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15 novembre 2012 - 1 Kislev 5773
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l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
alef/tav
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elia richetti Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
 


In merito alla vendita della primogenitura, per un certo verso si potrebbe quasi stare dalla parte di ‘Esàv: era stanco, particolarmente affamato, quasi si sentiva male dalla fame; nulla di strano, quindi, che pur di riprendersi fosse disposto a cedere la primogenitura. Tutto sommato, la vita umana ha la precedenza su ogni aspetto. D’altro canto, però, la Torà testimonia che ‘Esàv “mangiò, bevve, si alzò e se ne andò, ed ‘Esàv disprezzò la primogenitura”. In altri termini, dopo essersi ripreso dalla stanchezza e dalla fame non fece alcuno sforzo per cercare di recuperare qualcosa, dimostrando così  che il disprezzo per la primogenitura, il disprezzo per l’impegno materiale ed etico di essere capo, guida e referente dei discendenti di Avrahàm era preesistente alla situazione di bisogno nella quale si era trovato. I Maestri sottolineano che questa è proprio la caratteristica principe di ‘Esàv e della “esauitudine”: svendere quanto vi può essere di più sacro in cambio di qualcosa di estremamente materiale e contingente. Il “poco, maledetto, ma subito” riempie di sé l’Esaù eterno. In tutti i tempi esiste la tendenza all’edonismo, al trarre il massimo godimento immediato a scapito di qualunque valore etico, più duraturo. Ne sono testimoni le continue rapine, lo sfruttamento – anche non a scopo di lucro bensì di solo piacere – del corpo umano, l’uccisione di persone innocenti per far dispiacere ad un nemico; tutte notizie che leggiamo quotidianamente sui giornali o vediamo, spesso in maniera anche scioccante, in televisione. Solo quando si accorge che, alla fine della fiera, consumato il piacere momentaneo non gli rimane nulla, mentre chi ha seguito la via di Ya‘aqòv (studio, valori dello spirito...) ha ancora dei valori, ha ancora delle frecce al proprio arco, l’‘Esàv di turno si sveglia accusando Ya‘aqòv – ossia Israele – di averlo raggirato e superato. In realtà, è lui stesso che si è scavato la fossa con le proprie mani. Questa è una realtà che l’osservazione delle vicende umane nel corso dei millenni ha dimostrato sempre costante. Troppo spesso crediamo di trovare dei valori nel benessere materiale, che è tutt’altro che da disprezzare, bensì da relativizzare, e per esso si fanno passare in secondo piano valori permanenti: il messaggio sociale, etico ed ecologico dello Shabbàth, della Kasherùth, il significato universalizzante della Tefillà ... Dobbiamo riappropriarci concretamente dei nostri valori e porli nella giusta scala, per non ritrovarci depauperati degli uni senza avere più gli altri.


Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme


Sergio Della Pergola
Nel 1970 la comunità ebraica di Panama era stimata a duemila persone, quella di Milano a ottomila. Oggi la stima a Panama è attorno ai diecimila, a Milano gli iscritti alla comunità sono seimila. Cos'è successo nel frattempo? Nel piccolo paese istmico le quattro scuole ebraiche – tre molto tradizionali, una riformata – sono affollate, l'assimilazione è molto ridotta, e continua l'immigrazione soprattutto da altri paesi del continente latino americano. Un rabbino forte e carismatico, Rav Zion Levi scomparso quattro anni fa, ha guidato la crescita della maggioranza sefardita della comuntà nel rispetto dell'ortodossia ma cercando di parlare con tutti o quasi. La popolazione ebraica vive molto concentrata in pochi quartieri in una capitale sul cui orizzonte si delinea una catena impressionante di grattacieli e di gru. Sullo sfondo, l'economia in forte espansione di un paese oggi gestito da un regime relativamente tollerante, che funge da punto di passaggio obbligato per i commerci fra l'oriente e l'occidente e che raccoglie forti investimenti da molti continenti. Sono in stadio avanzato i lavori di raddoppio del canale di Panama che consentiranno un grande incremento dell'intercambio globale. Nel corso della storia le comunità ebraiche hanno trovato spazi favorevoli nelle zone di cerniera e di transito fra le grande aree economiche, nelle aree di libero scambio, nel porto franco, e dove sono stati effettuati massicci investimenti nelle grandi infrastrutture. Il contrario è avvenuto in regimi di autarchia, ristagno economico, scarsa iniziativa, oltre che mancanza di pluralismo culturale. Se uno scenario del primo e non del secondo tipo continuerà a prevalere a Panama, la popolazione ebraica potrà crescere ancora. Intanto sono in aumento fra i ragazzi delle scuole ebraiche quelli che come lingua straniera studiano il Mandarino. Non il Lumbard.

