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 5 dicembre 2012 - 21 Kislev 5773
l'Unione informa
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moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
david sciunnach
David
Sciunnach,
rabbino 


“E lo videro da lontano ...” (Bereshìt  37, 18). Il grande Kabalista Rabbì Chayìm ben ‘Attar, conosciuto per il suo commento come ‘Or ha-Chayìm ha-Kadosh, spiega le parole iniziali di questo verso dicendo: lo videro “da lontano” con lontananza dai loro cuori; non, quindi, come un uomo normalmente vede suo fratello, bensì come un estraneo, un uomo lontano.

 Davide 
Assael,
ricercatore



Davide Assael
La Diocesi di Milano ha, quest’anno, deciso di scrivere la tradizionale lettera di auguri natalizi in varie lingue, tra cui l’arabo, per inviarla anche alle famiglie musulmane. Un gesto che si propone come distensivo, ma, mi chiedo, quale sarebbe la mia reazione se arrivasse, a me, in quanto ebreo, una simile lettera. Probabilmente, avrei la stessa reazione di quando il prete suona il campanello di casa mia per la benedizione annuale dei locali, oppure quando mi citofonano i Testimoni di Genova: penso a modi con cui le varie Chiese cercano di propagandare il proprio messaggio. E non mi scordo una simile reazione, quest’estate, da parte della comunità islamica milanese di fronte al tentativo delle Diocesi di “invadere” uno spazio di dibattito interno alla loro comunità, inviando un delegato a fare un discorso per l’occasione. La Chiesa milanese ha una lunga esperienza diplomatica e il Cardinale Scola già a Venezia ha strutturato un dialogo interreligioso seguendo la linea, “tutti uniti, ma dentro il messaggio cristiano”. Sapendo, però, che il processo alle intenzioni contrasta con l’etica ebraica, diamo per scontata la buona fede della Diocesi. Forse, ha dimenticato che il diavolo si annida nei dettagli.

davar
Qui Firenze - Sara Cividalli alla presidenza
Sara Cividalli è il nuovo presidente della Comunità ebraica di Firenze. La nomina ieri sera, con voto unanime e su proposta del presidente uscente Guidobaldo Passigli, in occasione della prima riunione del Consiglio eletto domenica scorsa dagli iscritti. In Giunta anche il vicepresidente Davide Sadun ed Enrico Fink. Parteciperà ai lavori dell'organo esecutivo, senza diritto di voto, il consigliere con delega al bilancio – l'unica delega finora assegnata – Roberto Orvieto. Nella squadra di governo, oltre a Passigli, anche Iacopo Treves, Lea Ariet Jelinek, Franco Benadì e Milca Caro.
Classe 1952, pediatra, new entry in Consiglio, Cividalli è tornata da poco a vivere a Firenze dopo un lungo periodo trascorso a Milano. Tra i momenti che più l'hanno formata, racconta, gli anni trascorsi sui banchi della scuola ebraica di Roma – dalla materna alla terza media – e l'esperienza di madrichà al Benè Akiva.
“Lavorerò – afferma – per una Comunità vitale, aperta e orientata al futuro. Un luogo di partecipazione dove confrontarsi ed ascoltare. Uno spazio di coinvolgimento nel quale ognuno possa dare secondo le proprie capacità e possa ricevere risposte alle proprie richieste. Una Comunità sempre più in relazione con la città e con la fertile vita culturale di Firenze”.

