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31 ottobre
2012 - 15 Cheswan 5773 |
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David
Sciunnach,
rabbino
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“… gli disse: prendi il tuo
figlio, il tuo unico, quello che ami, Itzhak, e và alla terra di Morià
…”(Bereshìt 22, 2). Ha detto l’Admor Rabbì Chaìym di
Tzanz: "Due monti sono particolarmente importanti per il popolo
d’Israele, dove sono avvenuti due eventi fondamentali della nostra
storia. Uno è il monte Morià, dove nostro padre Avrahàm stava per
sacrificare suo figlio Itzhak a Dio, superando la prova più difficile
della sua vita. Il secondo è il monte Sinai sul quale è stata donata la
Torah. Ed ecco che ci sorprende vedere che il Beth ha-Mikdash - il
Santuario, non è stato edificato sul monte Sinai, il monte della Torah,
bensì sul monte Morià, il monte della akedà - sacrificio. Questo
perché? Perché ciò che è veramente importante per noi è la messirut
nefesh – la dedizione assoluta, ed è per questo che ai tempi dei
patriarchi il monte Morià è stato consacrato".
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Davide
Assael,
ricercatore
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Tra meno di una settimana si
svolgeranno le tanto attese elezioni statunitensi, che, ancora una
volta si annunciano apertissime. Forse non è più il tempo in cui si
richiedeva, provocatoriamente, che il Presidente degli Stati Uniti
fosse eletto dal mondo intero, in quanto, nei fatti, decisore di ultima
istanza su scala globale, ma la posta in gioco resta alta ed avrà
senz’altro grandi ripercussioni sui prossimi anni, visto che si
stabilirà la direzione che l’Occidente assumerà nei confronti del
mondo. C’è chi invoca la necessità di porsi in una posizione
conflittuale, con Russia, Cina e mondo arabo, chi propone strategie per
costringere ad un dialogo. Sanzioni all’Iran e guerra di svalutazione
con la Cina insegnano. Grazie anche all’informazione di “Pagine
ebraiche” sappiamo da che parte sono orientati gli ebrei americani, non
mi pare, però, che per l’ebraismo europeo la tendenza sia la stessa.
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Qui Lucca -
Comics&Jews con Pagine Ebraiche
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Pagine Ebraiche ancora una volta
protagonista a Lucca Comics & Games, tra i massimi appuntamenti
internazionali dedicati all’illustrazione, al fumetto e al fantasy (1-4
novembre). Il giornale dell’ebraismo italiano, con il dossier Comics
& Jews, terza incursione negli intrecci tra mondo del fumetto e
cultura ebraica sarà distribuito alle biglietterie e a tutti i punti
informazioni. Comics and Jews sarà inoltre ufficialmente presentato
all’incontro in programma il 2 novembre (ore 11, Sala D’Oro): a
partecipare saranno Giorgio Albertini, disegnatore e docente
dell’Università statale di Milano, il grande illustratore italiano
Vittorio Giardino, i fumettisti Walter Chendi e Luca Enoch
(rispettivamente autori di La porta di Sion e La banda Stern), Ada
Treves, curatrice del dossier Comics & Jews. E quest’anno per
la prima volta Pagine Ebraiche entra nel programma di Lucca anche uno
showcase: un faccia a faccia con David B., autore de Il Mio Miglior
Nemico (Rizzoli Lizard) che disegnerà per il pubblico durante
l’intervista (l’appuntamento è in Sala via Vittorio Veneto alle 13).