davar
Dopo un lungo silenzio i media scoprono la crisi di Gaza
Fermo impegno di Israele per la sicurezza e la pace
La grave tensione che sta caratterizzando in queste ore la realtà del Medio Oriente è costantemente seguita dalle istituzioni ebraiche italiane e dagli operatori dell’informazione. La redazione del Portale dell’ebraismo italiano, in questi giorni riunita a Milano, ha analizzato brevemente la situazione anche in occasione dell’incontro con il presidente della Comunità ebraica milanese Walker Meghnagi avvenuto questa mattina, poco dopo la diffusione della notizia del criminale attacco missilistico che ha portato alla morte di tre civili israeliani.
Allarme e sconcerto per l’escalation di attacchi e di violenze provenienti dalla striscia di Gaza che sta colpendo Israele sono sentimenti diffusi che sono però vissuti con la consapevolezza di quanto sia importante, di fronte alla minaccia del terrorismo e dell’odio islamico, innalzare la vigilanza e continuare con fermezza e senza cedere all’emotività la propria normale vita lavorativa. Nella riunione mattutina i giornalisti hanno ribadito che la redazione deve continuare così a impegnarsi per garantire regolarità e l’equilibrio alle proprie pubblicazioni senza cedere alle minacce e alla paura di chi vorrebbe ridurre la realtà di Israele a un perenne conflitto e a una perenne minaccia per la stabilità internazionale. Israele è non solo l’unica democrazia della regione, ma anche il modello minacciato di una società che pratica in concreto la pace, lo sviluppo e la cultura a beneficio di tutti i popoli della regione e gli attacchi contro la popolazione che provengono dalle organizzazioni oltranziste islamiche non devono condizionare l’agenda di lavoro e una visione ferma e costruttiva della situazione.
Negli scorsi giorni le centinaia di razzi che hanno colpito lo Stato ebraico, provocando danni alle cose e alcuni feriti erano stati largamente taciuti dai principali mezzi di informazione italiani. Con la risposta israeliana per via aerea e l’eliminazione del leader di Hamas e carceriere di Gilad Shalit Ahmed al-Jabari, l’interesse dei giornali sembra essersi ora risvegliato. Solo 16 schede entrate nella sezione Medio Oriente della rassegna stampa del mattino ieri, nessuno o quasi dedicato alle tensioni fra Israele e Striscia di Gaza, ben 40 stamattina. Ma la situazione si aggrava di ora in ora: ancora tanti i razzi caduti nella notte. Uno ha colpito un palazzo a Kiryat Malachi stamattina: si parla di tre morti tra cui un neonato, e persone ancora intrappolate nella struttura.
Le tensioni tra Israele e Gaza vengono raccontate da tutti i principali quotidiani italiani. “Offensiva di Israele su Gaza. Tel Aviv: pronti all’attacco di terra. L’Egitto richiama l’ambasciatore” titola il Sole24 Ore che porta l’analisi di Ugo Tramballi, che racconta gli obiettivi fondamentali dell’operazione Pilastro di Sicurezza (nome in codice dell’operazione israeliana su Gaza), le minacce di Hamas e la posizione egiziana.
I retroscena dei rapporti fra la componente politica di Hamas e quella più vicina ai salafiti sono al centro dell’articolo di Maurizio Molinari sulla Stampa.
La dichiarazione di Obama “Israele ha diritto all’autodifesa” è riportata sul pezzo di Francesco Battistini sul Corriere della Sera, che parla anche di “almeno otto vittime palestinesi in seguito ai raid israeliani”. Su Repubblica drammatica intervista allo scrittore israeliano Abraham Yoshua, da sempre schierato nell’impegno per la pace che però oggi dichiara la guerra contro Gaza inevitabile “E’ tempo che Israele riconosca che Gaza è un nemico”.

