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28 novembre
2012 - 14 Kislev 5773 |
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David
Sciunnach,
rabbino
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“Giacobbe mandò dei
malachim - messaggeri - a suo fratello Esàv…” (Bereshìt 32, 4).
Lo Tzaddìk Rabbì Meìr di Primishlan ha detto ai suoi chassidìm:
“Abbiamo imparato nel Trattato di Avòt (4, 13) che chi adempie a un
precetto si acquista un avvocato difensore”. Alcuni interpretano la
figura del difensore come un angelo - malàch che viene creato dalle
azioni dell’uomo. Giacobbe nostro padre mandò incontro a Esàv degli
angeli creati dalle sue mitzvòt, affinché intercedessero a suo favore.
I Maestri del Midràsh, spiegano che i malachìm inviati da Giacobbe
erano angeli veramente. La parola usata dai Maestri per dire
“veramente” è mamàsh che è l’acronimo delle parole “malakhìm mimitzvòt
sheasà”- angeli delle mitzvòt fatte.
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Davide
Assael,
ricercatore
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È
di ieri la notizia della proposta da parte di Marton Gyoengyoesi,
numero due del partito razzista ed antisemita ungherese Jobbik, di
schedare gli ebrei perché rappresentano “un rischio potenziale per la
sicurezza della nazione”. È ovvio che la risposta del governo sia stata
tiepida e tardiva, ormai è chiaro da tempo il gioco tra lo Jobbik e
Fidesz, il partito di governo. Per questo, basta osservare da chi sono
guidati i principali centro culturali di Budapest, luoghi che hanno
rappresentato il meglio della cultura mittleuropea, cuore pulsante
dell’Europa più bella. Reazioni dal Parlamento Europeo? Zero (almeno,
per ora). Va sempre ricordato che l’Ungheria sta evitando la bancarotta
dello Stato perché riceve finanziamenti dall’Unione Europea, di cui è
Stato membro. Forse, sarebbe il caso che gli ebrei europei individuino
forme di pressione sugli organi istituzionali dell’Unione, per far
capire che se questa è la musica, noi si va via. Che scelgano loro chi
preferiscono. Valuto con grande attenzione quanto scritto ieri da Tobia
Zevi, ma qui sembra franare tutto. Forse, sarebbe bene individuare un
limite oltre il quale si deve agire. Quale pensiamo sia questo limite?
Ah, ieri è stata anche annunciata la partecipazione di Alba Dorata
Italia alle regionali lombarde…
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Kasherut - Il futuro porta un marchio
nuovo |
Razionalizzare
i costi, evitare le frammentazioni territoriali, proporsi ai
consumatori con maggiore incisività e competitività. Questi alcuni
obiettivi dell'Ufficio centrale di kasherut che sta prendendo forma su
impulso dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Un'iniziativa,
articolata e ambiziosa, che vive mesi di intensa progettualità sotto il
coordinamento dell'assessore alla Kasherut Settimio Pavoncello (nella
foto) e che
potrebbe presto rivoluzionare il mercato italiano compattandolo verso
un'unica autorevole istituzione di riferimento. “Ci stiamo lavorando.
Non sarà facile portarla a compimento – sottolinea Pavoncello – ma la
sfida della centralizzazione avrà importanti benefici per tutti.
