delle due ruote: Gino Bartali.
Protagonista di leggendarie imprese sui pedali, due volte trionfatore al Tour de France (1938 e 1948), Bartali è stato anche un eroe lontano dalle corse aiutando a mettere in fuga, come noto, centinaia di perseguitati politici e religiosi braccati dal nazifascismo. “Un impegno silenzioso cui la candidatura di Firenze vuole rendere omaggio”, spiega Andrea Bartali, figlio del campionissimo di Ponte a Ema e presidente della Fondazione Gino Bartali Onlus.
Nasce da quest'orizzonte di Memoria il coinvolgimento dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della Comunità ebraica di Firenze che, unitamente al Conseil Représentatif des institutions juives de France – massima istituzione ebraica francese – hanno fatto pervenire in queste ore al direttore del Tour de France Christian Prudhomme, al responsabile dei rapporti con l'esterno Cyrille Tricart e al vicesindaco e assessore allo sport del Comune di Firenze Dario Nardella, alcuni messaggi ufficiali di sostegno all'iniziativa. “Straordinario campione sui pedali che tante imprese memorabili ha regalato alla storia di questa disciplina, Bartali – si legge nella lettera firmata dal presidente UCEI Renzo Gattegna e dal presidente della Comunità ebraica fiorentina Guidobaldo Passigli – fu anche persona di altissimo profilo umano che fece dell'altruismo la bandiera di una vita. A testimoniarlo la medaglia d'oro al merito conferitagli alla memoria dall'allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e la lettera di motivazione in cui si ricorda come Bartali contribuì a salvare centinaia di perseguitati trasportando e consegnando documenti falsi che teneva nascosti nel telaio della sua bicicletta. Un'azione coraggiosa e disinteressata che gli ebrei italiani non dimenticheranno mai”.
“Gino Bartali – scrive il presidente del CRIF Richard Prasquier – è stato un grande atleta e un uomo degno di ammirazione che potrebbe essere presto iscritto al registro dei Giusti tra le Nazioni dello Yad Vashem. La modestia e il silenzio che hanno fatto da contorno alle sue imprese extrasportive rendono tali azioni ancora più lodevoli. Ecco perché, in un momento in cui il bisogno di modelli da cui trarre ispirazione si fa sempre più forte, nel mondo dello sport ma non solo, sono orgoglioso di sostenere la candidatura di Firenze come città di partenza del Tour del 2014”.

Adam Smulevich - twitter asmulevichmoked


Rosh haShanà 5773
Qui Torino - Un anno per l'armonia

La Giornata Europea della Cultura Ebraica che si è da poco conclusa è stata in tutta Italia una giornata di festa, ricca di approfondimenti culturali, di spettacoli, di occasioni di allegria e divertimento. A Torino abbiamo avuto oltre 1300 persone a visitare le Sinagoghe della città, e altrettante  hanno ripercorso le tracce della vita ebraica nelle altre 16 città del Piemonte che sono ancora o che furono sede di insediamenti ebraici. La folla era tanta, sorridente e interessata, e le inevitabili code sono state allietate dallo spettacolare cabaret yiddish di Tommy Schwarcz. All’inaugurazione a Torino, a sentire la lezione sull’umorismo ebraico di Elena Loewenthal, hanno partecipato i rappresentanti della Città e della Regione Piemonte, oltre al Presidente del Comitato Interfedi e a rappresentanti di altre fedi religiose. L’attività è stata resa possibile grazie all’impegno di diecine di volontari, che hanno lavorato a presentare momenti della cultura e della storia del popolo ebraico, a offrire assaggi di dolci tradizionali, a organizzare e presentare raccolte di vignette, manifesti, libri, riviste, comprovanti la ricchezza e la complessità dell’umorismo ebraico, a raccontare barzellette, a parlare e cantare. Ecco, dell’anno che finisce vorrei ricordare questa giornata, una giornata in cui la Comunità Ebraica e la società italiana si sono incontrati, in una occasione di festa e di conoscenza, un’immagine di gioia e di speranza, con la partecipazione spontanea di tanti volontari che hanno collaborato con competenza, capacità, armonia, tutti con volto sorridente.
Una bella immagine di una realtà positiva che ci lega alla società circostante. Come belle sono le immagini che ci restano di tante iniziative rivolte prevalentemente alla nostra stessa Comunità , e che vorremmo intensificare, arricchire, per rendere sempre più coinvolta e attiva la partecipazione degli ebrei torinesi alla vita comunitaria.
Peraltro, ci sono anche motivi di preoccupazione: le notizie che ci giungono ogni giorno da Israele e dal Medio Oriente ci fanno pensare, con grave timore, ad una rinascita, sempre più sfacciata, di un antisemitismo che talvolta si nasconde sotto un non meno biasimevole antisionismo. Il rischio che l'Italia e l'Europa intera corrono se non si pone un freno a questi rigurgiti già troppe volte visti impone a tutti di agire con fermezza e determinazione a difesa dei valori acquisiti dalla cultura europea.
Auguriamoci che il nuovo anno sia un anno di pace per tutti noi, per il popolo ebraico, per lo Stato di Israele e per tutto il mondo.

