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21 gennaio 2013 - 10 Shevat 5773
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Adolfo Locci, rabbino capo
di Padova

"Il faraone disse a Moshe ed Aharon: Andate pure a prestare culto all'Eterno vostro D-o, ma chi sono quelli che andranno? Rispose Moshé: Andremo con i nostri fanciulli e i nostri anziani…Il faraone replicò: …No, andate solo voi uomini e servite l'Eterno". (Esodo 10:8-11) Il dialogo tra Moshè e il faraone rivela una differenza essenziale nella concezione di servizio a D-o. Nella prospettiva del faraone il culto era ad appannaggio di élite nella quale non c'era posto per i fanciulli mentre in quella di Moshè, si manifesta la prospettiva della Torà che richiede il servizio a D-o in ogni luogo, in ogni tempo e a qualsiasi età. In questa prospettiva, quella in cui i fanciulli si accompagnano agli anziani, si può formare una corretta memoria del passato, costruire solide basi per il futuro e mantenere quanto la Torà afferma: "...domanda a tuo padre e ti racconterà, ai tuoi anziani e te lo diranno" (Deuteronomio 32:7).

Anna
Foa,
 storica

   
Anna Foa
Un lungo articolo di Giulio Meotti su Il Foglio sottolinea il rapporto tra i medici nazisti, quelli che hanno fatto le sperimentazioni sugli ebrei nei campi e ancor prima quelle sui disabili in Germania, la cosiddetta operazione T4, e i progressi nel dopoguerra in vari campi della medicina, in particolare la neurologia e la pediatria. Sembra cioè che questi terribili esperimenti, che partivano dal principio che esistono vite indegne di essere vissute, in particolare quelle degli ebrei, dei disabili e dei malati mentali, abbiano portato progressi in campo medico. Come valutare questo conflitto tra medicina ed etica, che rovescia radicalmente non solo i nostri principi morali ma lo stesso giuramento di Ippocrate, ancora alla base della professione medica? In Israele, la rivista Israel Medical Association ha affrontato recentemente  il problema a proposito del caso di uno di questi medici, Clauberg, il cui nome è tuttora legato ad una patologia ormonale femminile, chiedendo che almeno il suo nome sia cancellato. Dare il nome ad una patologia è un onore che non merita. Ma i casi sono molto numerosi e il problema, emerso già altre volte in passato, va affrontato alla radice. L'uccisione di malati ed ebrei, gli esperimenti di vivisezione compiuti su di loro, hanno portato realmente a delle scoperte o si sono limitati ad accelerare scoperte che sarebbero comunque avvenute anche senza crimini? E nel caso che la scienza ci dica che davvero la sofferenza e la morte degli uni ha reso più facile  il miglioramento della vita degli altri, non sarebbe il caso di ribadire, anche rispetto al  passato,  i principi inderogabili del rispetto dell'essere umano? Insomma, gli assassini restano tali anche se sono grandi scienziati. Sembra ovvio, ma forse è necessario ripeterlo.

