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23 ottobre 2012 - 7 Cheshwan 5773
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Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino

Noach, secondo un certo pensiero della Chasidùt, è il paradigma di una persona che quando fa freddo indossa una pelliccia scaldando in questo modo solo se stesso. A questa modalità di difendersi dal freddo si contrappone il modello di Avrahàm avinu che per combattere il freddo accende dei fuochi, così da scaldare anche altre persone. Sono ambedue, modelli educativi, molto diversi, su come affrontare il diluvio dell'assimilazione che rischia di sommergerci. Nel mondo ebraico, anche in quello italiano, ci sono già diversi esempi di comunità che hanno scelto di costruirsi un'arca dove riparare se stessi e le proprie famiglie dal pericolo di inondazioni fatali. E' indubbio che il modello di Avrahàm avinu, le cui tende sono aperte per accogliere chiunque, ci affascina di più di quello di Noach, ed è quello che molti vorrebbero perseguire, correndo il rischio di accogliere anche ciò che non si desidera. Ma di questa storia non possiamo eludere un interrogativo inquietante. Che fine hanno fatto tutti i seguaci che Avraham avinu aveva raccolto intorno a sé?  Di questo enorme entourage che il nostro patriarca aveva accolto nelle sue tende, la Torah non ce ne parla più. In verità nella scuola di Avraham avinu resta un solo e unico discepolo, Eliezer, che, per un mirabile paradosso, è il figlio di Nimròd, colui che ha cercato in tutti i modi di ostacolare lo sviluppo dell'insegnamento del nostro primo patriarca. 

Dario
 Calimani,
 anglista



Dario Calimani
Più ci si avvicina a una (speranza di) normalizzazione della crisi economica ed etica più si scopre fino a che fondo di devastazione, in entrambi i campi, è stato ridotto il paese. Si ha la sensazione amara di dover ricominciare tutto da zero, ma che per farlo sarebbe prima necessario azzerare l’organizzazione delle istituzioni e resettare la mente di un’intera nazione, graniticamente convinta ormai che l’interesse personale sia il parametro unico e perfetto al quale affidare il giudizio sul proprio comportamento.

davar
Qui Roma - La sfida della formazione
È un intervento del rav Riccardo Di Segni sul Kiddush haShem, la santificazione del nome di Dio, ad inaugurare il nuovo anno accademico del diploma triennale in cultura ebraica. Articolazione del Collegio Rabbinico Italiano, nella cui sede sono ospitate le lezioni, il corso propone un approccio multidisciplinare ai temi fondamentali dell'ebraismo: dal pensiero religioso alla letteratura, dalla filosofia al diritto. Un'iniziativa di grande spessore, che si apre a pochi giorni dall'avvio delle lezioni del corso di formazione rabbinica e che è tra le offerte culturali di maggiore efficacia rivolte non solo agli iscritti delle Comunità ebraiche ma a tutta la realtà italiana. In apertura di incontro, partecipato da numerosi allievi, i saluti della professoressa Miryam Silvera e del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. “Questa iniziativa – ha affermato il presidente dell'Unione – rappresenta un'opportunità preziosa per rilanciare la conoscenza. Una sfida con benefici importanti per noi stessi e per la società sempre più multiculturale e multireligiosa in cui viviamo”. Tra i punti toccati nel suo intervento la possibilità di 'agganciare' il diploma a un corso universitario di primo livello. Significativa in questo senso, ha spiegato Gattegna, la “grande sensibilità” dimostrata dal ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Francesco Profumo.

