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  18 novembre 2012 - 4 Kislev 5773
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav

Benedetto
Carucci Viterbi,
rabbino



Un inganno a fine di verità, spiega rav Dessler in relazione al mascheramento di Giacobbe, è verità e bene. Il fazioso nei mezzi di informazione, che al massimo può essere una verità dimezzata, non è altro che male.

David Bidussa, storico sociale
delle idee
   

Matilde Passa
Oggi  a Milano alla Sinagoga centrale (dalle 15 alle 19), nell’ambito di Bookcity, proveremo a riflettere in pubblico sulla storia della Giuntina e  del libro ebraico in Italia.
Mi ricordo quando è cominciata l’avventura editoriale di Daniel Vogelmann, un nome che allora non mi diceva niente. C’era un libro – “La notte” di Elie Wiesel -  che aveva la prefazione di François Mauriac, lo stesso che aveva prefato “Il nazismo e lo sterminio degli ebrei” di Léon Poliakov; c’era una storia che assomigliava a quella che avevo letto di Primo Levi, e che parlava di un mondo morto,prima ancora che di un sopravvissuto; c’era un autore di cui nessuno sapeva niente. Infine c’era una copertina con al centro un enorme spazio bianco, vuoto, che andava riempito. Quello spazio bianco, vuoto, c’è ancora. E’ bene che sia così.  Perché la cultura è quella macchina che a domande risponde con domande. Se pensa che il suo compito sia dare risposte è propaganda.
 

davar
Qui Roma - Vicini a Israele. Per un futuro di pace
Uniti e coesi. Contro il fondamentalismo, il disprezzo della vita umana, l'odio seminato dai terroristi di Hamas. È un nesso indissolubile di vicinanza quello che unisce, nel Tempio Maggiore di Roma, la più antica Comunità della Diaspora e lo Stato di Israele. Una veglia di incontro e di preghiera che vede il coinvolgimento di migliaia di persone. Dalla Capitale ma anche da altre città d'Italia. Con il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, numerosi leader ebraici e tanta, tantissima gente venuta a manifestare in queste ore difficili il proprio sostegno e la propria amicizia.
Forte, dal rabbino capo rav Riccardo Di Segni, l'invito alla condivisione di un impegno di fratellanza da parte di tutta la Diaspora. “Il popolo di Israele – ricorda il rav – non può arrendersi. Dobbiamo resistere, andare avanti, continuare a seminare frutti. Ci sarà sempre
qualcuno che vorrà cacciarci e ostacolarci. L'importante è tenere duro e restare fermi nelle nostre certezze. Non dobbiamo permettere alla cultura della morte di prevalere. Nessuno potrà toglierci Israele”.
Analogo richiamo arriva dal presidente della Comunità ebraica, Riccardo Pacifici. “È fondamentale andare avanti a testa alta e non farci schiacciare dall'angoscia. È una battaglia – afferma – da vincere anche sul fronte di un'informazione che ci è spesso ostile e che tende a mistificare la realtà”. Lo testimoniano i tanti volantini, fatti distribuire a tutti i presenti, in cui sono evidenziate le forzature e le gravi omissioni di alcuni media italiani. Cari giornalisti, si legge su un manifesto posto all'ingresso della sinagoga, 'Israele non attacca, semmai risponde'. Serenità, speranza, futuro: sono queste le parole che rimbalzano più f
requentemente dai quattro angoli del Tempio. “Oggi – esorta Pacifici – chiediamo protezione e pace per tutto il mondo. È questo l'unica cosa che vogliamo”.
Concorda l'ambasciatore d'Israele in Italia Naor Gilon, che assieme al rappresentante diplomatico di Gerusalemme presso la Santa Sede, Zion Evrony, si è reso in questi giorni protagonista di un'intensa campagna contro la disinformazione. “Israele – spiega l'ambasciatore – è stato costretto ad agire per porre fine a una situazione divenuta insostenibile. L'atteggiamento di chi non vuole vedere è una vergognosa ipocrisia che deve essere denunciata con forza. Oggi siamo qui, così numerosi, così coinvolti e così vicini, anche per questo. In un rapporto di mutua responsabilità che rende ebrei della Diaspora e Israele un'unica famiglia”.
“Noi tutti, uniti e determinati – commenta a fine serata il presidente Gattegna – abbiamo il compito di rendere chiaro a ognuno che Israele è il fulgido esempio di uno Stato che, pur costretto a combattere per affermare il proprio diritto a esistere, non ha mai rinunciato né al rispetto dei diritti umani, né alla civiltà e al progresso civile e sociale, né alla libertà e alla democrazia, né a percorrere tutte le strade possibili per arrivare a una pace stabile e sicura”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked


Melamed –  La scuola non si ferma
Innovazione. Tecnologia. Un computer per tutti. Già nelle scuole ebraiche italiane queste parole non sono solo vuoti slogan, bensì uno strumento che permette progetti di qualità e un modo innovativo di lavorare in classe. Ma in questi giorni, in Israele, il senso di queste parole diventa ancora più profondo. Le tre parole con cui la WorldORT - l’organizzazione mondiale che si occupa di educazione e formazione in campo ebraico e non solo – ha scelto di raccontarsi sono Innovazione, Educazione e Impatto. La sintesi perfetta di quello che sta succedendo agli studenti che vivono nella parte meridionale di Israele, a cui è stato detto di stare a casa. Stare a casa però non significa non studiare, perché grazie alla “smart classroom technology” che è stata sviluppata negli ultimi anni nel Negev le lezioni continuano, a casa o addirittura nei rifugi. Gli insegnanti hanno a disposizione una postazione computerizzata, lavagne elettroniche e software che permettono di interagire con gli studenti, anche a distanza. Sono già centinaia le classi così attrezzate, e diventeranno un migliaio entro il 2013, sulla base di un programma che era stato inizialmente lanciato per aiutare i bambini ricoverati in ospedale. Per la legge israeliana i bambini che devono restare in ospedale per più di tre giorni devono seguire le lezioni e nella maggior parte degli ospedali sono a disposizione libri e tutor che seguono i piccoli studenti in modo che non restino indietro rispetto ai loro compagni. È noto però che non è solo il contenuto delle lezioni ad essere rilevante ma anche l’esperienza globale della scuola: i rapporti con i compagni, con gli insegnanti, le chiacchere e le risate, così grazie all’iniziativa della ORT ora sono 27 gli ospedali israeliani che hanno programmi di apprendimento a distanza e in cui i piccoli ricoverati hanno a disposizione un portatile e possono collegarsi con la propria classe e fra loro, una vera comunità virtuale. Parliamo di circa 100mila bambini all’anno, e il sistema che funziona in ospedale funziona anche nei rifugi, per cui appena sono iniziate le ostilità l’organizzazione ha iniziata a distribuire portatili alle scuole, per permettere di continuare a fare lezione, di non essere isolati, succeda quel che succeda.

