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30 novembre 2012 - 16 Kislev 5773
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
rav arbib
Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano
 

 

All'inizio della parashà di Vayishlàch, Ya'akòv manda un messaggio a Esàv, le cui prime parole sono: "Ho abitato - gàrti - con Lavàn". Rashì dà due interpretazioni di questo verso. Secondo la prima interpretazione "gàrti" verrebbe dalla radice "gher" - straniero, "sono stato straniero in casa di Lavàn". È questo un modo per tranquillizzare Esàv, per dirgli che, nonostante le benedizioni ricevute dal padre al posto di Esàv, non è diventato un personaggio particolarmente importante ma è rimasto straniero. La seconda interpretazione è completamente diversa. "Gàrti" ha il valore numerico di 613 come le mitzvòt. Ya'akòv direbbe a Esàv che è riuscito pur vivendo con Lavàn a osservare 613 mitzvòt, a mantenere la propria identità. C'è un rapporto tra le due interpretazioni? Secondo Rav Shlomo Wolbe le due interpretazioni sono strettamente legate, per poter mantenere la propria identità, per poter osservare le 613 mitzvòt bisogna sentirsi stranieri. Avrahàm nella parashà di Chayè Sarà, definisce se stesso "gher vetoshàv", straniero e residente, è una buona sintesi della condizione ebraica.

Laura
Quercioli Mincer,
 slavista



laura quercioli mincer
Nei cinema polacchi da pochi giorni è in programmazione un film sul pogrom di Jedwabne, Poklosie (Dopo il raccolto) di Wladyslaw Pasikowski. L’orgia di polemiche sollevata dalla pellicola supera di molto, va detto, la soglia del ridicolo. Che farci, a nessun popolo piace veder svelate le proprie bassezze. D’altro canto, il successo di Poklosie sembra enorme. E io non ricordo di aver visto nella lista dei campioni d’incasso film sulle atrocità italiane in Etiopia, in Grecia, in Iugoslavia. E dalla colpa nessuno sembra essere esente. “Persino noi olandesi – mi diceva un'amica – che ci siamo sempre ritenuti i migliori, ora andiamo scoprendo i nostri peccati. Mio padre aveva 15 anni nel ‘40, quando i nazisti invasero il nostro paese e introdussero le leggi razziste. Il suo professore di letteratura olandese al Liceo venne un giorno in classe e disse: Ragazzi, io e altri professori ce ne dobbiamo andare. Addio. Raccolse le sue cose in silenzio e nessuno degli studenti disse neanche una parola. E’ questa la colpa di mio padre, e non riesce a farsene una ragione”. 

