Judea Pearl: “Il Kiddush? Configura il nostro software” |
“La
filosofia oggi non esiste più. È stata sostituita dall’informatica”.
Così il professor Judea Pearl conclude il colloquio con Pagine
Ebraiche. Un’affermazione che decontestualizzata potrebbe apparire
dissacrante, forse presuntuosa, e che tuttavia, giungendo al termine
del preciso ragionamento del professore della University of California
Los Angeles, non si può fare a meno di interpretare. L’informatica come
l’ha studiata, o meglio, reinventata, Judea Pearl, può sostituire la
filosofia. E forse tante altre conoscenze. Gli studi del professore sul
nesso di causalità gli sono valsi il Turing Prize 2012, l’equivalente
del Nobel per l’informatica, la scienza dei computer, secondo la più
nobile terminologia inglese. Un riconoscimento che, nell’anno in cui si
festeggia il centenario della nascita di Alan Turing, il grande
scienziato che, oltre a inventare i computer come li conosciamo oggi,
diede un contributo fondamentale alla vittoria alleata nella seconda
mondiale decriptando il codice segreto delle comunicazioni naziste, e
morì poi perseguitato per la sua omosessualità, ha un sapore ancora più
speciale. Ma Judea Pearl, classe 1936, non è soltanto uno scienziato
dal modo di fare mite e brillante allo stesso tempo. È un padre che ha
dovuto subire lo strazio peggiore che genitore può forse sopportare
nell’era della tecnologia, quella di vedere il brutale assassinio del
proprio figlio messo in mostra in un video su Youtube. Daniel Pearl,
Danny, come lo chiama il professore, nel 2002 si trovava in Pakistan
come inviato per il Wall Street Journal. Fu rapito e assassinato da
terroristi islamici che misero il filmato in rete. “Mio padre è ebreo,
mia madre è ebrea, io sono ebreo. Nella città di Benè Berak, c’è una
strada che porta il nome del mio bisnonno, Chayim Pearl, che fu uno dei
suoi fondatori” disse con orgoglio poco prima di morire. Da quel giorno
per ricordarlo Judea anima la Daniel Pearl Foundation, che si occupa di
creare ponti fra i popoli e le culture attraverso quelle che erano le
due grandi, grandissime passioni di Danny: il giornalismo e la musica.
Il professor Pearl infine è un israeliano che, trapiantato in America
da decenni, con la sua origine ha mantenuto un legame profondo, come
emerge dal suo modo di parlare in inglese, con un forte accento
ebraico, ma anche all’ironia che non manca mai di sfoderare mentre
spiega le sue teorie. E infine nel suo forte legame con le tradizioni.
“Non credo in D-o. Lo ritengo una straordinaria metafora della Storia e
del Padre di ogni uomo. Però ogni venerdì sera recito il Kiddush.
Ritengo sia un formidabile metodo per riconfigurare il software della
mia mente”. Professor Pearl,
come spiegherebbe cosa sono l’informatica e il nesso di causalità, il
nucleo fondamentale del suo lavoro, al suo vicino di fila al
supermercato? Informatica significa studiare come fornire
ai computer istruzioni per compiere determinate azioni e ottenere
determinati risultati. Le istruzioni per farne delle macchine
intelligenti insomma. Se riusciamo a incardinare le regole del mondo in
input da trasmettere a una macchina, allora questa saprà pensare. Lei
ha conquistato il Turing Prize per il suo “fondamentale contributo
all’intelligenza artificiale attraverso lo sviluppo di un calcolo per
il ragionamento probabilistico e causale” - come recita la motivazione
rilasciata dall’Association for Computing Machinery. Cosa rappresenta
questo riconoscimento? Il Turing è un traguardo dopo anni
di ricerche. È dal lavoro sul campo che arriva la reale soddisfazione.