Comics and Jews - Israele allo
specchio del graphic novel
L'anno 2008 segna per molti
versi una svolta nella percezione del fumetto in Israele. Non solo per
la prima volta nella storia dell’editoria israeliana un romanzo
grafico, Exit Wounds, di Rutu Modan (nata a Tel Aviv nel 1966), entra
nella classifica dei libri in ebraico più venduti dell’anno, ma ai
comics vengono dedicati due prestigiosi convegni internazionali, uno
alla Bezalel Academy of Arts sui legami tra politica e caricatura,
l’altro a Mishkenot Shananim per celebrare il centenario della nascita
del belga Hergé (1907-1983), il creatore di Tintin. Tra i partecipanti
l’allora redattore capo del quotidiano Haaretz, Dov Alfon, direttore
editoriale di una delle principali case editrici israeliane, la
Kinneret Zemora Bitan, metteva a confronto la quasi assoluta
indifferenza con cui fu accolta la prima traduzione ebraica di Tintin
nel 1964 e il trionfo invece delle sette nuove traduzioni proposte al
pubblico israeliano a partire per l’appunto dal 2007. La constatazione
era tanto più interessante che la difficile aliyah di Tintin in Israele
non poteva essere solo attribuita ai trascorsi collaborazionisti di
Hergé durante la guerra, né ad alcuni episodi di carattere antisemita e
razzista delle avventure dell’eroe e del suo cagnolino (tra cui una
visita lampo nella Palestina mandataria in tempo per essere rapito da
“terroristi” dell’Irgun), accuratamente espunti nelle riedizioni
dell’immediato dopo-guerra e di cui negli anni Sessanta poco si sapeva
fuori dai circoli di tintinologi accaniti. In realtà questa era dovuta
alla diffidenza nei confronti di un ibrido culturale, quale il fumetto,
percepito come forma espressiva che al peggio veicolava valori piccolo
borghesi e al meglio aveva diritto di cittadinanza solo come mero
intrattenimento per l’infanzia. Non bisogna dimenticare che sui comics,
come del resto su tutta la cultura popolare, pesava quello stesso
pregiudizio che aveva portato le autorità nel 1964 a vietare l’ingresso
in Israele ai Beatles di cui era previsto un concerto a Tel Aviv. Tanto
si temeva l’esterofilia e le nefande influenze del pop sull’ethos
halutzistico della nuova nazione che alla celebre banda di Liverpool ci
si riferiva chiamandoli esclusivamente con il nome ebraico di Hipushiot
(appunto i maggiolini). Fu così che anche Mickey Mouse, il celebre
topolino della Disney, divenne, nei giornaletti per bambini israeliani
dell’epoca, Micky Motz, topo sionista le cui avventure vengono
ambientate alternativamente nel Kibbutz dove lavora come contadino
(Motz in ebraico significa paglia) o nelle file di Zahal di cui è un
soldato senza macchia e senza paura. Questo non significa che le prime
generazioni di adolescenti israeliani non fossero avide come altrove di
fumetti e comics. I supereroi americani erano invece molto popolari
anche in Israele e i giovani, ma non solo loro, consumavano tra la fine
degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, gli Stalag, giornaletti a
carattere semi-pornografico ambientati in campi di lavoro forzato
nazisti e prodotti da autori locali in modo semiclandestino, braccati
com’erano dalla censura ufficiale e da genitori pruriginosi. Il titolo
di uno di questi fascicoli “Ero la cagna del colonello Schulz” la dice
lunga sul suo contenuto, oggi oggetto di rivalutazione culturale e
ricercati items di collezionismo fetish, come mostrano il multipremiato
documentario di Ari Libsker (Haifa, 1972) nel 2007 e gli studi del
sociologo Oz Almog. Allora, quando la politica era una passione
nazionale israeliana molto più di quanto non lo sia oggi, solo i
vignettisti di satira ideologica che pubblicavano le loro caricature
sulla stampa quotidiana potevano aspirare al riconoscimento ufficiale del loro talento
artistico, come Dosh (1921- 2000), creatore per Maariv e per il
Jerusalem Post di Srulik, simbolo del sabra, o ancora Dudu Geva (1950-
2005), caricaturista celebre in tutto il paese per il suo paperozzo
giallo, il cui erede è oggi il disegnatore Michel Kishka (nato a Liegi
nel 1964). Affrontare invece il trauma della Shoah attraverso il
