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16 ottobre 2012 - 30 Tishrìl 5773
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Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino

Leggendo il pilpul di Anna Segre dello scorso venerdì 12 ottobre relativo alle modalità dei festeggiamenti di Simchàt Torah nella Comunità di Torino mi è tornato alla mente il modo austero e solenne, e forse anche un pò ingessato, con cui venivano celebrate le Haqqafòt (i giri dei Sifrè Torah) nelle varie Sinagoghe in Italia fino agli anni 80.
Addirittura, nella Sinagoga Maggiore di Roma, chi doveva prendere il Sefer Torah si presentava alla cerimonia di Simchat Torah con un cappello d' "ordinanza" che variava da una lobbia, a un cilindro. Solo verso la fine degli anni 70, nel tempio di via Balbo con la partecipazione dei giovani del Benè Akiwa, si introdussero canti e balli intercalati ai giri dei Sefarìm, e ciò costitui una prima piccola rivoluzione culturale. Del resto il vecchio sistema rifletteva una mentalità per la quale la "siepi" intorno ai pulpiti delle nostre sinagoghe erano molto alte e talvolta invalicabili. L'accesso era riservato agli "addetti ai lavori" e la maggior parte dei partecipanti vivevano la Tefilah da spettatori passivi, con una sorta di timore e distacco reverenziale, quasi un'interdizione sacra, da ciò che si svolgeva in alto nella Tevah (il pulpito). Durante questi ultimi trenta anni anche questi "muri" delle nostre sinagoghe sono stati abbatutti e come in ogni rivoluzione le siepi sono state un pò troppo calpestate. Nella maggior parte delle nostre sinagoghe sono stati introdotti usi e costumi di cui si sente spesso scarsa autenticità e consapevolezza. Dalle bevute di vodka, a una ostentazione, fuori luogo, della bandiera dello Stato di Israele posta inopportunamente come manto dei  Sifrè Torah, dai balli e canti talvolta un pò troppo incontrollati e scomposti tenendo i Sefarìm in braccio. Talvolta, tanta è la confusione, che non si capisce neppure più a che giro ci si trova e il motivo per cui si gioisce. Alcune di queste forme di baldoria costituiscono in molti luoghi del mondo ebraico tradizioni e esternazioni intense, coinvolgenti e autenticamente gioiose per coloro che il Sefer Torah lo "portano", oltre che in braccio , dentro loro stessi ventiquattro ore su ventiquattro. Si tratta di una gioia di mitzwah risultato di un vissuto integrale, di studio e di applicazione della Torah con cui si balla e si canta. Quando non è così questa gioia sfrenata rischia di scivolare in una forzatura folkloristica e infantile. Ricominciamo pertanto a studiare Torah con passione e regolarità affinchè le Haqqafòt del prossimo Simchat Torah non dovranno sembrare solo un "giro di valzer".
Dario
 Calimani,
 anglista



Dario Calimani
Fascisti mascherati e disseminati in tutta la politica italiana, raid fascisti nella Roma bene, monumenti fascisti a Graziani, vie intitolate al fascista Almirante, aeroporti da intitolare a Mussolini, fascisti ovunque che diffondono incontrastati belle idee fasciste, mentre i socialisti sposano la destra. È tutto un déjà vu. E, accanto a ciò, una politica senza vigore e senza chiarezze, crisi economica, tangenti e corruzione dilaganti, nepotismo e clientelismo diffusi, etica ampiamente e scientificamente smantellata da favoritismi, interessi privati, leggi ad personam e, soprattutto, dalla delegittimazione di quella magistratura che dovrebbe garantire rispetto della legge e colpire il connubio mafia-politica. Nell’insieme, un contesto favorevole al ritorno di un ‘nuovo ordine’ e di nuovi manganelli, impugnati da quegli stessi che il disordine l’hanno artatamente prodotto. Forse è tempo di drizzare le antenne.