Allo stesso tempo, questo Premio mi ha consentito di convincere alcuni
scettici della validità di quello che stavo dicendo. Da
cinquant’anni la sua vita è sospesa tra gli Stati Uniti e Israele. Lì
ha conseguito la sua laurea di primo livello, al Technion di Haifa nel
1960, prima di spostarsi per il Master a Los Angeles. Forse all’epoca
era difficile immaginare che Israele sarebbe diventato uno dei leader
mondiali dell’innovazione tecnologica. Il segreto di
Israele è molto semplice: è una nazione che è stata costituita con
l’idea di impegnarsi sulla via deldal nulla, nella convinzione che con
la volontà fosse possibile trasformare l’impossibile in realtà. La
storia ha voluto che Hitler cacciasse dall’Europa migliaia di
professori universitari ebrei. Quegli uomini e quelle donne giunsero in
Israele e si misero a insegnare. Ancora oggi, mi sento in debito di
avere avuto dei docenti come loro. Persone capaci di farci provare
l’emozione delle scoperte di Pitagora, l’eccitazione dei calcoli di
Galileo. In Israele l’eccellenza è un prerequisito. E l’educazione una
priorità per la classe dirigente. Mi
scusi se evoco un argomento tanto doloroso, ma vorrei chiederle della
morte di suo figlio. Come ha trovato la forza di reagire e di dare vita
a un’iniziativa di dialogo come la Daniel Pearl Foundation? Quello
che è accaduto non ha influenzato il mio lavoro. Se mai è il mio lavoro
che mi ha permesso di guardare a quello che è accaduto con occhi
diversi da quelli che avrebbe avuto un’altra persona. La scienza mi ha
aiutato. Le nostre iniziative, come quella di portare a lavorare negli
Stati Uniti decine di giornalisti dai paesi musulmani, sono importanti.
Allo stesso tempo però oggi sono preoccupato. Ritengo che
l’antisionismo sia un fenomeno molto pericoloso. Se l’antisemitismo è
un pregiudizio basato sull’appartenenza religiosa, l’antisionismo, o
sionismofobia, come la definisco io, è a mio parere una nuova forma di
razzismo, basato sull’appartenenza a una nazione. Nel
corso della sua lectio magistralis all’Università La Sapienza Un Premio
Turing per onorare Alan Turing, lei ha spiegato che ritiene che gli
studi sulla causalità siano oggi completi. Qual è allora il suo
prossimo obiettivo? Dichiarare gli studi su un argomento
completi è assolutamente contrario alle mie abitudini. Eppure nel caso
della causalità devo fare un’eccezione: oggi sappiamo quali
supposizioni servono per risolvere qualsiasi problema, almeno a livello
teorico. I tempi sono maturi per concentrarsi sul dotare i computer di
libero arbitrio. Cioè per costruire delle macchine che non abbiamo solo
la capacità di pensare, ma di scegliere. Il primo a utilizzare il
ragionamento controfattuale fu Abramo. Ce lo racconta la Torah,
nell’episodio di Sodoma e Gomorra, quando Abramo chiede a D-o: “Se
troverai un certo numero di giusti, distruggerai forse queste città?”.
Abramo voleva definire fino a quale momento la punizione collettiva è
giustificabile e applicabile. Ma questo ragionamento ovviamente non
coinvolge solo delle inferenze causali, ma anche una precisa questione
morale. E dunque, per risolverla non basta più il semplice
ragionamento. Serve appunto la capacità di una libera scelta. Libero arbitrio, moralità… Stiamo ancora parlando di informatica? Oppure siamo scivolati sulla filosofia? La filosofia oggi non esiste più. È stata sostituita dall’informatica.
Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche, dicembre 2012
(nell'immagine Judea Pearl disegno di Giorgio Albertini)
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Qui Firenze - “Lavoriamo insieme per un futuro di pace”
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Anche
la Comunità ebraica di Firenze tra le realtà che hanno preso parte alle
manifestazioni organizzate per ricordare, a un anno di distanza,
l'attentato razzista in cui sono stati uccisi due giovani senegalesi e
altri tre gravemente feriti, uno dei quali ancora in ospedale. La
testimonianza della Comunità, al convegno Rispetto e Dignità - No al
razzismo e alla xenofobia svoltosi in Palazzo Medici Riccardi, è stata
portata da Carla Neppi Sadun. Il suo intervento è seguito a quello del
presidente della provincia Andrea Barducci, dell'assessore comunale
alla Cultura Sergio Givone, del console onorario del Senegal a Firenze
e del consigliere dell'ambasciata senegalese. "Porto i saluti della
presidente Sara Cividalli che non è potuta essere qui presente e
desidero, a nome della Comunità ebraica, associarmi alla voce del
rispetto e della dignità per dire no al razzismo e alla xenofobia.
