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  19 settembre 2012 - 3 Tishrì 5773
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david sciunnach
David
Sciunnach,
rabbino 


“Moshè andò e riferì queste parole a tutto Israele…” (Devarìm 31, 1). I Maestri si domandano dove fosse andato Moshè? A nome degli antichi Tzaddikìm i Maestri rispondono a questa domanda leggendo il verso in maniera differente: “Moshè andò” dove?  "In tutto Israele”. In base a questa lettura i Maestri affermano che Moshè Rabbènù andò nel cuore di ogni figlio d’Israele e quindi in ogni generazione vi è una sua scintilla.
 Davide 
Assael,
ricercatore



davide Assael
Certo, fanno male, per chi spera in un nuovo riassetto mondiale che possa dare stabilità allo scenario globalizzato, le immagini di assalto alle ambasciate che provengono da molti paesi arabi. Ed è chiaro che il mondo islamico sia da almeno 15 anni ostaggio di lotte fra bande criminali che tentano di conquistare lo sterminato potenziale delle masse sparse per il mondo. Un processo a cui l’Occidente ha contribuito in maniera determinante e che oggi, spronato da personaggi a dir poco impresentabili (vedere la destra statunitense, ma anche quella europea e italiana, con la Lega di Renzo Bossi e l’allucinante area berlusconiana) vuole tramutare in guerra religiosa, spinto da vergognose esigenze elettorali. Ed in questo processo si raccatta di tutto: da frustrati messi ai margini (giustamente) dall’establishment intellettuale a chi deve ripulirsi la coscienza da un passato altrettanto buffonesco. Insomma, si riattiva il dibattito sulla libertà d’espressione, ma ci siamo chiesti a che scandaloso punto è arrivata la nostra democrazia? E’ ovvio che ci sia un problema gravissimo nella reazione delle popolazioni arabe che assaltano le ambasciate, ma chi può realizzare una patacca come è il film su Maometto abilmente fatto circolare su siti arabi al momento più opportuno? Forse, in una concreta democrazia che non voglia ridursi alla caricatura di se stessa, più corretto sarebbe parlare di “opportunità d’espressione”. Mala tempora currunt…
         
