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23 novembre 2012 - 9 Kislev 5773
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
rav arbib
Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano
 

 

Si dice spesso che il popolo ebraico nasce in esilio riferendosi all'Egitto. In realtà il primo esilio comincia con il viaggio di Yaakòv a Charan. Qui Yaakòv si sposa e qui nascono i suoi figli che sono all'origine delle dodici tribù d'Israele. A questo primo esilio Yaakòv si prepara secondo un famoso midrash studiando per 14 anni nel Bet Midrash di Shem e Ever. In esilio nasce il popolo ebraico ma l'esilio può essere anche un pericolo mortale. Dall'esilio di Charan Yaakòv e la sua famiglia escono mantenendo la propria identità. Ma questo succede perché Yaakòv ha ben presente il pericolo e prepara gli strumenti culturali per affrontarlo studiando per 14 anni. Il problema di Yaakòv è molto attuale, riguarda la nostra epoca più di altre epoche della storia ebraica. Non sempre però abbiamo la sensibilità e la capacità di approntare gli strumenti per affrontarlo.

Laura
Quercioli Mincer,
 slavista



laura quercioli mincer
"Il simbolo della nuova Polonia vorrei che fosse Janusz Korczak, il suo viso malinconico e pensieroso. E questo anche perché è proprio nell'incontro e nel confronto con la cultura ebraica che la cultura polacca si è foggiata, plasmata". Lo ha detto Wojciech Unolt, ministro consigliere dell'ambasciata di Polonia in Italia, durante l'apertura del convegno internazionale dedicato a Korczak nel Palazzo Ducale di Genova.

davar
"Clima di tensione preoccupante, occorre vigilanza"
Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:

L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane denuncia con forza la spirale di violenza che in queste ultime settimane sembra essersi abbattuta sul nostro paese. Sarebbe troppo lungo enumerare i singoli episodi ma non possiamo astenerci dal richiamare l'attenzione su un clima di tensione che si fa sempre più preoccupante.
Razzisti, antisemiti, omofobi: i fautori dell'odio rientrano in categorie concettuali e d'azione differenti. Ad accomunarli è però il medesimo disprezzo dei più elementari principi democratici e la condivisione di ideologie che riaffiorano, in modo inquietante e con crescente recrudescenza, dalle pieghe di un passato che a qualcuno non ha insegnato nulla.
Mai come in questi tempi difficili e precari, segnati da una crisi di valori che è possibile toccare con mano, l'impegno di ognuno di noi deve essere volto a contrastare senza esitazione chi vuole dissolvere le fondamenta su cui si poggiano le nostre società libere e plurali.
Dobbiamo essere vigili e allo stesso tempo farci ambasciatori di cultura, pace e solidarietà.


Qui Roma - In piazza per Israele
Migliaia di persone in piazza a Roma per la maratona oratoria 'Per la Verità, per Israele' organizzata da numerose realtà ed espressioni della società civile davanti a Palazzo Montecitorio. Sono in tanti, oltre cinquanta, rappresentanti delle istituzioni, leader ebraici, cittadini comuni, ad offrire la propria testimonianza di sostegno e vicinanza alla popolazione israeliana minacciata dai terroristi di Hamas. In apertura di serata, condotta dal giornalista Giancarlo Loquenzi, viene data lettura dei messaggi inviati agli organizzatori dal presidente del Senato Renato Schifani, dal presidente della Camera Gianfranco Fini e dal presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
“La contabilità dei morti – spiega il vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera Fiamma Nirenstein, tra le promotrici dell'iniziativa – è un approccio fuorviante al problema mediorientale. È assurdo, infatti, comparare i numeri di un popolo che si difende e di un altro che fa della morte il proprio motivo di vita”. Presenza bipartisan e trasversale dal mondo delle istituzioni. Salgono sul palco, tra gli altri, il segretario nazionale del Popolo della libertà Angelino Alfano, gli ex ministri Ronchi e Carfagna, Carlo Giovanardi, Paola Binetti, Lucio Malan, il presidente di Equality Aurelio Mancuso. Appoggio telefonico dal sindaco di Firenze Matteo Renzi. Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, denuncia con parole nette l'atteggiamento scorretto di una certa informazione e poi ribadisce: “Questa non è una manifestazione contro. Noi tutti vogliamo una democrazia palestinese, ma non una teocrazia”.
Tra le varie realtà chiamate ad intervenire la redazione del portale dell'ebraismo italiano e di Pagine Ebraiche. Adam Smulevich, a nome dell'assemblea dei redattori, ha dato lettura delle linee guida per l'informazione stabilite dal Consiglio UCEI nel 2009 a Livorno. “Controbattere alla politica dei mass media tesa a rappresentare di Israele un volto esclusivamente e perennemente conflittuale, esaltando la vera realtà di Israele, fatta di società civile, di cultura, di economia, di ricerca, di tutela alle categorie più deboli, di capacità di integrazione fra persone diverse per origine e provenienza geografica. Raccordarsi con la comunità degli italiani in Israele, sviluppando progetti comuni e mantenendo un dialogo fatto di comprensione e solidarietà costantemente aperto". Un riferimento ineludibile per chi si occupa di stampa ebraica. La sintesi, è stato ricordato dal collega, di un'assunzione di responsabilità che la redazione è chiamata a proiettare ogni giorno nel suo lavoro.

