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 25  gennaio 2013 - 14 Shevat 5773
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
rav arbib
Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano
 

Nella Shiràt Hayàm quando si parla della distruzione del Faraone e del suo esercito si dice che Dio è "ish milchamà" - l'uomo della guerra. Rav Sorozkin nota una stranezza in questa espressione, cioè che il nome di Dio usato per indicarlo come combattente è il tetragramma che normalmente viene usato per indicare l'attributo della misericordia divina. Sorozkin afferma che combattere il male e i malvagi è un atto di pietà nei confronti delle loro vittime e del resto dell'umanità.

 Gadi
Luzzatto Voghera,
storico



gadi luzzatto voghera
Cent’anni fa, nel 1913, il cinema russo guardava con attenzione alla colonizzazione ebraica in Palestina. Uno straordinario documentario prodotto da Noah Sokolovsky e girato dall’operatore Meiron Ossip Grossman mostra la vita dei nuovi pionieri in Eretz Israel. La festa per i 30 anni dei Bilu, i primi pionieri russi, le immagini del futuro eroe Yosef Trumpeldor, i primi diplomati del Gymnasia Herzliyah e del Bezalel e svariate scene di vita a Tel Aviv, Hebron, Tiberiade, Haifa, Petach Tikva. Si chiamava “La vita degli ebrei in Eretz Israel”  e – come si dice abitualmente – sembra passato un secolo! Oggi il dibattito sulla formazione del nuovo governo in Israele deve fare i conti con altri più urgenti problemi: pace o guerra, caro case, haredim nell’esercito, disparità sociale. Ne emerge una società profondamente mutata, cui però non farebbe male volgere lo sguardo all’indietro, come l’angelo ritratto da Paul Klee che ha suscitato in altri tempi le riflessioni di Walter Benjamin. Una riflessione sulle immagini del 1913, sulle idealità e anche sulla retorica che le ispiravano, può certo portare a costruire un futuro più coerente con una storia che rischia di sfuggire di mano ai più.

davar
“Massima vigilanza contro chi diffonde odio e violenza”
Ferme reazioni nel mondo ebraico in merito agli arresti contro vari esponenti di estrema destra effettuati ieri a Napoli dalla forze dell'ordine. In una nota congiunta il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e il presidente della Comunità ebraica partenopea Pierluigi Campagnano esprimono il loro apprezzamento alle forze dell'ordine e alla magistratura “per le operazioni che nelle scorse ore hanno portato all'arresto di numerosi esponenti legati al mondo dell'estrema destra e in particolare al movimento CasaPound”. È adesso necessario, si afferma nel documento, “andare a fondo del problema, indagare, approfondire e verificare se la formazione di questi gruppi, alcuni dei quali partecipano anche alle prossime consultazioni elettorali, sia stata effettuata nel rispetto delle leggi e dei regolamenti in vigore a difesa dei principi di libertà e di eguaglianza”. Nell'intervento un riferimento anche alle parole usate ieri a Roma, al convegno 'Il coraggio di resistere' organizzato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sull'opposizione degli ebrei di tutta Europa al nazismo e al fascismo, dal ministro della Giustizia Paola Severino. Tre i concetti chiave toccati dal ministro: un no “fortissimo” da parte di tutti coloro che amano e credono nella libertà contro chi prova a diffondere odio e violenza; massima attenzione verso ogni manifestazione di razzismo, antisemitismo e xenofobia; individuazione dei responsabili e applicazione delle sanzioni previste dalla legge. “Gli ebrei italiani – si legge in conclusione di nota – condividono l'appello del ministro e chiedono la collaborazione e la solidarietà delle istituzioni e di tutte le forze democratiche del nostro paese”. Preoccupazione nella Comunità ebraica e in tutta la società civile. “Il progetto di violenza rientra nel tipo di mentalità fascista. Non c'è da meravigliarsi che questo sia accaduto ad opera di alcuni personaggi, quel che è grave – spiega al Mattino il rabbino capo rav Scialom Bahbout – è che ci siano liste di ispirazione fascista che vengono ammesse per l'elezione al Parlamento”. Ad intervenire, tra gli altri, anche il responsabile sicurezza del Partito democratico Emanuele Fiano.

