se non
visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui
|
30 ottobre 2012 - 14 Cheshwan 5773 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Roberto
Della Rocca,
rabbino
|
Il mondo è
continuamente attraversato da due grandi correnti. Una si
chiama Chesed,
la Generosità, e l'altra si chiama Din, il Rigore. Se
si preferisce la mano destra, la mano della generosità, il braccio che
abbraccia e la mano sinistra, la mano del rigore, il braccio
che respinge. Nei capitoli di Torah che leggiamo in queste settimane
questa dialettica, talvolta molto conflittuale, è rappresentata
da Avraham, la cui tenda è sempre aperta ai quattro
lati affinché tutti potessero entrare e da Itzchak
che è chiamato il patriarca del Rigore,
il momento della verifica di tutta questa generosità e
apertura. Molti sono i commenti, tra cui il Maor vashemesh, che
sostengono come il "sacrificio" non
sarebbe altro che l'inevitabile conseguenza del conflitto tra le
qualità di Avraham e quelle del figlio Itzchak. Rav Dessler (Michtav MeEliau, 2;
33) scrive che il solo amore è pericoloso perché è
possibile che sia spesso accompagnato da un amore non kasher.
Se l’amore, e la generosità del chesed,
non è arginato dal rigore c’è il rischio che si
trasformi in amore di se stessi.
|
|
|
Dario
Calimani,
anglista
|
|
Già mi
stavo preoccupando per una mia certa monomaniacalità. Pensavo che il
ritorno del fascismo sotto mentite spoglie di varia foggia fosse una
mia fissazione allucinatoria. Ora vedo che altri, con competenza e
sensibilità, affrontano il delicato argomento. Eppure fino a qualche
tempo fa abbiamo rispolverato senza troppi riecheggiamenti lo
spauracchio vergognoso di certo collateralismo tipo ‘La nostra
bandiera’, di quegli ebrei che in altri tempi hanno levato in alto il
vessillo del fascismo e l’hanno fatta sventolare con orgoglio, mentre
altri ebrei ingoiavano olio di ricino e prendevano mazzate sulla
schiena. Ma questi nuovi fascisti sono grandi amici di Israele, si è
detto, magari pur rimanendo nel loro intimo viscerali antisemiti. La
storia, come spesso accade, non ci ha insegnato molto. Ci siamo
entusiasmati alle conversione democratica degli ex-fascisti, li abbiamo
accompagnati ammiccanti, abbiamo sparso fiori al loro passaggio. E il
nuovo fascismo di chi è figlio, dunque? E l’ebraismo italiano
ufficiale, se non la società civile, vorrà prima o poi occuparsi con
meno contingenza dell’argomento aprendo un dibattito ampio e
approfondito? Ci vuole coraggio, naturalmente, e, si sa, si rischia di
perdere qualche amico, ma ne va della nostra salute e della salute
della nostra democrazia.
|
|
|
Pagine Ebraiche -
L'appuntamento è a Lucca Comics |
Pagine Ebraiche ancora una volta
protagonista a Lucca Comics & Games, tra i massimi appuntamenti
internazionali dedicati all’illustrazione, al fumetto e al fantasy (1-4
novembre). Il giornale dell’ebraismo italiano, con il dossier Comics
& Jews, terza incursione negli intrecci tra mondo del fumetto e
cultura ebraica sarà distribuito alle biglietterie e a tutti i punti
informazioni. Comics and Jews sarà inoltre ufficialmente presentato
all’incontro in programma il 2 novembre (ore 11, Sala D’Oro): a
partecipare saranno Giorgio Albertini, disegnatore e docente
dell’Università statale di Milano, il grande illustratore italiano
Vittorio Giardino, i fumettisti Walter Chendi e Luca Enoch
(rispettivamente autori di La porta di Sion e La banda Stern), Ada
Treves, curatrice del dossier Comics & Jews. E quest’anno per
la prima volta Pagine Ebraiche entra nel programma di Lucca anche uno
showcase: un faccia a faccia con David B., autore de Il Mio Miglior
Nemico (Rizzoli Lizard) che disegnerà per il pubblico durante
l’intervista (l’appuntamento è in Sala via Vittorio Veneto alle 13).