Ada Treves twitter@atrevesmoked


Qui Firenze - L'Ame a convegno sulle sfide della medicina 
Sono nel vivo i lavori del convegno annuale dell'Associazione Medica Ebraica. Declinato sul tema 'Oltre la vita', l'incontro vede una vasta partecipazione di iscritti e, nel segno di un laboratorio già consolidato di reciproco arricchimento, la diretta interlocuzione con esponenti di altre realtà religiose. La sfida, come spiega il presidente Ame e consigliere UCEI Giorgio Mortara, è quella di affrontare, con la ricchezza di diversificati e autorevoli interventi, un tema che è di grande attualità toccando da vicino milioni di persone a prescindere dalle specifiche appartenenze e convinzioni. Accolto dal presidente della Comunità ebraica fiorentina Guidobaldo Passigli, Mortara ha poi ricordato le sfide di cui si fa portatrice l'Ame: promuovere incontri culturali e scientifici, far conoscere all'opinione pubblica la posizione ebraica in ambito bioetico, rafforzare il supporto degli iscritti alle singole Comunità. Impegni che in questi anni l'hanno portata ad essere sempre più un punto di riferimento in ambito scientifico come ha ricordato, tra gli altri, il presidente dell'Ordine dei medici di Firenze Antonio Panti. “Un contatto multiculturale e multireligioso è sempre più una necessità nel nostro lavoro. L'Ame – ha sottolineato – è in questo senso un interlocutore fondamentale”. Protagonisti del dibattito, nella prima sessione mattutina, il rabbino capo Joseph Levi e i medici Germano Salvatorelli (Ferrara) ed Elana Assi (Milano). Significativa anche la testimonianza di Alessandro D'Alessandro dell'Istituto Buddista Soka Gakkai sulla concezione buddista di esistenza e non esistenza. Ad introdurre gli interventi Rosanna Supino, moderatrice invece Maria Teresa Romagnoli.
Le attività riprenderanno nel primo pomeriggio con l'assemblea dei soci e con la presentazione della neonata Associazione Amici del Maghen David Italia e del corpo di protezione civile Gilad Shalit, già operativo da alcuni mesi a Roma. Tre i diversi momenti in agenda: Renato Caviglia, alle 15, parlerà di 'Trapianto di cellule staminali nelle malattie infiammatorie croniche intestinali'. A seguire interventi del professor Soria su 'Genealogie, storie familiari e genetica al 32esimo Congresso Mondiale di Genealogia Ebraica' e di Cesare Efrati che concluderà con un report dal convegno Unesco di Bioetica di Tiberiade e si soffermerà sul tema della compravendita degli organi alla luce della moderna Halakhah.


Qui La Spezia – Al Premio Exodus con Paolo Mieli
Dignità e impegno di fronte ai grandi bivi della Storia
È il giornalista Paolo Mieli a vincere il Premio Exodus per il 2012. La consegna del riconoscimento, che ricorda il ruolo svolto dalla città di La Spezia a favore dell'immigrazione ebraica verso Israele a partire dall'immediato dopoguerra, avrà luogo domani alle 18 in Sala Dante con gli interventi, tra gli altri, del presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, del direttore del Dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane rav Roberto Della Rocca e del direttore generale della Banca Regionale Europea Riccardo Barbarini. L'iniziativa, patrocinata per il terzo anno consecutivo dall'UCEI, vuol testimoniare attraverso il ricordo di quell'atto collettivo di erosimo l'universalità di valori senza tempo quali l'impegno per il prossimo e per la dignità dell'uomo. “I portuali spezzini – afferma Mieli, che per l'occasione terrà una lectio magistralis sui rapporti tra sinistra italiana e Israele – potevano attenersi alle disposizioni internazionali, come è stato fatto altrove. Invece una popolazione, che non sapeva nulla delle stragi nei campi di concentramento, si è interrogata e ha dato una risposta oltre le leggi, a favore di una causa a fin di bene. Exodus insegna che a volte, in nome del buonsenso, le parti in opposizione, senza cedere nei loro connotati, possono tendersi la mano e compiere sforzi comuni per realizzare cose di cui i posteri saranno riconoscenti".
Tre giorni di iniziative, incontri, riflessione. Il via ai lavori della 12esima edizione con tema 'La dignità e la memoria' ieri pomeriggio, sempre in Sala Dante, con la consegna della menzione speciale Exodus 2012 ad Amelio Guerrieri, comandante partigiano di Giustizia e libertà, medaglia d'argento al valor militare e protagonista indiscusso di quei giorni. Tra gli ospiti Adolfo Croccolo, responsabile della sezione spezzina della Comunità ebraica di Genova. A seguire il giornalista Carlo Gallucci e lo storico Giovanni Marco Cavallarin, moderati da Antonella Rampino, si sono interrogativi sull'eredità di quell'impresa. Due invece gli appuntamenti per oggi: alle 17 intervento dello storico Claudio Vercelli, intervistato da Simonetta Fiori, su 'Negazionismo. Storia di una menzogna', mentre alle 21, al Centro Dialma Ruggiero, andrà in scena una performance teatrale di Massimo De Francovich ispirata a Exodus, capolavoro letterario di Leon Uris. Domani, oltre alla consegna del premio, è prevista al mattino una lezione di Michele Battini su Capitalismo e odio antiebraico nel lasso di tempo che va dal 1790 al 1938, anno di promulgazioni delle leggi razziste.


