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12 ottobre 2012 - 26 Tishrì 5773
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
rav arbib
Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano 
 

 

Il racconto della creazione si conclude con il verbo "fare" - la'asòt che indica secondo i nostri Maestri l'invito all'uomo a completare l'opera della creazione. È interessante che questo compito umano sia indicato con il verbo "fare". A volte si contrappone la profondità del pensiero e dei sentimenti all'aridità dell'azione. Certamente un'azione non accompagnata dal pensiero ha poco senso ma per la tradizione ebraica si può veramente realizzare solo trasformandolo in azione.

Laura
Quercioli Mincer,
 slavista



laura quercioli mincer

“Il piacere della narrazione.
Il piacere di essere discepola
Il piacere di trovare una maestra.”
Così, esattamente dieci anni fa, Ludovica Muntoni, riassumeva i piaceri dateli dalla conoscenza e dall’amicizia con Giacoma Limentani, che ieri ha compiuto 85 anni. Auguri, Giacometta, e che dal tuo insegnamento continuino a fiorire nuove narrazioni, nuove discepole, nuove maestre!

davar
Nobel - Una tradizione lunga un secolo
Sono passati 107 anni da quando lo scienziato tedesco Adolf von Baeyer vinse il Premio Nobel per la Chimica, primo ebreo a ottenere il noto riconoscimento assegnato dall’Accademia reale di Svezia: un risultato ottenuto grazie ai suoi studi su un tema molto caro proprio alla tradizione ebraica, le proprietà chimiche della colorazione indaco (il tekhelet, che viene nominato decine di volte nella Torah, come colore utilizzato per tingere gli tzitzit, le frange degli scialli rituali, e le vesti del Gran Sacerdote). A rinnovare la tradizione che vede numerosi scienziati ebrei comparire nel prestigioso albo, quest’anno è il medico americano Robert J. Lefkowitz, che insieme al collega Brian K. Kobilka ha conseguito il Nobel per i suoi studi sui recettori accoppiati alle proteine G, sostanze presenti sulla membrana cellulare e fondamentali nella comunicazione di messaggi molecolari tra cellule (dal riconoscimento degli ormoni ai segnali nervosi). Lefkowitz e Kobilka sono stati premiati per aver scoperto che “il recettore in questione è assimilabile a quello presente nell’occhio che cattura la luce”, e che pertanto “esiste un’intera famiglia di recettori che si assomigliano e lavorano nello stesso modo”, come spiega il sito del Nobel. “Era scritto nel mio destino che diventassi un medico – aveva raccontato Lefkowitz, che lavora al Howard Hughes Medical Institute della Duke University Medical Center, al giornale della sua università la scorsa estate – E’ stato il mio sogno sin dalla terza elementare. Non lo baratterei con niente altro al mondo”.
La notizia della vittoria è arrivata all’indomani del riconoscimento del lavoro di un altro scienziato ebreo, francese stavolta, Serge Haroche, 68enne di origine marocchina, che ha ottenuto il Nobel per la Fisica insieme allo statunitense David Wineland, per le straordinarie scoperte che hanno permesso “di misurare e manipolare singoli sistemi di quanti”.
“Quando l’Accademia mi ha telefonato per annunciarmi che avevo vinto stavo passeggiando con mia moglie. Ho sentito il bisogno di sedermi su una panchina prima di raccontarle la novità” ha ammesso Haroche raggiunto dal quotidiano francese Le Figaro. Le sue ricerche, che si sono concentrate sui fotoni, le particelle di luce, hanno dimostrato che è possibile ottenere risultati in contrasto con le leggi della fisica tradizionale, risultati che potrebbero condurre a novità inimmaginabili, come dei computer superveloci.
Delusi anche quest’anno invece gli scrittori israeliani, fra tutti Amos Oz e Avraham Yehoshua, considerati da molti anni vicini all’ambito riconoscimento che un cittadino dello stato ebraico ottenne per l’ultima volta nel 1966 (si trattava di S.Y. Agnon): a vincere il Nobel per la letteratura è stato il cinese Mo Yan.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

