"Clima di tensione preoccupante, occorre vigilanza"
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Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane denuncia con forza la spirale di
violenza che in queste ultime settimane sembra essersi abbattuta sul
nostro paese. Sarebbe troppo lungo enumerare i singoli episodi ma non
possiamo astenerci dal richiamare l'attenzione su un clima di tensione
che si fa sempre più preoccupante. Razzisti, antisemiti, omofobi:
i fautori dell'odio rientrano in categorie concettuali e d'azione
differenti. Ad accomunarli è però il medesimo disprezzo dei più
elementari principi democratici e la condivisione di ideologie che
riaffiorano, in modo inquietante e con crescente recrudescenza, dalle
pieghe di un passato che a qualcuno non ha insegnato nulla. Mai
come in questi tempi difficili e precari, segnati da una crisi di
valori che è possibile toccare con mano, l'impegno di ognuno di noi
deve essere volto a contrastare senza esitazione chi vuole dissolvere
le fondamenta su cui si poggiano le nostre società libere e plurali. Dobbiamo essere vigili e allo stesso tempo farci ambasciatori di cultura, pace e solidarietà.
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Qui Roma - In piazza per Israele |
Migliaia
di persone in piazza a Roma per la maratona oratoria 'Per la Verità,
per Israele' organizzata da numerose realtà ed espressioni della
società civile davanti a Palazzo Montecitorio. Sono in tanti, oltre
cinquanta, rappresentanti delle istituzioni, leader ebraici, cittadini
comuni, ad offrire la propria testimonianza di sostegno e vicinanza
alla popolazione israeliana minacciata dai terroristi di Hamas. In
apertura di serata, condotta dal giornalista Giancarlo Loquenzi, viene
data lettura dei messaggi inviati agli organizzatori dal presidente del
Senato Renato Schifani, dal presidente della Camera Gianfranco Fini e
dal presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo
Gattegna. “La contabilità dei morti – spiega il vicepresidente
della Commissione Affari Esteri della Camera Fiamma Nirenstein, tra le
promotrici dell'iniziativa – è un approccio fuorviante al problema
mediorientale. È assurdo, infatti, comparare i numeri di un popolo che
si difende e di un altro che fa della morte il proprio motivo di vita”.
Presenza bipartisan e trasversale dal mondo delle istituzioni. Salgono
sul palco, tra gli altri, il segretario nazionale del Popolo della
libertà Angelino Alfano, gli ex ministri Ronchi e Carfagna, Carlo
Giovanardi, Paola Binetti, Lucio Malan, il presidente di Equality
Aurelio Mancuso. Appoggio telefonico dal sindaco di Firenze Matteo
Renzi. Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma,
denuncia con parole nette l'atteggiamento scorretto di una certa
informazione e poi ribadisce: “Questa non è una manifestazione contro.
Noi tutti vogliamo una democrazia palestinese, ma non una teocrazia”. Tra
le varie realtà chiamate ad intervenire la redazione del portale
dell'ebraismo italiano e di Pagine Ebraiche. Adam Smulevich, a nome
dell'assemblea dei redattori, ha dato lettura delle linee guida per
l'informazione stabilite dal Consiglio UCEI nel 2009 a Livorno.
“Controbattere alla politica dei mass media tesa a rappresentare di
Israele un volto esclusivamente e perennemente conflittuale, esaltando
la vera realtà di Israele, fatta di società civile, di cultura, di
economia, di ricerca, di tutela alle categorie più deboli, di capacità
di integrazione fra persone diverse per origine e provenienza
geografica. Raccordarsi con la comunità degli italiani in Israele,
sviluppando progetti comuni e mantenendo un dialogo fatto di
comprensione e solidarietà costantemente aperto". Un riferimento
ineludibile per chi si occupa di stampa ebraica. La sintesi, è stato
ricordato dal collega, di un'assunzione di responsabilità che la
redazione è chiamata a proiettare ogni giorno nel suo lavoro.