Firenze e Gerusalemme gemellate nel segno dello sport
A suggellare un fortissimo legame simbolico nel nome della cultura fu, nel 2004, la donazione da parte dell'amministrazione comunale fiorentina di una copia del David di Michelangelo scolpita per festeggiare i primi tre millenni di vita della città che più di ogni altra ha irradiato il mondo di storia, spiritualità, passioni. Oggi, a distanza di otto anni, Firenze e Gerusalemme consolidano questo asse con una nuova straordinaria iniziativa. Nel nome dello sport e dei suoi valori più nobili. La 29esima edizione della Maratona di Firenze, in programma il prossimo 25 novembre, sarà infatti gemellata idealmente con il corrispondente evento podistico primaverile di Gerusalemme, evento di più recente lancio (si è partiti nel 2011 con oltre 10mila atleti al via) ma già capace di catalizzare numerosi consensi tra gli addetti ai lavori anche in virtù delle emozioni, paesaggistiche e non solo, offerte finora ai suoi partecipanti.
Un impegno di grande suggestione che poggia una parte significativa del proprio baricentro  sul lavoro svolto da Enzo B, associazione operante nel mondo delle onlus e da quest'anno charity partner della Maratona di Firenze che, grazie anche al sostegno del Municipio di Gerusalemme e dal Consolato italiano, porterà cinque atleti israeliani e cinque atleti palestinesi ad affrontare, fianco a fianco, l'intero percorso da Lungarno Pecori Giraldi fino al traguardo posto in Piazza Santa Croce. Tra le varie realtà del mondo dello sport e dell'associazionismo chiamate a sostenere l'iniziativa, come ci ricorda Adriano dell'Aquila nella vignetta pubblicata sul numero di novembre di Pagine Ebraiche in distribuzione e che qui vi proponiamo, c'è anche il Maccabi Italia, punto di riferimento nazionale per lo sport giovanile ebraico che ha aderito con entusiasmo alla proposta formulata dagli organizzatori. “Patrocinare un evento di questo spessore – afferma Vittorio Pavoncello, presidente del Maccabi e consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – è un grande onore che ci viene fatto dalla città di Firenze. Un riconoscimento al lavoro svolto in questi anni a favore dei giovani, della loro crescita e integrazione attraverso lo sport, del loro pieno e consapevole impegno a tutela di valori di tutti e per tutti”.
È una decisione che fa onore a tutto l'ebraismo italiano, conclude Pavoncello, “e di cui devo rendere merito particolare all'architetto Renzo Funaro, presidente dell'Opera del Tempio ebraico di Firenze, che moltissimo si è speso per raggiungere questo traguardo”.

Qui Milano - La Resistenza spiegata agli studenti di Medicina
Che cosa significa svolgere una professione come quella medica, che chiama al confronto quotidiano con la sofferenza e il pericolo, in tempi in cui sofferenza e pericolo sono ovunque? Che cosa significa trovarsi a compiere la scelta se rischiare la propria vita oppure infrangere il giuramento di Ippocrate? Sono le domande cui si trovarono a rispondere i medici italiani sotto il fascismo e durante la Resistenza. Sono le domande offerte come spunto di riflessione agli studenti del primo anno di medicina dell’Università degli Studi di Milano nel convegno “Medici e medicina nella resistenza antifascista” tenutosi all’Ospedale San Paolo per l’apertura dell’Anno accademico 2012-2013.
“Pensiamo sia particolarmente importante che voi giovani che vi affacciate alla professione medica vi confrontiate con la realtà della medicina in tempi difficili” ha spiegato il professor Riccardo Ghidoni, coordinatore dell’incontro. “Studiate, studiate tanto e come portate avanti un impegno politico, sociale ed economico, perché la manipolazione, la violenza e il sopruso non possano ripetersi” gli ha fatto eco il collega Gianlodovico Melzi d'Eril.
“Non è vero che tutti gli italiani furono fascisti, né che tutti furono antifascisti – ha spiegato Michele Sarfatti, direttore della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, fornendo il quadro storico di quegli anni - La gente compì una scelta. E oltre alla resistenza armata, delle lotte partigiane, non dobbiamo dimenticare la resistenza civile, come quella portata avanti proprio da tanti medici che nascondevano i perseguitati negli ospedali, mettendo a rischio la propria vita”. A raccontare la difficile situazione di medici ebrei e antifascisti sotto il regime è stata la storica Silva Bon dell’Istituto regionale per la cultura ebraica di Trieste, soffermandosi su alcune figure rappresentative, come quella del triestino Giuseppe Levi, docente di tre futuri premi Nobel tra cui Rita Levi Montalcini, e del professor Ugo Samaya.
“Nella tradizione ebraica, il medico è un tramite tra l’uomo e D-o. Sin dall’Unità d’Italia, i medici ebrei hanno sviluppato una forte tradizione di impegno civile e sociale che, ritroviamo intatta negli anni del fascismo e della resistenza” ha spiegato Giorgio Mortara, presidente dell’Associazione medica ebraica e consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Impegni che tanti medici ebrei, così come molti altri in prima linea nelle lotte partigiane e nell’opposizione al fascismo, profusero dopo la liberazione, diventando protagonisti della vita politica italiana, specie a livello locale “per amor di concretezza”, come rilevato da Mauro Sonzini, studioso di Resistenza e Democrazia, e da Roberta Migliavacca dell’Anpi di Pavia.
“È molto significativo aver tenuto un convegno come questo davanti a una platea di giovani” il commento di Michele Sarfatti.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