davar
Zakhor 2013 - Riaffermare la Memoria in ogni generazione 
“Prendete coscienza di quello che è stato. Voi siete l'avvenire, voi potete impedire che accada nuovamente”. I ricordi e le emozioni si accavallano nella mente di Sami Modiano quando, dentro alla Zentralsauna, si rivolge alle centinaia di studenti da tutta Italia che partecipano al Viaggio della Memoria organizzato dal ministero dell'Istruzione ad Auschwitz-Birknenau. Il suo è un ideale passaggio di consegne tra Testimoni e nuove generazioni: guardate, dice, “e non dimenticate”. La commozione è di tutti: dei Testimoni Andra e Tatiana Bucci; della moglie di Shlomo Venezia, Marika; dei ragazzi e con loro, a condividere quest'esperienza, dei ministri Francesco Profumo e Paola Severino, del presidente della Rai Annamaria Tarantola, dell'ambasciatore d'Italia in Israele Francesco Talò, del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, dei due vicepresidenti Roberto Jarach e Giulio Disegni e dello storico Marcello Pezzetti, guida del Viaggio assieme ai giovani ricercatori del Museo della Shoah di Roma.
La stessa fitta al cuore che si prova quando rav Amedeo Spagnoletto sparge nell'aria lo struggente suono dello shofar o quando, preceduto dalla lettura di alcuni salmi, davanti ai resti del crematorio è recitato il kaddish – la preghiera per i morti. E ancora alla bahnrampe, prima sosta della giornata dove i sopravvissuti raccontano il primo terribile impatto con il campo di sterminio, o nel kinderblock in cui le sorelle Bucci, scambiate per gemelle e quindi destinate alla sperimentazione dal famigerato dottor Mengele, spiegano – tra le lacrime – come riuscirono a sopravvivere.
Un'esperienza dolorosa e sofferta per tutti, segnata da un comune denominatore: la Memoria come impegno vivo e per il futuro. Lo stesso spirito che ha animato, ieri alla sinagoga Temple di Cracovia, la firma di due importanti dichiarazioni congiunte tra Unione delle Comunità e governo. La prima, sottoscritta dal presidente Gattegna con il ministero dell'Istruzione, è ideale prosecuzione del protocollo d'intesa siglato lo scorso anno ed è rivolta in particolare agli insegnanti e agli educatori. “Siamo certi – si legge nel documento – che le istituzioni scolastiche troveranno il modo per esercitare la propria responsabile autonomia nel porre in essere iniziative finalizzate a una celebrazione non rituale della Memoria per onorare e celebrare le vittime della Shoah e riflettere insieme sui valori fondanti di una moderna società civile”. La seconda, con firma del ministro Severino, si prefigge di intensificare la ricerca e la valorizzazione di storie di Giusti. Di quanti cioè, durante il nazifascismo, scelsero di mettere in salvo dei perseguitati a rischio della vita propria e a quella dei loro cari. “La migliore risposta all'ingiustizia – ha affermato il ministro – è quella di mettere in luce l'impegno di chi le si oppose”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

Israele al voto - Pochi dubbi, sarà l’ora della destra 
Un minuto e mezzo. È questo il tempo che secondo il comitato elettorale di Hatnua (Movimento), il partito guidato da Tzipi Livni, serve per convincere un elettore di centro-sinistra indeciso a votare per lei. Alla vigilia delle elezioni in Israele infatti è caccia alla preferenza degli indecisi, che secondo l’ultimo sondaggio pubblicato da Haaretz venerdì, sarebbero ancora il 15 per cento degli aventi diritto, pari a un bottino di 17/18 seggi sui 120 del Parlamento israeliano. Ancora più interessante il dato secondo cui la grande maggioranza di loro avrebbe come riferimento il centro-sinistra. O almeno, questa è la convinzione dei partiti dell’area (il Labor di Shelly Yachimovich e Yesh Atid, C’è futuro, di Yair Lapid oltre a quello di Livni). Il che lascia spazio a telefonate e sms dell’ultimissimo minuto, come succede in casa Hatnua “Secondo i nostri dati il 60 per cento degli elettori indecisi di centro-sinistra sono ex sostenitori di Kadima, che hanno appoggiato Tzipi in passato, e che possiamo convincere a votare per noi oggi, semplicemente illustrando le nostre ragioni” ha spiegato il coordinatore Boaz Noll.
Basteranno questi sforzi a modificare in modo effettivo l’esito delle urne? Realisticamente no. Analisti e giornali di tutto il mondo sono concordi nel definire quella che si aprirà il 23 gennaio in Israele la stagione della destra. L’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu è stato dato come vincitore annunciato sin dallo scioglimento della diciottesima Knesset lo scorso ottobre, al punto che i responsabili della campagna della sua lista Likud-Beytenu individuano come principale pericolo l’apatia dei propri sostenitori (“siccome Bibi vince comunque, posso anche non perdere tempo ad andare a votare tanto non serve”). Un pericolo amplificato dal fatto che Netanyahu in questa corsa alla rielezione ha trovato un avversario temibile dove proprio non si aspettava: alla sua destra. Naftali Bennett (nell'immagine), astro nascente di Habayit Hayehudì, la Casa ebraica, punto di riferimento politico della popolazione degli insediamenti, è stato il vero protagonista della campagna elettorale, con i media di tutto il mondo che hanno fatto a gara per raccontarne storia e personalità, dopo che la sua formazione è schizzata nei sondaggi a terzo/quarto partito della futura Knesset: 14 i seggi per Habayit Hayehudi nell’ultima proiezione, dietro i 32 di Likud-Beytenu e i 17 del Labor, ma davanti ai 12 di Yesh Atid e del partito religioso sefardita Shas e agli 8 di Hatnua.
A proposito del rischio di mancata partecipazione al voto, un’altra tendenza emersa nel corso della campagna elettorale è il timore di un’astensione di massa tra i cittadini arabo-israeliani. Inedita in questo senso, a fronte dei sondaggi che suggeriscono il rischio concreto che vada alle urne meno del 50 per cento di loro (furono il 75 per cento nel 1999 e il 54,4 per cento nel 2009), la scelta di Haaretz di pubblicare alcuni giorni fa sulle proprie pagine un appello in lingua araba. “L’alta partecipazione al voto della popolazione araba gioverebbe a tutti coloro che tengono alla democrazia, ebrei e arabi allo stesso modo. I cittadini arabi devono uscire e votare, per la pace, per l’eguaglianza e per la democrazia”.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