pilpul
Lo specchio dell’odio
È di questi giorni la notizia dell’ampia azione repressiva svolta dalla polizia italiana, su sollecitazione della Procura di Roma, contro i gestori di un noto sito che costituisce, non solo nel nostro paese, il bacino collettore delle posizioni più marcatamente razziste, ispirate al suprematismo bianco, al nazionalismo esasperato, quest’ultimo di marca rigorosamente etnicista, all’antisemitismo, al negazionismo e al dichiarato filonazismo. L’iniziativa si è tradotta in perquisizioni, arresti, notifiche di mandati di cattura a individui in parte già soggetti a provvedimenti di restrizioni della loro libertà e, soprattutto, nell’oscuramento del sito medesimo. Quest’ultimo, legato ad un portale americano, costituisce dalla metà degli anni novanta uno spazio di comunicazione e di discussione tra i sostenitori di quelle posizioni che fanno dell’intolleranza una dottrina di principio. Non a caso gli indagati sono accusati di incitamento all’odio razziale e di antisemitismo. Fin qui la cronaca. Il giro di vite arriva peraltro dopo un crescendo di aggressioni verbali e di provocazioni, non da ultima la minaccia di passare alle “vie di fatto”. Tra queste si contano anche la pubblicazione di liste di “proscrizione”, nelle quali erano elencati i nomi di docenti universitari ebrei (e anche non tali), accusati della loro “ascendenza di razza”, così come di personaggi pubblici, a partire dal ministro per la Cooperazione e l’integrazione Andrea Riccardi, ritenuti “colpevoli” di interessarsi di immigrazione con l’intenzione, evidentemente, di ibridare e rendere “bastarda” la “razza italica” (la virgolettatura, in questo caso, non può che abbondare).
Quanti si fossero deliziati nello scorrere le tante pagine, con i vari post dei numerosi frequentatori di questa allegra compagnia, i più provvisti di nickname indiscutibilmente “ariani”, avrebbero trovato squadernato l’intero catalogo del pregiudizio antisemitico, abbondantemente condito da un eclatante razzismo e suggellato da tutti i più vieti paradigmi della concezione cospirazionista della storia, un classico dell’apocalitticismo di marca nazista. In buona sostanza, ribadivano ad ogni piè sospinto i non pochi affezionati internauti di questo sito, il male che c’è su questa terra viene in tutto e per tutto dagli ebrei i quali, facendo catenaccio tra di loro, in quanto “razza”, attraverso le loro trame occulte, orientano i destini del pianeta a proprio favore. Si tratta – va da sé – di una partitura già ascoltata o, se si preferisce, di un film già visto in innumerevoli occasioni.
La sua ripetitività, tuttavia, è l’esatto motivo per il quale ci si deve inquietare. Poiché il rischio non si cela quasi mai nell’inedito, ma in ciò che, nel suo rinnovarsi come sempre uguale a sé, diventa una tradizione consolidata. L’antisemitismo contemporaneo risponde a quest’ultimo motivo. E si ibrida, con grande versatilità, alle circostanze, alle situazioni e ai medium della comunicazione rivolti verso il grande pubblico. In altre parole, la pericolosità del sito antisemita non sta mai nelle sole persone che ne compilano i contenuti, e li implementano con inquietante costanza, ma nella sua capacità, attraverso le innumerevoli possibilità di rifrazione che il web offre, di divenire un po’ come il centro di una raggiera dove determinate idee, per quanto deteriori, entrano poi comodamente nella discussione di senso comune. Per essere ancora più chiari, ed entrare nello specifico: si può mettere in gattabuia il neonazista di turno, se ha commesso un reato, ma non ci si può illudere che così facendo il problema della pervasività della sua propaganda venga risolto. Si tratta, in questo caso, di un problema che non si può pensare di affrontare con i soli strumenti della repressione penale poiché esso sfida, in quanto questione che rimanda anche al grande nodo degli effetti culturali e cognitivi della diffusione delle comunicazioni nella società di oggi, ogni sorta di filtro, anche e soprattutto quello di autorità. Del pari, la pur necessaria distinzione tra opinione, ancorché radicale (e come tale più che lecita), e diffamazione deliberata, rischia di rivelarsi un’arma se non spuntata tuttavia molto debole. Già si è avuto modo di dire, in altri interventi, che i confini non sono sempre così agevolmente tracciabili. Lo spazio virtuale tende infatti a eliderli così come