Qui Milano - Adeissima tra spettacolo e solidarietà
Pagliacci, pop corn e zucchero filato ad accogliere il pubblico dell’Adeissima, il tradizionale evento di beneficenza organizzata dall’Associazione donne ebree d’Italia, affiliata alla Women International Zionist Organization: un benvenuto intonato alla performance proposta dalla serata “Le Cirque de l’Adei-Wizo: Le illusioni del corpo. Un viaggio nell’immaginario sulle ali della fantasia”, preparata appositamente per l’Adei.
Non soltanto i numeri del circo al centro dell’Adeissima: in primo piano la solidarietà targata Adei, gli sforzi dell’organizzazione per promuovere i diritti delle donne, dei bambini, dei soggetti deboli, in Israele e nel mondo: da sottolineare per il 2012 il contributo alla ricostruzione dell’istituto scolastico di Finale Emilia dedicato alla maestra ebrea Elvira Castelfranchi, con l’Adei che ha lanciato un’apposita sottoscrizione confluita in quella dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. A ricordare tutto questo è stata la presidente dell’Adei-Wizo Milano Susanna Shaki, invitata sul palco dalle gag del giornalista David Parenzo, presentatore d’eccezione “gratis et amore Adei” ha tenuto a sottolineare.
A portare il proprio saluto sono stati anche il presidente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi e infine Esther Mor, capo dipartimento fundraising della World Wizo, che ha voluto ringraziare la comunità ebraica italiana per l’impegno a sostenere le istituzioni Wizo (in sala tra gli altri anche il vicepresidente UCEI Roberto Jarach).
Dopo di che, lo spettacolo è entrato nel vivo, con grande gioia del pubblico e soprattutto dei bambini presenti, fra animali e stelle del cinema danzanti sul palco grazie alle ombre cinesi di Simona e Carlo Truzzi, gli sketch del mime Daniel, i mini quadri di Teatro dei Piedi di Laura Kibel, il tutto condito dalle straordinarie acrobazie di Julie Lavergne, guest artist canadese direttamente dal Cirque du Soleil e dalla esilarante conduzione di Bustric, l’attore Sergio Bini. All’intervallo un brindisi per festeggiare gli 85 anni dalla nascita dell’Adei con i tanti amici e ospiti presenti. L’appuntamento con l’Adei è nelle prossime settimane a Venezia, con la tavola rotonda “La nascita dell’A.D.E.I. nell’ambito dell’associazionismo femminile dei primi del ‘900”, per celebrarne l’ottantacinquesimo anniversario, e poi con la dodicesima edizione del premio letterario Adelina Della Pergola, rispettivamente l’11 e il 12 novembre.

pilpul
Graziani e i conti che non tornano
Tobia ZeviA oltre due mesi dall’esplosione della polemica, anche gli ebrei italiani protestano per il monumento a Rodolfo Graziani, il “macellaio d’Etiopia”, eretto in un parco pubblico ad Affile (Roma). Riccardo Pacifici, ieri a Majdanek, ha affermato che non si può tollerare la celebrazione di chi ha fatto deportare carabinieri e partigiani, e ha annunciato una protesta presso il sindaco del paesino insieme all’Unione delle comunità ebraiche. Anche Renata Polverini, dimissionaria sulla carta ma ancora feconda di progetti e iniziative, ha dichiarato che rimuoverebbe il monumento, ma che non può farlo.
Questa vicenda, a cui la stampa internazionale ha dedicato un’attenzione assai maggiore della nostra, è marginale e al tempo stesso emblematica da vari punti di vista: essa dimostra che l’Italia, a parte fasce ristrette, è tuttora poco propensa a fare i conti con la propria storia, soprattutto quella coloniale, e tende a derubricare fatti gravi come questo alla stregua del folclore locale; inoltre questa storia ci fa riflettere sull’urgenza di avere istituzioni che sappiano meglio controllare come spendono i soldi: è evidente, infatti, che tra le maglie larghe dello spreco pulviscolare finisce di tutto, dalla sagra alla vacanza dell’onorevole, dalla cena elettorale ai manifesti, dal monumento fascista alla festa suiniforme.
Infine esiste un problema educativo. Ieri mattina una trentina di giovani neofascisti, a quanto pare affiliati a Casa Pound, ha fatto irruzione in una scuola romana seminando un po’ di paura e qualche danno. Un blitz dalle conseguenze non gravi, ma dal potenziale evocativo e dimostrativo enorme. In tempi di crisi economica e in un’epoca di cui fatichiamo a comprendere il senso, minoranze organizzate e violente, dotate di una strumentazione ideologica semplificata ed estremista, possono acquisire un peso sproporzionato e mietere consensi. Tanto più se coccolate irresponsabilmente da alcuni partiti. Se vogliamo evitarlo, occorre tenere alta la guardia e fare uno sforzo notevole: ridefinire una piattaforma di valori che ci unisca come cittadini e come persone.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas -
twitter @tobiazevi