Addetti ai lavori, consumatori e potenziali clienti che potremo
raggiungere con un miglior rapporto qualità-prezzo. Presto, grazie
anche al fondamentale supporto della Commissione kasherut e culto
formatasi internamente al Consiglio dell'Unione, sarà pubblicato un
bando volto a individuare la figura rabbinica, di spessore
internazionale, che si dovrà occupare della gestione del servizio. È
questa una sfida non soltanto economica ma anche e soprattutto
culturale con la possibilità di diffondere ancora di più, in tutta la
società, i valori e i principi di quella che è da considerarsi
un'autentica filosofia di vita”. L'iniziativa si inserisce in un trend
globale di attenzione sempre più forte verso le tradizioni alimentari
eticamente sostenibili. Caposaldo di questo fenomeno sono gli Stati
Uniti ma anche l'Italia, pur con numeri inferiori, ha conosciuto negli
ultimi anni un vertiginoso aumento della domanda a prescindere dalle
specifiche appartenenze etniche e religiose. È su questo fronte che si
inserisce il proficuo legame di collaborazione instaurato con il
ministero dello sviluppo economico con l'obiettivo, da una parte, di
offrire agli imprenditori un chiaro percorso di consapevolezza sui vari
passaggi da intraprendere per la certificazione, dall'altra, di far
incontrare i produttori stessi con i più importanti buyer
internazionali. Un progetto ancora in fase embrionale, spiega
Pavoncello, finalizzato a trovare nuove strade per promuovere l'Azienda
Italia nel mondo e con la possibilità, in futuro, di allargare il
proprio raggio di azione con l'attivazione di alcuni specifici canali
assieme a Moschea di Roma e FederBio, già partner dello stesso tavolo.
“Ho un sogno – racconta – ed è quello di arrivare a un marchio Kashal
che veda confluire l'impegno ebraico per il kasher e quello dei
musulmani per l'halal sotto un'unica sigla. Certo non sarà facile ma
vorrei provarci. Tante cose ci dividono, tante altre ci uniscono.
Cerchiamo di valorizzarle, almeno a tavola”. Si rafforza intanto, sul
fronte interno, la cooperazione con gli organismi di certificazione
internazionale. Su tutti Conferenza rabbinica europea, Orthodox Union,
Badaz, preziosi interlocutori per districarsi nei meandri di un
fenomeno estremamente variegato e dinamico. “Una vera e propria
giungla”, scherza Pavoncello. Nei limiti del possibile, l'intenzione è
quella di mettere un po' d'ordine. E di stimolare, come detto, un
consumo ancora più attento e consapevole. In ballo anche alcuni
progetti specificamente culturali. Tra questi la realizzazione di uno
studio che metta in rassegna tutti i riferimenti al cibo, ricette
gastronomiche e non solo, contenuti nel Talmud. Un'idea di notevole
suggestione, un modo nuovo per guardare ai grandi testi della
tradizione ebraica in una chiave sempre attuale e stimolante.
Adam Smulevich (Pagine
Ebraiche dicembre 2012)
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Calcio - Lazio in campo contro il
razzismo |
No
al razzismo. Un messaggio semplice e allo stesso tempo inequivocabile
di cui si sono fatti ambasciatori i giocatori della Lazio con la
maglietta 'No racism' fatta preparare dal presidente Lotito e indossata
ieri sera dagli aquilotti nel match contro l'Udinese a testimonianza,
spiega il numero uno biancoceleste, dell'impegno profuso dalla società
biancoceleste per veicolare valori positivi e contrastare le frangie
del tifo violento ed estremista. “Siamo estranei ai fatti di Campo dei
Fiori, non accetto la criminalizzazione dei nostri tifosi”, ha
affermato Lotito nel presentare questa iniziativa. Un concetto ribadito
dagli stessi supporter con un perentorio striscione esposto nella Nord:
“Stoltezza e idiozia non albergano in questa curva. Giù le mani dalla
Lazio e dai laziali”. In realtà l'idiozia da qualche parte alberga,
soprattutto nel primo tempo, quando alcuni facinorosi provano a
intonare cori tristemente noti all'opinione pubblica. Ma è un fenomeno
minoritario che suscita la risposta sdegnata di tutto lo stadio: una
bordata di fischi sommerge la pessima iniziativa di pochi. In tribuna,
tra gli altri, il presidente del Keren Kayemeth LeIsrael e assessore
UCEI Raffaele Sassun che afferma: “Il presidente Lotito, amico sincero
di lunga data di Israele e del mondo ebraico, ha personalmente a cuore
il problema del razzismo negli stadi. Un fenomeno che riguarda piccoli
gruppi di tifosi e che sta cercando di contrastare in modo pulito e con
l'obiettivo di isolare i violenti dalla stragrande maggioranza del tifo
sano”. L'iniziativa ha fatto il giro del mondo suscitando molti
consensi ma anche alcune contestazioni. Daniele Regard, presidente
uscente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia, la ritiene poco concreta.