Lucca Comics - David B, una strip
svela i segreti della Storia
Come in un bassorilievo
mesopotamico, la città sumerica di Uruk, la biblica Erech che secondo
la Genesi venne fondata da Nimrod prima di costruire la torre di
Babele, si erge monolitica tra le basse colline a est dell’Eufrate. Il
palazzo del re si alza verso il cielo dietro tre possenti cinte di mura
merlate. Più alto del palazzo, forse a ricordare la volontà recidiva di
prendere d’assalto il cielo da parte del suo antico costruttore, si
innalza un tempio quadrangolare. All’interno di esso due personaggi
stanno discutendo; sono Gilgamesh e il suo amico e consigliere Enkidu.
Le due figure centrali della mitologia sumera, si stanno preparando a
invadere il paese dei cedri, regno del demone Humbaba. Lo fanno per
varie ragioni, anche se il parere degli anziani è contrario. Le
giustificazioni a questo attacco vengono esibite in uno scambio serrato
di parole che da vignetta a vignetta muovono il racconto sequenziale di
uno dei più importanti autori di fumetti del mondo. Le parole che
scandiscono Gilgamesh ed Enkidu in questo racconto disegnato non non ci
sono state tramandate da qualche tavoletta cuneiforme ritrovata sugli
strati archeologici di un polveroso magazzino dell’età del bronzo,
tutt’altro. I dialoghi che leggiamo sono le parole che George W. Bush e
il suo segretario alla difesa Donald Rumsfeld hanno pronunciato per
perorare e giustificare l’attacco degli Stati Uniti all’Iraq nel 2003.
Comincia così l’ultimo lavoro di David B. che, in collaborazione con lo
storico francese Jean Pierre Filiu, si propone di stupire e innovare,
ancora una volta, il graphic novel. Il mio miglior nemico, appena
uscito per Lizard-Rizzoli, è infatti qualcosa del tutto nuovo; è un
graphic novel che affronta con il rigore di un saggio la storia delle
relazioni tra Stati Uniti e Medio Oriente. Oltre a tutti i generi
narrativi abbiamo visto declinare i romanzi grafici in varie forme:
reportage, inchieste giornalistiche, divulgazione scientifica. Con
questo libro il saggio si fonde con la forza iconica delle immagini
disegnate. Non vi aspettate però una semplificazione degli eventi, un
adattamento per “dummies”, per negati, come quelli che vanno tanto di
moda adesso. Al contrario, ci troviamo di fronte ad un apparato
erudito, denso di riferimenti iconografici che spaziano dalla teologia
alla filosofia, passando per la storia dell’arte che a volte può
risultare addirittura un carico persino eccessivo per le spalle dei
poveri lettori. L’analisi degli eventi passa attraverso un continuo
sovrapporsi di rimandi, di riferimenti, che sono il tratto tipico dei
lavori di questo dotto autore francese tutt’altro che facile da
imbrigliare in definizioni sintetiche. Per descrivere un autore come
David B. potremmo pensare a un’entità multipla. Non sto parlando di un
semplice sdoppiamento alla Dottor Jekyll e signor Hyde o, per rimanere
nel campo del fumetto, a una dualità come quella del compianto Jean
Giraud-Moebius. No, sto pensando piuttosto a una multiforme complessità
che si intreccia a formare un'unica essenza; una sorta di mitologica
Idra pronta a moltiplicare le sue teste e a rivelare di volta in volta
aspetti inattesi della propria poetica. Nel caso di David B. evocare il
leggendario animale delle paludi di Lerna non è affatto un caso. L’Idra
è uno degli animali totemici de L’Association, forse il simbolo che
meglio descrive quel corpo con tante teste che è una delle case
editrici più innovative del mercato editoriale francese. David B. è
stato uno dei fondatori (insieme a Jean-Christophe Menu, Lewis
Trondheim, Mattt Konture, Patrice Killoffer, Stanislas e Mokeit) di
questo collettivo che con la sua inarrestabile forza utopica ed
estetica ha cambiato drasticamente il mondo del fumetto d’oltralpe
riverberandosi ben aldilà dei propri confini. Già dai suoi primi
lavori, le opere di David si presentavano come stratificazione di