davar
Reazioni e sensibilità diverse dopo il voto all'Onu
Numerose reazioni e diverse sensibilità, nel mondo ebraico italiano, in seguito al riconoscimento dell'Autorità Nazionale Palestinese come Stato osservatore alle Nazioni Unite e al voto favorevole espresso in questa sede dall'Italia.
In un messaggio inviato a Palazzo Chigi nell'imminenza del voto, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, facendosi interprete del pensiero della maggioranza degli ebrei italiani, aveva scritto al presidente del Consiglio sottolineando come soltanto trattative dirette tra Stato di Israele e Anp “possano far compiere passi decisivi al processo di pace” e come lo stesso processo rischi di essere indebolito da iniziative unilaterali e non preventivamente concordate “sia presso le Nazioni Unite che presso altri organismi internazionali”.
Il presidente dell'Unione esprime comunque apprezzamento, a Monti e a tutto il governo, "per l'impegno sempre dimostrato nella costruzione di una pace giusta e duratura tra tutti i popoli del Mediterraneo".
Delusione: questo il sentimento che prevale nelle parole dell'ambasciatore d'Israele a Roma Naor Gilon che, pur rimarcando come questo voto non intaccherà in alcun modo le solide relazioni tra Italia e Israele, spiega: “È qualcosa che non ti aspetti dai tuoi migliori amici e alleati. Quando è un amico a fare qualcosa di inatteso ti ferisce di più”. Durissimo, sulle pagine del Giornale, l'editoriale del vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera Fiamma Nirenstein. “Non si è mai visto un rovesciamento politico come quello cui ci ha costretto ad assistere Palazzo Chigi, del tutto inaspettatamente, nelle ultime ore, lanciando il fulmine a ciel sereno del riconoscimento unilaterale della Palestina. È davvero una brutta sorpresa – commenta la giornalista – un incomprensibile rovesciamento di linea politica, per un Parlamento che nel corso di questi anni ha costruito con Israele un rapporto speciale”. Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, parla di “doccia fredda”. È stata una decisione totalmente inaspettata, conferma, “visto che fino al dibattito in televisione tra Bersani e Renzi l'Italia era nella prudente linea dell'astensione”. Oggi Il Fatto Quotidiano attribuisce a Pacifici ancora più nette. “Chi ha il potere di decidere sulla questione – si legge – si è subito appiattito sull'agenda del primo ministro in pectore, cioè Bersani. Avendo il segretario del Partito Democratico risposto, nel faccia a faccia televisivo con Renzi, che è a favore della richiesta di Abu Mazen, ecco che subito il premier Monti e il presidente Napolitano gli sono andati dietro. Non ce lo saremmo mai aspettato”. Per questo, aggiunge, “la Comunità che rappresento farà campagna a favore di Renzi”.
Rammarico anche tra gli italkim, gli italiani d'Israele. “L'Italia si e' allineata all'Europa in una decisione totalmente miope'', dice il presidente dell'Irgun Olè Italia Vito Anav. ''Non e' certo la soluzione al problema elevare ora il livello all'Onu dell'Anp. Anzi – contesta – potrebbe addirittura inasprire le posizioni''. Impegnato a Basilea per il Congresso federativo europeo, il presidente del Maccabi Italia Vittorio Pavoncello sottolinea come la posizione condivisa da tutti i delegati, a fronte di una decisione che penalizza fortemente lo Stato di Israele, “sia quello di promuovere ulteriormermente l'unità e la fratellanza del popolo ebraico”. L'amarezza corre anche sui social network. Riprendendo una frase pronunciata da Abu Mazen (“Israele è uno Stato razzista”) il presidente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia Daniele Regard, sul proprio profilo Facebook scrive: “Questi sarebbero i moderati con i quali dobbiamo fare la pace? La pace si fa con chi la vuole davvero...”.
Ma c'è anche chi guarda a questi avvenimenti in modo differente. Secondo Giorgio Gomel i palestinesi sarebbero stati "costretti" a muoversi unilateralmente a seguito "del rifiuto di Netanyahu di avviare negoziati seri con l'Anp". Gomel parla di isolamento politico “autodistruttivo” e sancisce: “È una sconfitta per tutti e per coloro, come noi di Jstreet-Usa e JCall-Europa, che pensano che una soluzione negoziata del conflitto fra le due parti in lotta secondo il principio di 'Due Stati per due popoli' sia una necessità pragmatica e irrinviabile”. Per Manuela Dviri, scrittrice, Israele avrebbe dovuto essere il primo paese a riconoscere l'autorità palestinese come Stato osservatore. “Che errore, che stupidità!”, posta su Facebook. Soddisfatto per l'esito del voto Gad Lerner, giornalista. Nella home page del suo blog un intervento di accusa rivolto ai leader ebraici italiani. “Considerare gli organismi comunitari degli ebrei italiani come una mera appendice del governo israeliano è un errore che da tempo ne mortifica la potenzialità culturale e spirituale. Mi auguro – conclude – che non si facciano giochetti politici ridicoli e ci si renda conto che il rapporto organico instaurato con la destra berlusconiana e post-missina ci ha screditati senza recare peraltro vantaggi a Israele”.