davar
Trasporti - Mr Ryanair a Pagine Ebraiche:
“La tratta Roma-Tel Aviv sarà low-cost”
Roma-Tel Aviv a quaranta/cinquanta euro. È la promessa di Michael Cawley, al timone di Ryanair dalla fine degli anni Novanta, al giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche di ottobre in distribuzione nei prossimi giorni. Un’intervista, rilasciata a Rossella Tercatin, in cui il viceamministratore delegato della compagnia irlandese racconta i piani della linea aerea dopo la firma di Israele al Trattato sui Cieli Aperti della scorsa estate.
Tante le novità annunciate, a partire dalla volontà del colosso dell’aviazione a basso costo di aprire i primi collegamenti già la prossima primavera (il Trattato inizierà a entrare in vigore nell’aprile 2013). Fra i primi passeggeri a trarne beneficio gli italiani, visto che le prime rotte coinvolgeranno proprio gli aeroporti da cui Ryanair vola nell’Europa meridionale, Roma, Milano-Bergamo, Venezia e Pisa in testa: destinazione non soltanto Tel Aviv, ma anche Eilat. “Porteremo in Israele due milioni e mezzo di passeggeri l’anno, da aeroporti che oggi non la offrono come meta” l’impegno di Cawley.
Ma se la linea aerea promette una rivoluzione, il trend del turismo in Israele è nel 2012 già incredibilmente positivo, con 2,3 milioni di turisti che hanno visitato il paese tra gennaio e agosto, il sette per cento in più dell’anno precedente. Dati che tuttavia, secondo Mister Ryanair, conoscono ancora enormi margini di miglioramento. “Israele è un luogo meraviglioso eppure, se togliamo quello di matrice religiosa, il turismo oggi è quasi inesistente. Qualcuno sostiene che la ragione sia da attribuire alle preoccupazioni legate alla sicurezza, peraltro nemmeno realmente giustificate. Secondo me è vero solo in minima parte. Io penso che il problema sia rappresentato dal fatto che volare in Israele costa caro, molto caro. Diamo alla gente la possibilità di raggiungerla a poco prezzo, e il turismo esploderà”. Un’affermazione che il viceamministratore delegato traduce in circa 800mila visitatori in più l’anno, pronti a spendere in alberghi, ristoranti e souvenir una media di 800 euro a testa, pari a 640 milioni di euro complessivi. Tra i benefici per il sistema paese si deve aggiungere la possibilità offerta ai viaggiatori israeliani stessi, turisti e imprenditori, di raggiungere l’Europa a tariffe minime. E a quanti si preoccupano per il futuro di El Al, Cawley risponde che “le linee aeree che operano nei paesi in cui abbiamo cominciato a volare, misurandosi con la nostra
concorrenza, sono state spinte a una maggiore efficienza. L’imprenditoria israeliana è una delle migliori del mondo. Saranno capacissimi di far fronte alle novità”. Un elogio che viene rivolto anche agli imprenditori italiani, che il deputy CEO definisce “ottimi partner commerciali, affidabili e creativi”, giudicando abbastanza positive le prospettive del piano che il ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera sta mettendo a punto in queste settimane allo scopo di razionalizzare gli aeroporti italiani. “Forse dal nostro punto di vista - afferma - avrebbe maggiormente senso capire come sfruttare economicamente gli aeroporti che ci sono, piuttosto che chiuderli, visto che i soldi per costruirli sono già stati investiti. E tuttavia, in effetti, razionalizzare la rete aeroportuale, soprattutto per gli scali più piccoli, può avere un senso”.
“Ryanair ha trasformato il viaggio in qualcosa di democratico, alla portata di tutti” conclude Cawley, prima di alzarsi dalla scrivania, raggiungere il poster con le livree delle compagnie low cost in Europa, unica nota di colore dell’ufficio, e tracciare una x sull’ennesima concorrente che ha lasciato il mercato (Wind Jet) con il sorriso sulle labbra. Anche questo è lo stile Ryanair.

Rosh haShana 5773  
Un anno per la gioia

L’anno appena finito è stato un anno difficile per tutta l’umanità sia sul piano economico che su quello politico per le migliaia di morti in molti paesi in attentati, rivolte ecc... L’anno nuovo - Tav shin ‘Ain Ghimel - possa essere invece un anno in cui si riveli ‘Ozmath Ghilà, un rafforzamento della gioia, un anno in cui ognuno possa guardare con ‘Ain – occhio – positivo la gioia del prossimo e condividerla.

Scialom Bahbout, rabbino capo della Comunità ebraica di Napoli

Un anno per la collaborazione

I nostri Maestri fanno osservare che il nuovo anno si apre con il mese di Tishrì che, a differenza di tutti gli altri mesi, racchiude in sé un assaggio di ogni differente espressione e sfumatura delle successive festività dell’anno: vi sono ricorrenze solenni e digiuni per poi concludere con giorni di grande gioia ed allegria. Una delle motivazioni di ciò è che, se ci lasceremo pervadere dal significato profondo di ognuna di queste festività, l’intero anno verrà vissuto secondo il vero spirito della Torah. Seguendo questo insegnamento la Comunità di Parma ha celebrato Rosh haShana con i numerosi amici che ci hanno raggiunto grazie anche alla collaborazione dell’Ugei, suggellando così l’inizio di un nuovo anno che vuole essere di crescita e di sviluppo di un’autentica vita ebraica.
Le-shanah tovah tikatevu ve-tekhatemu.    