Qui Roma - Momenti di tensione alle porte della sinagoga
La denuncia del presidente Pacifici sulla stampa nazionale
Urla, slogan, ripetuti inviti all'odio, i bambini della scuola ebraica lungamente bloccati a scopo precauzionale nell'istituto. I momenti di tensione vissuti ieri a Roma con il passaggio del corteo studentesco davanti al Tempio Maggiore suscitano, nel presidente della Comunità ebraica capitolina Riccardo Pacifici, una serie di pressanti interrogativi. Chi ha autorizzato il percorso? Perché lasciar transitare un corteo sul Lungotevere de Cenci? Perché la Comunità è stata in mezzo a tutto questo? Domande che riportano inevitabilmente al clima pesantissimo che precedette l'attentato palestinese del 9 ottobre 1982. “Erano 30 anni che una manifestazione non passava davanti alla sinagoga. Quel giorno – ricorda Pacifici – si presentarono con una bara vuota che lasciarono di fronte all'ingresso e un mese dopo morì il piccolo Stefano Gay Taché. Oggi sono di nuovo qui con le bandiere palestinesi e la kefiah a inneggiare contro la nostra Comunità. Piena solidarietà alle forze dell'ordine ma perché si consente a gruppi organizzati con posizioni ostili nei nostri confronti di sfilare davanti al Tempio?”. Un nuovo inquietante episodio che si aggiunge al corteo delle destre xenofobe europee dello scorso fine settimana. Se il clima a Roma è questo, prosegue Pacifici, “allora che si vietino le manifestazioni”.
Dichiarazioni che sono oggi riportate con grande rilievo da tutta la stampa nazionale. “Il corteo deviato al Ghetto. Caos, insulti e polemiche”, titola il Corriere della sera nel suo pezzo di apertura (con annessa fotonotizia dell'attentato del 1982). Molte le pagine dedicate ai fatti di ieri, con particolare attenzione a quanto accaduto al Portico d'Ottavia, anche sulle pagine di Repubblica e Messaggero. “Tevere e cortei, una giornata da incubo” titola Repubblica che dà anche voce, con uno specifico articolo, all'appello contro l'odio e la tensione pronunciato dal sindaco Alemanno. “Città ostaggio delle proteste”, la denuncia del primo cittadino. Angoscia condivisa dal ministro Riccardi che, intervistato del Messaggero, spiega di temere “chi giustifica il ribellismo” ed esprime massima solidarietà alla Comunità ebraica. “Non capisco – afferma – perché la manifestazione sia stata fatta passare vicino alla sinagoga, che per noi è un simbolo di fede, di sacrificio e di libertà. Del resto, non avrei autorizzato nemmeno le manifestazioni neonaziste dei giorni scorsi. Si sottovaluta il pericolo di un contagio su menti fragili”.

