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13 dicembre 2012 - 29 Kislev 5773
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
elia richetti Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
 

L’atteggiamento di Yosèf verso i suoi fratelli ci può apparire sconcertante: dopo tanti anni di forzata distanza, sembra faccia di tutto per umiliarli e terrorizzarli. Perfino ‘Esàw si era comportato meglio nei confronti di Ya‘aqòv: dopo ciò che era successo fra di loro, a ventott’anni di distanza gli era corso incontro e lo aveva abbracciato. Perché Yosèf, sempre definito “tzaddìq”, si comporta in maniera così riprovevole? In realtà, c’è una differenza sostanziale fra i due episodi: ‘Esàw abbraccia suo fratello dopo che ne ha visto l’umiltà e la disponibilità, i fratelli di Yosèf giungono a lui in atteggiamento assai diverso, quello di chi tratta da pari a pari, di qua il grano, di là i soldi. Yosèf deve valutare qual è l’atteggiamento dei suoi fratelli: se sono, nonostante la minaccia di omicidio e la vendita, ancora degni del nome di Ebrei, se cioè si rendono conto che D. agisce nel mondo ma al contempo ognuno è responsabile delle proprie azioni. Ciononostante, tutto sommato ci si poteva aspettare l’opposto, ossia che fossero loro a dover valutare fino a che punto Yosèf fosse rimasto Ebreo, lui che da anni era lontano dalla vita ebraica e dalla casa paterna, lui che viveva nel centro dell’idolatria, alla corte del Faraone, lui che portava il nome egizio di Tzafenath-Pa‘anèach, nome portatore del ricordo di una divinità estranea. Ed invece è lui il giusto, lui l’Ebreo completo, nonostante la difficoltà di rimanere tale alla corte del Faraone e durante le precedenti peripezie. La nostra storia è piena di persone che, come Yosèf, sono riuscite a mantenere intatto il loro ebraismo attraverso le più disastrose peripezia; e, se vogliamo, anche la festa di Chanukkà nella quale ci troviamo solennizza il miracolo dell’eternarsi dell’Ebraismo dopo secoli di dominazione idolatra. Oggi più che mai è difficile essere Ebrei. I valori dello spirito sono poco seguiti e meno studiati; sempre meno tempo abbiamo per pensare a noi stessi ed al nostro essere; lo sviluppo scientifico e tecnologico, anziché portarci a pensare alle meraviglie del creato ed ai valori per i quali D. le ha create, anziché portarci ad utilizzarlo per migliorare noi stessi ed il mondo, ci porta a costruire strumenti e tecnologie che sconvolgono il creato, ci rendono schiavi della nostra stessa opera facendone un idolo. L’esempio di Yosèf, l’esempio di Mattatyà e di tanti altri eroi maggiori o minori ci ricordi la giusta scala di valori.


Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme


Sergio Della Pergola
Italia e Israele, vite parallele. In entrambi i paesi è iniziata quasi simultaneamente la campagna elettorale. La situazione politica nei due paesi è un po' diversa (ma non troppo). In entrambi nelle prossime settimane dovremo pazientemente ascoltare le esternazioni sempre più estremiste di esponenti politici in cerca di voti. Dopo essersi scambiati pesanti reciproche accuse, i leader subito dopo il voto improvvisamente scopriranno forti mutue affinità che in entrambi i paesi li porteranno a creare grandi o piccole coalizioni. In Israele, il 22 gennaio, Likud-Beitenu di Netanyahu-Liberman sembra destinato inevitabilmente al ruolo di primo partito con un largo margine di vantaggio sul secondo, in una Knesset che potrebbe contenere 13-14 gruppi parlamentari. La presidenza del Consiglio sarebbe assicurata, ma esiste più di una soluzione possibile per la coalizione governativa. In Italia, un mese dopo, la compagine e la forza dei partiti non sono oggi altrettanto ben definite. Il numero di gruppi parlamentari sarà minore rispetto a Israele all'inizio della legislatura, ma non necessariamente alla fine (oggi sono 18). La presidenza del Consiglio non è assicurata a nessuno, ma anche qui vi è più di una soluzione di governo possibile. E in campagna elettorale si pensa più alla coalizione che ai programmi. Italia e Israele sono entrambe società con forti diversità interne regionali/etnoculturali, con significativi coinvolgimenti del fattore confessionale nella politica, e con forti diseguaglianze socioeconomiche. In nessuno dei due paesi si riesce a chiudere il bilanco dello Stato e a ridurre la spesa pubblica, e per questo in entrambi si vota prima della fine della legislatura. Qui e lí, due ex-presidenti del consiglio spendono molto del loro tempo in cause giudiziarie e incolpano di questo la magistratura. Quello israeliano all'ultimo momento ha deciso di non concorrere alle elezioni, quello italiano sembrerebbe di si (ma potrebbe ancora cambiare idea). Alla fine però c'è una grande differenza: l'Italia vota spesso mozioni che riguardano Israele, Israele non vota mai mozioni che riguardano l'Italia. Sconcertante.