Adam Smulevich 

Qui Milano, qui Torino - Italo lancia la staffetta del MiTo
Per le comunità si apre un orizzonte di collaborazione
“Gentili passeggeri, siamo lieti di informarvi che su questo collegamento Milano Torino abbiamo raggiunto la velocità di trecento chilometri orari” annunciano con una certa dose di orgoglio gli altoparlanti del treno Italo. Fuori dal finestrino sfreccia rapidissimo il paesaggio della megalopoli padana, sullo sfondo le Alpi innevate. La nuova compagnia ferroviaria che collega Torino al resto della rete ad alta velocità a partire da questa domenica 9 dicembre, moltiplica le possibilità di viaggio già messe a disposizione dall'ex monopolista Trenitalia. La redazione di Pagine Ebraiche è invitata e partecipa, in mezzo a un esercito di giornalisti italiani, al viaggio inaugurale della nuova tratta di Italo, e i 125 chilometri che separano le due città, un tempo barriera difficile da valicare, a trecento chilometri all’ora, sembrano ormai ridursi in briciole. Solo 46 minuti di treno, meno che andare da un capolinea all’altro della metropolitana milanese. Una novità che apre anche gli orizzonti dell’Italia ebraica, che già da anni si giova dei cambiamenti portati dall’alta velocità ferroviaria. “Milano e Torino? Ormai sono la stessa città” diceva negli scorsi giorni il direttore della redazione Guido Vitale (che macina ogni anno centinaia di migliaia di chilometri in treno e nella redazione fa lavorare giornalisti di Roma, Milano, Firenze, Torino e Trieste e collaboratori da ogni angolo del paese), al presidente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi, discutendo a proposito delle potenzialità dei rapporti fra le due Comunità ebraiche.
Proprio lo stesso Meghnagi ha portato un saluto alla prima partenza di Italo verso il capoluogo piemontese, in un’ideale staffetta con il presidente della Comunità ebraica di Torino Beppe Segre, che aveva compiuto lo stesso gesto simbolico un'ora prima nella città sabauda. Un segno di amicizia da parte dei due leader ebraici italiani che su binari di Milano Garibaldi e Torino Porta Susa hanno voluto stare accanto alle due giornaliste della redazione, una da Milano e una da Torino, destinate questa mattina a incrociarsi sulla strada ferrata. Ma anche una precisa dichiarazione di intenti: l'Italia ebraica ha bisogno di gettare ponti, di abbattere, salvaguardando ovviamente le reciproche autonomie, le barriere comunali, di mettere in comune servizi e cultura. E se i leader dell’ebraismo italiano si spostano sempre più di frequente nelle varie Comunità per incontri e scambi di esperienze, i nuovi collegamenti ferroviari possono aprire importanti prospettive anche per tutti gli iscritti, che si troveranno sempre più facilitate a fare rete e a unire le forze per assicurare una vita ebraica piena, ricca e sostenibile. Milano e Torino, possono ancora una volta affermarsi come laboratorio di nuove esperienze e creatività in questa direzione, come hanno auspicato gli stessi presidenti delle due Comunità.
Mentre Italo correva fra le due città, a bordo centinaia di giornalisti rivolgevano domande al presidente e all'amministratore delegato di Nuovo Trasporto Viaggiatori Antonello Perricone e Giuseppe Sciarrone. Gli efficienti capitreno (o train manager, come si chiamano sui nuovi treni rossi), spiegano con orgoglio le caratteristiche dei veicoli, che definiscono i treni più moderni d’Europa, la filosofia dell’attenzione verso i passeggeri, la particolare conformazione delle diverse carrozze, dalla cinema al relax. Nel frattempo i fotografi fotografano, i cameramen riprendono, i reporter scrivono. A forza di correre, dopo 46 minuti, è il momento di scendere, il lavoro non è arrivato nemmeno a metà.

Rossella Tercatin, Ada Treves

Qui Venezia - Luzzatto lascia, il Consiglio al rinnovo
Il Consiglio della Comunità ebraica di Venezia riunitosi ieri ha preso atto delle dimissioni del presidente Amos Luzzatto e, constatata l’impossibilità di proseguire il mandato, pur riconoscendo la giustificazione delle sue dimissioni, ha invitato il presidente a congelarle fino a nuove elezioni. Il Consiglio ha deliberato pertanto lo scioglimento anticipato dello stesso e la convocazione di nuove elezioni, nel rispetto di quanto indicato dallo Statuto dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, entro il 3 marzo 2013. Nel periodo di transizione i due vicepresidenti condurranno l’attività amministrativa della Comunità firmando i documenti di loro competenza e sottoponendo alla firma del presidente uscente i documenti e le pratiche che lo richiedono. Le altre procedure elettorali previste dallo Statuto e dal regolamento interno della Comunità ebraica verranno comunicate al più presto.
Nella lettera inviata agli iscritti per spiegare le ragioni della sua decisione il presidente ha dichiarato di aver mantenuto, durante i due anni di mandato, i suoi impegni istituzionali nonostante l’età e lo stato di salute. Gli risulta però impossibile ad oggi continuare come prima a svolgere le sue funzioni in Comunità. Amos Luzzatto ha inoltre dichiarato che rimarrà comunque a disposizione per eventuali contributi culturali.

