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 2 gennaio 2013 - 20 Tevet 5773
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alef/tav
david sciunnach
David
Sciunnach,
rabbino 


“Aprì e vide il bambino ed ecco che piangeva …” (Shemòt 2, 6). Lo Tzaddìk Rabbì Bunem di Motwozk fa notare, a proposito di questo verso, che  la figlia del faraone vide la cesta e vide il bambino piangere, lo vide ma non lo senti. Quindi disse: “...questo è uno dei bambini ebrei” (Shemòt 2, 6). Da questo dicono i Maestri: “Un ebreo è capace di piangere silenziosamente senza far uscire alcuna voce”.

 Davide 
Assael,
ricercatore



Davide Assael
Quello del 31 dicembre è stato l’ultimo discorso di Capodanno di Giorgio Napolitano. Con lui si chiude l’epoca dei Presidenti nati dall’esperienza della guerra e dalla militanza antifascista. Così, un problema comune al mondo ebraico, anche l’Italia dovrà affrontare la questione della conservazione della memoria e della possibilità di rinnovarla attraverso i linguaggi del presente. Un compito in cui avrà parte anche il nuovo Parlamento. Speriamo bene.

davar
"Ti ringraziamo per aver migliorato questo mondo"
L'ultimo saluto degli ebrei torinesi a Rita Levi Montalcini
Una piccola folla raccolta, commozione e cordoglio, i cancelli che si aprono – fatto straordinario per il giorno di Capodanno – per accogliere il feretro di uno dei più grandi ingegni italiani di sempre. Rita Levi Montalcini è tornata a Torino e, prima ancora dell'omaggio di autorità e cittadinanza ai funerali civili in programma questo pomeriggio, è stata la Comunità ebraica a salutarla con una cerimonia privata svoltasi ieri pomeriggio al cimitero monumentale di corso Novara. Assieme alla nipote Piera Levi Montalcini e ai familiari più stretti, tra gli altri, il presidente Beppe Segre, il vicepresidente Emanuel Segre Amar e il vicerabbino capo Avraham De Wolff. L'ingresso è vietato alla stampa, assiepata al portone principale già da ora di pranzo. Attorno alla salma ci si ritroverà così in un numero ristretto di persone con la consapevolezza di condividere un'occasione unica di preghiera e raccoglimento. “Nei momenti di cordoglio – afferma rav De Wolff – noi lodiamo il giudice della verità, l'unico Dio, che dona lo spirito della vita al genere umano e che in seguito lo trae per porlo altrove. Negli anni in cui questo spirito di vita è qui, in noi, ringraziamo Dio e godiamo della possibilità di impiegare i suoi doni per migliorare questo mondo. Tramite la bontà, per mezzo della scienza e della produzione. Per le migliorie che apportiamo i nostri simili ci sono grati. Questa gratitudine, e la soave memoria che ne consegue, sono una santificazione del nome del vero Dio. Ringraziamo la famiglia di Rita per essere qui con noi, a Torino, a concedere alla Comunità ebraica della sua città natale di porle commiato recitando i Salmi di Re Davide. Ringraziamo Rita per aver santificato il nome di Dio nei suoi anni trascorsi con noi. Possa il suo nome essere annoverato tra coloro che appartengono alla Vita”. Questo pomeriggio alle 15.30, con la partecipazione di migliaia di persone e alla presenza delle massime autorità cittadine, i funerali civili aperti a tutta la città. “Il funerale – spiega Piera Levi Montalcini – è un momento di saluto e noi abbiamo voluto permettere a chiunque lo desideri di salutare la zia. In tanti le hanno voluto bene. È importante che venga ricordata e che vengano ricordati i suoi insegnamenti. Ma sarebbe bene anche cercare di applicarli. Noi, in futuro, ci impegneremo per favorire tutto questo”.