significati. Come un Winsor McCay del ventunesimo secolo quando ci
racconta di sé lo fa spesso disegnando i suoi sogni con l’attenzione di
uno psicanalista, quando ci mostra un dolore lo fa raccontandoci, con
lo scrupolo dell’entomologo, le armature dei popoli centrasiatici,
quando ci parla dell’universo, del tempo e di D-o lo fa attraverso le
sontuose vite di piccoli briganti. Tutto si sovrappone, tutto si
mescola, tutto trova il suo posto. L’autore di cui parliamo è
molteplice già a cominciare dal nome che all’anagrafe sarebbe Pierre
François David Beauchard ma che si è preferito abbreviare nello
pseudonimo che conosciamo e con cui è conosciuto. Si è dato il nome di
un re poeta, ed è esattamente quello che è. Un monarca che non rimane
assiso in trono ma che dimostra la sua multiformità anche nei ruoli che
l’autore ricopre: a volte disegnatore su testi altrui (nel caso de “Il
mio miglior nemico”), a volte sceneggiatore di storie disegnate da
altri (come nel caso di “les faux visages”), molto più spesso autore
completo, creatore sia dei disegni che delle sceneggiature. La storia è
il terreno privilegiato in cui si muove; sia questa con la esse
maiuscola o con quella minuscola. David B. durante la sua carriera ci
ha insegnato come si sposta un viaggiatore che dilata lo spazio e il
tempo a suo piacere in un’insondabile atemporalità che ci permette di
lasciarlo tra le atmosfere di “le mille e una notte” (si veda il suo
ciclo Les Chercheurs de trésors, Dargaud) e ritrovarlo a spiare una
vita immaginaria dello scrittore ebreo francese Marcel Schwob (Le
Capitaine écarlate disegnato da Emmanuel Guibert per Dupuis). Ci narra
di sette ereticali del quattrocento (Le Jardin armè e autres histoire,
Futuropolis) per ritrovarci nella trasposizione di un racconto
dell’altrettanto poliedrico artista francese Pierre Mac Orlan (Il Re
Rosa, Boa publishing). Corre per le pianure della Terra del Fuoco
(Terre de Feu con Hugues Micol, Futuropolis) e si rintana in un bar
malfamato di Belleville. Proprio ne Les faux visages, non ancora
tradotto in Italia e disegnato dal bravissimo Hervé Tanquerelle,
racconta le vicende di una banda di rapinatori che tra la fine degli
anni ‘70 e i primi anni ‘80 si era resa famosa per avere assaltato e
derubato ventisette banche parigine. L’autore ci accompagna al fianco
di questo gruppo di banditi, conosciuti come la “gang des postiches”
per la loro particolarità di operare gli assalti travestiti con grande
creatività tricologica, poco più che giovani delinquenti, pronti a fare
il salto di qualità dopo l’uccisione di un compagno da parte della
polizia. In poco tempo sono padroni della città, decine di banche
saccheggiate, un bottino di più di cento milioni di franchi senza
spargimento di sangue, nessun morto e i poliziotti della capitale
francese in loro balia per anni. In un epoca dove passamontagna e calze
di nylon ricoprivano in modo cupo i volti di banditi e gruppi eversivi,
i nostri protagonisti assaltavano con barbe false ed eccentriche
parrucche. Nel cuore della banda alcuni ragazzi ebrei, lontanissimi
dagli stereotipi che di solito seguono a questa appartenenza. Gli ebrei
di questa vicenda sono rigattieri, piccoli commercianti che vivono al
limite della legge, tra ricettazione e “affarucci”; sono immigrati dal
nord Africa o dall’Europa dell’est che ostentano oro e armi, lontani
dalla tradizione ma orgogliosi di essere israeliti. Tra le righe di
questa storia ritorna Marcel Schwob che aveva trattato in un suo
racconto di una banda di banditi medievali che si facevano chiamare
“les faux visages”. Stratificazioni appunto. Non sorprende trovare
quindi David B., questa volta come autore sia dei testi che dei
disegni, alle prese con una storia ambientata durante l’impresa di
Fiume (Par les chemines noirs, Futuropolis). Una storia italiana, con
D’Annunzio tra i protagonisti, con un respiro internazionale che la
provincialità del nostro paese ha irreparabilmente dimenticato.