Adam Smulevich - twitter @asmulevichmoked

Qui Milano - Alla Fondazione Corriere con Aldo Finzi
“Fate eseguire la mia musica” sussurrò Aldo Finzi ai familiari in punto di morte. Era il 1945. Il compositore ebreo milanese era stato piegato da profondi dispiaceri e insostenibili preoccupazioni, a cominciare dall’annullamento del concorso di cui era stato nominato vincitore, quello indetto dal Teatro Alla Scala per la migliore opera prima nel 1937. A rievocare quei giorni, in un incontro promosso da Fondazione Corriere della Sera e da Serenata al Vento, l’organizzazione che si è occupata di portare l’omonima opera di Finzi sulle scene, è il figlio di Aldo, l’avvocato Bruno Finzi, che era accanto al padre, quando durante una passeggiata in Galleria Vittorio Emanuele il maestro Riccardo Pick-Mangiagalli, che faceva parte della commissione giudicatrice, annunciò in anteprima al compositore la vittoria.
Il sogno durò poco: con le prime avvisaglie della politica razzista e poi con la promulgazione delle leggi antiebraiche tutto finì nel nulla (“ma ci tengo a sottolineare che la vittoria non fu assegnata a un altro, la Scala scelse di mandare il concorso deserto”).
Dopo il saluto del presidente RCS Piergaetano Marchetti, a introdurre la serata è stato il giornalista del Corriere Gian Mario Benzing. “Siamo di fronte a un grande compositore, che finì nell’oblio solo perché ebreo negli anni bui. Le musiche di Finzi sono dense, vibranti caratterizzate da una visione sempre alta, in cui il romanticismo si fonde a una miscela di linguaggi diversi”. Accanto a lui sul palco Bruno Finzi, che ha condiviso con il pubblico la memoria degli ultimi anni del padre, ma anche le incredibili peripezie delle sue partiture, che passarono da una sorella agente di concerti al compagno di studi Giulio Confalonieri, il cui portiere alla sua morte restituì tutto a Bruno in un sacco della spazzatura.
“La Serenata al Vento è un’opera straordinaria, ricchissima di dettagli, complessa, eppure capace, nonostante i settanta strumenti che coinvolge, di rimanere leggera. Un’opera in cui un mondo si dischiude a ogni battuta, con Aldo che ti prende per mano, guidandoti a scoprirlo” ha sottolineato il maestro Alberto Bramani, che insieme al musicologo Gottfried Wagner, discendente di Richard, ha spiegato al pubblico il valore delle composizioni di Finzi. È stato il suo violino, insieme al pianoforte di Silvia Leggio, a chiudere la serata diffondendone le note, dopo tante parole spese sulla sua musica. Eseguiti Estratto dalla sonata per violino e pianoforte, Pavana per pianoforte, Pastoralina per violino e pianoforte.
Ora l’attenzione si sposta al Bergamo Musica Festival: al Teatro Donizetti sabato 1 dicembre Serenata al Vento andrà in scena per la prima volta nella storia, grazie alla collaborazione di Regione Lombardia, Jerusalem Foundation, Fondazione Accademia delle Opere e Galdus Ente Formativo, che da vent’anni lavora con gli adolescenti per dotarli di competenze professionali e artistiche che rispecchino il loro talento. Sarà proprio uno dei fondatori di Galdus, il maestro Diego Montrone, a dirigere l’opera, mentre la regia è stata affidata a Otello Cenci. Il coinvolgimento dei giovani è un’altra caratteristica del progetto, non soltanto nella composizione dell’orchestra e del cast, ma anche nella realizzazione di gioielli, costumi e scenografie, portata avanti dagli studenti di scuole professionali israeliane (molti di loro andranno domani in scena come comparse). “Un modo meraviglioso per far avvicinare alla musica ragazzi che probabilmente non ne avrebbero mai avuto occasione” ha concluso Alberto Bramani.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

Qui Roma - Al pub per la solidarietà
Molte reazioni, sulla nostra pagina Facebook, all'iniziativa di un gruppo di ragazzi della Comunità ebraica di Roma che, kippah in testa, ha voluto testimoniare la propria vicinanza alle vittime dell'attacco e allo staff del locale di Campo dei Fiori dove la scorsa settimana si è consumata la terribile aggressione ai danni dei tifosi del Tottenham. "Bellissima iniziativa di solidarietà. Eravamo in tanti e con ottimi propositi!" commenta, tra gli altri Elio Limentani. Centinaia i 'mi piace' dei follower di Pagine Ebraiche.
Boccali di birra, strette di mano e per finire un 'lechaim' hanno caratterizzato la serata, conclusasi con il dono di una maglietta del Maccabi alla direzione. Una scelta non casuale, fatta nello spirito dell'impegno per i valori e l'orgoglio dell'appartenenza ebraica testimoniati ogni volta sul campo da questa realtà. Daniel Di Porto, tra i promotori: “Il nostro obiettivo? Portare solidarietà e allo stesso tempo dimostrare che, in questo momento difficile per tutti, gli ebrei romani non hanno paura di mostrarsi al mondo, di camminare a testa alta orgogliosi della propria identità”. Sulla stessa lunghezza d'onda Fabio Salmonì: “Le immagini circolate sui media ci hanno sconvolto. Come cittadini italiani di religione ebraica – afferma – ci siamo sentiti in dovere di fare qualcosa”. 