“Una cosa sola va fatta – scrive sul proprio profilo Facebook –
sospensione della partita e tutti a casa”. Il presidente del Maccabi
Italia Vittorio Pavoncello, in partenza per il Congresso europeo di
Basilea, riflette invece perplesso sulla scelta linguistica e si
chiede: “Per quale motivo il messaggio era scritto in inglese? A chi
doveva essere rivolto se non ai tifosi della Lazio? Forse era diretto
all'estero a chi dovrà giudicare i cori antisemiti di Lazio-Tottenham?”.
a.s - twitter
@asmulevichmoked
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Qui Firenze - Elia Dalla Costa, Giusto
fra le Nazioni
La testimonianza di Massimo Della Pergola |
Firenze,
dicembre 1943. Il taxi riportò me, Adelina e il nostro bimbo di un anno
alla Pensione Quisisana. Non avevamo altra scelta. La signora Nutini,
proprietaria della pensione, nel vederci si mise le mani nei capelli e
mi disse: "Voi ancora qui?" Dette un'occhiata al bambino e aggiunse:
"Vi posso tenere per una o al massimo due notti, ma non di
più". Passammo quella notte disperatamente svegli, ascoltando il
rumore dei camion tedeschi che si fermavano ad arrestare gli ebrei sul
Lungarno. Adelina invocò un bombardamento aereo esprimendo il desiderio
che una bomba cadesse su di noi e ci uccidesse, evitandoci l'orrore
della deportazione.
Il giorno seguente avvenne una specie di
miracolo, quasi inverosimile. Una signora fiorentina, la professoressa
Sàrcoli, cattolica molto osservante, aveva ascoltato in chiesa alla
messa delle sei del mattino la predica dell'Arcivescovo di Firenze, il
Cardinale Elia Dalla Costa. Questi, coraggiosa personalità dotata di
grandi valori spirituali e umani, aveva lanciato un appello ai fedeli:
"In questi momenti ci sono delle persone che soffrono e si trovano in
grave pericolo. Sono nostri fratelli. Cercate di aiutarli". Alludeva
naturalmente agli ebrei.
La signora Sàrcoli era anziana, devota, e
insegnava letteratura in un istituto di suore. Dopo la messa, per
nostra fortuna, si recò alla Pensione Quisisana a trovare la sua amica
Nutini, e le raccontò d'essere rimasta molto impressionata dalle parole
del Cardinale. "Ma io", aggiunse, "non conosco nessun ebreo". E la
Nutini, senza esitazione, le rispose: "Ti manda la Divina Provvidenza.
Ho qui in casa una giovane coppia ebrea. Mi fanno molta pena e hanno un
bambino di un anno. Cerca di aiutarli". Ci chiamò per presentarci
alla signora Sarcoli. Eravamo molto emozionati quando lei ci disse
d'andare a stare a casa sua, e aggiunse: "Io me ne andrò al convento
dove insegno. Rimarrete soli a custodirmi la casa, ma mi raccomando di
non parlare con nessuno, non fate alcun rumore, non aprite mai la porta
e le finestre e non rispondete al telefono, che del resto non squilla
quasi mai". Ci trasferimmo nel suo appartamento di Via della Colonna,
al pianterreno d'una casa senza ascensore e fortunatamente priva di
portiere. L'appartamento era vasto e ben arredato. A noi pareva
splendido e sicuro. Purtroppo non avremmo più rivisto la nostra
salvatrice. Alla fine della guerra andai a Firenze nel 1945, per
cercarla e ringraziarla, ma seppi che era morta da poco tempo. La
signora Nutini ci disse che alcuni giorni prima di morire la nostra
salvatrice aveva chiesto ai suoi parenti che l'assistevano: "Ma chissà
se quei cari giovani si sono salvati".