Qui Roma - Il coraggio di resistere
“Un evento di cui non si parla molto ma di cui andiamo orgogliosi perché abbiamo la consapevolezza del ruolo svolto dagli ebrei italiani nei processi storici del paese”. Così il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna al convegno Il coraggio di resistere svoltosi ieri pomeriggio nella sala polifunzionale di Palazzo Chigi. Tema dell'incontro, tra gli appuntamenti promossi dal Comitato di coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah della presidenza del Consiglio dei ministri, i focolai di ribellione e le azioni di resistenza degli ebrei di tutta Europa al nazifsmo e fascismo. Un argomento poco noto, come ha sottolineato il presidente dell'Unione, ma che merita di essere conosciuto e diffuso anche per l'alto valore simbolico che in esso è racchiuso.
Un fermo monito all'impegno contro il razzismo e contro chi ancora oggi diffonde i germi del nazifascismo nella società italiana è quindi arrivato dal ministro della Giustizia Paola Severino, salita sul palco per un breve saluto. Riferendosi agli arresti delle scorse ore a Napoli il ministro, dopo aver parlato di profondo “disagio” e “malessere” per il contenuto delle intercettazioni in mano agli inquirenti, ha invitato a una nuova prova di resistenza declinata come opposizione granitica a ogni manifestazione di odio e di violenza.
Un lungo applauso ha salutato l'intervento del rabbino capo di Tel Aviv, presidente del
Consiglio dello Yad Vashem e già gran rabbino ashkenazita d'Israele rav Israel Meir Lau. Sopravvissuto all'inferno di Buchenwald, rav Lau ha parlato del suo ritorno alla vita e si è soffermato, con parole che hanno toccato il cuore dei presenti, sullo strazio interiore provato da quanti, pur scampati alla morte, hanno avuto l'intera esistenza rovinata dalle ombre e dagli incubi dei lager. Un processo che lo stesso rav ben conosce avendo aspettato oltre 60 anni per completare il libro in cui, testimone diretto di quell'orrore, racconta la 'sua' Shoah. Le vittime furono più di sei milioni, ha incalzato, “perché nella conta vanno inclusi tutti coloro che le scorie di quel dramma le hanno provate e continuano ancora oggi a provarle sulla loro pelle”. Esiste una sola via d'uscita per loro, ha concluso rav Lau, ed è rappresentata dai giovani, dalle nuove generazioni chiamate a costruire un futuro di pace e di fratellenaza: “Soltanto i ragazzi, confrontandosi con i loro nonni deportati, facendo domande e attendendo risposte hanno la possibilità di aprire i cancelli e far uscire queste persone dalle buie cantine dell'oscurità”. Tra gli ospiti del prestigioso convegno anche gli storici Marcello Pezzetti, Michele Sarfatti e David Silberklang e Anna Nardini del Comitato di ccordinamento. Nell'intervento di Silberklang una panoramica sulle più significative azioni di rivolta che videro gli ebrei d'Europa attivi contro il regime. A partire da quella del Ghetto di Varsavia magistralmente raccontata da uno dei capi dell'insurrezione, Marek Edelman, ma anche delle numerose insurrezioni che la ispirarono e che ad essa seguirono. Resistenza armata e non, ha proseguito lo storico, perché anche l'istruzione, il tentativo di mantenere una solida identità e determinati valori fu una forma fortissima di lotta nel quadro di un'azione 'politica' di annientamento dell'identità ebraica. Un concetto che è tornato nelle parole di Marcello Pezzetti, direttore scientifico del Museo della Shoah di Roma. La sua lettura è che sia giunto il momento, all'interno della comunità degli storici, di rivedere il giudizio sulla cosiddetta passività ebraica di fronte Male. “Non è più possibile sostenere globalmente questa tesi”, afferma confutando quanti, sottovalutando l'impatto del fenomeno, continuano a tracciare uno scenario in parte fuorviante e ormai superato dai fatti. Dedicata alla specifica esperienza di lotta partigiana in Italia la lezione di Michele Sarfatti, direttore del Cdec – Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, che ha spiegato come gli ebrei italiani operarono “quasi sempre in zone di combattimento” e svolgendo, in vari casi, mansioni di grande importanza e autorevolezza. L'esempio più eclatante lo si ha guardando al Comitato incaricato di confermare la condanna a morte di Mussolini i cui effettivi, due su tre, erano in maggioranza ebrei. Con Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, ad assumersi la responsabilità di quella cruciale decisione Emilio Sereni e Leo Valiani.