Michael Calimani

Storia e giornalismo, Mario Avagliano conquista il web 
Un grande Mazal tov da parte di tutta la redazione al collega e collaboratore di queste pagine Mario Avagliano. “Tra i blog italiani che per importanza e seguito possono legittimamente essere considerati, nel loro specifico settore di interesse, le realtà più interessanti e vitali del web”. A certificare il successo dello spazio digitale curato dal giornalista e storico  (http://marioavagliano.blogspot.com/) una comunicazione ufficiale giunta questa mattina dall'ISPO, l'istituto di ricerca di Renato Mannheimer. A darne notizia lo stesso autore con una nota pubblicata sul proprio profilo Facebook.
Numerosi gli argomenti affrontati nel blog, animato con gli attesissimi interventi settimanali che Avagliano regala ogni martedì ai nostri lettori nella rubrica Storie e con altri estratti dai media UCEI: dall'impegno di Memoria verso le nuove generazioni alla tutela dei valori su cui si fondano le nostre società democratiche e plurali.
In testa alla home page la recensione – uscita ieri sull'Unione Informa – dell'ultimo intenso lavoro di Silvia Cuttin sull'odissea di tre cugini ebrei fiumani: Ci sarebbe bastato (Epika edizioni).
Peres a Benedetto XVI: "Santità, parliamoci su Twitter"
Il primo messaggio non poteva che essere con un cinguettio: “Sua Santità, benvenuto su Twitter. Le nostre relazioni con il Vaticano sono nel loro momento migliore e possono essere la base per custruire un futuro di pace per tutto il mondo”. Il presidente israeliano Shimon Peres, assiduo frequentatore dei social network e autore di alcuni post memorabili che hanno fatto il giro della rete, ha commentato con queste parole l'ingresso di papa Benedetto XVI nella community di Twitter. Una novità seguita con grande attenzione dall'opinione pubblica internazionale e che può rappresentare, parola di Peres, un ulteriore stimolo nel dialogo tra i popoli. Il concetto è stato ribadito nel corso della cerimonia di accoglimento delle lettere credenziali del nuovo nunzio apostolico a Gerusalemme, monsignor Giuseppe Lazzarotto: "E' stato una piacevole sorpresa vedere il papa su Twitter soprattutto oggi che i rapporti tra Israele e Santa Sede sono al punto più alto di sempre. Colgo l'occasione - ha sottolineato - per ribadire il nostro impegno a fianco della comunità cristiana che vive in questo paese e dei suoi luoghi di culto. Un patrimonio irrinunciabile di tutti". Nel rivolgere a Peres i saluti del pontefice monsignor Lazzarotto ha affermato: "La nostra forza deve essere l'unità dei cuori e un intenso lavoro comune per la pace e la reciproca comprensione. Spero di poter dare il mio contributo".

Qui Roma - Paesaggi dell'etica ebraica
La giustizia può essere di questo mondo? È un imperativo categorico per Donatella Di Cesare, professore ordinario di Filosofia teoretica dell'Università Sapienza di Roma, autrice di numerosi articoli e saggi in materia fra cui per l'appunto, ultimo in ordine di tempo, La giustizia deve essere di questo mondo. Paesaggi dell'etica ebraica (Fazi Editore). Se ne è parlato ieri sera al Centro Bibliografico dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane assieme al rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, Claudia Mancina, professore di Etica dei diritti della Sapienza e il giornalista Roberto Olla. Moderatrice del confronto Myriam Silvera. "Nel vuoto etico del dopo Auschwitz che dura sino ad oggi la giustizia deve essere di questo mondo", afferma l'autrice richiamando il principio di tzedakà, la giustizia ebraica, quella “rettitudine” che è alla base degli insegnamenti talmudici e che può riequilibrare l’ordine del mondo. Questo il filo conduttore di un'opera che tocca numerosi temi, impossibile citarli tutti, tra cui il concetto di giustizia sociale, la questione femminile, l'ecologia, la bioetica, lo Stato di Israele. In questa complessa prospettiva, analizzata più volte anche sui media dell'Unione, “la Torah, il Talmud e le tradizioni ebraiche possono offrire gli strumenti per rispondere alle grandi domande a cui ogni essere umano si trova di fronte”.

Lucilla Efrati


pilpul
Ticketless - Italo Svevo e bellaciao
Si parli di Gaza, No Tav, Monti o Fornero discutere con i ragazzi di un Liceo italiano oggi è sempre più difficile. Sotto la scorza morbida di un pacifismo buonista (incarnazione ultima del mito degli italiani brava gente?), torna a mostrarsi il volto della violenza. Non mi sono sottratto a un invito nemmeno durante la recente crisi di Gaza. La discussione, come sempre, si è incagliata intorno ai temi della “guerra giusta” e dei “cattivi maestri”. Quando al pacifista radicale spiego che la Resistenza al nazifascismo fu una guerra giusta, il sospetto si tramuta in diffidenza e subito dopo, quando sul tema dei cattivi maestri, leggo un brano di Leo Valiani scritto nei giorni sanguinosi del terrorismo a Milano le cose si complicano. A stemperare la tensione non serve scrivere sulla lavagna una riga della Coscienza di Zeno: “Si arriva all’assassinio per amore o per odio, alla propaganda dell’assassinio solo per malvagità”. Esco da queste assemblee tramortito e insoddisfatto di me stesso, mi consolo pensando a Svevo e Leo Valiani. Ulteriore consolazione questa settimana mi è venuta leggendo la notizia della Preside di un Liceo milanese (nell'immagine al centro), il Leonardo da Vinci, che si è asserragliata nel suo studio e ai suoi assalitori ha risposto intonando Bella Ciao. Iscrivendola questa settimana nel mio Libro dei Buoni, mi piace pensare che il suo gesto sarebbe stato apprezzato da Leo Valiani. E suppongo anche da Italo Svevo.