Storie - Al Museo di via Tasso depositati nuovi documenti
La lista degli ebrei alle Ardeatine e la lettera di Terracina
I tedeschi volevano cancellare le tracce del terrore perpetrato a Roma nei nove mesi della loro occupazione. E così la notte del 3 giugno 1944, nelle ore frenetiche dei preparativi per la fuga dalla capitale, Herbert Kappler ordinò alle SS di bruciare gran parte dei documenti che erano custoditi presso il carcere di via Tasso. Una straordinaria fotografia di quei roghi è stata ritrovata nell’archivio del questore di polizia Giuseppe Dosi, che di recente è stato acquisito dal Museo Storico della Liberazione di Roma. Dosi, che nel dopoguerra sarebbe diventato direttore dell’ufficio italiano Interpol, proprio la mattina del 4 giugno recuperò nel carcere delle SS e nel reparto tedesco di Regina Coeli (il tristemente famoso terzo braccio) la documentazione scampata alla distruzione.
L’archivio di Dosi è stato presentato il 19 ottobre scorso, dal presidente del Museo, Antonio Parisella, e da Alessia Glielmi, responsabile degli archivi, insieme ad altri originali documenti inediti provenienti da privati. Una delle scoperte più rilevanti compiute dalla Glielmi è stata quella degli elenchi originali dei nominativi utilizzati dagli agenti tedeschi incaricati di prelevare a Regina Coeli i detenuti e di predisporre il trasporto verso la via Ardeatina il 24 marzo 1944. Gli elenchi ricomposti, che furono compilati da Heinz Thunath, sono tre: due riguardano gli ebrei («Judenliste») e uno gli altri detenuti. Essi contengono nome, cognome, data ed in alcuni casi luogo di nascita e numero di cella dei detenuti prelevati.
Tra i documenti acquisiti dal Museo figurano anche quelli di Davide Arnaldo Terracina, detto Dino, ebreo romano sfuggito miracolosamente alla deportazione del 16 ottobre e alla strage delle Fosse Ardeatine, come narrò egli stesso nel 1944 in una lettera allo zio Salvatore Fornari, emigrato a New York. Di particolare interesse il racconto delle ore successive all’azione di via Rasella del 23 marzo 1944, dove quel giorno casualmente Terracina si trovava in un appartamento in affitto assieme ai suoceri, al cognato Armando e al figlio. Terracina e il figlio furono arrestati dai tedeschi e rinchiusi nei sotterranei al Ministero dell’Interno, ma grazie alle carte d’identità false furono rilasciati.
Parisella ha anche presentato il lavoro sviluppato per la digitalizzazione dei documenti esposti nelle bacheche del Museo, realizzato con il supporto tecnico del Consiglio Nazionale delle Ricerca. È stata creata fra l’altro una banca dati delle 1.132 biografie di coloro che transitarono in quel periodo nel carcere nazista di via Tasso. Un eccezionale archivio della memoria dell’orrore nazista a Roma.

Mario Avagliano
twitter @MarioAvagliano

notizie flash   rassegna stampa
UE - La Ashton in Medio Oriente
per rilanciare la cooperazione
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Catherine Ashton, alto rappresentante Ue per la politica estera, è da oggi in visita in Medio Oriente per rilanciare la cooperazione bilaterale con Giordania, Libano, Israele e Territori palestinesi. ''E' un momento critico per l'intero Medio Oriente'' ha affermato la Ashton alla vigilia della missione, che durerà cinque giorni. La fitta tabella di marcia della missione della Ashton prevede incontri con il re Abdullah II di Giordania e il ministro degli esteri giordano, Nasser Judeh, la visita al capo profughi Zaatary, che ospita rifugiati scappati dalla Siria. A Beirut domani sono previsti colloqui con i leader libanesi, mentre mercoledì a Gerusalemme incontrerà il presidente israeliano, Shimon Peres, il premier Benjamin Netanyahu e il ministro della difesa Ehud Barak. Sarà poi la volta del primo ministro palestinese, Salam Fayyad e l'ultimo giorno della missione, è in calendario la riunione con il presidente palestinese Abu Mazen.



 

Nella rassegna odierna il tema dominante è il dibattito di ieri fra Obama e Romney, ultimo scontro televisivo prima delle prossime elezioni americane. A due settimane di distanza dal voto il dibattito si sta facendo sempre più serrato al ridursi della distanza fra Romney e Obama.

















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