davar
Qui Milano - Studiare per muovere lo sviluppo
Bocconi e Pagine Ebraiche aprono il confronto
Rabbì El’azàr ben Azarià - citato nel corso della serata da rav Della Rocca - ha insegnato che “Se non c’è farina non c’è Torah e se non c’è Torah non c’è farina” (Mishnà, Trattato di Avòt III, 23). Questo è stato anche il senso della tavola rotonda che ieri sera ha portato quattro studiosi fra loro diversissimi per competenze e per temperamento a confrontarsi davanti a un pubblico attento e numerosissimo, molto articolato nella sua composizione (tantissimi i giovani, studenti, molti studiosi, economisti e docenti e molti esponenti della realtà ebraica e leader ebraici, fra cui i Consiglieri dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giorgio Mortara, Guido Osimo e Giorgio Sacerdoti, la responsabile delle Scuole ebraiche milanesi Esterina Dana e molti altri). In occasione della pubblicazione del libro “I pochi eletti. Il ruolo dell’istruzione nella storia degli ebrei, 70-1492”, infatti, l’Università Bocconi ha organizzato insieme a Pagine Ebraiche e a Egea, la casa editrice del volume, un incontro dal titolo “L’istruzione come leva dello sviluppo economico. Spunti dalla storia ebraica”.
Guido Vitale, coordinatore Informazione e Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e direttore della redazione di Pagine Ebraiche, appena raggiunto da un messaggio di sostegno e apprezzamento del presidente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi, ha presentato i relatori - l’economista Alberto Alesina (Harvard University), la professoressa Maristella Botticini (Università Bocconi) autrice insieme all'economista israeliano Zvi Eckstein del volume, il rav Roberto Della Rocca (direttore del dipartimento Educazione e Cultura dell’UCEI) e lo storico Giacomo Todeschini (Università di Trieste) andando poi dritto al nocciolo della questione: un vivace dibattito sul futuro delle istituzioni culturali e formative dell'ebraismo italiano è attualmente in corso e tocca temi essenziali sia  per l’identità sia ebraica che, più in generale, per le minoranze. In questo quadro i risultati di una ricerca come quella portata avanti per ben dodici anni dagli autori del volume sono di notevole interesse e possano avere una grande rilevanza. La professoressa Maristella Botticini, coautrice del libro, ha iniziato il suo intervento mostrando una immagine a cui, nelle sue stesse parole, tiene molto, che mostra un cannocchiale, simbolo del lavoro degli economisti, vicino ad un microscopio, a rappresentare il lavoro degli storici. A seguire una rapidissima presentazione dei risultati della ricerca, raccontati nel corposo e denso volume edito in italiano da Egea, già pubblicato dalla Princeton University Press e a breve in uscita anche in Israele per i tipi della Tel Aviv University Press, che cerca di spiegare come gli ebrei, che nel 70 E.V. erano per la maggior parte contadini analfabeti nel 1492 si erano trasformati in una piccola popolazione istruita e sparsa in una miriade di centri urbani.
Contrariamente alle spiegazioni che vengono normalmente usate – anche per combattere i peggiori stereotipi – non furono le persecuzioni o le restrizioni giuridiche a innescare questa profonda trasformazione della struttura demografica ed economica quanto un cambiamento profondo, avvenuto nel corso dei secoli all’interno dell’ebraismo. Non cause esogene, quindi, ma un processo endogeno, pur scatenato da una causa esterna, la norma religiosa emersa dopo il 70 E.V., data della distruzione del Tempio, che impone a ciascun ebreo di leggere e studiare la Torah, e di farla studiare ai propri figli a partire dai sei anni. L’istruzione, in un mondo quasi totalmente analfabeta, è stato secondo gli autori il vantaggio che ha portato alla specializzazione e all’eccellenza nei mestieri artigianali, nel commercio e a seguire nel settore finanziario.
Trasformazioni profonde, causa anche dei trend demografici che hanno visto la popolazione ebraica mondiale ridursi, principalmente a causa di conversioni volontarie, nei momenti in cui l’investimento nell’istruzione risultava essere troppo gravoso (nel periodo dal 65 al 650 E.V. la popolazione ebraica è scesa da cinque milioni e mezzo a un milione e mezzo di unità), aumentare quando cresce la richiesta di letterati, amministratori e generalmente di persone istruite e di nuovo crollare nel periodo che va dal 1250 al 1500, a seguito di quello che viene chiamato lo shock mongolo, che riporta indietro di secoli la struttura economica dei paesi a più alta incidenza ebraica, rendendo nuovamente l’istruzione un investimento economicamente non vantaggioso.