Qui Venezia - Giorno della Memoria, le iniziative in Laguna
“Venezia si è sempre distinta per lo straordinario impegno nel far conoscere, a partire dalle scuole, l'ideologia e la politica del regime nazifascista, che dalla repressione alla discriminazione, sancita dalle leggi razziste, è sfociata poi nello sterminio di undici milioni di persone, tra ebrei, rom, omosessuali, oppositori politici e internati militari. Quest'anno, in particolare alla cerimonia cittadina che si svolgerà il 27 gennaio al teatro Goldoni, sarà ricordato, con una rappresentazione teatrale, Giuseppe Jona, un uomo veramente amato, che anche la mia famiglia portava ad esempio per il suo coraggio e per il suo valore morale. Jona infatti, nel 1943, si suicidò, rifiutando così l'ordine di consegnare ai fascisti e agli occupanti tedeschi, l'elenco degli ebrei veneziani”. Con questo ricordo il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, ha chiuso la serie di interventi che hanno caratterizzato la conferenza stampa di presentazione del Giorno della Memoria. Un’occasione per riunire, anche quest’anno, coloro che sono storicamente impegnati in questa iniziativa: associazioni come i Figli della Shoah, l’Anpi, l’Iveser, l’istituto di Cultura Sinta, il Centro Pace e molte altre realtà cittadine che da anni lavorano con una modalità sinergica diventata ormai una pratica consueta. La programmazione non si concentra nella sola giornata del 27 gennaio, ma si snoda in una fitta serie di appuntamenti, più di 50, da metà gennaio fino ai primi di febbraio. Il presidente del Consiglio comunale di Venezia, Roberto Turetta ha voluto mettere in evidenza alcune manifestazioni di particolare rilievo: il 27 gennaio, nel pomeriggio, la consegna della bandiera dei Rom ai rappresentanti locali del Consiglio d'Europa, che andrà ad aggiungersi così a quella dei 47 paesi europei; il 30 gennaio la proiezione del documentario Paragraph 175 sulle persecuzioni verso gli omosessuali.
Presenti alla conferenza stampa gli assessori alle Attività culturali, Tiziana Agostini, alle Politiche educative, Andrea Ferrazzi e il consigliere della Comunità ebraica di Venezia, Anna Vera Sullam, che ringraziando le autorità cittadine e le associazioni ha sottolineato l’importanza di questa manifestazione alla luce della distanza temporale che ci separa da quanto accaduto: “In particolare per alcuni - ha spiegato il consigliere - siamo distanti anni luce. I nostri figli sono la terza generazione, i nipoti la quarta generazione. Per loro quello che è accaduto non è memoria, ma uno dei tanti racconti che vengono proposti. Perché assuma un valore di realtà serve l’impegno di tutti noi. Dobbiamo trasmettere i concetti di democrazia, libertà e lotta contro i pregiudizi perché se in quella specifica occasione le vittime furono gli ebrei, in futuro potrebbe succedere ad altri”. L’assessore Agostini ha evidenziato invece come quest’anno, in particolare, attraverso dibattiti, film, spettacoli teatrali, letture pubbliche, concerti e mostre, è stato fatto un lavoro di ricognizione storica di grande rilevanza su ciò che è avvenuto poco più di mezzo secolo fa proprio nel cuore dell'Europa e in particolare a Venezia, una città che ha sempre avuto il coraggio di guardare dentro sé stessa e analizzare le proprie contraddizioni: “Dobbiamo tramandare alle nuove generazioni quel filo della storia che ci permette di tessere un cammino di civiltà”.
Dello stesso avviso l’assessore Ferrazzi che ha sottolineato l’importanza di non rifugiarsi in una mera celebrazione dettata da una legge dello Stato: “Dobbiamo sfruttare l’occasione per aiutare i ragazzi a riflettere su ciò che è avvenuto, sul fatto che la democrazia, non è un diritto calato dal cielo, ma è frutto di tragedie, di lotte, di sacrifici umani”. Ogni generazione, ha continuato Ferrazzi, è responsabile di ricostruire e alimentare il sistema delle libertà civili e consegnarle alle successive generazioni.
A integrazione di quanto precedentemente presentato Paolo Navarro, portavoce del coordinamento cittadino per il Giorno della Memoria, ha voluto ricordare un ulteriore aspetto riportato dalla legge istitutiva del Giorno della Memoria: quello che riguarda l’esperienza degli Internati militari italiani, che verrà approfondito negli incontri del 28 e 29 gennaio organizzati dall’Iveser, Istituto veneziano per la storia della resistenza e della società contemporanea.
Ulteriori appuntamenti da segnalare: nella giornata del 22 gennaio il seminario di studi dedicato all’archivio storico della Comunità ebraica di Venezia con gli interventi di Elisabetta Reale, Claudia Salmini, Maria Volpato, Antonia Vilia, Gadi Luzzatto Voghera, Dorit Raines. Lo stesso giorno, all’Ateneo Veneto, la presentazione del libro “Le leggi antiebraiche e razziali italiane e il ceto dei giuristi” di Giuseppe Acerbi (Milano, Giuffrè 2011) coordinata da Paolo Navarro Dina con gli interventi di Paolo Gnignati, Gianluca Amadori, Renato Alberini, Adriano Vanzetti. Il 24 gennaio sempre all’Ateneo Veneto: “Come ricordare? Una riflessione a partire dal libro di David Bidussa, Dopo L’ultimo Testimone” presentato da Renato Jona con gli interventi di Andreina Lavagetto e Simon Levis Sullam.  Il 25 gennaio al Museo Ebraico “Un alfabeto da ricordare”, Evento conclusivo del percorso didattico per le classi IV e V della scuola primaria e I e II della secondaria. A coronamento della manifestazione, il 27 gennaio alle 11.30, la cerimonia cittadina al teatro Goldoni con gli interventi del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, e del presidente della Comunità Ebraica di Venezia, Amos Luzzatto, cui seguirà lo spettacolo “Shalom Aleikhem” di Fabrizio Frassa, Atto unico liberamente tratto dalla vita di Giuseppe Jona. Nel pomeriggio, al conservatorio Benedetto Marcello, “Niggun: dentro di me c’è la melodia”, mondi sonori intorno al Diario di Etty Hillesum. Per il programma completo: www.giornomemoriavenezia.it