ad eluderli. Li elide perché è un vero e proprio habitat della comunicazione dove i vincoli che valgono per l’informazione tradizionale vengono invece travalicati pressoché costantemente. La cybersfera invita i suoi frequentatori, una moltitudine, a farlo, essendo per elezione l’ambito dove tutto può essere detto al di fuori di ogni cautela, ossia indipendentemente da qualsiasi verifica: ognuno può parlare, in una sorta di falsa democrazia della comunicazione. Non di meno essa è anche il contesto in cui ognuno si sente autorizzato a farlo, perché si trova dinanzi a qualcosa che è come un quaderno aperto, dove ogni persona può quindi lasciare scritto qualcosa. Il senso di responsabilità, per ciò che è stato vergato, il più delle volte è prossimo allo zero. Si tratta quindi di un universo dove le parole corrono le une dietro alle altri, e così le immagini e le raffigurazioni. Tutto è colto con il senso dell’equivalenza, nessuna gerarchia di rilevanza si dà, ogni affermazione vale del pari alle altre, in un processo di vera e propria svalutazione dei percorsi che stanno invece alla base della formazione di significati fondati su riscontri oggettivi. Un riscontro di questo fondamentale aspetto lo si ha, proprio in queste ore, con la battaglia dei blog e dei siti in corso parallelamente al confronto armato tra Israele e Hamas. Una veloce scorsa a quella che non è semplice disinformazione ma costruzione di un mondo parallelo, quello che si basa sulla determinazione di una realtà virtuale (tanto più fittizia quanto più accetta), illustra meglio di tanti discorsi quale sia il nesso profondo tra diffusione del pregiudizio e costruzione del consenso nella nostra società: il ricorso alle più trite raffigurazioni, che vorrebbero inchiodare gli israeliani al ruolo perenne di aggressori e, quindi, di carnefici, alimenta l’aspettativa da parte di un vasto uditorio di sentire dire esattamente quelle cose, ossia che le colpe stanno da una sola parte. Perché la semplificazione è la grande cornice del populismo mediatico.
Ancora, l’elusione - altro corno del problema - si manifesta in tanti modi, a partire dalle tecniche che permettono di aggirare gli oscuramenti imposti dalle autorità nazionali attraverso il «mirroring», la riproduzione di un sito, e dei suoi contenuti, in un paese diverso da quello in cui è stato vietato. In questo universo virtuale a sé, con il quale però coabitiamo e, soprattutto, interagiamo ogni giorno, più o meno consapevolmente, bisogna quindi imparare a muoversi con una certa cognizione di qual è la posta in gioco. Diceva un paio d’anni fa Sergio Luzzato, in un articolo comparso sul Sole 24 Ore, parlando della negazione della Shoah (che è un elemento di immediato corredo all’antisemitismo e, oramai, anche all’antisionismo): «le attuali fortune del negazionismo partecipano di una crisi ermeneutica generalizzata, della quale soprattutto meriterebbe discutere: e tanto più in quanto tale crisi investe frontalmente le nuove generazioni. Oggi, chiunque sia insegnante [...] sa che i ragazzi hanno un unico criterio di verità: “L’ho trovato su internet!”. Oggi, il digital divide non separa soltanto chi l’accesso a internet non ce l’ha: separa una generazione (la nostra) che ancora si è formata, bene o male, sulla forma-libro e sulla critica dei testi, da una generazione (quella dei nostri figli) il cui nativismo digitale significa un’impreparazione spesso totale rispetto alle insidie conoscitive della rete». Anche per questo il fenomeno dell’odio in formato digitale o, se si preferisce, in modalità web 2.0, non è un aspetto circoscritto, di nicchia, ma piuttosto un grande serbatoio di pulsioni che possono intrecciarsi, all’occorrenza, con le tante derive del senso comune. Ancora una volta vale la pena di ribadire che dall’incontro tra le ideologie dell’avversione e del pregiudizio, che presentano purtroppo un solido ancoramento, e l’indebolimento degli anticorpi della coesione sociale, fatto che si verifica quando le società sono in crisi sociale, economica e civile, può generarsi l’impensabile.
Più semplicemente, forse, può prorompere ed esplodere quanto è stato rimosso. Ma allora, in quel preciso momento, certe cose possono rivelarsi troppo forti per essere combattute con i mezzi abituali di tutti i giorni, correndo il rischio di scoprire a proprie spese che i rimedi correnti non servono più a nulla.