Adam Smulevich -
twitter @asmulevichmoked

Qui Firenze - La pace e le sfide dell'integrazione
Inizio di 2013 all'insegna del dialogo e dell'impegno delle differenti realtà religiose fiorentine per la costruzione di un futuro sempre più plurale e accogliente con il corteo per la pace svoltosi ieri pomeriggio sotto l'egida della Comunità di Sant'Egidio. Tra i vari punti di sosta
la sinagoga di via Farini. Insieme al
presidente della Comunità ebraica Sara Cividalli il rabbino capo rav Joseph Levi, che si è brevemente soffermato sull'importanza dell'incontro tra popoli e religioni diverse e sulla comune aspirazione alla pace.
"Demonizzare lo sviluppo è quello che facciamo tutti. Eppure - ha affermato Cividalli - il mondo in cui viviamo ha fatto dei passi avanti notevoli in campi fondamentali come la salute e l'educazione. Quando ero una bambina, cinquant'anni fa, la metà della popolazione mondiale era denutrita, oggi la percentuale è scesa, in Africa, sotto al 10%. In quegli anni una mia amica si è ammalata di poliomielite, c'è stata l'ultima epidemia in Italia, ora la malattia sta scomparendo quasi in tutto il mondo. Meno della metà dei bambini del pianeta frequentava la scuola elementare, oggi sono il 90%. Le disuguaglianze sociali si misurano su redditi e patrimoni, ma beni fondamentali come la diminuzione delle morti per parto, l'aumento della longevità e l'istruzione, la possibilità di informarsi e di comunicare, sono distribuiti molto più equamente. Salute ed istruzione sono beni che contano e su questi tutti hanno investito molto. Perché non si riesce a fare altrettanto per la pace? Perch
é l'Europa che ha vinto il premio Nobel per la pace non riesce, per il momento, ad esportarla nel mondo?".
"Non posso che augurarmi - ha concluso - che la pace possa diventare il frutto naturale del maggiore rispetto per sé stessi e per i propri vicini che nasca dalla speranza nel futuro di uomini che, come dice Michele Brancale della Comunità di Sant'Egidio, devono essere e sentirsi non gli uni sovrapposti agli altri, ma gli uni accanto agli altri, e questo per lasciare ai nostri figli e ai figli dei nostri figli un mondo di rispetto e di pace". E' stata quindi data lettura della poesia Pace nel cuore scritta per l'occasione da Alessandro Nocchi.

pilpul
Ticketless - Il morso di Fery
Il Ticketless di questa settimana è per un viaggio che non ho ancora fatto, ma devo fare prima del 2 febbraio prossimo. Quel giorno si chiuderà a Trieste la mostra “Testimone dello scacco e del tramonto: Fery (Ferruccio) Fölkel (1921-2002)”. Curata da Elvio Guagnini, la mostra è ospitata presso la Biblioteca Statale Stelio Crise. Sono contento che la città amata-odiata dall’autore delle Monàde. 33 poesie del giudeo (1978) si sia ricordata di questo suo figlio ribelle. Fra le altre cose Fery ha avuto tre meriti: ha aperto una finestra sul mondo slavo, quando Boris Pahor era sconosciuto; s’è occupato di storielle ebraiche, quando Moni Ovadia portava ancora i calzoni corti; ha scritto un libro sulla Risiera di S. Sabba quando la Shoah non era al centro dell’attenzione degli storici del Novecento. Basterebbero queste tre virtuosità a fare di lui non un testimone dello scacco – e tanto meno del tramonto, ma un eroe per i prossimi dieci, cento, mille italici Giorni della Memoria. Fery mi ha insegnato alcuni proverbi yiddish per così dire “minori”. Cercherò di farne buon uso nei prossimi Ticketless. Un proverbio che ho fatto mio, da molti anni è il seguente: “Se non sei mordace è inutile mostrare i denti”. La grazia di Fery era scontrosa come la grazie della sua Trieste.

