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8 gennaio 2013 - 26 Tevet
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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Nella sua prima uscita
pubblica, e ancora prima della rivelazione divina, Moshè
mostra un impegno appassionato verso la giustizia che si manifesta in
tre episodi (Shemòt, 2; 11-17). Colpisce a morte un egiziano che
perseguita un ebreo; interviene energicamente in uno scontro tra due
ebrei; accorre in difesa delle sette figlie di Ytrò molestate da alcuni
pastori. Queste tre situazioni rappresentano non soltanto il
curriculum di colui che dovrà portare gli ebrei fuori
dall’Egitto ma soprattutto di colui che ci insegna, in tutte le
generazioni, un’etica rivoluzionaria che deve
sradicare l’Egitto dalla nostra testa. Il programma di questa
rivoluzione etica sta nell’impegno progressivo presente in
questi tre episodi: una giustizia per gli ebrei, una giustizia tra gli
ebrei, una giustizia per tutta la società in cui si vive.
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Dario
Calimani,
anglista
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Scrivere
senza contraddittorio fa sentire un po’ soli. Defraudata del dialogo e
del confronto, la scrittura monocratica ci priva del gusto stesso del
pensiero. Il silenzio dell’altro rende tiranniche le tue idee; e le sue
idee, a loro volta, danno voce alla loro tirannia in qualche altra
sede. Non c’è nulla di più democraticamente bello che incrociare le
spade del libero esercizio intellettuale per procedere insieme verso
quelle piccolissime, sempre diverse, sempre discutibili verità che
l’esistenza ci concede. La tenzone, tuttavia, esige che i duellanti si
attengano a due regole: l’onestà e il rispetto dell’avversario. Sempre
che non si preferisca il solipsismo: come giocare a ping pong da soli,
gratificati dalla magra vittoria sulla propria immagine riflessa nello
specchio.
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Inter-Bologna nel nome
di Weisz
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“Ne abbiamo già parlato con
mio marito e sicuramente aderiremo”. Così ha dichiarato Milly Moratti,
moglie del patron dell’Inter Massimo e anche lei appassionata portavoce
dei colori nerazzurri, raggiunta della redazione del Portale
dell’ebraismo italiano. Il riferimento è all’iniziativa proposta dal
gruppo bolognese W il calcio, e rilanciata oggi dai principali
quotidiani italiani, tra cui il Corriere della Sera, di dedicare il
quarto di finale di Coppa Italia tra Inter e Bologna all’allenatore
ebreo ungherese Arpad Weisz. Quel Weisz che dopo i grandi successi a
Milano (con l’allora Ambrosiana, vinse lo scudetto 1929-1930) e nel
capoluogo emiliano, che portò addirittura sul tetto d’Europa, nel
Torneo dell’Esposizione Universale, antenato dell’odierna Champions
League, nel 1938 fu costretto a lasciare l’Italia in seguito alle leggi
razziste, e nel 1944 fu deportato dall’Olanda ad Auschwitz, dove fu
ucciso insieme a tutta la sua famiglia.
Dopo che all’idea di dedicare il match del prossimo 15 gennaio a Weisz
avevano già aderito il Bologna FC e i sindaci delle due città Giuliano
Pisapia e Virginio Merola, si attendeva solo la risposta dell’Inter.
Che, come anticipato dalla signora Moratti, dovrebbe arrivare in tempi
brevi.
D’altronde già lo scorso anno la società neazzurra aveva voluto
ricordare Weisz in occasione della partita di campionato contro il
Bologna del 17 febbraio 2012, con il volantino ricordo distribuito su
tutti i posti dello stadio per gli incontri casalinghi. Un’iniziativa
che aveva fatto seguito a quella di apporre nel foyer della Tribuna
rossa dello stadio, una targa commemorativa per celebrare il Giorno
della Memoria.
“Lo stadio per noi vuole essere una piazza in cui si scambiano dei
messaggi, e per comunicare con i tifosi. Siamo particolarmente
orgogliosi di poterli raggiungere con un messaggio di tolleranza e di
verità storica, in un momento in cui troppo spesso questa realtà viene
negata” aveva commentato Milly Moratti in quell’occasione.
Rossella
Tercatin twitter @rtercatinmoked
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Delirio antisemita dei
cattolici Lefebvriani
Sdegno, ma non sopresa nel mondo ebraico
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Sembrano dettate da una
disperata esigenza di visibilità le gravissime dichiarazioni del
superiore della fraternità sacerdotale San Pio X, monsignor Bernard
Fellay. Sdegno ma non sorpresa si raccolgono nel mondo ebraico nei
confronti di un'organizzazione che si è già contraddistinta in passato
per espressioni caratterizzate da odio antiebraico e dalla negazione
storica della Shoah. Federico Lombardi, portavoce vaticano, ha ribadito
che la Chiesa è "profondamente impegnata nel dialogo" con gli ebrei ed
è "impossibile" la formulazione fatta da Fellay.