Beppe Segre, Presidente Comunità ebraica di Torino

Qui Genova - Un anno per la comprensione

Desidero esprimere l’augurio che l’esame di coscienza che compiremo in questi giorni ci porti a considerare i nostri fratelli con maggior comprensione, per il bene di tutto Am Israel. Come insegnava uno dei grandi esponenti del mondo Chassidico, Rabbi Elimelech:“Ten Belibbenu Shenirè Col Echad Ma’alot Chaverenu Velò Khesronam” “Disponi il nostro cuore affinché ognuno possa vedere nel prossimo le qualità piuttosto che i difetti.”
Shanah Tovah Umvorekhet

Rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo della Comunità ebraica di Genova

Qui Merano - Un anno per la pace

Auguro a tutti i correligionari in diaspora, a tutto Israele e ai nostri amici un 5773 di pace, salute e prosperità.


Eli Rossi Innerhofer, presidente della Comunità ebraica di Merano


Qui Gerusalemme - "Contro l'odio serve coesione"
Si sono aperti ieri a Gerusalemme i lavori dell'Israeli Jewish Congress, organo di rappresentanza di recentissima istituzione che si rivolge a tutti gli ebrei d'Europa e di Israele. Tra gli ospiti della giornata inaugurale il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente della Repubblica Shimon Peres, i ministri Silvan Shalom e Yuli Edelstein e numerosi parlamentari e dirigenti di Comunità ebraiche tra cui il leader degli ebrei romani Riccardo Pacifici. Intervenendo a un panel dedicato al tema della delegittimazione l'onorevole Fiamma Nirenstein, vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera, si è soffermata sui nuovi venti d'odio che spirano in Europa auspicando una collaborazione sempre più intensa e proficua tra comunità della Diaspora e Israele. “Oltre a preoccupanti manifestazioni di antisemitismo tradizionale come accade in Ungheria e Grecia – ha affermato Nirenstein – non dobbiamo sottovalutare il carattere letale della delegittimazione di Israele. Da un lato la continua messa in discussione del diritto all'esistenza dello Stato ebraico, guidata a livello mondiale da un presidente iraniano che incita incessantemente alla distruzione di Israele davanti a una impassibile comunità internazionale, dall'altro la negazione del legame storico del popolo ebraico con questa terra, con Gerusalemme, precludono a Israele il più elementare dei diritti, quello alla vita”. Per questo, ha concluso l'onorevole, “è importante continuare a mostrare come Israele sia invece un paese vitale ed essenziale per il popolo ebraico, ovunque nel mondo. Una sfida in cui l'Israeli Jewish Congress può avere un ruolo importante. Da un lato consolidando il legame tra gli ebrei del mondo e Israele, dall'altro rafforzando i rapporti tra Israele ed Europa perché il Vecchio Continente non ripeta gli errori del passato".

pilpul
Un'amara verità
Oltre al dolore e alla commozione che si provano di fronte a un atto di questo genere, ci sono due elementi nell’attacco al consolato americano in Libia che sono meritevoli di considerazione. Il primo è l’incapacità del mondo occidentale a stabilire con certezza in cosa consista la libertà d’espressione. Certo, in termini logici è paradossale definire su cosa ci si possa esprime e su cosa no, questione che però appare quanto mai necessaria in alcuni casi come questo. Hanno ragione infatti i musulmani che s’indignano di fronte a una pellicola, il cui scopo dell’autore è mostrare che l’Islam sia il cancro dell’umanità, calpestando così la dignità di milioni di fedeli  ed è ridicolo il tentativo di chi prova a giustificarne il fine in nome di una malpensata libertà. Allo stesso modo però c’è bisogno di ribadire un’amara verità: l’incapacità dell’occidente a far rispettare i suoi valori. Mai come in questo caso, a partire dagli Usa, è sembrato quasi che quell’orribile violenza avesse una giustificazione.  Perché se è vero che il video è da condannare lo è altrettanto il fatto che nessuna forma di blasfemia giustifica l’uccisione d’innocenti e l’assalto ad un’ambasciata.  Così ancora una volta il mondo occidentale ha perso l’occasione non solo per rispettare la sensibilità degli altri, ma anche di far comprendere che la propria è ugualmente importante.