fumetto rimarrà un tabu infranto solo dall’americano Art Spiegelman con
la pubblicazione di Maus nel 1991. Questo non significa che
sopravvissuti non avessero fatto ricorso all’arte grafica per
testimoniare la loro esperienza già all’indomani della liberazione e
alcuni persino nei campi stessi, come Horst Rosenthal, internato a Gurs
nel sud della Francia e ucciso ad Auschwitz. Solamente quest’aspetto
della loro opera verrà scoperto solo molto più tardi, spesso a titolo
postumo, come è avvenuto per quella del disegnatore e inventore di
nuove tecniche d’animazione Joseph Bau (1920- 2002), che riuscì a
sopravvivere nel campo di concentramento di Plasow e nel ghetto di
Cracovia grazie al suo talento di caricaturista e di falsario di
documenti. Per un radicale cambiamento nella percezione pubblica del
potenziale artistico del fumetto bisogna attendere gli anni Novanta e
la concomitante rivoluzione del panorama audio- visivo israeliano, con
l’apparizione di reti televisive private – si pensi che sino ad allora
non c’era pubblicità in tv! - e l’accesso generalizzato ai nuovi media
digitali e satellitari, in un contesto in cui Israele si afferma a
livello mondiale come una superpotenza del high tech e delle
telecomunicazioni. Il fumetto esce finalmente dagli stretti limiti
della caricatura e del libro per l’infanzia e diventa strumento di
auto- rappresentazione collettiva, di critica sociale e di testimone
dell’attualità. Ma senza la creazione del dipartimento di Tikshoret
Hazutit (comunicazione visiva) presso l’accademia di belle arti Bezalel
a Gerusalemme, che nei suoi tre lustri di esistenza è diventata una
vera e propria serra di giovani talenti, probabilmente non si potrebbe
parlare di scuola israeliana del fumetto. Non c’è praticamente oggi
professionista delle arti grafiche che non abbia studiato o insegnato a
Bezalel, da David Polonsky, illustratore del film di Ari Folman, Valzer
con Bashir (2008), di cui ha poi curato la trasposizione in formato di
romanzo grafico, a Gilad Seliktar (nato nel 1977) autore, assieme alla
sorella Galit (nata nel 1970), del recentissimo Farm 54, per menzionare
solo alcuni dei più famosi artisti oltre a quelli che nel 1995 hanno
fondato il gruppo Actus Tragicus Comics con l’intenzione di dare
massima diffusione internazionale al mondo dei comics israeliano.
Amitai Sandy (nato a Kfar Saba nel 1976), rinomato illustratore per la
stampa quotidiana, ha persino fondato una casa editrice interamente
dedicata al fumetto, la Dimona Comix Publishing e oggi i fans del
fumetto possono riferirsi a pubblicazioni specializzate nel settore e a
un festival annuale di comics e animazione alla cineteca di Tel Aviv,
intitolato Animics e ormai alla sua dodicesima edizione, fondato da
Dudu Shalita. Negli ultimi anni si assiste peraltro a un proliferare di
scuole che offrono una formazione professionale nel campo
dell’animazione e del design, dalla Shenkar di Tel Aviv al collegio Bet
Berl di Kfar Saba. Inoltre, accanto a un’intensa attività di traduzione
in ebraico dei classici del fumetto internazionale, parallela
all’esportazione quasi immediata dei prodotti israeliani all’estero,
vale la pena insistere sul fascino che la realtà israeliana esercita
sull’immaginazione di artisti. Da prospettive politiche e sensibilità
diverse, ma spesso riuscendo a superare le immagini stereotipate,
Israele è al centro di tre romanzi grafici che hanno riscosso un
successo planetario. Il libro di Sarah Glidden, How to Understand
Israel in 60 Days or Less, 2010, che descrive l’esperienza di una
partecipante americana al progetto dell’Agenzia ebraica Birth Right,
quello di Joe Sacco del 2001, Palestine, diario di un viaggio compiuto
a Gaza e nella West Bank tra il 1991 e il 1992, sino al recentissimo
Jerusalem: Chronicles from the Holy City del canadese Guy Delisle,
uscito quest’anno dopo un soggiorno nel paese di un anno nel 2008. Non
c’è dubbio insomma che lo straordinario successo dei comics in Israele
a cui si assiste da dieci anni sia uno dei tanti segni della grande
creatività del paese e del profondo rinnovamento culturale in atto.