Inoltre quando si è istruiti si può scegliere di migrare, in cerca di nuove e migliori opportunità, per cui gli ebrei iniziano a spostarsi volontariamente, e vengono invitati là dove sono utili e si trovano grazie alle loro capacità, e non alle restrizioni, a fare prevalentemente mestieri altamente remunerativi, che possono ripagare l’investimento iniziale in cultura.
Analizzare la storia ebraica in termini economici porta a una visione nuova che per molti versi contrasta con ciò a cui si è abituati, e che sicuramente apre prospettive di ragionamento interessanti anche per il mondo non ebraico, in un periodo in cui gli investimenti in cultura e istruzione sono drasticamente in calo.
Il professor Alberto Alesina, docente a Harvard per un anno distaccato alla Bocconi, a cui Guido Vitale ha domandato se una simile lettura dell’economia rischia di essere esercizio per eruditi oppure porta a ragionare su un terreno strategicamente rilevante, ha sottolineato come una delle cose importanti del libro è spiegare che gli economisti non sono solo coloro che si occupano di tasse e leggi finanziarie. Gli studi economici e quelli storici, quando si intrecciano come nel caso della ricerca dei professori Botticini e Eckstein, si collegano strettamente a dibattiti in corso in ambito economico, come la rilevanza che può assumere la persistenza di certi valori culturali, o come lo studio di cultura e religione nel ruolo di motore di sviluppo economico. Si possono anche vedere analogie con la teoria weberiana e con uno studio che sostiene come il vero volano del capitalismo non sarebbe stata l’etica protestante bensì la traduzione della Bibbia voluta da Lutero, che ha permesso che tutti, anche le donne, potessero leggere autonomamente il testo. Un altro caso in cui la cultura e la religione sarebbero l’elemento catalizzatore dello sviluppo economico.
Il professor Todeschini, docente di storia medievale all’università di Trieste, dopo aver ricordato che gli storici hanno fama di essere noiosamente eruditi ma che la scienza economica era già ben presente nei testi talmudici, ha suggerito di approfondire lo studio di alcuni temi, tra cui la periodizzazione scelta per il volume e il nesso fra l’alfabetizzazione e l’acquisizione di competenze economiche. Anche l’espressione “gli ebrei”, usualmente utilizzata e che ricorre ovviamente spesso nel volume, è stata oggetto della sua attenta analisi: si tratta di un concetto in un certo senso facile, di comprensione immediata, che corre però il rischio di far dimenticare che nella storia ha significato cose anche molto differenti.
A chiudere gli interventi dei relatori è stato il rav Della Rocca, che ha iniziato ricordando come gli ebrei vengano studiati nell’ambito della storia antica, insieme a sumeri e ittiti, e vengano poi del tutto dimenticati fino alla storia recente, alla Shoah, come se in mezzo ci fosse stato il nulla.
Le date scelte dagli autori come scansione principale del tempo del libro, il 70 e il 1492 nel calendario ebraico ricorrono il 9 di av, il giorno più funesto e luttuoso, che unisce la distruzione del primo e del secondo Tempio e la cacciata dalla Spagna. Ma è proprio nei momenti più terrificanti che si è vista una spinta enorme allo studio, con un amplissimo fiorire di letteratura rabbinica e talmudica, quasi a creare una sorta di tempio spirituale, invisibile e indistruttibile. Non più monumenti, ma il passaggio alla responsabilità individuale, per cui sono i singoli a doversi fare portatori di memoria, di cultura, di studio.
L’educazione ebraica non è cosa per pochi eletti, lo stesso Talmud riporta che l’ignorante non può essere pio, e che fede e sentimento non possono essere sufficienti. E così come di sola cultura, di solo studio non si può vivere, serve anche quella farina, l’economia, che è lavoro quotidiano e necessità materiale. L’uomo in quanto tale non può esistere senza farina, ma anche chi non si preoccupa di altro non è esente dallo studio, e dalla legge.
Il libro, il cui titolo I pochi eletti non vuole riferirsi ad una posizione di privilegio bensì all’anomalia di una piccolissima popolazione che si trova ad essere istruita in un mondo di analfabeti arriva fino al 1492 E.V. e in molti si sono chiesti perché fermarsi. La risposta della professoressa Botticini è stata disarmante: “Abbiamo dedicato dodici anni di ricerche a questo volume, e i cinquecento anni successivi non possono essere risolti in sei mesi di studio… Stiamo già lavorando, speriamo di impiegare meno di dodici anni per arrivare ai giorni nostri.”