Alberto Cavaglion

Le due favole
Francesco LucreziImmaginiamo che qualcuno ci racconti la seguente favola: C’è una cena di parentado, in occasione della quale tutti i partecipanti decidono di escludere dall’incontro un parente povero, ritenuto indesiderato in ragione della sua indigenza. Il poveretto chiede di essere ammesso al convivio, dicendosi anche disposto a cenare da solo in un angolino, in cucina, senza dare fastidio a nessuno. E immaginiamo che, alla fine della favola, ci si chieda: “tu lo faresti entrare?”. Bisognerebbe essere davvero cattivi per dire di no.
Ma immaginiamo di ascoltare quest’altra favola.
Un giorno lontano, a una cena di parentado furono invitati due cugini. Uno dei due (chiamiamolo “il bianco”) accettò l’invito, tutto contento, ma l’altro (chiamiamolo “il nero”) disse: “no, se viene quello io non ci vengo”. Dato, però, che il bianco fu comunque invitato e ci andò, il nero sfogò la sua rabbia cercando di uccidere, in tutti i modi possibili, il rivale, ingaggiando, a tal scopo, i peggiori assassini disponibili a farlo. Tentativi reiterati un’infinità di volte, per ben 65 anni di fila, durante i quali l’odio per il cugino risulta essere sempre cresciuto, fino a raggiungere livelli assolutamente parossistici. A un certo punto, il nero chiede di essere invitato anche lui a una nuova cena parentale. Il bianco, sommessamente, gli chiede: “scusa, cugino, ma allora hai superato il vecchio pregiudizio verso la mia presenza? Possiamo starci tutte e due? O, per caso, vieni per provare, ancora una volta, a farmi la pelle?”. E il nero risponde, digrignando i denti: “zitto tu, maledetto, e non ti permettere di rivolgermi mai la parola, per nessun motivo!”. Alla fine della favola, la stessa domanda di prima: “lo faresti entrare?”. Bisognerebbe essere davvero cattivi per dire di sì.
Morale.
Chi legge la vicenda del recente voto ONU come la prima favola (“c’è un popolo povero e reietto, che desidererebbe essere ammesso anche lui nella comunità delle nazioni, sia pure solo come semplice osservatore: lo facciamo entrare?”), e si dichiara amante della pace e del dialogo, fa bene a essere compiaciuto dell’esito.
Chi interpreta invece l’accaduto piuttosto nel senso della seconda favola, e condivide l’idea che “il bianco” sia eliminato (o, almeno, riceva qualche buona bastonatura), fa bene, anch’egli, a essere soddisfatto.
Ma chi non crede alla prima favola, e, ciò nonostante, saluta con soddisfazione la risoluzione ONU, ritenendola favorevole, in prospettiva, agli interessi di entrambi i cugini, non si rende pienamente conto, forse, di cosa sia realmente accaduto.