Michael Calimani

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In cornice - L'architettura del pregiudizio
daniele liberanomeLa mostra principale attualmente allestita alla Triennale di Milano è “L’architettura del mondo”, con molti spunti interessanti e una grande delusione. Fra i vari progetti di recente completamento, un video è stato dedicato anche alla metropolitana leggera di Gerusalemme, preparato a scopi puramente politici anti-israeliani da una attivista palestinese. Come a dire, che i curatori della mostra sapevano benissimo fin dall’inizio che con quel video non avrebbero fornito alcun messaggio culturale. Infatti del progetto quasi non si parla, ma soltanto dei suoi fini, sostenendo che faccia parte di un disegno di “apartheid strisciante” che vuole mandare definitivamente in soffitta il progetto di due popoli – due stati, unendo gli insediamenti ebraici di Gerusalemme Est con il resto della Gerusalemme ebraica. Si critica il ponte dell’architetto Calatrava (sarebbe poco estetico, come se ci fosse un solo gusto accettabile) e si parla di alcuni israeliani buoni che si sarebbero opposti al progetto (in realtà il motivo delle proteste è stato l’enorme ritardo nel completamento dell’opera). Non si inserisce il progetto all’interno del crescente problema da congestione del traffico a Gerusalemme e in Israele in genere, dell’inquinamento, della volontà israeliana di sviluppare in genere il trasporto su rotaia in genere (vedasi gli investimenti nei treni per pendolari). Niente, solo messaggi politici, avvallati dai curatori della mostra. Personalmente, riconosco nel progetto finalità politica contro la pace e non li condivido, ma quel video dimostra solo quanto il dogmatismo ideologico punti solo a indottrinare il pubblico e impedisca di analizzare un progetto culturale/infrastrutturale a tutto tondo, con i suoi punti di forza e di debolezza.