Un’avventura picaresca tra soldati-banditi che dopo anni in trincea
cercano una festa di vita incapaci di uscire da quella trionfale danza
di morte che è stata la prima Guerra Mondiale. Non andiamo oltre, molti
sono i mondi che David B. ha visitato, molti i volti che via via ci
presenta. Tra i tanti quello che primeggia su tutti è lo sguardo
doppio, contraddittorio, sereno e irrequieto, di chi ha visto l’Aleph
borgesiana; di chi è stato al centro di tutti gli eventi, di chi ha
visto gli occhi di tutti gli uomini.
Giorgio
Albertini, Università di Milano, Pagine Ebraiche novembre 2012
|
|
Qui Casale - OyOyOy! chiude tra gli applausi |
Si chiude, dopo sette anni,
l'esperienza del Festival di cultura ebraica OyOyOy! Il congedo dal
pubblico piemontese, da sempre molto attento e partecipe, è avvenuto
con il concerto di Ramin Bahrami al Teatro Sociale di Valenza. "Oltre
500 persone, tantissime in piedi per un’ovazione che celebrava sia il
talento artistico del pianista iraniano (nel repertorio un omaggio a
Bach con significativi addentellati ebraici), sia una manifestazione
capace di creare sul territorio moltissimi di eventi, con il
coinvolgimento di centinaia di personalità del mondo della cultura e
dello spettacolo, molte delle quali di fama internazionale. Un assaggio
- spiega Alberto Angelino dell'Ufficio Stampa - di ciò a cui i 250mila
spettatori hanno assistito attraverso il ponte culturale creato in
questi anni da OyOyOy!".
Nell'occasione Antonio Monaco, presidente di Monferrato Cult,
l'associazione costituita con Elio Carmi e Giancarlo Giorcelli che dal
2006 organizza il Festival, ha dedicato cinque minuti di prolusione per
rivolgersi direttamente al pubblico. “OyOyOy! finisce - ha affermato -
ma sette anni fa nessuno forse avrebbe scommesso su questa avventura
che ha ottenuto importanti risultati. La Comunità di Casale in primis
ha accresciuto il proprio ruolo nell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane e grazie alla nostra esperienza numerose realtà ebraiche hanno
sviluppato iniziative analoghe. Oggi sappiamo inoltre che il Piemonte è
la regione con più siti ebraici di tutta Europa". Quindi un riferimento
alle ragioni che hanno portato all'uscita di scena: "Sono cambiati gli
interessi culturali delle persone e in particolare dei più giovani e le
modalità con cui vengono coltivati e soddisfatti. Abbiamo bisogno non
tanto di soldi - l'appello, che sembra aver colto nel segno - ma di
nuove energie creative, contiamo sul fatto che qualcuno raccolga
l'appello di questa serata e si faccia avanti”. Monaco ha concluso
ringraziando le istituzioni che sono state al fianco della
manifestazione - Regione Piemonte, Comune di Casale Monferrato,
Provincia di Alessandria, Fondazione CRA e CRT, UCEI - e ha ricordato
tutte le città che è stato possibile coinvolgere.