Qui Milano - Informazione ebraica e lavoro sulla grafica
“L'informazione ebraica, i giornali e il ruolo della grafica”: un appuntamento dedicato all’approfondimento di questi temi ha riunito la redazione di Pagine Ebraiche a Milano per una due giorni di lavoro comune.
Un ritrovo aperto dall’incontro con il presidente della Comunità milanese Walker Meghnagi, che ha costituito un’occasione per una riflessione sulle sfide dell’informazione che si pongono davanti alle realtà ebraiche italiane con un’urgenza sempre maggiore.
Con la visita alla mostra della Triennale TDM5 Grafica italiana i lavori sono entrati nel vivo. Ad accogliere i giornalisti è stata la direttrice del Triennale Design Museum e curatrice dell’esposizione Silvana Annichiarico. Annichiarico ha portato il saluto della prestigiosa istituzione milanese, e spiegato l’opera che il museo, creato dalla Triennale cinque anni fa, porta avanti: raccontare in modo dinamico e sperimentale un mondo di cui l’Italia ha contribuito a fare la storia, con l’apporto tra gli altri di numerosi artisti ebrei, un nome fra tanti quello di Emanuele Luzzati (esposto tra gli altri oggetti, un mazzo di carte da gioco disegnate dal maestro genovese).
Una attenzione particolare è stata rivolta alla storia della grafica nel mondo della comunicazione. Interrogativi come quale rilevanza assuma la scelta del carattere tipografico con cui comporre un testo, dall’elenco telefonico al romanzo, in quale modo venga costruita la struttura della copertina di un libro, secondo quale corso si sia evoluta la grafica nel settore dell’informazione, hanno trovato una risposta nelle spiegazioni di Elio Carmi, designer e vicepresidente della Comunità ebraica di Casale Monferrato, che ha guidato la redazione attraverso i percorsi tematici proposti dalla Triennale.
I lavori proseguiranno nel pomeriggio e nella mattinata di domani: al confronto con esperti del settore, tra cui l’illustratore Giorgio Albertini e l’editore David Piazza, e con esponenti dell’ebraismo italiano come il direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane rav Roberto Della Rocca e la presidente dell’Associazione donne ebree d’Italia Ester Silvana Israel, si alterneranno momenti di riflessione interni, con un’assemblea dei redattori. Stasera l’appuntamento sarà alla cena organizzata dalla Fondazione Scuola della Comunità ebraica che avrà come ospite d’onore il Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo.
Per la redazione di Pagine Ebraiche, dislocata in varie realtà territoriali italiane, un’occasione di ritrovo importante, perché se le nuove tecnologie consentono di raggiungere traguardi un tempo impensabili lavorando a distanza, non si può prescindere dal valore di ritrovarsi guardandosi negli occhi.

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Italia e Israele, orizzonti di cooperazione sul grande schermo
Il modello è La Sposa Promessa, pellicola da oggi nelle sale italiane. Un film carico di significato, valori, introspezione. Un film di successo realizzato a costo zero (o quasi). “Il cinema israeliano ha sempre avuto questa caratteristica. Budget limitati e, forse proprio in ragione di questo elemento, una straordinaria capacità di sviluppare l'aspetto creativo della produzione”. Parola di Riccardo Tozzi, presidente dell’Assemblea dell’Associazione delle Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali, intervenuto ieri sera all'incontro sulla comunicazione cinematografica italo-israeliana al FilmFest di Roma. Una riflessione stimolante, organizzata dalla Federazione delle Relazioni Esterne su impulso dello staff culturale dell'ambasciata d'Israele, che ha segnato un punto di svolta per una maggiore collaborazione artistica tra i due paesi. A ribadire questa intenzione, tra gli altri, lo stesso presidente del Festival capitolino, Paolo Ferrari, intrattenutosi fino al termine dell'evento con Assaf Amir, presidente della Israel Film and Tv Producers Association, Ziv Naveh, direttrice generale del Gesher Multicultural Film Fund, Ofra Fahri, addetto culturale dell'ambasciata israeliana, e Andrea Morbelli di Lazio Film Fund. In sala, tra gli altri, un volto noto del piccolo schermo: l'attore israeliano Raz Degan.
Punto di partenza dell'incontro, moderato da Amanda Succi, il trattato di cooperazione siglato nel 1985. Un documento ambizioso nei propositi ma che, nei fatti, ha portato finora a un numero limitato di cooproduzioni. Naveh cita a braccio Disimpegno di Amos Gitai (2007) e Miral di Julian Schnabel (2010). Poco, pochissimo altro. Si avverte pertanto, come ha sottolineato Amir, “il vuoto di una grande occasione persa, pur nella convinzione di un possibile impegno di entrambi per colmare questa lacuna”. Numerose le proposte maturate nel corso della serata: progetti comuni nel segno della formazione, l'implementazione del 'modello Pitigliani Kolno'a', in questo senso “un vero e proprio laboratorio di conoscenza”, come ha sottolineato Mordelli, la possibilità infine – con alcuni vincoli – di accedere al fondo stanziato dalla Regione Lazio. Il terreno sembra fertile e verrà oggi ulteriormente sondato in occasione di un incontro bilaterale che si svolgerà in forma privata. “Sono cresciuta col mito di Fellini – ha spiegato Naveh – lavorare in partnership con il cinema italiano è un obiettivo che vale la pena di essere raggiunto”.
Tra le varie iniziative odierne, di grande interesse la proiezione del documentario Ebrei a Roma di Gianfranco Pannone (Cinema Barberini, 20.30). Tre diverse generazioni a confronto, l'orgoglio dell'appartenenza, uno straordinario spaccato di vita e di memorie dalla più antica Comunità della Diaspora. Un appuntamento da non perdere.