Daniele Liberanome, critico d'arte

Tea for two - American Idol
Alle volte Tea for Two riceve piccole dritte da operose regine degli elfi. Questo è proprio il caso che mi ha portato a scoprire Shira Gavrielov, nuova concorrente di American Idol. Il talent show più famoso del mondo è determinato da quattro giudici che hanno il duro compito di scegliere il nuovo idolo degli americani. Quest'anno sono Keith Urban, cantante country oramai universalmente riconosciuto come nuovo marito di Nicole Kidman nel  disturbo post Cruise, Nicky Minaj rapper e fenomeno recente che ha avuto perfino il tempo di fare una canzone con Madonna (oltre a vestirsi in maniera piuttosto inquietante), Randy Jackson, musicista e produttore conosciuto in Italia per un programma dedicato a noi reduci che guardiamo ancora Mtv e per aver arrangiato qualche canzone di Zucchero e Mariah Carey, probabilmente l'unica cantante che non ha bisogno di un cappello introduttivo (ma se ne aveste bisogno: All I want for Christmas is youuuuuuu). Il programma ha anche un suo presentatore, Ryan Seacrest, un incrocio fra Simona Ventura e un velino, già perché, almeno in America, c'è un certo gusto pure per la mercificazione del macho, stile modello di Abercrombie. Le audizioni sono iniziate e una nuova stellina comincia a brillare: l'israeliana Shira Gavrielov, votata alla musica fin da piccola. Ovviamente provvista di un canale youtube, la Gavrielov ha cantato davanti ai giudici Valerie, canzone ritornata sulla cresta dell'onda grazie all'interpretazione della compianta Amy Winehouse. Accolta da un 'shalom' e uno 'shanà tovà' di Mariah Carey che dimostra di aver fatto i compiti a casa, Shira si è lanciata nella sua versione, lasciando di stucco perfino la Minaj. "Sono venuta a New York per perseguire l'American dream -ha raccontato- e voglio avere un morso della grande mela". Con un padre votato alla musica che le ha trasmesso la sua passione, riuscirà la nostra Shira a diventare il nuovo American Idol? Stay tuned!

Rachel Silvera, studentessa – twitter@RachelSilvera2


notizie flash   rassegna stampa
Il mea culpa di John Galliano
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"Ho detto e fatto cose che hanno fatto male ad altri, specialmente ai membri della comunità ebraica. Ho sofferto per il dolore che ho causato e continuo a farlo. Continuerò a impegnarmi per farmi perdonare dalle persone che ho ferito". Così John Galliano, ex direttore creativo di Dior, allontanato dalla sua carica dopo le accuse di antisemitismo, ospite dello studio newyorchese di Oscar de la Renta in preparazione della New York Fashion Week. "Il signor Galliano ha lavorato faticosamente per cambiare la sua visione del mondo e dedicato molto tempo allo studio dell'antisemitismo e dell'intolleranza", ha detto Abraham Foxman direttore dell'Anti Diffamation League. L'ADL ha accolto con favore "il recupero e il pentimento" dello stilista.


 

Grande risalto sui principali quotidiani al Viaggio della Memoria che vede il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo e il ministrodella Giustizia Paola Severino visitare i campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau insieme a centinaia di studenti dei licei italiani (tra gli altri vedi il Corriere della Sera e Repubblica).



















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