"Sull'onda degli applausi alla fine del concerto - spiega ancora
Angelino - la consegna della doverosa scatola di Krumiri Kasher a
Bahrami si è così trasformata in un momento di commozione per molti dei
protagonisti del Festival e delle istituzioni". Sul palco, oltre ad
Antonio Monaco, Elio Carmi nella doppia veste di fondatore e
vicepresidente della Comunità ebraica monferrina, il sindaco di Casale
Giorgio Demezzi, il sindaco di Valenza Sergio Cassano, l'assessore alla
Cultura di Valenza Paola Bonzano e Nuccio Lodato che, oltre a
rappresentare il Teatro Regionale Alessandrino, che ha ospitato il
concerto, per sei anni ha curato la rassegna cinematografica di OyOyOy!
E infine il piccolo Carlo, figlio del compositore Giulio Castagnoli,
chiamato a rappresentare le generazioni future.
Un messaggio in linea con quello precedentemente espresso nell'aula
consiliare del Comune di Casale durante un incontro pubblico sul ruolo
della musica e della cultura.
Oratori proprio Castagnoli e Bahrami, presenti tra gli altri in sala
gli assessori Giampiero Farotto e Giuliana Romano Bussola. "Abbiamo
bisogno della cultura più che del pane. La musica come cultura - ha
affermato Bahrami - consente di sconfiggere ogni dolore". Grande
intensità infine per l'incontro con il noto teologo Paolo De Benedetti
sul tema del Saluto. Una riflessione che ha avuto origine da Shalom,
termine ebraico che è baricentro della densa opera scritta in
collaborazione con Massim Giuliani, e che ha abbracciato varie aree di
significato sia etimologiche che religiose.
|
|
|
Galileo e il terremoto
|
Possibile che i giudici
avessero condannato gli scienziati della Commissione grandi rischi per
non aver previsto il terremoto in Abruzzo? Possibile che davvero
scienziati insigni e ben introdotti nel mondo dell’accademia fossero
vittime di una mala-giustizia? Secondo Dacia Maraini, scrittrice
abruzzese da sempre engagée, no. Personalmente non ho letto le carte
processuali ma la sua versione d’autore mi pare più credibile.
Gli studiosi non sarebbero stati condannati per la non preveggenza, ma
per aver rassicurato. Assecondarono cioè il bisogno politico – peraltro
del tutto comprensibile – di non creare allarme sociale e interrompere
la vita quotidiana della comunità. Invece di ammettere la propria
impotenza (la scienza non contempla la divinazione) scelsero di
prevedere il meno peggio, e la gente rimase nelle case, nelle residenze
universitarie, nei centri storici. Ciò che non è accaduto recentemente
nel Pollino, dove le scosse non hanno prodotto alcun danno.
Va da sé che assai più severamente vanno puniti coloro che hanno
costruito illegalmente, che si sono arricchiti sulle macerie, che hanno
messo i loro interessi davanti all’incolumità delle persone. Mi pare
davvero ovvio, anche se non sarà scontato. In tutta questa discussione,
però, manca un ingrediente fondamentale: l’aspirazione a individuare le
responsabilità. È un male tutto italiano, quella condizione per cui
tendenzialmente nessuno paga. Tranne se si è poveri, naturalmente.
Se un gruppo di scienziati ha sbagliato, è giusto che sia giudicato e
l’attacco alla scienza non c’entra nulla. Se un gruppo di scienziati fa
parte di una commissione che valuta i rischi per conto della protezione
civile, che senso ha parlare di autonomia della scienza? Mi pare
abbastanza evidente che un conto è fare un esperimento o scrivere un
articolo su una rivista scientifica, e un altro è dare un parere da cui
dipende l’evacuazione o meno di una popolazione. Si può discutere sulla
sentenza, si può ragionare sull’assetto di organismi a metà tra Scienza
e Amministrazione. Ma per favore, come ha sottolineato Dacia Maraini,
non parliamo di Galileo.