Manifestando indifferenza nei confronti dell'esponente lefebvriano,
l'Osservatore Romano in stampa questo pomeriggio, evita di citare
l'argomento, mentre la stessa testata quotidiana del Vaticano torna,
nel quadro di alcune considerazioni etiche sul fine vita, a fare
riferimento alle ragioni già esposte dal gran rabbino di Francia Gilles
Bernheim, considerato una delle voci ebraiche più autorevoli in Europa.
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Qui Roma - Di Castro, il viandante del sogno |
Un grande paesaggista e
ritrattista. Il poeta – su tela – di Roma, delle sue vedute e dei suoi
scorci più suggestivi, della vitalità ed effervescenza della realtà
ebraica capitolina. Inaugurata negli spazi messi a disposizione dalla
Provincia, la mostra Il viandante del sogno – curata da Georges De
Canino – vuol rendere omaggio al pittore Aldo Di Castro, scomparso nel
2004, con una selezione delle opere più significative realizzate nel
corso di un'esistenza interamente vissuta per l'arte, il bello, la
pittura. Una carriera ricca di incontri straordinari, come il colloquio
privato con papa Giovanni Paolo II successivo all'ingresso di un'opera
nei musei vaticani, e sviluppatasi nell'arco di sei decenni: dal 1950 –
quando Di Castro, appena 18enne, realizza i primi dipinti a Parigi –
fino all'ultimo dei suoi giorni. “Papà ci ha lasciato poche ore dopo
aver finito di incorniciare un quadro”, ricorda infatti il figlio
Silvio, intervenuto all'inaugurazione assieme al Commissario
prefettizio Umberto Postiglione, al presidente della Comunità ebraica
Riccardo Pacifici, al rabbino capo rav Riccardo Di Segni e al critico
d'arte Cesare Terracina, coautore assieme a De Canino del catalogo che
accompagna la rassegna. Quell'ultima prova, conclusa a poche ore dal
commiato e dedicata al capitolo nero delle persecuzioni antiebraiche,
sarà presto donata – per volere dei familiari – al Museo della Shoah di
Roma.
I quadri esposti in Provincia passano in rassegna numerose situazioni.
Raffigurano gli angoli più belli della Città Eterna, immortalati da
osservatori privilegiati come il Gianicolo e Villa Borghese. E allo
stesso tempo raccontano aspetti centrali della vita e della vitalità
ebraica. Una declinazione che si ritrova ad esempio in 'Lo Shammas nel
mio studio', 'Am Israel Hai' e 'Il Talled e l'Isola Tiberina'. Ma anche
in 'Omaggio a Chagall', personale interpretazione dell'immenso lascito
artistico di uno dei nomi più illustri dell'arte figurativa
novecentesca. “Aldo Di Castro – sottolinea de Canino – è stato un
intellettuale non comune, un artista italiano ed ebreo che ha operato
nella pittura con una qualità superiore, con la stessa religiosità con
cui viveva l'ebraismo e i ritmi della sua vita umana”. Non a caso,
segno di un legame saldo e indissolubile con le proprie radici, molti
suoi lavori decorano istituzioni dell'ebraismo romano come il Tempio
dei Giovani sull'Isola Tiberina e l'Oratorio Di Castro in via Balbo. Un
omaggio che non fu inizialmente capito tanto che qualcuno, tra gli
iscritti, parlò addirittura di “violazione” e contrastò con forza
l'iniziativa. Ma il tempo è gentiluomo e, come scrive rav Di Segni
nella prefazione, “quelle vetrate fanno ormai parte irrinunciabile
della definizione del miqdash me'at, il 'piccolo spazio sacro' della
casa della preghiera”.
Adam Smulevich
– twitter @asmulevichmoked
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Media - Nuovo
look per il giornale comunitario romano |
Nuova veste grafica per il
mensile della Comunità ebraica di Roma Shalom, che "si rinnova,
cambiando per rimanere se stesso”. Lo scrive il direttore della
pubblicazione Giacomo Kahn nell'editoriale di apertura dal titolo
'Utile alla società' in cui citano tra gli altri il filosofo tedesco
Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770–1831) e il commediografo irlandese
Oscar Wilde (1854-1900) per annunciare l'intento della Comunità ebraica
di avviare "una forte azione di comunicazione". Tra i contenuti del
numero del giornale comunitario in distribuzione un vibrato appello a
favore del riconoscimento del matrimonio fra omosessuali di Angelo
Pezzana, un'analisi della politica italiana alla vigilia del voto di
Ugo Volli, un dossier sull'impegno di Israele in Africa per “salvare i
fratelli perduti” e stringere nuove alleanze e nuovi accordi
commerciali, un approfondimento sui temi della Memoria.