Giorgio Yehuda Giavarini, presidente della Comunità ebraica di Parma

Un anno per l'unità

Rosh haShana – come ci dice il Talmud – è il giorno del giudizio per le creature e vengono “guardati” i nostri comportamenti nell’anno appena trascorso. Nello Shabbat che precede la festa di Rosh haShana abbiamo letto la Parashà di Nitzavim. Questo il primo versetto: “Voi – dice Mosè al popolo – siete tutti presenti oggi davanti al Signore vostro D-o”
Noi sappiamo che non esiste al mondo uomo che non ha peccato, uno Zaddik completo. E quindi ci chiediamo: come possiamo presentarci davanti a KBU e uscirne indenni. La soluzione è proprio nel versetto sopra citato. Quando ci presentiamo tutti uniti, come è detto: “Siete presenti davanti al Signore della misericordia e tutti uniti davanti al D-o giudice delle azioni dell’uomo”. E questo è il principio del minian, perché nessuno può stare da solo davanti a KBU in quanto nessuno è un giusto completo. E nel minian ognuno porta le sue buone azioni e ci completiamo l’uno con l’altro. E per la stessa ragione contiamo il minian non come numeri ma come parte di un Pasuk della Torah, perché nessuno si salva da solo.
Come si legge nei Tehillim: “Trova ai singoli una casa”. Nel Talmud è scritto che questi singoli erano gli ebrei e KBU ha fatto loro come una casa: la casa di Giacobbe (Beth Yaakov). E come insegna Orach Chaim “Una singola trave non regge un tetto quando è sciupata, ma tutte insieme servono allo scopo”. Così il popolo di Israele, tutti insieme, può presentarsi davanti a KBU. Meam Loez riporta nei suoi scritti che un vecchio padre prima di morire ha dato ai suoi figli un fascio di paglia e ha chiesto loro chi poteva romperlo. Ha cominciato il più grande e arrivati al più piccolo nessuno riuscì a spezzarlo. Il padre disse: datemelo che vi faccio vedere come si fa. E hanno pensato come potrà nostro padre riuscire in questo, così vecchio e malato. Allora il padre prese uno stelo alla volta e li spezzò. Così insegnò loro: se sarete uniti, nessun popolo potrà sconfiggervi.
Questo è il messaggio di Rosh haShana: l’unità del popolo ebraico.
Come è scritto: Kol Israel arevim zè lazè - tutto Israele è responsabile uno per l’altro. E proprio nel Kiddush chi celebra fa uscire d’obbligo tutto il popolo presente perchè davanti a KBU siamo Beth Yaakov – casa di Giacobbe.

 Yair Didi, rabbino capo della Comunità ebraica di Livorno

Un anno per il nutrimento

Con piogge di luce, illumina la terra; con piogge di benedizione, benedici la terra; con piogge di esultanza, esulti la terra; con piogge di vita, vivifica la terra; con piogge di nutrimento, alimenta la terra.


Guidobaldo Passigli, presidente della Comunità ebraica di Firenze


Un anno per le soddisfazioni

La Torah (Levitico, 23,24) chiama Rosh haShana ''giorno del suono dello shofar''. Nel passato c'era l'abitudine di incoronare i re attraverso il suono dello shofar. Così anche il senso di Rosh haShana è far regnare Hashem per mezzo dello shofar, come afferma il versetto: "Con trombe e con lo shofar, lodiamo e applaudiamo il Signore''. Analogo  il contenuto della Tefillà, la richiesta che il nome di Hashem, sia santificato e glorificato e che il regno divino sia riconosciuto nel mondo. Nel giorno di Rosh haShana furono creati l'essere umano e il mondo. Questo è un giorno di riflessione per ognuno di noi, in cui ci rendiamo conto che la vita ha un senso, che il mondo ha un obbiettivo e un scopo e questo esame di coscienza ci serve per capire se siamo nella giusta direzione e se capiamo qual è il nostro ruolo. Mi auguro che l'anno 5773 sia pieno di soddisfazioni, di prosperità, di buoni decreti ed elevazione spirituale. Amen