Tobia
Zevi, Associazione Hans Jonas - twitter @tobiazevi
|
|
Storie - La marcia su Roma
e il mito del buon fascismo
|
Che strano Paese senza
memoria è il nostro. Due giorni fa, il 28 ottobre, si sono tenute in
varie parti d’Italia (da Perugia alla Lombardia, passando per
Predappio) manifestazioni celebrative dei novant’anni della sciagurata
marcia su Roma del 1922, che aprì la strada al ventennio fascista e
alla soppressione delle libertà civili. Ad Affile, nel Lazio, è stato
innalzato con i finanziamenti della Regione un mausoleo a Rodolfo
Graziani, ministro della guerra di quella Repubblica Sociale che
combatté contro partigiani e alleati e diede la caccia agli ebrei. Un
uomo che fu processato e condannato per collaborazionismo con i nazisti
e fu incluso dall’Onu nell’elenco dei criminali di guerra per l’uso dei
gas tossici in Etiopia. A Roma i gruppi di estrema destra hanno
organizzato al Campidoglio convegni su personaggi della Repubblica
Sociale e blitz nei licei al grido di “Viva il duce!”. A
Castellafiume, in provincia dell’Aquila, è stata dedicata una strada a
Cornelio Di Marzio,«scrittore e poeta» si legge nella targa, che omette
però di ricordare che costui nel 1920 fondò i primi fasci nella
Marsica, fu il segretario politico del fascio di Avezzano e della
federazione fascista marsicana e poi divenne segretario generale dei
Fasci all'estero e membro del Gran Consiglio del Fascismo, della
direzione del PNF e console della Milizia volontaria per la sicurezza
nazionale. Negli istituti superiori di tutta Italia proliferano i
gruppi che si richiamano, apertamente o velatamente, al neofascismo,
con tanto di profili su Facebook che vantano migliaia di contatti.
Appena qualche mese fa a Giulino di Mezzegra, in provincia di Como,
dove Benito Mussolini e Claretta Petacci vennero fucilati 67 anni fa,
l’Unione nazionale combattenti della Repubblica sociale italiana ha
organizzato un corteo che si è recato alla casa dove il duce e la sua
amante avevano trascorso l’ultima notte, per affiggervi una lapide.
Solo folklore? Di fronte a tanti segnali convergenti, è difficile non
essere preoccupati. La sensazione è che la discutibile opera di
riscrittura politica della storia nazionale avviata negli anni Novanta,
tesa a rivalutare il fascismo e Salò, a ridimensionare le
responsabilità italiane nella persecuzione degli ebrei e a denigrare la
Resistenza e la Costituzione repubblicana, abbia prodotto gravissimi
danni culturali nel comune sentire, ai quali non sarà facile rimediare.
E la crisi economica internazionale fa il resto, dando fiato agli
estremismi.
Mario Avagliano twitter
@MarioAvagliano
|
|
notizie flash |
|
rassegna
stampa |
Nava
Semel ospite del Corso di storia
e didattica della Shoah |
|
Leggi la rassegna |
Ospite d'onore del Corso di
storia e didattica della Shoah che si è tenuto negli scorsi giorni
all'Unical (Università della Calabria) Nava Semel, figlia di
sopravvissuti e tra le più note scrittrici israeliane, ha dichiarato di
essere "Stregata e affascinata". "Un'esperienza - ha detto la
scrittrice - che mi obbliga a scavare nel mio passato,
qualcosa di essenziale per un'artista legata alla Shoah". Giunta ad
Arcavacata grazie all'Ambasciata d'Israele in Italia, la Semel ha
parlato dinanzi a un uditorio di 265 tra studenti universitari e
insegnanti, alcuni giunti da Reggio Calabria, Siracusa, Roma e Avellino.
|
|
Prova di giustizia da parte
del Consiglio provinciale di Roma che – come segnalato dall’edizione
locale de Il Tempo
– ha approvato all’unanimità la mozione di
solidarietà all’assessore Carla Di Veroli e a tutta la comunità ebraica.
|
|
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono
rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere
ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo
e-mail, scrivete a: desk@ucei.it
indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI -
Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo
aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione
informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale
di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
|
|
|