Qui Milano - Preghiera e unità
Numerosi partecipanti hanno affollato l’aula magna della scuola ebraica di Milano, unendosi in una preghiera per la difficile situazione in Israele.
Con la lettura dei tehillim, si è voluto mandare un messaggio di vicinanza ai feriti del terribile attentato a Tel Aviv e a tutti coloro che vivono nei rifugi dato il pericolo di nuovi missili. Nel Dvar Torah, il rabbino capo Alfonso Arbib lancia un messaggio: “Questa settimana si legge una parashah molto importante; con Yaakov si esce per la prima volta fuori da Eretz Israel. Yaakov però è anche colui che verrà chiamato Israel e proprio in questa parashah avviene il patto tra il S. e il popolo ebraico. Il punto centrale è che il rapporto tra il S. e il popolo ebraico dipende da noi e dalle nostre scelte. In questi momenti drammatici abbiamo pensato fosse moralmente giusto essere in Israele, essere più vicini. Tuttavia questo sentimento si deve mantenere costantemente, bisogna essere uniti. Nel passo in cui Yaakov parla con gli angeli viene usata la parola ‘machanaim’ che significa doppio accampamento. Questa parola rappresenta la condizione del popolo ebraico, diviso da sempre in vari gruppi eppure riassumibile in una sola parola che vuole significare ‘il doppio’. Questo è il segreto dell’unità, dell’achdut”
Il Presidente della Comunità Walker Meghnagi aggiunge:”Siamo giunti alla fine di una terribile settimana che ci ha tenuti in apprensione. Un milione e duecentomila persone hanno vissuto nei rifugi. La caduta di missili in luoghi impensabili ci ha reso ancora più vicini. Una unità che bisogna mantenere anche in tempi migliori.
Il portavoce dell’ambasciata israeliana ha ricordato il diritto di Israele di proteggere i suoi cittadini in balia del continuo lancio di missili e di come l’attentato sull’autobus abbia rischiato di compromettere la tregua. “Bisogna favorire la giusta informazione, ristabilire la verità” ha concluso.