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Qui Milano - Preghiera e unità |
Numerosi partecipanti hanno
affollato l’aula magna della scuola ebraica di Milano, unendosi in una
preghiera per la difficile situazione in Israele.
Con la lettura dei tehillim, si è voluto mandare un messaggio di
vicinanza ai feriti del terribile attentato a Tel Aviv e a tutti coloro
che vivono nei rifugi dato il pericolo di nuovi missili. Nel Dvar
Torah, il rabbino capo Alfonso Arbib lancia un messaggio: “Questa
settimana si legge una parashah molto importante; con Yaakov si esce
per la prima volta fuori da Eretz Israel. Yaakov però è anche colui che
verrà chiamato Israel e proprio in questa parashah avviene il patto tra
il S. e il popolo ebraico. Il punto centrale è che il rapporto tra il
S. e il popolo ebraico dipende da noi e dalle nostre scelte. In questi
momenti drammatici abbiamo pensato fosse moralmente giusto essere in
Israele, essere più vicini. Tuttavia questo sentimento si deve
mantenere costantemente, bisogna essere uniti. Nel passo in cui Yaakov
parla con gli angeli viene usata la parola ‘machanaim’ che significa
doppio accampamento. Questa parola rappresenta la condizione del popolo
ebraico, diviso da sempre in vari gruppi eppure riassumibile in una
sola parola che vuole significare ‘il doppio’. Questo è il segreto
dell’unità, dell’achdut”
Il Presidente della Comunità Walker Meghnagi aggiunge:”Siamo giunti
alla fine di una terribile settimana che ci ha tenuti in apprensione.
Un milione e duecentomila persone hanno vissuto nei rifugi. La caduta
di missili in luoghi impensabili ci ha reso ancora più vicini. Una
unità che bisogna mantenere anche in tempi migliori.
Il portavoce dell’ambasciata israeliana ha ricordato il diritto di
Israele di proteggere i suoi cittadini in balia del continuo lancio di
missili e di come l’attentato sull’autobus abbia rischiato di
compromettere la tregua. “Bisogna favorire la giusta informazione,
ristabilire la verità” ha concluso.
Rachel
Silvera
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Qui Torino - Una serata
per il coraggio |
A poco più di ventiquattro
ore dalla tregua stipulata tra Israele e Hamas, la Comunità ebraica di
Torino ha deciso di riunirsi per riflettere sui tragici avvenimenti
degli ultimi giorni con una serata di solidarietà cui hanno aderito le
sezioni di Ivrea e Cuneo e l’Associazione Italia-Israele. Presenti tra
gli altri Livia Link, consigliere dell’Ambasciata d’Israele a Roma, il
rabbino capo rav Eliahu Birnbaum, Marco Brunazzi e Carlo Panella.
È stato scelto di ritrovarsi tutti insieme nel Tempio grande, un
contenitore per certi versi anomalo, ma per altri il più adatto al
contenuto della serata perché ha portato tutti i presenti (oltre 170) a
una maggiore partecipazione e attenzione. Forse è proprio la scelta di
questo luogo ad aver reso più significativa l’iniziativa stessa. Si
sono susseguiti numerosi interventi moderati dal vicepresidente Emanuel
Segre Amar. Tra gli altri hanno parlato il leader comunitario Beppe
Segre, il vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Giulio Disegni e il consigliere UCEI Claudia De Benedetti. Il tema più
volte citato, e forse il più scottante, è stato quello del ruolo che i
media di tutto il mondo, in particolare quelli italiani, hanno avuto (o
non hanno avuto) nella circolazione di informazioni. Da un lato si è
scatenata una vera e propria battaglia mediatica, dall’altro invece si
sono generati molti casi di “mala informazione” o di ingiustificato
silenzio.