Massimo Della Pergola
(dal libro "Storia della SISAL e del suo inventore", Laser Edizioni)
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Melamed - Lamalo
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Fra pochi giorni inizierà la
distribuzione del numero di dicembre di Lamalo,
il primo giornale francese dedicato ai bambini della comunità ebraica
transalpina. Era da qualche mese che se ne parlava e dopo il lancio,
avvenuto a settembre, Lamalo esce ora con un secondo numero dedicato a
Hanukkah: Come fabbricare la proprio trottola, L’incredibile storia di
Hanukkah raccontata dal Saggio, Come accendere le candele (nell’ordine
giusto), i fumetti… ci sono tante rubriche a riempire le 48 pagine di
un trimestrale che vuole dare ai bambini il senso dell’identità ebraica
in maniera giocosa, e rigorosa. Perché è questo il progetto di tutta
l’equipe che lavora sul giornale, e soprattutto della sua fondatrice,
Leslie Siboni, che è stata responsabile pedagogica dell’EEDF, il
movimento scoutistico ebraico degli Éclaireuses Éclaireurs de France.
Lamalo è un trimestrale che dedica ogni numero a una tematica chiave
dell’ebraismo e che costruisce in 14 rubriche un percorso originale in
cui mostra diverse sfaccettature della cultura ebraica. Articoli,
interviste, fumetti e giochi che incuriosiscono e sicuramente
susciteranno l’interesse dei giovanissimi lettori.
a.t -
twitter@atrevesmoked.it
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Due ragioni e un torto per capire il Medio Oriente
Sull'Huffington Post una lettera aperta dei giovani ebrei
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Due
ragioni e un torto. Così l’Unione giovani ebrei d’Italia racconta la
crisi che ha coinvolto Israele e Gaza in una lettera aperta pubblicata
sul quotidiano online Huffington Post. “Da una parte, il diritto
inconfutabile d'Israele a difendere ad ogni costo la propria gente da
minacce gravi e incessanti - si legge nello scritto, approvato dal
Consiglio all’unanimità - Dall'altra, il diritto altrettanto
sacrosanto del popolo palestinese a vedere la sua ambizione nazionale
finalmente realizzata, ad auto-governarsi ed a vivere in pace,
benessere e sicurezza con i propri vicini”. Ai due diritti si
contrappone però una necessaria specificazione: il torto “drammatico”
di Hamas, “organizzazione teocratica e terroristica, che si prefigge
nella sua stessa carta fondante l'obiettivo prioritario della
distruzione dello Stato d'Israele”.
“In queste settimane
difficili, abbiamo ritenuto giusto far sentire la nostra voce” spiega
il presidente dell’Ugei Daniele Regard. “Abbiamo voluto offrire
all’opinione pubblica italiana una prospettiva originale, diversa da
quella più diffusa – racconta invece l’estensore della lettera Simone
Disegni, responsabile editoriale del giornale HaTikva, una laurea in
relazioni internazionali e un’esperienza lavorativa a Bruxelles come
analista presso l’organizzazione ThinkYoung – Il nostro messaggio è:
attribuzione chiara delle responsabilità, rigetto della violenza e
consapevolezza dell’importanza di lavorare per costruire una
prospettiva di pace”.
“Pur a partire dalle nostre differenze, pesa
precisamente sulle nostre spalle – giovani ebrei, musulmani, cattolici,
laici ed appartenenti ad ogni altro credo – la responsabilità morale in
questo momento storico di non arrenderci alla logica della
contrapposizione ad ogni costo, ma di avere il coraggio e la
sfrontatezza di riportare nell’agenda mediorientale l’obiettivo ultimo
della pace e della convivenza fra popoli”, recita il testo.
a.t -
twitter@atrevesmoked.it
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Ticketless
- Matrilinearità |
Sono
rientrato a casa senza accorgermi del viaggio; questa settimana non mi
sono accorto nemmeno del controllore che mi rilasciava il biglietto e
quasi quasi non scendevo dal treno. Ero troppo concentrato su L’amata.