Francesco Lucrezi, storico

Gli amici si vedono nel momento del bisogno
Ugo VolliUn vecchio proverbio dice che gli amici si vedono nel bisogno - e naturalmente anche i nemici. Niente di più vero per quanto riguarda Israele. Nell'ultimo mese ci sono state due emergenze connesse e successive per lo stato di Israele: gli attacchi missilistici e gli agguati provenienti da Hamas e dai suoi alleati a Gaza che l'hanno costretto a una reazione coordinata e di ampio respiro, l'Operazione Pilastri di Difesa, che si è conclusa poi con un difficile accordo di tregua e la richiesta dell'Autorityà Palestinese di elevare il suo stato di osservatore all'Onu da "organizzazione" a "stato non membro", che è stata approvata a larga maggioranza.
In entrambi i casi c'è stato modo per gli amici di appoggiare la difficile battaglia di Israele, isolato e circondato da un largo schieramento ostile sia nel Medio Oriente che nelle organizzazioni internazionali e nei media. E c'è stata anche l'evidenza dei nemici, che in tempi meno duri e su decisioni meno chiare tendono a rendersi invisibili dietro una generica posizione di equanimità. Messa di fronte alla scelta fra raccontare l'aggressività e l'odio di Hamas o di accettare la sua propaganda sui "bambini uccisi da Israele", la stampa ha scelto la seconda opzione, ignorando come l'organizzazione terrorista usasse scuole e ospedali e asili infantili e case d'abitazione coi loro abitanti e i loro bambini come scudi umani.  Messi di fronte alla scelta se accettare la scommessa dell'Anp di uscire dagli accordi di Oslo per cercare di stabilirsi come stato senza averne i requisiti legali (il controllo del territorio e delle finanze ecc.), morali (una politica di amicizia coi vicini) e soprattutto senza quell'accordo con Israele che era il centro degli impegni di Oslo, o se richiedere ai palestinesi di mettersi finalmente a trattare seriamente con Israele, la maggior parte degli stati, incluso il nostro, ha scelto la prima alternativa. Che si trattasse di un atto aggressivo nei confronti dello Stato ebraico, era chiaro dall'inizio. I funzionari dell'Anp dichiararono da prima della petizione che il riconoscimento sarebbe stato usato per intensificare la guerra legale contro Israele   e se le cose procedono, non solo quella legale: si riparla adesso di unità fra Hamas e Fatah e questa unità va certamente nel senso della guerra senza quartiere per "riconquistare" l'intero territorio israeliano, cioè nel senso del terrorismo puro e semplice. Ma tutto ciò è ovvio: Hamas e Fatah o Olp sono nemici di Israele da sempre e non c'è bisogno di una crisi per rivelarli. Più interessanti sono le reazioni di persone che dicono di non essere nemici, per esempio in Italia un noto presentatore televisivo ebreo che ha twittato la sua gioia  per la conclusione della domanda di ammissione all'Onu, facendo eco ad analoghi messaggi di Vendola, De Magistris, Bersani. O il fatto che il noto direttore d'orchestra, anch'egli di origini ebraiche Daniel Barenboim abbia usato la sua influenza a favore della medesima mossa. O che sugli organi dell'Ucei, che dovrebbe essere l'unione delle comunità ebraiche italiane, si siano succeduti interventi di opinionisti e redazionali "al di sopra delle parti", in sostanza neutrali fra Israele e Anp, come se Israele e l'ebraismo fossero senza rapporti fra loro...
Certo, la premessa che quasi tutti i nemici veri e propri fanno è "io non sono antisemita", così come coloro che si schierano nel mondo ebraico "al di sopra delle parti" dicono "io sono sionista, ma di un sionismo giusto, non estremista, lucido, razionale" e quant'altro. Del resto anche gli inquisitori che mandavano al rogo gli ebrei o i re che li costringevano a convertirsi o a morire dicevano di essere amici di Israele (solo che era il verus Israel, quello trasposto nella chiesa) e di essere costretti a prendere provvedimenti difficili nei confronti degli ebrei per colpa della loro irrazionale ostinazione a non vedere la verità e la virtù, per amore delle loro anime... Una volta la vittima di tanta bontà erano gli ebrei singoli, ora è Israele a essere soggetto al "tough love" all'amore severo, come si sono spesso espressi i saggi cultori del "sionismo razionale" alla maniera di quell'organizzazione più antisraeliana dell'amministrazione Obama che si chiama J-Street e la cui versione europea J-Call ha libero accesso nelle comunità ebraiche e sui media dell'Ucei.
La conclusione di questo ragionamento, non del tutto sconsolata, è che nel bisogno si vedono i nemici, ma anche gli amici. E Israele ne ha, come ha le risorse per superare questa difficilissima crisi.

Ugo Volli

(Informazione corretta, 5 dicembre 2012)

notizie flash   rassegna stampa
Qui Roma - Combattere l'odio   Leggi la rassegna

Antisemitismo nel cyberspazio italiano e protocollo aggiuntivo di Budapest. Di questo si discuterà oggi alle 20.30 al Jewish Center di via Balbo. Moderati dal consigliere della Comunità ebraica di Roma Joseph Di Porto, interverranno il sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione Giuseppe Corasani, il ricercatore del Cdec Stefano Gatti, il direttore dell'Ufficio Centrale Ispettivo Dipartimento P.S Domenico Vulpiani e il consigliere dell'Unione delle Comunità Ebrache Italiane Victor Magiar. 



 

Tumulti e scontri al Cairo in un crescendo di tensione che potrebbe avere ripercussioni geopolitiche per tutta la regione con il premier Morsi che, per ragioni di sicurezza, ha deciso di abbandonare il palazzo presidenziale (Avvenire, Giornale).



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