Asher
Salah, Accademia Bezalel Gerusalemme, Pagine Ebraiche novembre 2012
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Qui Roma - Pitigliani
Kolno'a Film Festival al via
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Saranno Footnote di Joseph
Cedar e La sposa promessa di Rama Burshstein, la cui protagonista,
Hadas Yaron ha vinto la Coppa Volpi come miglior attrice alla Mostra
Internazionale del Cinema di Venezia, ad aprire la settima edizione del
Pitigliani Kolno'a Film Festival che si svolgerà alla Casa del Cinema a
Largo Mastroianni nella splendida cornice di Villa Borghese dal 3 al 7
novembre.
Trentatre fra film e documentari divisi in quattro sezioni tematiche
che propongono la miglior cinematografia israeliana, che negli ultimi
anni sta attirando l'attenzione delle platee internazionali, sono stati
presentati questa mattina: la conferenza stampa si è svolta
all'Istituto Pitigliani di Roma alla presenza di Ariela Piattelli che
assieme a Dan Muggia ne è il direttore artistico, Ronen Fellus curatore
del progetto e consigliere del Pitigliani, Ofra Farhi addetto culturale
dell'ambasciata di Israele a Roma, Cecilia d'Elia e Dino Gasperini
rispettivamente assessori alle politiche culturali della Provincia e
del Comune di Roma. Presenti in sala fra gli altri anche la
vicepresidente del Pitigliani e responsabile delle relazioni esterne
Rossella Veneziano, i consiglieri Daniele Naim e Sira Fatucci e la
direttrice Ambra Tedeschi.
Filo conduttore della rassegna è presentare al pubblico la società
israeliana nelle sue numerose sfaccettature, senza trascurare il mondo
degli ortodossi, tradizionalmente poco rappresentato nelle produzioni
artistiche, che ora inizia invece a dialogare e a farsi conoscere. La
sposa promessa racconta la storia di Shira, giovane ebrea ortodossa
promessa in sposa ad un ragazzo della sua stessa età ed estrazione
sociale, le cui aspettative vengono infrante da una terribile tragedia.
La pellicola è offerta nella sezione Sguardo
sul cinema israeliano che propone dieci film, fra cui Footnote, God's
Neighbors, Life in Stills, Six Million and one. Vi è poi la sezione
dedicata ai tre grandi registi Stanley Kubrik, Roman Polanski e Woody
Allen intitolata Storie di cinema. La terza sezione è intitolata
Percorsi ebraici, quattro documentari che toccano storie, luoghi e
epoche molto diversi fra loro e infine la sezione dedicata al regista
David Ofek.
Il Kolno'a è realizzato dall'Istituto Pitigliani con il sostegno e il
patrocinio, fra gli altri, dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane, dell'Ambasciata di Israele a Roma, della Regione Lazio, del
Comune e della Provincia di Roma.
L'ingresso alle proiezioni, che si svolgeranno interamente alla Casa
del Cinema, è libero fino a esaurimento posti. E' possibile scaricare sull'Ipad l'applicazione che consente di vedere
tutto il programma ed i trailers di alcuni film proiettati. Clicca qui per scaricare il programma completo delle proiezioni.
le
- twitter @lefratimoked
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Qui Milano - Status
giuridico e fiscalità. Confronto in Consiglio
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Consiglio straordinario per
la Comunità ebraica di Milano, che nell’esame della propria posizione
fiscale sembra destinata a fare da apripista nella complessa
definizione dello status giuridico delle realtà ebraiche italiane.