davar
16 ottobre - L'Italia non dimentica
Sessantanovesimo anniversario della razzia dal Portico d'Ottavia a seguito della quale 1024 ebrei (compresi anziani, ammalati e bambini) furono strappati dalle proprie case, condotti al Collegio militare di Trastevere, prima di essere imprigionati nei treni e deportati ad Auschwitz. Sedici fecero ritorno tra cui una sola donna: Settimia Spizzichino, alla cui memoria l'amministrazione comunale dedicherà un ponte. Le celebrazioni della giornata hanno avuto inizio questa mattina alle 9 davanti al Tempio maggiore dove sono state deposte delle corone, prima di proseguire in via della Lungara e poi al cimitero monumentale del Verano. Davanti alla sinagoga erano presenti, fra gli altri il rabbino capo di Roma, Rav Riccardo Di Segni, il presidente Riccardo Pacifici, l'ambasciatore di Israele a Roma Naor Gilon, e alcune rappresentanze dell'amministrazione provinciale e capitolina.
Commozione e raccoglimento anche al Palazzo della Cultura con la presentazione del volume ''16.10.1943. Li hanno portati via'', frutto del lungo lavoro di ricerca a cura del Progetto Storia e memoria della Provincia di Roma, edito da Fandango Libri, in cui sono contenuti parte dei documenti reperiti negli archivi dell'International Tracing Service di Bad Arolsen e dove si raccontano le storie di oltre 350 bambini romani deportati durante il nazifascismo. “Si tratta di materiale inedito - ha affermato il presidente della Provincia Nicola Zingaretti - che vogliamo riconsegnare alla Comunità ebraica. È una storia drammatica che racconta il disperato tentativo di tante famiglie romane di ritrovare questi bambini''. Prima di lui, introdotti dal preside della scuola ebraica rav Benedetto Carucci Viterbi, erano intervenuti, oltre al rav Di Segni e al presidente Riccardo Pacifici, anche l'assessore alle Politiche Educative Ruth Dureghello, il presidente della Consulta Elvira Di Cave, il responsabile del progetto Storia e Memoria della Provincia Umberto Gentiloni e la direttrice dell'archivio storico ITS-Bad Arolsen Susan Urban. Tutta la documentazione è stata consegnata all'assessore responsabile dell'archivio comunitario Massimo Bassan. Numerosi gli appuntamenti di Memoria che attendono la Comunità questo pomeriggio. Su tutti
la visita ufficiale del presidente del Consiglio Mario Monti al Tempio Spagnolo e la successiva commemorazione del 16 ottobre con la fiaccolata promossa dalla Comunità di Sant'Egidio che alle 19 muoverà da Santa Maria in Trastevere verso il Portico d'Ottavia.
Alle 15 intanto conferenza stampa a Palazzo Madama sul disegno di legge contro il negazionismo.

Lucilla Efrati twitter @lefratimoked

Qui Roma - Combattere il negazionismo
Urgenza e proprio unanime sostegno all’introduzione nell’ordinamento giuridico italiano, in recepimento della Decisione Quadro dell’Unione Europea del 2008 e in ratifica del Protocollo addizionale di Budapest del 2003, di un apparato normativo atto a contrastare e sanzionare efficacemente i fenomeni di razzismo, xenofobia e antisemitismo, anche quando gli stessi si esplicitano in attività di apologia, negazione o minimizzazione della Shoah, dei crimini di genocidio, dei crimini di guerra o dei crimini contro l’umanità. E' quanto esprime, con una delibera approvata con voto unanime, il Consiglio della Comunità ebraica di Roma. Molti i punti che vengono toccati nel documento, alla cui stesura definitiva si è arrivati dopo le relazioni del presidente Riccardo Pacifici e dei consiglieri Joseph Di Porto e Victor Magiar.
In particolare il Consiglio della Cer esprime la necessità di ripristinare la formulazione originaria della cosiddetta Legge Mancino reintroducendo le locuzioni “diffonde in qualsiasi modo” in sostituzione dell’attuale chi “propaganda” e “incita” in sostituzione dell’attuale “istiga”, oltre all’avvertenza che tale nuova legislazione "sia coerente" con i dettami e i principi di cui all’articolo 21 della Costituzione che garantiscono la libera manifestazione del pensiero. Nella delibera viene inoltre rivolto un plauso al presidente Pacifici "per aver avviato e sensibilizzato l’opinione pubblica italiana" con un editoriale pubblicato due anni fa sul quotidiano La Repubblica ed è elogiato l’impegno assunto dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nell’individuare valide ipotesi condivise e nel far recepire dalle competenti istituzioni governative e parlamentari la proposta di legge del ministro Riccardi nella sua versione comprensiva degli emendamenti proposti dalla commissione tecnica composta dal presidente UCEI Renzo Gattegna, Joseph Di Porto, Victor Magiar, Giorgio Sacerdoti e Renzo Ventura.
Il documento si conclude con un duplice auspicio: "Che il lavoro congiunto tra Cer e UCEI prosegua e che entro la conclusione della presente legislatura - si legge - il Parlamento Italiano approvi una legge di contrasto all’apologia, negazione o minimizzazione della Shoah, dei crimini di genocidio, dei crimini di guerra o dei crimini contro l’umanità, anche quando gli stessi vengono compiuti attraverso la diffusione di materiale in via telematica".