Oltre a condannare qualsiasi gesto di discriminazione razziale, la
Comunità è decisa a combattere ogni forma di rancore e di intolleranza
per cercare di far sì che eventi tragici come quelli dello scorso anno
non abbiano a ripetersi”. Per arrivare a questo risultato, ha
proseguito, occorre un impegno continuo che consiste nel promuovere la
conoscenza e la comprensione interculturale. “Incoraggiando la
responsabilità di ognuno - la sua conclusione - si può realizzare un
costante coinvolgimento delle varie realtà cittadine e in particolar
modo creare una collaborazione con il mondo della scuola perché dai
ragazzi, che rappresentano il nostro futuro, si può ottenere una
positiva unione dei popoli e nel tempo si potrà così finalmente tendere
a un orizzonte di pace." I temi toccati nel suo discorso sono
stati sviluppati anche dagli altri oratori. In particolare è stato
sottolineato come quella vissuta ieri sia stata una giornata di
“memoria, dolore e riflessione”. Significativa la citazione fatta
dall'assessore Givone di una frase di Rita Levi Montalcini. "Le razze
scientifiche non esistono – ci insegna l'illustre scienziata – ma
esistono i razzismi che compiono questi atti di violenza verso
l'altro”. Nel pomeriggio, al presidio in piazza Dalmazia, ad esprimere
la vicinanza della Comunità il vicepresidente Davide Sadun e il
consigliere Guidobaldo Passigli. La sera al Palamandela grande concerto
antirazzista con più di duemila persone: rappresentanti non solo della
comunità senegalese e della città di Firenze, ma autorità delle diverse
anime religiose e molti, moltissimi giovani. In sala la presidente
Cividalli, il vicepresidente Sadun e il rabbino capo Joseph Levi. Tra
il pubblico anche numerosi esponenti della kehillah che hanno
orgogliosamente preso parte a quella che è stata più volte definita una
grande "festa", un modo di affermare che la voglia di vivere e la
solidarietà sono più forti dell'odio e della morte.
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Qui Londra - Hanukkah illumina Downing Street |
Ieri
sera il rabbino capo del Commonwealth rav lord Jonathan Sacks ha
partecipato alla festa di Hanukkah del premier britannico David Cameron
nella residenza di Downing Street. Nei giorni scorsi Cameron aveva
indirizzato alla comunità ebraica del Regno Unito un messaggio di
auguri per la Festa delle Luci "Hanukkah contiene messaggi profondi che
ancora oggi risuonano per le Comunità ebraiche e per tutti noi. La
radice della parola, chinuch, educazione, è il cuore della religione
ebraica. Rendo omaggio all'incredibile contributo che la comunità
ebraica offre alla società, in primo luogo nel sistema educativo.
Questa dedizione allo studio ha offerto enormi benefici a tutti noi".
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Qui Ferrara - Le note della solidarietà |
La
solidarietà corre anche sulle note del pianoforte. Sarà infatti una
serata tra musica, parole e virtuosismi vocali a richiamare
l'attenzione della cittadinanza sulla sfida del restauro delle
sinagoghe ferraresi duramente colpite dal sisma della scorsa primavera.
Parole e musica, questo il titolo del concerto di beneficenza
organizzato per domani pomeriggio al Museo Archeologico Nazionale di
Ferrara dalla Prefettura in collaborazione con numerose realtà
dell'associazionismo appartenenti alla galassia dei movimenti Lions,
del Soroptimist Club e del Fidapa. Ad essere danneggiati vari edifici:
dalla storica sinagoga di via Mazzini, un tempo via dei Sabbioni come
ci ricorda lo scritto appena dato alle stampe di Paolo Ravenna, al
museo e agli immobili di via Vignatagliata e via Vittoria. "Impossibile
quantificare esattamente i costi del restauro, ma sarà senz'altro un
impegno gravoso", spiega il presidente della Comunità ebraica Michele
Sacerdoti. Parteciperanno all'evento, tra gli altri, i pianisti Matteo Balboni, Matteo Cardelli e Ilaria Govoni e l'attore Marco Sgarbi.