Rachel Silvera
       

Qui Torino - Una serata per il coraggio
A poco più di ventiquattro ore dalla tregua stipulata tra Israele e Hamas, la Comunità ebraica di Torino ha deciso di riunirsi per riflettere sui tragici avvenimenti degli ultimi giorni con una serata di solidarietà cui hanno aderito le sezioni di Ivrea e Cuneo e l’Associazione Italia-Israele. Presenti tra gli altri Livia Link, consigliere dell’Ambasciata d’Israele a Roma, il rabbino capo rav Eliahu Birnbaum, Marco Brunazzi e Carlo Panella.
È stato scelto di ritrovarsi tutti insieme nel Tempio grande, un contenitore per certi versi anomalo, ma per altri il più adatto al contenuto della serata perché ha portato tutti i presenti (oltre 170) a una maggiore partecipazione e attenzione. Forse è proprio la scelta di questo luogo ad aver reso più significativa l’iniziativa stessa. Si sono susseguiti numerosi interventi moderati dal vicepresidente Emanuel Segre Amar. Tra gli altri hanno parlato il leader comunitario Beppe Segre, il vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni e il consigliere UCEI Claudia De Benedetti. Il tema più volte citato, e forse il più scottante, è stato quello del ruolo che i media di tutto il mondo, in particolare quelli italiani, hanno avuto (o non hanno avuto) nella circolazione di informazioni. Da un lato si è scatenata una vera e propria battaglia mediatica, dall’altro invece si sono generati molti casi di “mala informazione” o di ingiustificato silenzio.
Il nostro compito, è stato sottolineato, è quello di combattere questa faziosa circolazione di notizie che non fa altro che alimentare un’opinione pubblica superficiale che preferisce uno schieramento radicale “pro-contro”, piuttosto che una riflessione critica e quindi costruttiva. La partecipazione e la vigilanza di tutti devono perciò essere altissime senza lasciarsi intimorire da slogan semplicistici che non fanno altro che etichettare in maniera fuorviante le parti di un conflitto che cela dietro di sé tensioni a livello globale. “Essere ignari – ha commentato Panella – è peggio che essere complici, perché non comporta neanche il coraggio di prendere una posizione”.

Alice Fubini

Qui Firenze - Una corsa per la pace
Dalla sinagoga alla moschea: fianco a fianco, falcata dopo falcata, con la voglia di condividere una grande giornata di festa, speranza, impegno. È fortissimo il messaggio lanciato dagli otto atleti – quattro israeliani e quattro palestinesi – protagonisti della corsa per la pace svoltasi questa mattina in riva all'Arno nell'ambito delle iniziative della 25esima Maratona di Firenze e in previsione di un prossimo gemellaggio dell'evento podistico toscano con la Jerusalem Marathon.
Accolti dai vertici della Comunità ebraica, dal presidente Guidobaldo Passigli e dal rabbino capo Joseph Levi, gli sportivi – con al fianco anche l'imam Izzedin Elzir – si sono diretti, a passo di corsa, verso il vicino luogo di culto islamico di piazza dei Ciompi. L'iniziativa, promossa dalla onlus Enzo B in collaborazione con Opera del Tempio Ebraico di Firenze e Maccabi Italia, si è conclusa con una conferenza stampa a Palazzo Vecchio.
“Maratoneti ebrei e musulmani, il rabbino e l'imam. Lo sport fa sempre il miracolo!”, posta sul proprio profilo Facebook il presidente del Maccabi Italia e consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Vittorio Pavoncello”.
 