Lettere di e a Elsa Morante appena uscito da Einaudi, a cura di Daniele
Morante. Considero la Morante la più grande scrittrice ebrea del
Novecento. Impeccabile secondo la Halachà, il giudizio aveva bisogno di
una conferma, che viene leggendo questo volume. Con Menzogna e
sortilegio, L’isola di Arturo e soprattutto La storia si può dire che
la Morante, figlia della maestra ebrea Irma Poggibonsi, abbia sempre e
soltanto ricamato sul tema della matrilinearità. Quando un mio studente
mi chiede lumi su questo delicato problema, suggerisco sempre di
leggere due cose: le lucide pagine di Rav Riccardo Di Segni sul
“mistero della matrilinearità” e un romanzo a scelta della Morante. Il
reticolo epistolare ora consultabile consente di capire la forza
narrativa di questo tema ebraico coinvolga altri autori che furono
nella condizione della Morante. Un giorno andrà studiato come e quanto
sia fondamentale il nostro debito, come lettori, verso i poeti della
matrilinearità (e non solo ai poeti: si pensi, per il giornalismo e per
la storia del diritto a figure come Enzo Forcella, Arturo Carlo
Jemolo), ma soprattutto, si pensi a Umberto Saba, che è stato colui che
ha guidato la Morante nella esplorazione della regione delle Madri. Il
30 giugno 1953, letto Lo scialle andaluso, Saba scriveva alla Morante:
“Non è di letteratura che volevo parlarti. Tu non ti sei identificata
affatto (come credi) al fanciullo Andrea, ti sei identificata e
PROFONDAMENTE alla madre siciliana. E’ in questo eterno rapporto tra la
madre e il fanciullo che devi cercarti e devi cercare dalla parte delle
madri”.
Alberto Cavaglion
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Cortei
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Mi
sembra che non sia stato adeguatamente commentato quello che mi pare un
fenomeno particolarmente triste, inquietante e pericoloso dei tempi che
stiamo vivendo, ossia
il dilagare dell’antisemitismo-antisionismo (anche nelle sue
forme più estreme e volgari, dagli striscioni invocanti la distruzione
di Israele alle bandiere bruciate alle invettive contro le sinagoghe)
nei cortei studenteschi. Episodi che tornano a ripetersi con cadenza
ormai automatica, ogni volta che i giovani muovono in marcia su temi
che nessuno sa quanto c’entrino con gli ebrei e Israele: la crisi
economica, lo stato sociale, le tasse universitarie, la disoccupazione.
Spesso a urlare con la faccia feroce contro i luoghi di culto ebraici
sono ragazzi di quindici, quattordici, tredici anni, che si premurano
di uscire da casa con grandi bandiere palestinesi nascoste negli zaini,
da cacciare e sventolare con rabbia una volta raggiunti i covi
dell’odiato nemico. È un rito che sta prendendo sempre più piede, tanto
che è ormai raro assistere a un corteo studentesco, organizzato per
qualsiasi motivazione, privo di esibizioni di aggressività
anti-israeliana e/o antisemita. Al punto che le autorità della Comunità
ebraica romana hanno dovuto valutare se chiedere ufficialmente alla
Prefettura che il Tempio maggiore sia sempre tenuto lontano dai
percorsi dei cortei studenteschi. Che giorno triste per la democrazia,
la civiltà italiana sarà quello in cui ciò dovrà accadere. Triste,
tristissimo.
Minoranze, si dirà. Ma minoranze da cui mai, proprio
mai, le maggioranze sembrano prendere minimamente le distanze. E che
non risultano mai stigmatizzate da nessun politico, né di destra né di
sinistra, nessun intellettuale, nessun uomo di Chiesa. Le uniche
occasioni in cui si sentono delle critiche sono gli episodi di violenza
fisica, se ci sono le vetrine rotte o auto sfasciate, altrimenti
niente. Anzi, la mobilitazione studentesca è sempre presentata come un
fenomeno positivo, un segno di partecipazione e di vivacità giovanile.