Qui Venezia - Ebrei, tra Società e Comunità
Quali politiche culturali per una Comunità? Quale il suo ruolo nella società civile? A queste tematiche saranno dedicati due momenti chiave del fine settimana veneziano organizzato dal Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Un’occasione dunque per trascorrere uno Shabbat nella suggestiva Comunità lagunare, ma anche per riflettere sulle sfide dell’ebraismo italiano del terzo millennio.
Il direttore del Dec rav Roberto Della Rocca offrirà ai partecipanti una lezione appena dopo l’inizio di Shabbat. Poi domani sera, rav Della Rocca si confronterà sulle tematiche culturali con il presidente della Comunità di Venezia Amos Luzzatto alle 18.30.
Domenica, dopo la commemorazione dei deportati da Venezia, l’incontro Ebrei, tra Società e Comunità. A intervenire saranno Enzo Campelli, sociologo e professore di Metodologia delle scienze sociali presso l’Università di Roma La Sapienza, nonché coordinatore del progetto di Ricerca socio-demografica sull’ebraismo italiano, il demografo dell’Università ebraica di Gerusalemme Sergio Della Pergola, lo storico Simon Levis Sullam, professore presso l’Università di Venezia Ca’ Foscari.

pilpul
La nostra bussola si chiama Herzl
Da Basilea parti l'idea sionista di Teodoro Herzl.Il suo fantasma si è materializzato durante i lavori del Congresso Europeo Maccabi in corso di svolgimento nella città svizzera per celebrare la nascita, 65 anni fa, del movimento.
Un attore israeliano con le sembianze del teorico del sionismo rispondeva alle domande dei delegati. Accolto con sarcasmo, pian piano il livello di attenzione si è alzato. Un successo.
A domande di argomenti attuali quali lo Stato di Israele, la Shoah, i missili da Gaza o la Diaspora oppure ancora l'antisemitismo a Budapest, il nostro buon Teodoro rispondeva con citazioni dei suoi interventi o di suoi scritti, datati oltre un secolo fa.
Herzl e il sionismo sono sempre più la bussola del popolo ebraico. Ci indicano che c'è un solo modo per sconfiggere chi ci vuole distruggere: restare uniti come una sola grande famiglia.

Vittorio Pavoncello, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane


29 novembre
Anna SegrePer la cultura ebraica le coincidenze di date non sono mai casuali; anche quando un evento luttuoso si sovrappone ad uno lieto (per esempio con la distruzione degli ebrei minacciata da Hamman di cui si ha notizia intorno a Pesach, per cui Ester e tutto il popolo digiunano al posto di celebrare il seder), la suggestione della data offre comunque un barlume di speranza.
Cosa dobbiamo pensare di un’Assemblea Generale dell’ONU che vota un riconoscimento il 29 novembre, data in cui la stessa Assemblea approvò nel 1947 il piano di spartizione che permise a Israele di nascere? Oggi il voto sulla Palestina appare come una sconfitta diplomatica per Israele, e anche la scelta della data suona come una voluta contrapposizione, ma forse anche in questo caso la coincidenza offre un barlume di speranza: se a Israele il 29 novembre ha portato fortuna, perché non sperare che porti fortuna anche ai palestinesi? Perché non sognare uno Stato palestinese libero e democratico al fianco di Israele? Perché non augurargli di crescere e prosperare? A me pare che questo augurio non possa che essere condiviso in particolare da tutti coloro – come me e molti altri, credo la stragrande maggioranza degli ebrei italiani - che credono in uno Stato d’Israele ebraico e democratico (esistono forse altre soluzioni che permetterebbero a Israele di conservare nel lungo periodo contemporaneamente l’identità ebraica e la democrazia? Se ci sono nessuno me le ha mai spiegate). E allora si può dissentire sul come e sul quando, si può essere preoccupati per le conseguenze immediate, ma non si può fare a meno di sognare che tra 65 anni la Palestina possa guardare indietro alle difficoltà superate e ai traguardi raggiunti con lo stesso legittimo orgoglio con cui oggi Israele può guardare indietro a quell’altro 29 novembre. E immaginare che un giorno festeggeranno tutti insieme le due date coincidenti. Chissà, forse anche questa non sarà una favola.