Una foresta per Carlo Maria Martini
Un bosco in memoria del cardinale Carlo Maria Martini. Migliaia di alberi da piantare in Israele per onorare una figura protagonista assoluta del dialogo ebraico-cristiano, un punto di riferimento insostituibile di quel nuovo spirito che il Concilio Vaticano II, di cui si celebra in questi giorni il cinquantesimo anniversario, portò con sé. A lanciare l’iniziativa, è stata la Fondazione Maimonide su impulso del suo direttore scientifico rav Giuseppe Laras, rabbino capo emerito della Comunità ebraica di Milano, amico e interlocutore del cardinale nel lungo percorso di confronto. A recepire l’idea la Fondazione Culturale S. Fedele e il Keren Kayemeth LeIsrael (Fondo Nazionale Ebraico), che ha lanciato una sottoscrizione per permettere a chiunque lo desideri di contribuire alla foresta per Martini, rilasciando, secondo tradizione dell’ente, un attestato del numero di alberi donati. Alla presentazione del progetto hanno preso parte il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib e il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach, poi monsignor Gianfranco Bottoni, per anni stretto collaboratore di Martini, i monsignori Gianantonio Borgonovo e Pier Francesco Fumagalli della Biblioteca Ambrosiana, il presidente del Consiglio provinciale di Milano Bruno Dapei.
“Una notte andammo insieme a visitare i cimiteri ebraici intorno a Tiberiade. Cercavamo le tombe dei grandi Maestri. Ricordo molto bene il cappellino che indossava Carlo e l’atmosfera di pace e di profondità. Un’atmosfera unica”. Così la signora Maris Martini, sorella del cardinale aveva voluto ricordare la sua prima visita in Israele a fianco del fratello all’indomani della sua scomparsa. Proprio in quell’atmosfera, nel paese che Martini tanto amava (al punto da trasferirvisi dopo aver lasciato Milano) frusceranno le foglie degli alberi in suo ricordo.
(nell'immagine il cardinal Martini durante una visita in Israele negli anni Novanta)
 
5773, un anno (quasi) tutto nuovo 
Diversi giorni ci separano ormai dall'inizio del nuovo anno ebraico 5773 e non siamo ancora riusciti a onorare la bella tradizione di trovare spazio, su questo notiziario quotidiano, per tutti i messaggi di auguri che ci sono pervenuti dai presidenti e dai rabbini delle Comunità ebraiche italiane. La redazione ha deciso di dosare le apparizioni per favorirne la leggibilità, in modo da evitare eccessivi sovraffollamenti proprio in una stagione molto ricca di eventi e costellata dalle solennità in cui il notiziario quotidiano non può ovviamente essere pubblicato. Nonostante tutto il materiale sia già apparso nella home page del Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it e molti lettori ne avranno quindi già preso conoscenza vogliamo concluderne la pubblicazione anche su questo notiziario. In fondo l'anno è ancora quasi tutto nuovo e riascoltare gli auspici pervenuti dalle tante città dell'Italia ebraica serve proprio per viverlo a fondo e affrontarlo nel modo migliore tutti assieme.


Qui Ferrara – Un anno per il riavvicinamento

L’augurio che mi sento di formulare per il 5773 è che il nuovo anno porti a un profondo riavvicinamento di tutti i nostri fratelli ai principi e ai dettami della Torah. Che cessino i motivi di contrasto che troppo spesso percepiamo nelle nostre Comunità e che si realizzi una pace vera e duratura per Israele.