Ada Treves twitter @atrevesmoked

Germania, una nuova legge riafferma il diritto alla Milà
Una legge che riafferma la totale legittimità della circoncisione, dopo che alcuni mesi fa il Tribunale di Colonia l’aveva considerata una potenziale lesione personale inflitta a un minore e dunque un atto sanzionabile, è stata approvata dal Parlamento tedesco.
La legge è stata approvata con 434 voti a favore, 100 contrari e 46 astenuti. I bambini dovranno essere circoncisi da personale specificamente addestrato (se la circoncisione dovese essere praticata su bambini che abbiano già compiuto i sei mesi si dovrà trattare necessariamente di personale medico) e viene richiesto il consenso di entrambi i genitori.
La sentenza di Colonia, emanata in seguito al caso di un bambino musulmano di quattro anni che aveva sofferto complicazioni in seguito alla circoncisione, aveva provocato un effetto domino: moltissimi gli ospedali che avevano proibito la pratica (incluso l’Ospedale ebraico di Berlino, che era stato costretto a sospendere le milot dei bambini e dove la nuova legge è stata accolta con grande sollievo), suscitando reazioni sdegnate in tutto il mondo, compresa in Turchia, paese da cui provengono circa quattro milioni di cittadini o residenti tedeschi.
Tra i contrari un gruppo di parlamentari che aveva presentato come proposta alternativa una legge che consentisse la circoncisione solo dopo i 14 anni di età, e previo assenso del ragazzo.
Prima del voto, il ministro della Giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger aveva sottolineato la crucialità del momento “Non c’è nessun paese al mondo in cui la circoncisione maschile sia considerata un crimine. Con questa legge il governo tedesco metterà in chiaro che ebrei e musulmani in Germania sono i benvenuti”. Infatti, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti, fa notare il New York Times, in Europa la circoncisione non è diffusa fra la popolazione generale. “Pochissimi deputati sono di religione ebraica o islamica – ha spiegato al quotidiano newyorkese Aydan Ozoguz, parlamentare di origine turca – Senza questa legge c’era un rischio concreto di marginalizzazione di queste minoranze”.
Il presidente del Congresso ebraico europeo Moshe Kantor ha espresso soddisfazione per l’esito della vicenda. “Questo voto e il grande impegno dimostrato per proteggere la parte più fondamentale della religione ebraica è un forte messaggio alla nostra comunità affinché la vita ebraica in Germania possa continuare e prosperare”.
Anche la Conferenza episcopale tedesca ha commentato positivamente la decisione del Parlamento, esprimendo la speranza che la legge possa contribuire a salvaguardare la libertà religiosa in Germania.

Qui Vercelli - Una Hanukkiah di speranza
Anche la Comunità ebraica di Vercelli, con la partecipazione del vice rabbino capo di Torino rav Avraham De Wolff e la sempre affettuosa collaborazione e amicizia della Comunità da lui rappresentata, ha acceso la Hanukkiah orgogliosa di aver avuto minyan con torinesi, vercellesi e biellesi. L'evento, a cui ha partecipato numeroso il pubblico cittadino, ma non solo, è stato accompagnato dai canti di Baruch Lampronti ed Emanuele Sorani.
Tra i nostri sostenitori più vicini e sensibili, la Comunità ha avuto la partecipazione di Don Mario Allolio, portavoce e incaricato per il dialogo interreligioso dell'arcivescovo della città, padre Enrico Masseroni, che, spiritualmente presente alla funzione, lo ha delegato a dichiarare pubblicamente davanti alla sinagoga: "Per la Comunità ebraica della nostra città, oggi riunita in occasione della propria festa di Chanukkà, affinché nelle difficoltà della presente ora, dovute al perpetuarsi di deplorevoli manifestazioni di antisemitismo, possa conservare integra la propria fede nel D-o delle promesse e dell'Alleanza, e senta particolarmente vicina a sé la chiesa cattolica che è in Vercelli".
Le autorità ecclesiastiche vercellesi hanno volutamente ribadito ed esposto pubblicamente la loro vicinanza dopo la comparsa sia sul muro del cimitero ebraico che in altri luoghi di svastiche e scritte antisemite, proprio nel periodo in cui Israele sta vivendo momenti drammatici. Tutto ciò ci rende consapevoli di quanto sia sempre più necessario e indispensabile far partecipare il pubblico a questo tipo di feste ebraiche e proseguire incessantemente nelle proprie attività culturali. Grazie ancora al supporto delle Comunità ebraiche a noi vicine e in particolare, a quella di Torino e ai suoi giovani collaboratori, al fine di diffondere valori di uguaglianza, di interculturalità e divulgazione di cultura all'interno di una città d'arte, di storia e di tradizione come quella di Vercelli.
Presso l'atrio della sinagoga proseguono intanto le accensioni pubbliche sino al termine della festività.