Qui Milano – Nelle scuole un concorso per Janusz Korczak
Le scuole lombarde avranno la possibilità di riscoprire Janusz Korczak (Varsavia 1878 – Treblinka 1942), pedagogo ed educatore, autore di straordinarie pagine sui diritti, la psicologia, la dignità dei bambini. Lo ricorderanno nell’anno del settantenario dalla sua morte, e del centenario dalla fondazione, a Varsavia, della Casa dell’Orfano, l’istituto in cui applicò le sue teorie educative, prima di scegliere di seguire i bambini nel destino dello sterminio (nonostante gli fosse stata ripetutamente offerta la possibilità di salvarsi). Ma, come ha messo in evidenza il convegno a chiusura della mostra a lui dedicata nel chiostro dell’Università cattolica di Milano, “il pedagogo polacco deve essere ricordato non solo per come è morto, ma anche per come è vissuto” secondo le parole della professoressa Simonetta Polenghi, direttore del Dipartimento di Pedagogia, che ha ripercorso alcuni dei punti più importanti dell’opera di Korczak, la personalizzazione dell’insegnamento, la centralità del bambino, l’importanza della sua dignità e libertà. “Principi di una modernità sconcertante, che fanno di Korczak una figura da riscoprire” ha sottolineato Morena Modenini dell’Ufficio scolastico regionale, presente all’incontro insieme al Console generale della Repubblica di Polonia Jerzy Adamczyk e a Jadwiga Chabros, presidente dell’Associazione dei polacchi a Milano. A portare i saluti della Comunità ebraica è stato invece l’assessore alla Cultura Daniele Cohen. Insieme le varie istituzioni patrocineranno una nuova iniziativa per ricordare e divulgare il messaggio di Korczak: un concorso aperto alle scuole di ogni ordine e grado per la produzione di un numero unico di giornalino scolastico, rigorosamente in formato digitale, sul tema dei diritti dell’infanzia. “Korczak è stato uno degli inventori del concetto di giornale di classe, uno dei primi a capire l’importanza dei mezzi di comunicazione nella formazione, a indicare nella stampa un mezzo per l’educazione alla cittadinanza – ha spiegato il professor Pier Cesare Rivoltella, direttore del Centro di ricerca sull’educazione ai media, all’informazione e alla tecnologia e ideatore dell’iniziativa – Per questa ragione ci teniamo a continuare a celebrare quello che in Polonia è stato proclamato l’Anno di Korczak con una manifestazione di ampio respiro: stiamo procedendo alla selezione del comitato scientifico, speriamo di lanciare ufficialmente il concorso in novembre e di avere la giornata conclusiva con la premiazione dei lavori a maggio”.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