Anna Segre, insegnante

Ricorsi storici e riconoscimenti
Il voto all’ONU a favore del riconoscimento della Palestina come Stato non membro era scontato, un pò meno il sostegno di Paesi come l'Italia che ha dimostrato, come buona parte dei Paesi UE, di valutare la politica mediorientale secondo i criteri occidentali, commettendo lo stesso errore che una parte consistente della sinistra contestava a Bush quando questi affermava di voler portare la democrazia in Iraq.
Il Medio Oriente non è l'Europa, troppe differenze culturali storiche, religiose, linguistiche. I terroristi europei non facevano e non fanno resistenza quando vengono arrestati e, spesso, finiscono col collaborare con polizia e magistratura. Invece, i terroristi arabo islamici in Medio Oriente si sacrificano pensando che, uccidendo gli "infedeli", andranno in Paradiso con 72 vergini ad accoglierli.
E quanta ignoranza da parte di tanti commentatori europei che, nella sicura Europa e senza aver idea del senso di insicurezza e terrore in cui vivono gli israeliani da sempre, disquisiscono su Islam, Medio Oriente, Ebraismo e Israele senza saperne granché.
Cos'altro dire? Si teme che adesso i Palestinesi possano denunciare politici e militari israeliani alla Corte di Giustizia dell'Aja solo per aver fatto ciò che è nell'interesse del popolo israeliano, cioè combattere il terrorismo. Ma, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, anche i dirigenti palestinesi saranno passibili dello stesso trattamento e potranno essere denunciati alla Corte dell'Aja per terrorismo e chissà che non sia questo il modo per sconfiggere gli estremisti palestinesi. Vedremo.
Nel frattempo l'insicurezza e il senso di solitudine di Israele aumenta, l'arroganza di Hamas, Hezbollah e Iran pure, i rischi di conflitto si moltiplicano. Complimenti a tutti i Paesi che hanno votato a favore dell'ANP! Hanno dimostrato che la storia del popolo ebraico si ripete come accade da 3.500 anni. Hanno dimostrato di essere degni discendenti e/o emuli di egiziani, assiri, greci, romani, bizantini, arabi, crociati, spagnoli, russi, polacchi, ucraini, lituani, nazisti, fascisti, comunisti. In fondo non è cambiato granché nel tempo. Quelli che vogliono il male del popolo ebraico sono sempre gli stessi.

Daniele Coppin, geologo

notizieflash   rassegna stampa
Roma - Un ponte per Settimia    Leggi la rassegna

Sarà inaugurato lunedi mattina alle 11 il ponte dedicato a Settimia Spizzichino, l'unica ebrea romana che tornò viva dai campi di concentramento nazisti, nel quartiere Ostiense dove Settimia visse fino alla sua scomparsa nel 2000. "Quel ponte va verso un quartiere come Marconi, importante per l'ebraismo, dove abbiamo tre sinagoghe e una casa di riposo e dove speriamo di poter realizzare il centro sportivo anche per il Maccabi" ha commentato il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, nel ringraziare il consigliere comunale Pd Paolo Masini che chiese formalmente al Comune l'intitolazione, il sindaco Alemanno che ne raccolse l'idea e l'assessore alla Cultura Gasperini che l'ha portata in commissione Toponomastica.



 

La stragrande maggioranza della rassegna odierna è dedicata al riconoscimento da parte dell’Onu dello Stato di Palestina, con notevole varietà di posizioni.


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