Adam Smulevich - twitter @asmulevichmoked

Israele - Prove di coalizione
A tre giorni dalle elezioni, i punti fermi del prossimo governo israeliano sembrano essere soltanto due: Benjamin Netanyahu come primo ministro, Yair Lapid con un incarico di primo piano. Mentre fervono le consultazioni tra i leader politici per formare una coalizione che possa contare sulla maggioranza della Knesset (anche se ufficialmente il presidente Shimon Peres attribuirà l’incarico soltanto il 30 gennaio quando saranno ufficiali i risultati delle elezioni), sono diversi gli scenari che si profilano. La prima ipotesi avanzata da analisti e giornali è stata quella di un governo che vedesse il Likud-Beytenu di Netanyahu coalizzarsi, oltre che con Yesh Atid di Lapid, con il suo ex capo dello staff e attuale leader di Habayit Hayehudì Naftali Bennett, che all’attuale premier ha sottratto molti consensi a destra. Nelle ultime ore tuttavia hanno iniziato a circolare voci di una possibile virata al centro della coalizione. Il quotidiano di sinistra Haaretz riporta che, secondo fonti del Likud, Bibi starebbe considerando l’ipotesi di lasciare fuori Bennett, per cercare alleati alla sua sinistra. Una voce che troverebbe conferma anche nelle notizie pubblicate dal Jerusalem Post secondo cui Netanyahu avrebbe contattato la leader laburista Shelly Yachimovich per invitarla a discutere di un possibile ingresso del suo partito nella coalizione. E se Yachimovich avrebbe rifiutato l’alleanza (ma non l’incontro) promettendo una opposizione forte, il numero tre del Labor Eitan Cabel ha dichiarato in un’intervista alla radio dell’esercito che “se Netanyahu avesse il coraggio di formare un governo centrista, ipotesi che al momento è solo un desiderio, il partito laburista probabilmente accetterebbe di farne parte”. Tra le notizie in primo piano è anche il dibattito circa il possibile ministero da affidare a Lapid. Alla luce del suo notevole apporto in termini di parlamentari (19, solo uno in meno del Likud preso singolarmente), dovrà essere uno dei dicasteri più importanti. Netanyahu gli avrebbe offerto il Tesoro, anche in considerazione dell’interesse dell’ex giornalista per i temi socio-economici, ma i consiglieri di Lapid gli avrebbero suggerito di evitare di mettere la propria firma sulle politiche di sacrificio che il governo sarà costretto a chiedere agli israeliani con la prossima legge di bilancio. Un’ipotesi accredita è quella di un Lapid ministro degli Esteri. Anche se, finché non si chiarirà l’intero spettro degli alleati di Bibi, i condizionali rimangono d’obbligo.

Israele - Una società in abiti civili
Come tutti sanno, l’altro giorno la popolazione israeliana si è recata alle urne e ha eletto la sua diciannovesima Knesset. I risultati delle elezioni sono stati analizzati, ricucinati e tritati da tutti i mezzi di stampa e di comunicazione. Ma un fenomeno sociologico e politico del tutto originale e interessante non è stato finora toccato. Questo fenomeno potrebbe essere definito un progressivo “incivilimento” (o forse “civilizzazione”) di Israele, non nel senso di un paese più progredito, ma in accezione militare. Vale a dire, il passaggio da una società più o meno militarizzata verso una società invece dalla mentalità più borghese, più civile. Difatti, se si nota, la classe dirigente negli anni passati era composta da una grande percentuale di alti ufficiali, e così anche molti capi del governo erano stati in passato generali dell’esercito. Tanto per farne i nomi più famosi: Rabin, Sharon, Ehud Barak. Per di più era usanza diffusa che gli ufficiali, toltasi la divisa, passassero alla politica, o almeno a dirigere importanti istituzioni pubbliche. Non per niente, i problemi e le questioni all’ordine del giorno e dibattute dall’opinione pubblica erano soprattutto di carattere bellico: i rapporti con gli arabi, con i palestinesi, la difesa della popolazione, e così via. In queste ultime elezioni invece, i temi centrali sul tavolo erano questioni socio-economiche: i salari, i prezzi delle abitazioni, la disoccupazione. La campagna elettorale sviluppata da Shelly Yachimovich è stata per l’appunto una delle diverse espressioni di questo fenomeno sociale, che è ovviamente molto più profondo. Un’altra sua manifestazione è l’elezione alla Knesset di diversi personaggi pubblici civili: è conosciuto il caso dei giornalisti passati alla politica, ma ancora più interessante invece è quello dei docenti universitari passati all’attività pubblica ed eletti in Parlamento. Il caso di accademici divenuti politici è molto diffuso sia in Europa che in America: Aldo Moro, Amintore Fanfani e Henry Kissinger, erano tutti professori universitari, solo per fare alcuni nomi.
Questo fenomeno è sintomo di un “imborghesimento” della società israeliana. I problemi che assillano la popolazione non trattano più la sopravvivenza fisica, e neanche la questione palestinese passata in secondo piano, ma i temi socio-economici riguardanti la qualità della vita. Un’altra conseguenza è anche lo smussamento delle contrapposizioni ideologiche, ad esempio la rivalità fra i laici (o hillonim) e gli ultra-religiosi (o haredim), al fine di ricercare un maggiore compromesso. Questo processo sociologico assai significativo sarà sicuramente molto lungo, ed è per adesso solo all’inizio, ma senza dubbio rende la società israeliana un pochino più tranquilla, più serena, più “normale”.