Oltre agli adempimenti per conformare la Comunità alle previsioni
legislative in materia di responsabilità delle persone giuridiche,
particolarmente pressante è la questione del riconoscimento della
qualifica di ente no profit. Una questione con importanti conseguenze
sulla situazione economica complessiva. Si tratta, si è ricordato in
Consiglio, di temi cruciali per il futuro non soltanto dell’istituzione
ebraica milanese, ma di tutte le Comunità italiane su cui anche
l'Unione delle Comunità ebraiche Italiane sta operando per garantire
alle realtà ebraiche l'assetto migliore, e l’applicazione uniforme del
diritto a tutte le comunità ed enti ad esse connessi. Nel corso dei
lavori l’assessore comunitario al Bilancio Raffaele Besso e il
segretario generale Alfonso Sassun hanno illustrato le problematiche
attualmente aperte e hanno ribadito che la Comunità milanese si sta
muovendo in sintonia con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che
si sta occupando del tema a livello nazionale, al fine di ottenere un
riconoscimento chiaro e univoco delle Comunità ebraiche come enti non
lucrativi di utilità sociale, per i vari segmenti ed attività
istituzionale da queste svolte.
rt - twitter
@tercatinmoked
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Ticketless - Sardi,
zanzare e cosacchi
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Quando, per una ragione o per
l’altra, la modalità ticketless s’inceppa, queste righe saranno
sostituite dal Libro dei buoni. Mia nonna chiamava così un quadernetto
dove segnare il nome degli amici più cari. Il libro dei cattivi,
diceva, non esiste. Da molti anni in quel quadernetto segno le pagine
più belle che mi sia capitato di leggere sugli ebrei in Italia. Un
giorno penso di cavarne un’antologia. Altri studiosi della storia degli
ebrei d’Italia, con più zelo di me, aggiornano invece di continuo il
Libro dei cattivi. In Sardegna non torno da molti anni; mi capita di
pensare ai sardi ogni volta che leggo un libro sulle origini del
sionismo (è accaduto con la bella edizione, a cura di
Roberta Ascarelli, del romanzo
di Herzl Altneuland, ne ha parlato David Bidussa su queste pagine).
Sopra la silhouette dell’Uganda a me viene spontaneo sempre sovrapporre
la silhouette della Sardegna. Se Herzl avesse scelto quest’isola come
prima Sionne non si sarebbe pentito. Ecco due schedine sarde dal mio
Libro dei buoni: “Per quanto federalista e autonomista, io sono per la
fusione dei sardi e degli ebrei. Gli ebrei saranno i benvenuti per noi
e per le zanzare fedeli, le quali saranno, con loro, miti e discrete
come lo sono con noi” (Emilio Lussu, “Giustizia e Libertà”, 30.9.1938,
si noti la data!). Seconda scheda: “Al contrario dei cosacchi, i sardi
non distinguono gli ebrei dagli altri uomini” (Lettera di Gramsci a
Tania Schucht, 12.10.1931).
Alberto Cavaglion
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La scelta
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Come spesso capita, e come è
naturale che sia, anche stavolta, nell’accingermi a stendere le brevi
note per il mio appuntamento settimanale con l'Unione informa, ho
valutato diversi eventuali argomenti degni di commento. La possibilità
di scelta, purtroppo, è sempre molto ampia, perché le cattive notizie
abbondano. Due, alla fine, sono gli argomenti che si sono imposti alla
mia attenzione, come particolarmente interessanti: da una parte,
l’imponenza delle manifestazioni celebrate in memoria del 90°
anniversario della Marcia su Roma, che sembrano avere ormai
definitivamente ‘sdoganato’ (se già non era accaduto prima, forse da
molto tempo) il fascismo; dall’altra, le diverse pubbliche
attestazioni, pronunciate da alcuni parlamentari del Partito
Democratico e dell’Italia dei Valori, a sostegno della recente
spedizione marittima contro Israele. Le cose da dire, nell’uno e
nell’altro caso, apparivano facili, l’unico rischio era, se mai, quello
di ripetersi. Avrei posto, nell’uno e nell’altro caso, alcune semplici
domande retoriche, quelle di sempre. Per la Marcia su Roma: esiste
ancora il reato di apologia del fascismo? è ancora vietata la
ricostituzione del PNF? ministri, prefetti e questori avevano cose più
importanti di cui occuparsi? il mondo politico non ha nulla da
commentare? a destra sono d’accordo? la Chiesa che ne pensa? ecc. ecc.