Rav Luciano Caro, rabbino capo di Ferrara


Qui Torino – Un anno per l’armonia

La Giornata Europea della Cultura Ebraica che si è da poco conclusa è stata in tutta Italia una giornata di festa, ricca di approfondimenti culturali, di spettacoli, di occasioni di allegria e divertimento. A Torino abbiamo avuto oltre 1300 persone a visitare le Sinagoghe della città, e altrettante hanno ripercorso le tracce della vita ebraica nelle altre 16 città del Piemonte che sono ancora o che furono sede di insediamenti ebraici. La folla era tanta, sorridente e interessata, e le inevitabili code sono state allietate dallo spettacolare cabaret yiddish di Tommy Schwarcz. All’inaugurazione a Torino, a sentire la lezione sull’umorismo ebraico di Elena Loewenthal, hanno partecipato i rappresentanti della Città e della Regione Piemonte, oltre al Presidente del Comitato Interfedi e a rappresentanti di altre fedi religiose. L’attività è stata resa possibile grazie all’impegno di diecine di volontari, che hanno lavorato a presentare momenti della cultura e della storia del popolo ebraico, a offrire assaggi di dolci tradizionali, a organizzare e presentare raccolte di vignette, manifesti, libri, riviste, comprovanti la ricchezza e la complessità dell’umorismo ebraico, a raccontare barzellette, a parlare e cantare. Ecco, dell’anno che finisce vorrei ricordare questa giornata, una giornata in cui la Comunità Ebraica e la società italiana si sono incontrati, in una occasione di festa e di conoscenza, un’immagine di gioia e di speranza, con la partecipazione spontanea di tanti volontari che hanno collaborato con competenza, capacità, armonia, tutti con volto sorridente.
Una bella immagine di una realtà positiva che ci lega alla società circostante. Come belle sono le immagini che ci restano di tante iniziative rivolte prevalentemente alla nostra stessa Comunità , e che vorremmo intensificare, arricchire, per rendere sempre più coinvolta e attiva la partecipazione degli ebrei torinesi alla vita comunitaria.
Peraltro, ci sono anche motivi di preoccupazione: le notizie che ci giungono ogni giorno da Israele e dal Medio Oriente ci fanno pensare, con grave timore, ad una rinascita, sempre più sfacciata, di un antisemitismo che talvolta si nasconde sotto un non meno biasimevole antisionismo. Il rischio che l’Italia e l’Europa intera corrono se non si pone un freno a questi rigurgiti già troppe volte visti impone a tutti di agire con fermezza e determinazione a difesa dei valori acquisiti dalla cultura europea.
Auguriamoci che il nuovo anno sia un anno di pace per tutti noi, per il popolo ebraico, per lo Stato di Israele e per tutto il mondo.

Beppe Segre, Presidente Comunità ebraica di Torino


Qui Livorno – Un anno per la salute

E’ con vero piacere che colgo l’occasione offerta da Moked per inviare a tutti gli iscritti della Comunità ebraica di Livorno e alle loro famiglie, i miei più sinceri auguri per un nuovo anno ricco di prosperità e salute.
Allo stesso tempo auguro ai nostri fratelli in Israele e a tutte le Comunità del mondo un 5773 di pace e serenità. Leshanà tovà tekatèvu vetechatèmu (che siate iscritti e sigillati per un buon anno).

Vittorio Mosseri, presidente della Comunità ebraica di Livorno


Qui Genova – Un anno per la comprensione

Desidero esprimere l’augurio che l’esame di coscienza che compiremo in questi giorni ci porti a considerare i nostri fratelli con maggior comprensione, per il bene di tutto Am Israel. Come insegnava uno dei grandi esponenti del mondo Chassidico, Rabbi Elimelech:“Ten Belibbenu Shenirè Col Echad Ma’alot Chaverenu Velò Khesronam” “Disponi il nostro cuore affinché ognuno possa vedere nel prossimo le qualità piuttosto che i difetti.”
Shanah Tovah Umvorekhet

Rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo della Comunità ebraica di Genova


Qui Padova – Un anno per il rafforzamento

Stiamo vivendo un periodo di notevolissime difficoltà finanziarie, sociali e politiche dell’intero mondo; ci rammentano, con incredilbile precisione, l’allegoria della Torre di Babele ed incidono sensibilmente sulle certezze individuali e sulle relazioni comportamentali. Una volta di più noi ebrei – ed in particolare noi ebrei italiani – dobbiamo serrare le fila, cercare armonia e trovare dentro di noi la forza e la voglia dell’”essere”, più che dell’”avere”; e di migliorare nei rapporti tra di noi e con gli altri. Mi auguro che il nuovo anno consenta a tutto il popolo di Israele quella serenità che permetta di applicare i dettati di vita che l’Ebraismo ci insegna.