Qui Milano - Tre giorni per la letteratura ebraica al femminile
“Il mio cuore è così sensibile, io ascolto col cuore, e il parlare con dolcezza ci fa bene”. Questa frase è tratta dal romanzo epistolare Mio cuore di Else Lasker-Schüler (Mio cuore e altri scritti, Guinti editore), di cui l’attrice Miriam Camerini ha recitato alcuni brani questa mattina nell’ambito del convegno “La letteratura ebraica al femminile”. Tre giorni di letture, interventi e commenti da parte di professori ed esperti provenienti da atenei sia italiani che esteri nelle aule dell’Università Statale di Milano.
Il tema tratta appunto delle donne, scrittrici, poetesse e anche registe che hanno da sempre animato la letteratura ebraica di tutto il mondo. I diversi interventi infatti accompagnano il pubblico in un viaggio alla scoperta di queste artiste non solo nel tempo, perché dalle prime attestazioni di poesia femminile in yiddish antico si arriva ad analizzare la produzione figlia della tragedia della Shoah, ma anche nello spazio, portando dall’Oriente alla Germania, dall’Egitto all’Argentina, dall’America all’Andalusia e ancora fino a Cuba, l’Austria, Israele.
Nella giornata di ieri si sono alternati numerosi interventi tenuti da professori israeliani, Ch. Turniansky dell’Università Ebraica di Gerusalemme e C. Rosenzweig dell’Università di Bar Ilan, e di docenti di varie università di città italiane, Milano, Venezia e Napoli.
La mattinata di oggi si è svolta quasi tutta all’insegna della letteratura ebraica in lingua tedesca, con gli interventi di K.B. Gilardoni-Büch su Anna Seghers e Mascha Kaléko, M. Castellari su Grete Weil, M. Paleari su Else Lasker-Schüler, di A. Costazza su Esther Dischereit, Lea Fleischmann e Barbara Honigmann, e P.Bozzi sull’opera di R. Ausländer, C. Pagetti su Cynthia Ozik ed Eva Hoffman, tutti professori dell’Università degli studi di Milano. Al centro soprattutto la questione identitaria della donna, divisa fra mito e realtà, memorie anche dolorose e senso civico, tradizione e desiderio di affermarsi. 
Il pomeriggio sarà scandito dagli interventi di O. Palusci (Università degli Studi l’Orientale di Napoli), I. Bajini, I. Scarabelli, E. Perassi (Università degli Studi di Milano), E. Cattarulla (Università degli Studi Roma 3) e dell’argentina Ana María Shua.
Il convegno si concluderà con la mattinata di domani che sarà riservata ai giovani ricercatori, con i contributi di F. Gorgoni (Aix-Marseille Universitè), E. Baricci (Università degli Studi di Siena), D. Miccoli (European University Institute di Firenze), L. Sarti (Università degli Studi di Firenze), C. M. Buglioni, M. Bertocchi, G. Peroni (Università degli Studi di Milano), G. Vacchelli (Università degli Studi di Bergamo).
Non solo conferenze però all’interno del convegno. Ieri sera infatti si è tenuto un concerto, con antichi canti sefarditi in giudeo spagnolo trasmessi per via femminile fino all’età moderna, introdotto da E. Seroussi (Università Ebraica di Gerusalemme) ed eseguito da Caterina Trogu Roehrich (canto), Lydia Cevidalli (violino), Simone Bellucci (chitarra). E anche stasera ci sarà un momento di intrattenimento con la proiezione di alcuni spezzoni di film di registe ebree: Les Chants des mariées (2008) di
Karin Albou (Francia), Cinco dias sin Nora di Mariana Chenillo (Messico), Lemale' 'et
haKhallal ("riempire il vuoto") di Rama Burshtein (Israele). I film saranno introdotti e commentati da M. Chamla (Milano) e R. De Berti (Università degli Studi di Milano).
Il programma completo è scaricabile dal sito http://www.letterefilosofia.unimi.it/.

Francesca Matalon twitter @MatalonF

pilpul
Legge e Memoria
Tobia ZeviAnche quest'anno, in occasione della ricorrenza del 16 ottobre 1943, si torna a discutere sull'opportunità di una legge che introduca in Italia il reato di negazionismo. Come forse i lettori sapranno, mi sono sempre dichiarato contrario a un simile provvedimento. Non solo e non tanto perché la materia dei reati d'opinione è particolarmente incandescente, ma ancor più perché ritengo che una misura di questo tipo sarebbe di difficile applicazione. Ci sono, certo, alcune cose da fare: ratificare le Direttive europee in tema di istigazione all’odio razziale e approvare anche in Italia il Protocollo di Budapest sul cyber-crimine, innanzitutto.
Ma c'è una riflessione ancora più urgente: su Twitter vengono ogni momento aggiornate le parole più citate nella rete di questo social network, i cosiddetti hashtag. Alcuni giorni fa sono rimasto impressionato leggendo che tra le voci più diffuse c'era il simbolo di tre svastiche attaccate; era non solo nella hit parade italiana, ma in quella mondiale. Soltanto ieri, poi, l'Unione degli studenti ebrei francesi ha protestato con Twitter France per un'altra vergognosa tendenza, #unbonjuif. Il problema è che si tratta di fenomeni spontanei, di massa, in molti dei casi dovuti più all’ignoranza che al vero e proprio antisemitismo.
Non servono le scorciatoie. Nessuna legge potrà mai impedire a qualcuno di dire scemenze, anche se queste sono vergognose e possono causare dolore alle vittime di un crimine terribile come la Shoah. E purtroppo internet e i nuovi mezzi di comunicazione rendono qualunque messaggio più veloce, più incontrollabile, più universale. Nel bene e nel male. Potrà apparire banale, ma io penso che non ci sia alternativa al lavoro sulle teste e sui cuori, soprattutto quando ci si rivolge ai più giovani. La battaglia che combattiamo – a partire dalla Memoria - è quella delle idee, e si può vincere solo con tanta costanza e con tanto impegno.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi

Storie - Ferramonti di Tarsia e la Memoria stile agriturismo
C’era una volta il campo di Ferramonti di Tarsia. Il più grande campo d’internamento italiano realizzato dal regime fascista, destinato in particolare agli ebrei stranieri (vi furono rinchiusi anche gli ebrei del famoso battello fluviale Pentcho), che fu inaugurato il 20 giugno 1940 e fu liberato dagli inglesi nel settembre 1943. Ora la storia e la memoria di quel campo rischiano di essere stravolte. La Fondazione Museo Internazionale della Memoria Ferramonti di Tarsia, diretta dall’avvocato Franco Panebianco, ex sindaco di Tarsia, a cui è stata affidata la gestione della struttura (estromettendo l’omonima Fondazione Ferramonti guidata dallo storico Spartaco Capogreco, tra i primi in Italia ad occuparsi dei campi di internamento fascisti), sta in pratica procedendo a una de-ebraizzazione di quella vicenda storica.
Basta visitare il sito internet del MuViF – Museo Virtuale Ferramonti ed esaminare la sezione dei documenti: a parte qualche documento relativo agli ebrei, il resto sono tutte immagini o documenti di antifascisti italiani. Stessa cosa si può rilevare per quanto riguarda la sezione dei protagonisti del campo, che dedica un enorme spazio agli “antifascisti”, con le loro foto e le biografie, mentre per gli “ebrei stranieri” è presente solo un elenco di nomi.
L’impressione è che si tenti di far passare Ferramonti più come un campo antifascista che di reclusione di ebrei. In realtà, lo sparuto gruppo di antifascisti italiani che venne portato a Ferramonti da Manfredonia giunse lì solo tra il 5 e il 16 giugno 1943 (come risulta anche dai documenti citati in Ferramonti, un lager di Mussolini di Francesco Folino), poco prima che il campo chiudesse per sempre, e non nel 1941, come indicato nel sito della Fondazione.
Gli antifascisti rimasero internati a Ferramonti solo per pochi mesi, poiché nel frattempo il 25 luglio Mussolini veniva arrestato su ordine del re.
Insomma, la storia di Ferramonti è legata molto più agli ebrei che agli antifascisti, sia per la durata della loro permanenza in quel campo sia dal punto di vista numerico (gli ebrei furono circa 1.500, su un totale di duemila internati, tra cui figuravano poi anche jugoslavi, greci e cinesi).
Nella comunità degli storici (vedi Mario Rende e Anna Pizzuti) e nel mondo della cultura e del giornalismo calabrese sono state sollevate forti perplessità sulle modalità di gestione del Museo. Chi visita le sale espositive (lo si può fare anche virtualmente, sul sito internet), può verificare di persona che l’allestimento del Museo, a parte qualche teca con oggetti degli internati, prevede solo numerose foto appese alla rinfusa sui muri, con didascalie scarne e senza un ordine filologico o cronologico. È sorta una polemica pure per l’indebito utilizzo del database sugli internati realizzato dalla studiosa Anna Pizzuti, autrice del libro Vite di carta. Storie di ebrei stranieri internati dal fascismo.
Quanto alle baracche dove vivevano gli internati, sono state restaurate (o ricostruite ex novo) in modo maldestro, con un colore giallino che, come ha denunciato la giornalista Anna Longo della Rai calabrese, le fa assomigliare più ad «anonimi e algidi bungalow in stile agriturismo» che a un campo di internamento. Il confronto con le foto originali dell’epoca è illuminante. Tanto che l’associazione ambientalista Italia Nostra ha definito il Museo "tutt’altro che un luogo di memoria ma piuttosto un’area in cui dilagano smemoratezza e spregiudicatezza".
Il Museo ha migliaia di visitatori all’anno, tra cui molte scolaresche. È questa la “storia” di quel periodo che vogliamo consegnare ai nostri figli?

Mario Avagliano
twitter @MarioAvagliano

notizie flash   rassegna stampa
Israele - Al voto il 22 gennaio 2013
  Leggi la rassegna

La Knesset ha votato per il suo scioglimento con 100 voti a favore e nessuno contrario. I cittadini israeliani si recheranno alle urne il 22 gennaio 2013, con alcuni mesi di anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura prevista per settembre. All’origine della crisi è stata l’impossibilità di approvare una legge finanziaria con importanti tagli alla spesa pubblica.
 


 

Sono passati 69 anni dalla deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma e lo ricordano le pagine locali di molti grandi quotidiani. Paolo Brogi sul Corriere della Sera riporta l’annuncio che il nuovo ponte all’Ostiense sarà dedicato a Settimia Spizzichino, l’unica donna arrestata durante la retata del 16 ottobre sopravvissuta ad Auschwitz (...)


















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