I giovani sono “la generazione tradita”, ma finalmente “si sono
svegliati”, “si fanno sentire”, “si riappropriano del loro futuro” ecc.
Quante volte abbiamo letto o sentito queste frasi? E, quanto alle loro
intemperanze, si legge spesso che i ragazzi sfogano la loro rabbia
contro i “simboli del potere”: le sedi del Parlamento, del governo, le
banche… E le sinagoghe.
Sarebbe bene che tutti, grandi e piccoli,
andassero a ripassarsi un po’ di storia. Ricorderebbero, così, o
apprenderebbero, che non sempre, nella storia, le masse riversatesi per
strada sono state portatrici di valori di civiltà. Che non c’è regime
dittatoriale, oscurantista o sanguinario, del presente o del passato,
che non abbia fatto leva sull’entusiasmo e l’emotività giovanile, sulla
naturale attitudine dei ragazzi a muoversi sull’onda dei sentimenti,
delle emozioni, delle pulsioni istintive, non filtrate dal faticoso,
noioso esercizio della ragione. Avrebbero modo di riflettere sul fatto
che uno slogan urlato è più facile, più diretto, più ‘giovanile’ di un
ragionamento, ma può essere più stupido, più vuoto, più pericoloso.
L’esigenza
principale dei giovani, disse Benedetto Croce, è quella di crescere. Si
cresce in tanti modi, in tanti momenti: quando si impara a contare fino
a tre prima di parlare; quando si rifugge dalla logica del branco;
quando ci si rifiuta di essere un semplice numero tra mille; quando si
riconosce, senza vergogna, di potere sbagliare, o di avere sbagliato.
Ma il problema è che non sempre si vuole crescere. Rimanere ragazzini è
molto più comodo.
Francesco
Lucrezi, storico
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Qui
Napoli -
"Cercare la verità"
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La
specificità di Moked e di Pagine ebraiche deve essere quella di cercare
la verità e non lasciarsi influenzare da chicchessia. Anche gli autori
devono attenersi al criterio di cercare la verità con tutte le proprie
forse e mezzi. Nascondere anche una parte della verità rientra nel
divieto midevar sheker tirhak, allontanati dalle parole menzognere:
l’omissione e ogni affermazione o gesto che può essere frainteso e che
pertanto allontana dalla verità è cosa falsa, peggiore del raccontare
direttamente una menzogna, proprio perché si vuole presentare sotto
false spoglie della verità e dell’obiettività. Nel seguito alcuni
esempi
tratti da quanto pubblicato recentemente su Moked. Affermare, per
esempio, che i commenti della stampa sono stati realistici, quando non
si dice prima che una pioggia di missili ha colpito il sud d’Israele
per mesi e mesi e che Israele ha vivacemente protestato è omettere una
parte fondamentale della verità perché non sottolinea il fatto che
Israele ha sgomberato Gaza anni fa (in seguito a molte polemiche
interne!), che in questa occasione – come del resto anche in quella di
“piombo fuso” - ha reagito alla provocazione di Hamas: nascondere una
parte della verità e delle cause che hanno prodotto l’attacco
israeliano significa fare una falsa affermazione. Né vale l’argomento
“ma questo è a tutti noto”, quando sappiamo che questo non accade.