Claudio Vercelli


Nugae - Il Bat Mitzvah e Seneca
Il bat mitzvah di una cuginetta fa riaffiorare memorie un po’sopite. La folla poliglotta di parenti, i baci da perfetti sconosciuti, quanto può sembrare grande la solita sinagoga, e il lettone tutto ricoperto da una quantità folle di regali al ritorno a casa. In mezzo a quel mare prezioso ma indefinito di scatoline vellutate, braccialettini e biglietti colorati, c’è qualcosa che però è sempre rimasto a galla. Un ciondolo d’oro a forma di falco, accompagnato da una letterina, “ti auguriamo di puntare sempre in alto nella vita”. E fra tutti i pur graditissimi vari auguri e mazal tov, questa dedica di una cara amica è l’unica rimasta lì come incisa sulla pietra. Perché i dodici anni sono l’età più ingrata che ci sia: saranno banalità, ma non si sentirà mai e poi mai nessuno esprimere il desiderio di tornare a quel periodo così impietoso della vita, dominato dal perenne e antipaticissimo senso d’indeterminatezza. E il bat mitzvah con tutti i suoi “ormai sei grande, una signorina” e relative sottointese aspettative non fa che accentuarlo, perché la verità è che grandi non lo si è per niente, si vaga solo disorientati in quel limbo anagrafico. Ma auguri di felicità o fortuna e sorrisi che vengono dispensati con tanto affetto servono in realtà a poco in questo contesto, perché lasciano ancora semplicemente in attesa. Ciò di cui invece si ha più bisogno quando non si sa dove andare è una bella spinta. E punta in alto non è solo un augurio, è anche un consiglio. Un concetto che sta un po’ tra il severo Seneca che asseriva che non è vero che la vita è breve ma è l’uomo che deve imparare a sfruttare bene il suo tempo, ma meno serioso, e gli slogan da canzoni da musical, tipo il celebre Defying gravity di Wicked, ma un po’ meno megalomane. Un monito del fatto che non bisogna mai accontentarsi né arrendersi e che ognuno è artefice del suo destino, ma anche una formula magica da ripetersi nei momenti di crisi. E avendo capito questo, mentre lo si riaugura a distanza di qualche anno ci si sente una cugina grande molto saggia.

Francesca Matalon twitter @MatalonF

notizieflash   rassegna stampa
La sposa promessa a Sorgente di Vita
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“La sposa promessa”, il film d’esordio della regista israeliana Rama Burshtein, uscito in questi giorni nelle sale italiane, e’ una storia d’amore all’interno di una comunità di ebrei ortodossi di Tel Aviv. Nella puntata di Sorgente di vita di domenica 18 novembre 2012, un’ intervista con Hadas Yaron, premiata a Venezia come migliore attrice protagonista

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Oltre 75 schede entrano nella rassegna stampa di oggi, 60 delle quali riguardanti le vicende mediorientali.
In primo piano la crisi fra Israele e Gaza, cui tutti i principali quotidiani dedicano approfondimenti e interviste. Per un’analisi complessiva della situazione si veda l’articolo di Francesco Battistini sul Corriere e quello di Aldo Baquis sulla Stampa.

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