a.s - twitter @asmulevichmoked

pilpul
Fare i conti con la realtà
Le migliaia di persone scese in piazza in Italia contro le politiche del rigore sono il sintomo di un problema di cui credo dovremmo iniziare a preoccuparci. Per carità, non è la legittima espressione del dissenso a doverci inquietare, quanto la mancata comprensione di quello che sta accadendo in Italia e in Europa. In questo momento, essere contro il rigore significa chiedere allo Stato di aumentare la spesa pubblica, di continuare ad accumulare debito senza la certezza di poterlo un giorno pagare,  significa auspicare il fallimento dell’Italia. Non si può, come fanno gli studenti, urlare che noi la crisi non la paghiamo, perché checché se ne dica, noi la crisi l’abbiamo prodotta, e noi dobbiamo uscirne fuori.  Il rischio altrimenti è che episodi come quello di ieri, in cui qualcuno ha indirizzato i suoi insulti verso la Sinagoga di Roma, possano solo verificarsi ancora. Continuare a illudere che lo Stato possa spendere più di quanto non abbia è la strada più facile per permettere a derive estremiste e antidemocratiche di diffondersi. Per questo è necessaria una presa di coscienza che spieghi anche ai più giovani un’amara verità: i soldi che lo Stato spende non sono roba sua, ma nostra e che lo sperpero di quel denaro ha prodotto la crisi sociale ed economica che oggi stiamo vivendo.

Daniel Funaro, studente

notizieflash   rassegna stampa
Al Parenti in scena la vita di Golda Meir   Leggi la rassegna

Paola Gassman è la protagonista dello spettacolo "Il balcone di Golda" di William Gibson, in scena lunedi 19 novembre al Teatro Parenti di Milano, nella traduzione di Maria Rosaria Omaggio ed Enrico Luttman, per la regia della stessa Maria Rosaria Omaggio. "Golda’s balcony" è l’ultimo lavoro teatrale di William Gibson che, affascinato dalla vita della leader israeliana Golda Meir (1898-1978), rilavorò al monologo “Golda” scritto nel 1977 per Anne Bancroft. Un atto unico che inizia dalla fine, dalla vecchiaia malandata di una grande leader che scopre tutta la sua umanità nei momenti di fragilità, e Un solo rimpianto, l’amarezza di aver trascurato i figli per il partito.
 

Grande attesa, questa sera al Festival del Cinema, per la proiezione della pellicola Ebrei a Roma. Due aprofondimenti, entrambi di grande interesse, sulle pagine del Messaggero e sul dorso romano del Corriere. Da leggere inoltre, con tema la settimana della moda di Tel Aviv da poco conclusasi, le valutazioni – con qualche appunto critico – del magazine MF Fashion.













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