Alberto Cavaglion


L'antisemitismo e il mondo antico
Francesco LucreziDegno di attenzione un volume recentemente apparso in Germania, nel quale l’autore, Volker Herholt, si impegna in un’attenta analisi del fenomeno dell’antisemitismo nel mondo antico, ai fini di una più meditata comprensione dell’intrinseca natura del velenoso fenomeno storico (Antisemitismus in der Antike. Kontinuitäten und Brüche eines historisches Phänomens).
L’autore parte da una constatazione di fondo, ossia la presa d’atto che di antisemitismo, relativamente al mondo pagano precristiano, non si parla mai, o quasi mai, giacché il termine, o i suoi equivalenti, sia pure variamente intesi, risultano adoperati soltanto a partire dall’avvento del cristianesimo, che avrebbe introdotto il pregiudizio ideologico verso il popolo mosaico, ritenuto integralmente e perpetuamente responsabile per non avere voluto riconoscere quel Messia la cui venuta diceva di attendere, e di averlo anzi messo a morte. Secondo le ricostruzioni correnti, questa contrapposizione, dopo avere segnato di sé tutti i secoli del Medio Evo e dell’età moderna, si sarebbe quindi trasformata, a partire dall’Illuminismo, nelle nuove forme di ostilità antigiudaica, diverse da quella di matrice teologica, e tuttavia a questa direttamente collegata, in quanto evidentemente nutrite dalla millenaria predicazione di odio e intolleranza.
Herholt nota quindi che, nella storiografia dominante, la storia del popolo ebraico, e, soprattutto, dei rapporti verso di esso da parte delle altre culture e civiltà, apparirebbe spezzata da una netta cesura, segnata dall’avvento del cristianesimo (dapprima col suo consolidamento dottrinale, fin dal secondo secolo, e, ancor più, con la sua vittoria politica, con Costantino), evento che determinerebbe un chiaro spartiacque, valevole a separare le vicende tra un ‘prima’ e un ‘dopo’: e le indagini sull’antisemitismo sarebbero così state tutte confinate nel solo spazio cronologico del ‘dopo’, quello del ‘tempo cristiano’, giacché, prima di esso, il fenomeno non sarebbe esistito.
Questa impostazione, però, secondo Herholt, sarebbe errata, dacché l’avvento del cristianesimo non avrebbe affatto segnato la ‘nascita’ dell’antisemitismo, ma unicamente una sua risignificazione ideologica, sia pur particolarmente importante e significativa, la quale non avrebbe fatto altro che fornire nuovi pretesti ideologici e nuovi strumenti di giustificazione a una forma di ostilità (l’ostilità antiebraica) che già sarebbe esistita nel mondo pagano. La storiografia sarebbe quindi in difetto, dal momento che si sarebbe costantemente schierata nel senso di una netta cesura e discontinuità storica tra era pagana e cristiana, che non troverebbe adeguato riscontro nella realtà, e parrebbe anzi contraddetta dalle numerose testimonianze (soprattutto Tacito, e alcuni passi di Cicerone, Ovidio, Orazio, Giovenale, Marziale) di un pregiudizio antiebraico presente anche nell’antichità pagana.
Le conclusioni di Herholt, però, nonostante la serietà dell’impegno profuso, e l’onestà intellettuale dell’autore, sono da respingere. I coloriti giudizi antiebraici degli autori pagani riportati (come quelli tratti dal quinto libro delle Historiae di Tacito: “teterrima gens”, “despectissima pars serventium”, la “gens supestitioni obnoxia, religionibus adversa”, “proiectissima ad libidinem”, il “genus hominum invisum deis”) appartengono semplicemente al ricco panorama della letteratura polemica romana contro barbari e peregrini, e non hanno proprio niente a vedere con quello che siamo abituati a chiamare antisemitismo. Gli ebrei si presero, nel mondo pagano, la loro buona dose di insulti e invettive, come tutti gli altri popoli, ma non divennero mai una gente maledetta, segnata da un indelebile marchio di Caino, come sarebbe avvenuto in età cristiana.
La cesura (il “Bruch”) tra il mondo pagano e l’era cristiana, nonostante le obiezioni di Herholt, esiste, e tra la giudeofobia ‘politica’ degli autori pagani e quella ‘teologica’ dei Padri della Chiesa c’è una netta, innegabile differenza qualitativa. Ma, anche chi non voglia scorgerla, dovrebbe per lo meno provare a confrontare i due fenomeni sul piano quantitativo, per poi cercare di spiegare l’impressionante lievitazione dell’antigiudaismo a partire da un certo momento storico: quanti ‘antisemiti’ pagani ha trovato Herholt, alla fine di un’analisi attenta e minuziosa? Tacito, un po’ di Cicerone, e poco altro. Quanti ce ne sono ‘dopo’? Occorrerebbero molte pagine a fare un elenco solo dei più noti.

Francesco Lucrezi, storico

notizie flash   rassegna stampa
Zahavi verso il ritorno in Israele
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Sembra terminata l'avventura in Italia di Eran Zahavi, fantasista israeliano in forza al Palermo. Scarsamente impiegato nel corso della stagione (appena tre presenze, nessuna dall'inizio), il calciatore - arrivato nell'estate del 2011 con l'arduo compito di non far rimpiangere Pastore - è vicino a un accordo con il Maccabi Tel Aviv.
 

Proseguono, sulla stampa italiana e internazionale, gli omaggi a Rita Levi Montalcini. Da leggere, tra gli altri, la riflessione di Giorgio Israel sul Foglio sulle numerose occasioni perse dal nostro paese in campo scientifico.



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