Difendere i propri civili è un dovere dello Stato e quindi della
leadership palestinese di Hamas. Deve essere ripetuto a chiare lettere
che Israele avvisa con congruo anticipo le popolazioni civili che sta
per bombardare. Perché, invece, nascondere che Israele è l'unico stato
al mondo che prima di bombardare avvisa i civili che sta per farlo con
volantini scritti in arabo e con telefonate a casa. Dire che l’utilizzo
della popolazione civile è una strategia obbligata è grave perché
sembra giustificare la morte dei civili e farne cadere la
responsabilità sugli israeliani! Deve essere invece detto chiaramente
che la responsabilità delle morti dei civili è solo di chi li
coinvolge e li strumentalizza e di chi usa le loro case come basi
missilistiche. Responsabilità della maggioranza silenziosa. Se i
palestinesi “civili” non protestano e consentono silenziosamente ai
loro capi di usare le loro case come rampe per i missili sono
responsabili di quanto loro accade. Ricordo che anche i nazisti hanno
assassinato milioni di persone, mentre la popolazione civile accettava
silenziosamente che ciò avvenisse. Gli alleati hanno colpito le città
tedesche in quanto responsabili dell’appoggio dato al regime tedesco
che loro si erano scelto e non avevano contestato. Chi ritiene che il
conflitto sia oggi solo politico – territoriale (come era in effetti
all’inizio) fa finta di non vedere quanto accade nel mondo islamico. Il
conflitto tra Israele e i palestinesi purtroppo ha superato i limiti
puramente politici e, a causa dell’estremismo religioso, ha assunto una
connotazione sempre più religiosa: molti ignorano per ignoranza o
volutamente che per la concezione islamica, Israele e gli ebrei, in
quanto Dhimmi, non possono avere l’indipendenza in una terra che i
palestinesi (aizzati dai loro leader religiosi – politici) considerano
come parte integrante della Dar halislam.
Concludo con una
citazione dalla nostra tradizione. Proprio mentre Crociati e musulmani
si contendevano Gerusalemme, quando il popolo ebraico veniva massacrato
dai crociati in Europa, Rashi nell’11° secolo nel commento al primo
versetto della Genesi, ha la “temerarietà” di scrivere che la terra
d’Israele è stata destinata da Dio stesso al popolo ebraico e che
quindi ad esso prima o poi dovrà tornare… Penso che noi ebrei dovremmo
far valere maggiormente i diritti che vengono dalla nostra tradizione
culturale, storica, letteraria ecc, non meno di quanto facciano i
musulmani e i cristiani. Allora, forse, ci prenderanno più sul serio.
rav Scialom
Bahbout, rabbino capo di Napoli
Grazie
per questo intervento, interessante e utile anche in preparazione al
seminario su Informazione e Legge ebraica che la redazione vorrebbe
organizzare nel prossimo futuro. Proprio per evitare la diffusione di
notizie infondate bisogna però ricordare che anche in una ricerca
d'archivio approfondita non risulta che la redazione abbia mai
pubblicato testi, propri o di altri, in cui si afferma che i commenti
della stampa siano stati realistici, ma semmai precisamente il
contrario e cioè che i commenti si sono in genere dimostrati più
realistici della volta precedente. Un'affermazione che trova il suo
significato proprio nell'assunto che i commenti della stampa, che
purtroppo in questi casi non si dimostrano mai equilibrati, questa
volta, di fronte all'evidenza dei fatti, grazie al ruolo della barriera
di difesa della popolazione civile approntata in Israele, hanno almeno
dovuto arrendersi a un minimo di realismo e non sono riusciti a
superare la scorrettezza della volta precedente. Tale interpretazione,
che come tutte le interpretazioni può certamente essere considerata
soggettiva e che ovviamente non è obbligatorio condividere, risulta
condivisa dalla maggior parte degli analisti del settore.
g.v
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notizie
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rassegna
stampa |
Piero
Cassuto (1934-2012)
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Leggi
la rassegna |
La
Comunità ebraica di Livorno piange in queste ore la scomparsa di Piero
Cassuto. Nato
nel 1934, attivo da sempre nel mondo imprenditoriale e
dell'associazionismo, Cassuto aveva declinato una parte significativa
del proprio impegno all'interno del mondo ebraico. Era presidente del
Benè Berith Isidoro Kahn, che aveva contribuito a fondare, e aveva
guidato la Comunità nei primi anni Ottanta dopo esserne stato
consigliere. I funerali si svolgeranno questo pomeriggio alle 15.
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Proposta
choc dal numero due di Jobbik, partito di estrema destra che è terza
forza del parlamento ungherese: la schedatura degli ebrei magiari.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
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