Qui Milano - Storie di fuga e rinascita
Un incontro fra persone che rappresentano i più diversi paesi ma con un forte terno comune per confrontarsi e dialogare può avvenire soltanto in un’assemblea delle Nazioni Unite… o in un gruppo di ebrei. E in effetti ieri alla serata Ebrei dopo il 1960: Alià o Fuga? Dai Paesi arabi a Milano, organizzata da Hamos Guetta per presentare in anteprima il suo film Ebrei fuggiti dai Paesi arabi, svoltasi nell’aula magna della scuola ebraica di Milano, gli ospiti del dibattito erano dei veri e propri delegati delle loro terre natali. Per il Libano Eddi Jamous e Moussy Braun, in rappresentanza dell’Egitto Rolando Cohen e Alberto Ades, dall’Iran Yossi Aminoff e Amir Kohanim, rappresentanti unici per Iraq e Siria, rispettivamente Heskel Gabbai e Miro Silvera, e per la Libia, oltre naturalmente all’anima della serata Hamos Guetta, Vittorio Halfon e la partecipazione straordinaria del Presidente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi. Il dialogo ha preso subito la forma di una condivisione vagamente nostalgica di esperienze frutto di un passato che ha molti elementi comuni. Con un sorriso dolceamaro sono state rievocate le colorate atmosfere mediorientali, con il miscuglio religioso e culturale di ebrei, musulmani, cristiani, drusi e armeni, i canti calorosi e il cinema rumoroso grazie al pubblico che si sentiva in dovere di commentare e partecipare all’azione. Tutti hanno sottolineato come in quei luoghi gli ebrei si sentissero a casa, perché si stava davvero bene prima che, in alcuni paesi prima in altri dopo, precipitasse tutto. E poi i racconti della fuga, con le peripezie e gli stratagemmi, i documenti falsi e i nascondigli, con la paura per i familiari che sarebbero andati via più tardi, ma soprattutto quel sentimento di dolore per la  partenza misto alla gioia e al sollievo per la salvezza. Durante la proiezione dei filmati ricordi di quegli anni si accalcavano nella mente del gran numero dei presenti in sala che tutto questo l’hanno vissuto, anche da piccoli. Persino per la generazione successiva, nata già in Italia, era interessante osservare le nonne che si emozionavano nel rivedere le immagini dei quartieri di Tripoli e immaginarle giovani che camminavano per quelle strade soleggiate. Per tutta la sera in alto sullo schermo un numero di cellulare a cui mandare messaggi per commentare, fare domande e interagire con gli ospiti. E fra un “grande Hamos!” e chi voleva istituire le quote rosa per l’assenza di donne fra gli ospiti, tanti hanno approfittato per condividere un dettaglio del loro passato. “Purtroppo la maggior parte dei filmati riguardava gli ebrei di Libia, perché è da lì che provengo”, ha spiegato Hamos Guetta al pubblico della comunità milanese, che come si sa è invece riccamente assortita. “Invito anche chi proviene da altri paesi a fare lo stesso, perché la prossima volta ci sia più equilibrio ma soprattutto perché le memorie di queste avventure non vadano perdute”.

Francesca Matalon – twitter @MatalonF   
 
Gli ebrei a Padova. Ieri e oggi
“Estroflessione”. Ha usato questa parola il presidente della Comunità ebraica di Padova Davide Romanin Jacur per descrivere il fenomeno che caratterizza gli ultimi vent’anni di vita dell’ebraismo patavino, chiudendo il convegno A novant’anni dalla scomparsa di Giacomo Levi Civita, l’esperienza ebraica a Padova e nel Nordest tra Otto e Novecento, organizzato da Istituto veneto per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea, Comunità, Comune e dal Giardino dei Giusti del Mondo. L’intervento di Romanin Jacur è giunto al termine di una lunga giornata di riflessione in cui storici e studiosi hanno approfondito il contributo ebraico allo sviluppo di Padova negli ultimi due secoli in tutti i suoi aspetti, dalla paradigmatica figura di Levi Civita, membro del consiglio comunale della città per 45 anni, dal 1877 alla morte nel 1922, sindaco dal 1904 al 1910, senatore dal 1908.
Moderato dallo storico Gadi Luzzatto Voghera, il convegno si è concentrato nella sua prima parte sulla vita culturale, politica ed economica degli ebrei padovani dall’Ottocento fino ai primi del Novecento. Alla ripresa dei lavori nel pomeriggio l’attenzione è stata dedicata ai momenti più bui del periodo storico oggetto della giornata: Raffaella Perin dell’Università di Venezia si è soffermata sul’antisemitismo cattolico nella stampa diocesana della regione ecclesiastica triveneta, Chiara Saonara ha parlato de Il fascismo padovano e gli ebrei, Giulia Simone ha messo in luce la storia di Studenti e docenti ebrei espulsi dall’Università di Padova, Paolo Tagini ha approfondito il tema dei campi di concentramento in Veneto.
“Nel dopoguerra la Comunità di Padova si è ritrovata per ricominciare a vivere, e pur affrontando momenti difficili, a proiettarsi verso la vita della città” la conclusione del presidente Romanin Jacur.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
 