Rossella Bottini Treves

“Ha aperto un nuovo fronte di dialogo con il mondo ebraico”
A Vian la Legione d'Onore, massimo tributo di Francia
C'è anche il merito di aver aperto un nuovo fronte dialogico con il mondo ebraico tra le motivazioni che hanno portato all'assegnazione della Legione d'Onore, massimo onore concesso dalla Repubblica francese, al giornalista e storico Giovanni Maria Vian (nella foto), dal 2007 direttore dell'Osservatore Romano. La consegna del prestigioso riconoscimento ieri sera a Villa Bonaparte, sede dell'ambasciata di Francia presso la Santa Sede. Tra gli ospiti della cerimonia, apertasi con le parole dell'ambasciatore Bruno Joubert, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
Al professor Vian un caloroso Mazal Tov da parte della redazione del portale dell'ebraismo italiano e di Pagine Ebraiche.

pilpul
Odio di sé, odio degli altri
Non ho mai amato l'espressione “odio ebraico di sé”, soprattutto quando viene usata – cioè quasi sempre – senza avere la più pallida idea di che cosa intendesse Theodor Lessing nel suo Der jüdische Selbsthass. La trovo ambigua e violentissima, volgare, aggressiva. Da tempo, poi, nei “dibattiti” che si leggono sui social network, viene maneggiata come una clava, accusa per antonomasia che alcuni ebrei lanciano ad altri ebrei colpevoli di non pensarla come loro. Bel modo di discutere. Paradossalmente, finirà che qualcuno dovrà evocare a propria difesa la legge Mancino, sì proprio quella che punisce l'incitazione alla violenza e all'odio per motivi razziali, etnici o religiosi.

Stefano Jesurum, giornalista

Da Atene a Gerusalemme
Credo che la festa di Hanukkah, possa considerarsi un po’ come l’incontro/scontro tra due grandi civiltà: quella greca e quella ebraica. Basta conoscere un po’ di storia per sapere quanto la nostra società si sia arricchita grazie a questi due modelli, unici e profondamente diversi tra di loro. C’è un aspetto di Hanukkah che spiega bene questa differenza: la volontà dei greci di annientare gli ebrei non fisicamente, ma spiritualmente.  Una scelta quasi rivoluzionaria per l’epoca, ma che corrisponde esattamente alla visione ellenica. I greci ritenevano che la verità fosse un criterio universale, tanto da credere di avere il diritto di sottomettere un altro popolo. Gli ebrei no. La festa di Hanukkah indica esattamente l’opposto: il diritto del popolo ebraico, come di ciascun popolo, a vivere con orgoglio la propria identità e le proprie leggi. Lo stesso Platone nel mito della caverna mostra come lo scopo dell’umanità sia di permettere a tutti di uscire dalla grotta e raggiungere la luce, la stessa luce. L’ebraismo invece propone una soluzione differente: il ruolo degli ebrei non è quello di imporre la propria verità, ma di mantenere un atteggiamento distinto dando l’esempio nei comportamenti e mostrando una soluzione ebraica ai problemi del mondo. Così, dopo duemila anni gli ebrei sono liberi di accendere con orgoglio le luci della propria Hanukkiah, mentre coloro che volevano distruggerci, tentando di imporre con la violenza la loro verità, oggi non ci sono più. Hanukkah Sameach!

Daniel Funaro, studente

notizieflash   rassegna stampa
Turismo - Israele vince nella comunicazione   Leggi la rassegna

Il Gruppo Italiano Stampa Turistica ha assegnato per la prima volta quattro premi ai migliori uffici stampa degli Enti del turismo associati. Il primo premio  è andato all’Ufficio nazionale del Turismo Israeliano. Il riconoscimento per la migliore newsletter è stato assegnato alla Spagna, quello per la migliore phototogallery all’Austria e per il miglior filmato a Mauritius.




 

Anche buddisti e induisti hanno firmato l’Intesa con lo Stato italiano e dal prossimo anno parteciperanno alla ripartizione dell’Otto per mille.









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