Il nostro compito, è stato sottolineato, è quello di combattere questa
faziosa circolazione di notizie che non fa altro che alimentare
un’opinione pubblica superficiale che preferisce uno schieramento
radicale “pro-contro”, piuttosto che una riflessione critica e quindi
costruttiva. La partecipazione e la vigilanza di tutti devono perciò
essere altissime senza lasciarsi intimorire da slogan semplicistici che
non fanno altro che etichettare in maniera fuorviante le parti di un
conflitto che cela dietro di sé tensioni a livello globale. “Essere
ignari – ha commentato Panella – è peggio che essere complici, perché
non comporta neanche il coraggio di prendere una posizione”.
Alice
Fubini
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Qui Firenze - Una corsa
per la pace |
Dalla sinagoga alla moschea:
fianco a fianco, falcata dopo falcata, con la voglia di condividere una
grande giornata di festa, speranza, impegno. È fortissimo il messaggio
lanciato dagli otto atleti – quattro israeliani e quattro palestinesi –
protagonisti della corsa per la pace svoltasi questa mattina in riva
all'Arno nell'ambito delle iniziative della 25esima Maratona di Firenze
e in previsione di un prossimo gemellaggio dell'evento podistico
toscano con la Jerusalem Marathon.
Accolti dai vertici della Comunità ebraica, dal presidente Guidobaldo
Passigli e dal rabbino capo Joseph Levi, gli sportivi – con al fianco
anche l'imam Izzedin Elzir – si sono diretti, a passo di corsa, verso
il vicino luogo di culto islamico di piazza dei Ciompi. L'iniziativa,
promossa dalla onlus Enzo B in collaborazione con Opera del Tempio
Ebraico di Firenze e Maccabi Italia, si è conclusa con una conferenza
stampa a Palazzo Vecchio.
“Maratoneti ebrei e musulmani, il rabbino e l'imam. Lo sport fa sempre
il miracolo!”, posta sul proprio profilo Facebook il presidente del
Maccabi Italia e consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Vittorio Pavoncello”.
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Qui Milano - Storie di fuga e rinascita |
Un incontro fra persone che
rappresentano i più diversi paesi ma con un forte terno comune per
confrontarsi e dialogare può avvenire soltanto in un’assemblea delle
Nazioni Unite… o in un gruppo di ebrei. E in effetti ieri alla serata
Ebrei dopo il 1960: Alià o Fuga? Dai Paesi arabi a Milano, organizzata
da Hamos Guetta per presentare in anteprima il suo film Ebrei fuggiti
dai Paesi arabi, svoltasi nell’aula magna della scuola ebraica di
Milano, gli ospiti del dibattito erano dei veri e propri delegati delle
loro terre natali. Per il Libano Eddi Jamous e Moussy Braun, in
rappresentanza dell’Egitto Rolando Cohen e Alberto Ades, dall’Iran
Yossi Aminoff e Amir Kohanim, rappresentanti unici per Iraq e Siria,
rispettivamente Heskel Gabbai e Miro Silvera, e per la Libia, oltre
naturalmente all’anima della serata Hamos Guetta, Vittorio Halfon e la
partecipazione straordinaria del Presidente della Comunità ebraica di
Milano Walker Meghnagi. Il dialogo ha preso subito la forma di una
condivisione vagamente nostalgica di esperienze frutto di un passato
che ha molti elementi comuni. Con un sorriso dolceamaro sono state
rievocate le colorate atmosfere mediorientali, con il miscuglio
religioso e culturale di ebrei, musulmani, cristiani, drusi e armeni, i
canti calorosi e il cinema rumoroso grazie al pubblico che si sentiva
in dovere di commentare e partecipare all’azione. Tutti hanno
sottolineato come in quei luoghi gli ebrei si sentissero a casa, perché
si stava davvero bene prima che, in alcuni paesi prima in altri dopo,
precipitasse tutto. E poi i racconti della fuga, con le peripezie e gli
stratagemmi, i documenti falsi e i nascondigli, con la paura per i
familiari che sarebbero andati via più tardi, ma soprattutto quel
sentimento di dolore per la partenza misto alla gioia e al
sollievo per la salvezza. Durante la proiezione dei filmati ricordi di
quegli anni si accalcavano nella mente del gran numero dei presenti in
sala che tutto questo l’hanno vissuto, anche da piccoli. Persino per la
generazione successiva, nata già in Italia, era interessante osservare
le nonne che si emozionavano nel rivedere le immagini dei quartieri di
Tripoli e immaginarle giovani che camminavano per quelle strade
soleggiate. Per tutta la sera in alto sullo schermo un numero di
cellulare a cui mandare messaggi per commentare, fare domande e
interagire con gli ospiti. E fra un “grande Hamos!” e chi voleva
istituire le quote rosa per l’assenza di donne fra gli ospiti, tanti
hanno approfittato per condividere un dettaglio del loro passato.