Ghili Benyamin, rabbino capo della Comunità ebraica di Venezia

pilpul
Pistole di plastica
Francesco LucreziPur apprezzando le evidenti buone intenzioni della ricerca promossa dall’Unione Europea riguardo alla diffusione dell’antisemitismo in Europa, e pur essendo convinto della serietà del modo in cui è stato preparato il relativo questionario (che non ho compilato, e neanche visionato, essendo esso rivolto solo alla popolazione ebraica; ho però contribuito a diffonderlo tra i miei amici ebrei), ribadisco lo scetticismo già ho già avuto modo di esternare, su queste colonne, riguardo alla stessa possibilità di misurare, con criteri scientifici, il livello di antisemitismo di una data società, in un dato momento storico: scetticismo fondato sulla convinzione che l’antisemitismo, per sua stessa natura, non sia un fenomeno misurabile. Non lo è perché non è individuabile nel suo identikit, nelle sue vesti, nei suoi contorni, nelle sue dimensioni. Nel suo camaleontismo, esso cambia periodicamente abito, e non serve (o serve a molto a poco) contrastarlo nelle sue manifestazioni sorpassate, quando esso ha già assunto nuove forme, nuove maschere.
Quanto e come l’antisemitismo, nel corso dei secoli, abbia radicalmente cambiato le sue manifestazioni esteriori, le sue contorte e morbose giustificazioni, è cosa troppo nota per dover essere ribadita. Al giorno d’oggi, è un dato di fatto difficilmente controvertibile che esso, in Occidente, almeno al 90 per cento si esprima nell’ostilità verso lo Stato di Israele. Sussiste, infatti, una netta differenza tra il mondo islamico e quello occidentale, giacché nel primo l’odio verso la patria degli ebrei spesso si intreccia o si sovrappone all’avversione verso gli ebrei ‘tout court’, senza bisogno di particolare distinzioni, mentre, in Europa - con l’eccezione della ‘riserva indiana’ dei gruppi dichiaratamente neonazisti (comunque da non sottovalutare, Breivik insegna) - l’avversione contro Israele, più o meno estesa, quasi mai mostra di estendersi alle comunità ebraiche della diaspora, nei confronti delle quali, in genere, si sono manifestati, fino ad oggi (ma le cose possono cambiare, si veda l’Ungheria), considerazione e rispetto. Rispetto e considerazione che sembrano essere tanto più vigili e accentuati in chi intenda attaccare, con maggiore o minore virulenza, lo Stato ebraico, proprio per evitare che il proprio antisionismo (o la propria critica politica) possa essere confuso con l’antisemitismo ‘vecchio stampo’. Se ne è parlato più volte, recentemente, proprio a proposito dell’umorismo ebraico: se un gentile deve essere prudente nel dire barzellette sugli ebrei, per non sembrare antisemita, è evidente che un ebreo non ha questa preoccupazione, e può lasciarsi andare tranquillamente. Allo stesso modo, è facile vedere come i distillatori professionali di odio anti-israeliano stiano in genere molto attenti (pur con delle eccezioni) a non dare alle loro posizioni una coloritura generalmente antiebraica, e cerchino anzi spesso di ‘certificare’ il loro pensiero attraverso l’avallo di qualche collega ebreo.
Si potrà anche immaginare e costruire una sorta di metal-detector, in grado di svelare la vecchia “pistola antisemita” nascosta nel bagaglio, ma non servirà a molto, se il 90% delle armi sono oggi di plastica, capaci di superare tranquillamente il monitoraggio.

Francesco Lucrezi, storico

notizie flash   rassegna stampa
Chieri ricorda Giacomo Segre,
protagonista dell'Unità d'Italia
  Leggi la rassegna

Ricorre domani il 142esimo anniversario della Breccia di Porta Pia. Un appuntamento che avrà un significato del tutto particolare a Chieri, in Piemonte, dove due intense giornate di incontri ricorderanno la figura dell'ebreo Giacomo Segre, l'uomo cui Cadorna diede l'ordine di sparare il primo simbolico colpo sulle mura di Roma e che proprio a Chieri ebbe i natali. Le celebrazioni si svolgeranno alla presenza di una delegazione della Comunità ebraica di Torino guidata dal presidente Beppe Segre e avranno inizio domani pomeriggio con la deposizione di alcune corone di alloro sulla tomba del militare. In programma anche una mostra storica, incontri con gli studenti, momenti di spettacolo, animazione e musica.



 

Fra un po’ si dirà: si stava meglio quando si stava ancora peggio, scrive oggi Fiamma Nirenstein sul Giornale, discutendo su quanto avviene in questi giorni nel mondo. Barbara Alessandrini su l’Opinione cita Carlo Panella che, già nel 2005, scriveva che per l’Islam l’apostasia, oltre che un peccato, è anche un reato da punire con la morte. 


Emanuel Segre Amar

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