Davide Romanin Jacur presidente della Comunità ebraica di Padova


Qui Ancona – Un anno per l’ascolto

In un periodo di difficoltà riscopriamo la preghiera abbandonando le apparenze per chiederci se siamo nella giusta direzione. Auguro a tutti di ascoltare il prossimo per ritrovare i nostri valori della vita ebraica e costruire Comunità accoglienti. Shanà Tovà Umetukà

Bruno Coen, presidente della Comunità ebraica di Ancona


Qui Merano – Un anno per la pace

Auguro a tutti i correligionari in diaspora, a tutto Israele e ai nostri amici un 5773 di pace, salute e prosperità.


Eli Rossi Innerhofer, presidente della Comunità ebraica di Merano


Qui Ferrara – Un anno per la normalità

L’anno 5772 è stato un anno difficile per la Comunità ebraica di Ferrara. Crisi e terremoto hanno creato gravi problemi, ci vorranno almeno due anni per tornare alla normalità: ma sarà possibile?


Michele Sacerdoti, presidente della Comunità ebraica di Ferrara


pilpul
Uno specchio o una speranza?
Anna SegreForse tra tutte le feste Simchat Torà è la più specificamente ebraica. E’ difficile infatti spiegare ad amici e colleghi non ebrei che cosa sia, e ancora più difficile riuscire a farne cogliere l’atmosfera: ci si sente quasi un po’ ridicoli a descrivere persone di tutte le età, studenti, professori, ingegneri, avvocati, che a un certo punto si mettono a ballare allegramente con dei rotoli di pergamena.
L’atmosfera di Simchat Torà varia molto da una comunità all’altra, o anche nello stesso posto attraverso i decenni. Qui un corteo di sefarim serissimo con canti maestosi, altrove danze ordinate e regolate, in un altro posto balli sfrenati, magari accompagnati da grandi bevute. Può variare in modo significativo anche il modo di coinvolgere i bambini, che ci dice inevitabilmente qualcosa sul modo di intendere l’educazione ebraica in quella comunità. Dimmi come fai festa e ti dirò chi sei? Forse solo in parte: non è detto che il modo in cui una comunità festeggia Simchat Torà sia esattamente lo specchio del suo modo di vivere l’ebraismo nel resto dell’anno: la gioia sfrenata può essere un momento di rottura rispetto a un’abituale rigidità o serietà; oppure gli usi della festa, più che descrivere la comunità com’è, indicano come dovrebbe essere. A Torino nel corso degli anni è stato raggiunto una sorta di compromesso: prima i giri seri con canti solenni, poi le danze più allegre con lanci di caramelle; c’è chi preferisce i primi, più legati alla tradizione locale, e chi invece ama di più le seconde; magari qualcuno partecipa solo alla prima o solo alla seconda parte, ma in qualche modo sono accontentati tutti; negli ultimi due anni persino le donne sono riuscite a guadagnarsi un angolino del bet ha-keneset in cui ballare. Così modi diversi, magari opposti, di vivere la festa convivono nel rispetto reciproco. Sarebbe bello se il Simchat Torà torinese fosse davvero lo specchio della comunità.

Anna Segre, insegnante

notizieflash   rassegna stampa
Un nuovo Sefer Torah per Livorno   Leggi la rassegna

Ingresso di un nuovo Sefer Torah nella sinagoga di Livorno. L'appuntamento è per domenica mattina, a partire dalle 11.30, in piazza Benamozegh. Apriranno la cerimonia, tra i momenti più gioiosi di vita comunitaria, i saluti del rabbino capo rav Yair Didi, del sofer David Barabi e del presidente della Comunità ebraica livornese Vittorio Mosseri. Il Sefer è dedicato alla memoria di quattro persone: Paolo Toaff, Laura Castelfranchi, Lina e Luisa Fargion.
 
 

Era di Hezbollah il drone abbattuto negli scorsi giorni da Israele. Ad annunciarlo, in un Medio Oriente sempre più infuocato dalla tensione, con venti di guerra che continuano a spirare tra Siria e Turchia, il leader del partito di Dio libanese Hassan Nasrallah.






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