Sostegno a Flotilla 3: la sinistra tornerà a depositare bare davanti
alle sinagoghe? ormai ha dimenticato il vecchio amore della Palestina
(forse perché governata da gente troppo moderata, o forse,
semplicemente, perché ogni amore, col tempo, si logora…) per la nuova
‘fiamma’ (indubbiamente più passionale e rapinosa) di Gaza? La
solidarietà per Hamas riguarda anche la quotidiana pioggia di missili
lanciata contro le scuole e gli asili di Sderot? Bersani, Renzi e
Vendola, che si accapigliano su tutto, su questo non hanno niente da
dire? ecc. ecc.
Qualsiasi dei due argomenti avessi scelto, insomma, la stesura del
breve pezzo si preannunciava decisamente agevole. Quel che mi si
presentava come difficile, però, era la scelta. Quale dei due argomenti
era più importante? Confesso che, nel valutare i ‘pro’ e i ‘contro’ di
ciascuna delle due opzioni, mi sono lasciato andare a diverse
considerazioni. Qualche tempo fa, avrei pensato che il neofascismo è un
fenomeno ributtante, ma, tutto sommato, abbastanza marginale, capace di
dare fastidio soprattutto sul piano morale, direi anche estetico, ma
non davvero pericoloso. Più gravi, quindi, le ‘scivolate’ verso la
violenza e l’antisemitismo presenti nei grandi partiti democratici, che
rischiano di inquinare il pensiero di sempre più larghe fasce di
cittadini, convertendoli alla cultura dell’odio e della sopraffazione.
Quindi, scelta a favore della Flotilla. Però, mi sono poi detto, è
ancora vero che il fascismo è un fenomeno di nicchia? Le immagini
televisive sembrerebbero dimostrare il contrario. E non è raro che
squadracce neofasciste effettuino raid aggressivi nelle scuole, sempre
beatamente indisturbate. È proprio impossibile che un domani, più o
meno prossimo, una nuova Marcia su Roma, mutatis mutandis, abbia a
ripetersi? L’Europa, si dice, non lo permetterebbe. Ma ne siamo proprio
sicuri? Contrordine: parliamo di Predappio.
Ma, mi sono detto ancora, non è che questa scelta, come in alte
occasioni, viene preferita anche perché più ‘comoda’? Nessun amico ti
criticherà, l’antifascismo, quantunque un po’ invecchiato, è ancora un
valore largamente condiviso, è facile sventolarne la bandiera. Nel
criticare i corsari della domenica e i loro ammiratori, invece, bisogna
stare più attenti a misurare le parole, andare a leggere bene cosa
hanno detto, fare salva la buona fede, non irridere il generoso
sostegno a chi soffre ecc. E non tutti, comunque, saranno d’accordo con
te. Un motivo in più per scegliere la Marcia su Roma. Ma anche un
motivo contro: non è, per caso, una scelta un po’ vile? Come si vede,
non ho saputo scegliere. Sono rimasto fermo, in triste contemplazione
delle due moltitudini che premono minacciose – a destra, la nera, a
sinistra, la rossa – contro le vacillanti porte di una cittadella
sempre più indifesa.
Francesco
Lucrezi, storico
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A
Tel Aviv la moda ManoAMano
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Cangiari, marchio stilistico calabrese che in dialetto calabrese
significa cambiare, sbarca a Tel Aviv. Fondato sotto il tutorato di
Santo Versace, ha presentato ieri a Tel Aviv 'ManoAMano', mostra
sospesa tra moda, ambiente e società, nell vecchio municipio in piazza
Bialik, ora museo 'Beit Ha'ir. Cangiari appartiene al Gruppo
cooperativo Goel a capo di numerose imprese sociali della Calabria e
opera per l'inserimento nel mondo del lavoro soprattutto dei giovani e
delle donne.
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Mentre le immagini di una New York prostrata dall’uragano Sandy
sconvolgono il mondo, lo scrittore Nathan Englander (...)
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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