Daniel Funaro, studente

Accuse di comodo
Molto scalpore ha suscitato la morte dell'ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens, a seguito dei disordini, in Egitto e in Libia, scaturiti dalla programmazione di un film, L’innocenza dei Musulmani, considerato blasfemo e offensivo dai devoti all’Islam. Subito è partita la caccia a chi fosse dietro questa pellicola. Prodotta, finanziata e realizzata dagli israeliani e dagli ebrei, coro unanime su tutti i media.
Questa tesi ha trovato terreno fertile in quasi tutti i commenti all’accaduto, su tutti giornali, dove non si è  risparmiato sulle allusioni al potere economico degli ebrei, alla loro influenza, non solo in Israele ma in tutto il mondo, anche da parte di giornalisti "amici".
Vecchia storia.
Ora, però, che i contorni dell’operazione L’Innocenza dei Musulmani, vanno delineandosi sempre più ci si rende conto che è una bufala, che gli ebrei e gli israeliani, non c’entrano affatto. La ricerca, partita per capire chi fosse dietro alla provocazione, ha portato all’individuazione di tale Nakoula Basseley Nakoula, 55 anni,
cristiano copto, pregiudicato per reati finanziari, che ha riconosciuto la sua implicazione nella pellicola ed ha fornito, all’Associated Press, dei dettagli riguardo la produzione del film e chi ci fosse dietro.
Il regista Sam Bacile, sedicente israeliano non esiste, o meglio, sarebbe lo stesso Nakoula Basseley Nakoula, nome fornito, con molti altri, alla Corte Federale americana.
Sempre all’AP ha detto che il film era nato per denunciare le preoccupazioni dei cristiani copti su come fossero maltrattati dai musulmani. Sam Bacile è rintracciabile, telefonicamente, soltanto attraverso i contatti con i cristiano copti, come Morris Sadek o come Steve Klein, nome forzatamente pseudo ebraici, ma Bacile non esiste, non esistono le centinaia di ebrei finanziatori del film, non c’è nessun elemento riconducibile ad Israele, nessuno verso gli ebrei.
Molto più comodo, per tutti, per i cristiano copti, per la stampa, per i musulmani stessi, credere che dietro ci fosse il perfido giudeo, manovratore di trame oscure, gestore del Potere mondiale. Insomma, il tentativo maldestro, da parte di qualcuno, di coinvolgere Israele (con la presunta cittadinanza di Bacile) o gli ebrei (quali finanziatori del progetto) è miseramente naufragato. Mi auguro che la stampa, così pronta a dare addosso all’untore giudaico, sia altrettanto pronta a raccontare le cose come stanno.

Vittorio Pavoncello, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

notizieflash   rassegna stampa
Allo Zoo Biblico di Gerusalemme presto
il più grande acquario di Israele
  Leggi la rassegna

Lo Zoo Biblico di Gerusalemme (Jerusalem Biblical Zoo) fu creato al centro della città, nel 1940, dal professor Aharon Shulov con la volontà di collezionare e mostrare, tutti gli animali citati nella Bibbia. Attualmente si trova nel quartiere Manahat, a sud-ovest di Gerusalemme. Secondo quando annunciato dal municipio di Gerusalemme, lo Zoo Biblico sarà presto dotato del più grande acquario di tutto Israele con apertura prevista per il 2015. L'attrazione principale del nuovo acquario sarà un moderno tunnel sottomarino, dove i visitatori saranno in grado di vedere una vita sottomarina incredibile e avranno una vista a 180 gradi della barriera corallina, dagli squali, alle tartarughe marine, fino alle altre specie di pesci esotici, che si possono trovare nel Mediterraneo orientale e nel Mar Rosso.
 
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