“Purtroppo la maggior parte dei filmati riguardava gli ebrei di Libia,
perché è da lì che provengo”, ha spiegato Hamos Guetta al pubblico
della comunità milanese, che come si sa è invece riccamente assortita.
“Invito anche chi proviene da altri paesi a fare lo stesso, perché la
prossima volta ci sia più equilibrio ma soprattutto perché le memorie
di queste avventure non vadano perdute”.
Francesca
Matalon – twitter @MatalonF
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Gli ebrei a Padova. Ieri e oggi |
“Estroflessione”. Ha usato
questa parola il presidente della Comunità ebraica di Padova Davide
Romanin Jacur per descrivere il fenomeno che caratterizza gli ultimi
vent’anni di vita dell’ebraismo patavino, chiudendo il convegno A
novant’anni dalla scomparsa di Giacomo Levi Civita, l’esperienza
ebraica a Padova e nel Nordest tra Otto e Novecento, organizzato da
Istituto veneto per la storia della Resistenza e dell’Età
contemporanea, Comunità, Comune e dal Giardino dei Giusti del Mondo.
L’intervento di Romanin Jacur è giunto al termine di una lunga giornata
di riflessione in cui storici e studiosi hanno approfondito il
contributo ebraico allo sviluppo di Padova negli ultimi due secoli in
tutti i suoi aspetti, dalla paradigmatica figura di Levi Civita, membro
del consiglio comunale della città per 45 anni, dal 1877 alla morte nel
1922, sindaco dal 1904 al 1910, senatore dal 1908.
Moderato dallo storico Gadi Luzzatto Voghera, il convegno si è
concentrato nella sua prima parte sulla vita culturale, politica ed
economica degli ebrei padovani dall’Ottocento fino ai primi del
Novecento. Alla ripresa dei lavori nel pomeriggio l’attenzione è stata
dedicata ai momenti più bui del periodo storico oggetto della giornata:
Raffaella Perin dell’Università di Venezia si è soffermata
sul’antisemitismo cattolico nella stampa diocesana della regione
ecclesiastica triveneta, Chiara Saonara ha parlato de Il fascismo
padovano e gli ebrei, Giulia Simone ha messo in luce la storia di
Studenti e docenti ebrei espulsi dall’Università di Padova, Paolo
Tagini ha approfondito il tema dei campi di concentramento in Veneto.
“Nel dopoguerra la Comunità di Padova si è ritrovata per ricominciare a
vivere, e pur affrontando momenti difficili, a proiettarsi verso la
vita della città” la conclusione del presidente Romanin Jacur.