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Qui Torino - Hanukkah, entusiasmo in scena
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Come
tutti gli anni nei giorni di Hanukkah a Torino i bambini della scuola
dell’infanzia sono protagonisti di una mattinata di festa. Quest'anno,
oltre ad animare le canzoni tipiche della festa, anche i più piccoli
hanno montato un vero e proprio spettacolo. Per le maestre il lavoro
non si è esaurito nella realizzazione dell'evento: oltre all'impegno
delle ultime settimane e dopo aver organizzato la mattinata e preparato
i costumi con i bambini che hanno disegnato, ritagliato, incollato
candele, arriva adesso la parte più difficile: tenere a bada genitori,
nonni e fratelli - che si accalcano e fra una mitragliata di flash e un
batticuore si scatenano in applausi entusiasti - è spesso più
complicato che avere a che fare con i quaranta bimbi della scuola
dell’infanzia, che hanno tenuto la scena con serenità e grande allegria. a.t.
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Torino nel piccolo
schermo
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Abbiamo acceso cinque
candele in ogni situazione possibile (nella piazzetta, al bet
ha-keneset, a scuola, ecc.), abbiamo discusso per giorni su cosa della
nostra Comunità potesse interessare agli israeliani, ci siamo chiesti
se i nostri abiti da fine ottobre mite mostrati in dicembre non
avrebbero tratto qualcuno in inganno sul clima torinese; poi abbiamo
aspettato con trepidazione quasi due mesi, e finalmente è arrivata la
mitica quinta sera di Hanukkah in cui, fieri del privilegio di essere
una delle otto Comunità del mondo scelte per il programma, siamo andati
in onda in prima serata sulla TV israeliana. Inutile dire che nei
giorni precedenti ci eravamo dati da fare per allertare amici e parenti
in Israele e intimare loro di scordarsi qualunque programma alternativo
avessero previsto per la serata e guardare assolutamente Arutz 1. E
abbiamo trascorso le successive 24 ore a mandarci link e consigli per
cercare di vedere la trasmissione e scoprire alla fine come siamo
venuti fuori. Tra qualche decina di anni potrebbe essere un argomento
di studio interessante analizzare cosa gli ebrei torinesi hanno voluto
mostrare di sé e cosa il regista Avital Merkler ha scelto di far
vedere. Le riflessioni su come si vuole apparire all’esterno sono
frequenti nella vita delle nostre Comunità, ma questa era un’occasione
diversa dalle altre: non si trattava, come per esempio nel caso della
Giornata Europea della Cultura ebraica, di far capire cos’è l’ebraismo
a un pubblico ignorante o distratto; stavolta si trattava di mostrarsi
a un pubblico competente, al cui giudizio si tiene particolarmente,
come quando in vista dell’esame di maturità si prepara il documento con
cui presentare una classe ai commissari esterni. Cosa è stato poi
mostrato? Tante cose: la scuola, la casa di riposo, i giovani;
giustamente è stato dato un certo rilievo alla storia, alla letteratura
(Primo Levi), ai partigiani ebrei. Naturalmente non tutto ha trovato
posto nella mezz’oretta di trasmissione. Non è emersa la vita culturale
dei diversi gruppi comunitari e forse potremmo rammaricarci che si sia
data l’impressione di una Comunità troppo poco intellettuale, ma in
compenso possiamo tirare un sospiro di sollievo che non sia stata
filmata un’assemblea comunitaria, magari una di quelle belle accese,
che come reality show avrebbe trovato senz’altro un suo pubblico. Nel
complesso è stata un’esperienza divertente. Sarà interessante nei
prossimi giorni scoprire che impressione gli israeliani hanno avuto di
noi.
Anna
Segre, insegnante
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Napolitano: "La pace fra Israele e Palestina non resti un'utopia"
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Il
presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo intervento al
Quirinale in occasione della presentazione degli auguri del Corpo
diplomatico ha dichiarato "L'Italia crede che la pace tra Israele e
Palestina non debba rimanere nel regno delle utopie non realizzate. Lo
crede nell'interesse di Israele e della Palestina, ma anche nel proprio
interesse nazionale, e in quello dell'area mediterranea e dell'intera
Europa esposte inevitabilmente alla minaccia dell'instabilità e
fragilità che il conflitto israelo-palestinese alimenta nel Medio
Oriente".
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È
stata approvata, come riporta l’edizione romana de La Repubblica, la
delibera per la realizzazione del Museo della Shoah, e anche se il voto
al comune di Roma non è stato unanime, sono stati sbloccati i fondi che
permetteranno di far partire il progetto, fino ad ora fermo.
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