pilpul
Chi dà fastidio ai nemici di Israele
Anna SegreGiustamente Rossella Tercatin nel suo resoconto sulla serata milanese di JCall di martedì scorso si è concentrata sui discorsi degli oratori e non ha dato spazio ai violenti interventi visceralmente antisraeliani, in effetti non certo meritevoli di menzione per il loro contenuto. A livello di pilpul mi pare tuttavia che valga la pena fare qualche riflessione. Prima di tutto, gli italiani che si proclamano filopalestinesi sembrano in qualche modo più realisti del re (l’intervento, pur molto duro, di una ragazza egiziana è stato decisamente più pacato). Si trattava spesso di proclami e dichiarazioni, enunciati in modo perentorio, accompagnati dall’esposizione di una grande bandiera palestinese alle spalle di chi interveniva; nessuna ricerca di un dialogo o di un confronto, ma un’enunciazione di verità rivelate. Che tali verità corrispondano o meno ai fatti sembrava quasi un problema secondario: all’invito da parte di Stefano Levi Della Torre ad informarsi meglio è stato risposto che erano molti in sala a pensare la stessa cosa, che le loro opinioni sono condivise anche da molti ebrei e che c’è libertà di pensiero. Vale anche la pena notare come sia diffusa la logica perversa secondo cui chi ha più vittime è sicuramente dalla parte della ragione.
Scopro l’acqua calda? Certamente, ma vale la pena sottolineare il contesto: non una manifestazione pro-Palestina ma un dibattito alla Casa della Cultura, in risposta a oratori che già avevano usato toni fortemente critici nei confronti dell’attuale governo israeliano. Di fronte a questo astio espresso in modo così violento e ottuso viene a volte la tentazione di chiedersi chi ce lo fa fare: a che scopo farsi il sangue cattivo all’interno del mondo ebraico, prendersi le accuse di tradimento e le offese per poi essere attaccati anche dall’altra parte in quanto “sionisti” (parola considerata già di per sé un insulto)?
In fin dei conti, però, tutto questo astio dimostra che ai nemici di Israele i gruppi come JCall danno molto fastidio: dà fastidio Gad Lerner che si sdegna per le vittime palestinesi e poi dichiara: “Sì, sono sionista, e allora?”; dà fastidio Stefano Levi Della Torre che si scaglia contro l’inerzia di Netanyahu e contemporaneamente si chiede come mai a Gaza abbiano speso i soldi in missili da lanciare contro Israele anziché in scuole e rifugi. Danno fastidio perché escono dal confortante meccanismo di propaganda contro propaganda. Danno fastidio perché mettono in discussione schematismi troppo facili. Danno fastidio perché si intuisce che saranno ascoltati da persone che probabilmente non darebbero retta ai difensori di Israele senza se e senza ma. Non da tutti, certo, probabilmente da pochi, ma se anche una sola persona entrata l’altra sera in sala piena di certezze antisraeliane ne è uscita con qualche dubbio in più avremo fatto già un passo avanti. E se ai nemici di Israele i gruppi come JCall danno così fastidio, forse significa che la loro utilità per Israele è superiore a quanto normalmente si pensi.

Anna Segre, insegnante

notizieflash   rassegna stampa
I primi 25 anni di Toscana ebraica   Leggi la rassegna
Venticinque anni di vita per Toscana ebraica. I festeggiamenti per il prestigioso traguardo domenica a Firenze nei locali comunitari. Il programma dell'iniziativa prevede, dopo i saluti dei leader ebraici presenti, gli interventi della direttrice Hulda Liberanome, della storica Elena Mazzini e dell'editore Daniel Vogelmann. Seguirà una tavola rotonda dal titolo Comunità ebraiche e rabbini, moderata dall'ex consigliere UCEI Valerio Di Porto, cui prenderanno parte il presidente della Comunità ebraica di Venezia Amos Luzzatto, il presidente emerito dell'assemblea rabbinica italiana rav Giuseppe Laras, la direttrice di HaKeillah Anna Segre, il rabbino capo di Firenze rav Joseph Levi e il presidente dell'associazione di cultura ebraica Hans Jonas Tobia Zevi.



 

Sul Corriere della Sera sono tre (due sulle pagine nazionali e uno sull’edizione locale) i pezzi dedicati alla violenta aggressione ai danni dei tifosi del Tottenham.


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