Rossella
Tercatin twitter @rtercatinmoked
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Chi dà fastidio ai
nemici di Israele |
Giustamente Rossella Tercatin nel suo
resoconto sulla serata milanese di JCall di martedì scorso si è
concentrata sui discorsi degli oratori e non ha dato spazio ai violenti
interventi visceralmente antisraeliani, in effetti non certo meritevoli
di menzione per il loro contenuto. A livello di pilpul mi pare tuttavia
che valga la pena fare qualche riflessione. Prima di tutto, gli
italiani che si proclamano filopalestinesi sembrano in qualche modo più
realisti del re (l’intervento, pur molto duro, di una ragazza egiziana
è stato decisamente più pacato). Si trattava spesso di proclami e
dichiarazioni, enunciati in modo perentorio, accompagnati
dall’esposizione di una grande bandiera palestinese alle spalle di chi
interveniva; nessuna ricerca di un dialogo o di un confronto, ma
un’enunciazione di verità rivelate. Che tali verità corrispondano o
meno ai fatti sembrava quasi un problema secondario: all’invito da
parte di Stefano Levi Della Torre ad informarsi meglio è stato risposto
che erano molti in sala a pensare la stessa cosa, che le loro opinioni
sono condivise anche da molti ebrei e che c’è libertà di pensiero. Vale
anche la pena notare come sia diffusa la logica perversa secondo cui
chi ha più vittime è sicuramente dalla parte della ragione.
Scopro l’acqua calda? Certamente, ma vale la pena sottolineare il
contesto: non una manifestazione pro-Palestina ma un dibattito alla
Casa della Cultura, in risposta a oratori che già avevano usato toni
fortemente critici nei confronti dell’attuale governo israeliano. Di
fronte a questo astio espresso in modo così violento e ottuso viene a
volte la tentazione di chiedersi chi ce lo fa fare: a che scopo farsi
il sangue cattivo all’interno del mondo ebraico, prendersi le accuse di
tradimento e le offese per poi essere attaccati anche dall’altra parte
in quanto “sionisti” (parola considerata già di per sé un insulto)?
In fin dei conti, però, tutto questo astio dimostra che ai nemici di
Israele i gruppi come JCall danno molto fastidio: dà fastidio Gad
Lerner che si sdegna per le vittime palestinesi e poi dichiara: “Sì,
sono sionista, e allora?”; dà fastidio Stefano Levi Della Torre che si
scaglia contro l’inerzia di Netanyahu e contemporaneamente si chiede
come mai a Gaza abbiano speso i soldi in missili da lanciare contro
Israele anziché in scuole e rifugi. Danno fastidio perché escono dal
confortante meccanismo di propaganda contro propaganda. Danno fastidio
perché mettono in discussione schematismi troppo facili. Danno fastidio
perché si intuisce che saranno ascoltati da persone che probabilmente
non darebbero retta ai difensori di Israele senza se e senza ma. Non da
tutti, certo, probabilmente da pochi, ma se anche una sola persona
entrata l’altra sera in sala piena di certezze antisraeliane ne è
uscita con qualche dubbio in più avremo fatto già un passo avanti. E se
ai nemici di Israele i gruppi come JCall danno così fastidio, forse
significa che la loro utilità per Israele è superiore a quanto
normalmente si pensi.
Anna
Segre, insegnante
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
I
primi 25 anni di Toscana ebraica |
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la rassegna |
Venticinque anni di vita per
Toscana ebraica. I festeggiamenti per il prestigioso traguardo domenica
a Firenze nei locali comunitari. Il programma dell'iniziativa prevede,
dopo i saluti dei leader ebraici presenti, gli interventi della
direttrice Hulda Liberanome, della storica Elena Mazzini e dell'editore
Daniel Vogelmann. Seguirà una tavola rotonda dal titolo Comunità
ebraiche e rabbini, moderata dall'ex consigliere UCEI Valerio Di Porto,
cui prenderanno parte il presidente della Comunità ebraica di Venezia
Amos Luzzatto, il presidente emerito dell'assemblea rabbinica italiana
rav Giuseppe Laras, la direttrice di HaKeillah Anna Segre, il rabbino
capo di Firenze rav Joseph Levi e il presidente dell'associazione di
cultura ebraica Hans Jonas Tobia Zevi.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
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