Nel suo intervento il direttore afferma: “Dobbiamo farci sentire perché
il nostro 'rumore' sia utile alla società italiana nel comprendere le
gravi incognite che accompagnano, anche nel nostro paese, questa fase
storica: impoverimento e rabbia sociale, rinascita di movimenti di
estrema destra neonazista, crescente intolleranza, odio diffuso anche a
sinistra verso Israele (su cui incombe la mortale minaccia iraniana) e
sistematica delegittimazione della sua esistenza e al suo legittimo
diritto all'autodifesa”. Ai colleghi di Shalom i migliori auguri di
buon lavoro da parte della redazione del Portale dell'ebraismo
italiano.
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Il velo da squarciare |
Un articolo di Gilles
Bernheim, gran rabbino di Francia, ha innescato una polemica
giornalistica sui matrimoni e sulle adozioni gay. Nel testo – peraltro
molto bello e documentato – il rabbino spiegava che la divisione tra
maschile e femminile è, nella tradizione ebraica, il simbolo del
limite: nessuno può rappresentare l’umanità nella sua interezza, e
perciò cerca l’Altro, divino e umano. Dunque una società che non
valorizza questa bipartizione perde di conseguenza il suo ordine morale
e scivola nel baratro del consumismo. Le adozioni gay rappresentano il
passaggio del bambino da soggetto a oggetto di un diritto e dunque un
ulteriore decadimento etico.
La polemica è stata rilanciata in Italia da un intervento di Ernesto
Galli Della Loggia, cui hanno risposto vari esperti in diversi settori,
mentre l’articolo di Bernheim veniva ripreso dalla stampa cattolica.
Nel suo articolo Della Loggia si dichiarava d’accordo con il rabbino,
si rammaricava per l’eccessivo silenzio degli ebrei italiani (anche se
alcuni anni fa ci fu l’intervento in proposito di Riccardo Di Segni),
si rallegrava che Bernheim avesse squarciato il velo del conformismo e
del politically correct.
Ognuno può pensarla come vuole (io, nel mio piccolo, la penso
diversamente). Bernheim può esporre la propria posizione che ha aperto
un dibattito interessante e partecipato. La sua invocazione al limite
dovrebbe indurre a ragionare con umiltà, perché nessuno su questi temi
ha la verità in tasca. Ciò che appare poco sopportabile è invece il
rovesciamento delle carte operato da Della Loggia. Quale sarebbe il
velo da squarciare? Quale la cappa del politically correct? Ce lo
ricordiamo che in Italia non esiste una legge che regola le unioni di
fatto (altro che matrimoni gay), e neanche una norma contro l’omofobia,
il che è uno scandalo? Vogliamo ignorare tutte le indagini che rivelano
un pregiudizio diffuso e maggioritario nei confronti degli omosessuali?
Apriamo una riflessione seria basata sulla realtà. Ragionando, per
esempio, sul fatto che in Italia la famiglia strutturata
tradizionalmente registra una diminuzione percentuale costante e
potenzialmente irreversibile.
Tobia
Zevi, Associazione Hans Jonas, twitter: @tobiazevi
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notizie flash |
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rassegna
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Tel
Aviv - La
cucina parla francese
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Leggi
la rassegna |
Terrine di foie gras, petto
d'anatra brasata o zuppa di pesce. La Francia in tavola in Israele. Ma
gli
chef sono convinti che a chiedere questo cambiamento sono prima di
tutto i clienti. Il gruppo francese Vatel, leader mondiale
nell'insegnamento nel settore alberghiero e turistico, ha aperto a
ottobre la sua prima scuola a Tel Aviv. L'obiettivo è arrivare a 400
allievi entro il 2015 portando un "know-how" che finora qui non
esisteva. Un servizio alla francese, al servizio di una gastronomia
alla
francese, ma sempre nel rispetto delle regole alimentari della
religione ebraica. Cucinare i sapori made in France alla maniera kosher
è la sfida che devono raccogliere sempre più spesso gli chef israeliani.
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Desta scandalo, riporta Gian
Guido Vecchi sul Corriere, l’affermazione di monsignor Fellay –
superiore dei Lefebvriani – secondo la quale ebrei, massoni e
modernisti sarebbero nemici della Chiesa. Affermazione accolta con
“sconcerto” in Vaticano, dove si fa sapere che “naturalmente” una
posizione simile contro gli ebrei è insostenibile.
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
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