Andrea Yaakov Lattes, Università Bar Ilan

Qui Milano - Nel Giorno della Memoria l’inaugurazione
del Memoriale della Shoah
In un cantiere in fermento per completare gli ultimi dettagli, si è svolta la conferenza stampa di presentazione del Memoriale della Shoah di Milano, che verrà inaugurato in occasione del Giorno della Memoria il 27 gennaio 2013. A partecipare sono stati il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della Fondazione Memoriale della Shoah Roberto Jarach, il presidente della Fondazione e direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, l’assessore del Comune di Milano Pier Francesco Maran, l’architetto Guido Morpurgo, il rappresentante delle metropolitane milanesi Stefano Cetti. L’inaugurazione chiamerà a raccolta le massime autorità locali, gli esponenti della società civile che per restituire alla città questo luogo di Memoria tanto si sono spesi, il presidente del Consiglio Mario Monti e il ministro della Cooperazione Andrea Riccardi, già alla guida di Sant’Egidio, una delle associazioni che per prima diede impulso al progetto, insieme a UCEI, Comunità ebraica milanese, Figli della Shoah, Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea. Il Memoriale sorge nei locali sotto la Stazione centrale che per anni sono stati utilizzati semplicemente come magazzini, ma durante la seconda guerra mondiale furono il luogo in cui, nascosti dagli occhi dei milanesi, fascisti e nazisti caricarono sui treni diretti ai campi di sterminio e di lavoro ebrei, oppositori politici, tutti coloro che il regime considerava nemici. Oggi viene riproposto il percorso dei deportati, che dal carcere di San Vittore furono condotti alla stazione nell’indifferenza della città e costretti tra le violenze a salire sui treni (esposti anche alcuni vagoni d’epoca). La struttura del Memoriale dovrà essere completata nei prossimi mesi con la biblioteca e l’auditorium per i quali è necessario reperire ancora una parte dei fondi.
“Un’opera fortemente voluta anche dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, realizzata dalla città per la città, che consente di recuperare uno degli ultimi luoghi della Shoah nelle città d’Europa” ha spiegato De Bortoli. “Ciò a cui teniamo maggiormente è riuscire a rivolgerci ai giovani - ha sottolineato Jarach - Speriamo che il Memoriale possa diventare un luogo di studio, di approfondimento e di dialogo per contribuire a diffondere quei valori etici e morali indispensabili nel confronto fra leculture”.

Qui Roma - Indifferenza e coraggio
L'oppressione, l'indifferenza, il coraggio. Temi che hanno attraversato la giornata di studio in ricordo della Shoah organizzata dal ministero dell'Interno in occasione del Giorno della Memoria e nell'ambito delle iniziative organizzate dall'apposito comitato di coordinamento predisposto da Palazzo Chigi in collaborazione con l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'incontro, svoltosi questa mattina alla Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno, ha visto tra i relatori il professor Lutz Klinkhammer, studioso di storia contemporanea e ricercatore dell'istituto germanico di Roma, soffermatosi sull'esperienza tedesca di resistenza al nazismo; Marcello Pezzetti, direttore della Fondazione Museo della Shoah, che ha messo in rassegna i diversi comportamenti tenuti, in Italia e in Europa, di fronte allo sterminio; Damiano Garofalo, che ha parlato dei Giusti tra le nazioni “tra fiction e realtà”. Ad aprire la giornata di studio, moderata da Yael Calò e conclusasi con un intervento del ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri, i saluti del consigliere UCEI Dario Bedarida e del presidente della Fondazione Museo della Shoah Leone Paserman.

Qui Torino - Trasmettere la Memoria
Ampio il programma di manifestazioni, mostre e occasioni di riflessione per celebrare il Giorno della Memoria nell'agenda della città di Torino. “Trasmettere conoscenza di quei fatti è non solo il doveroso omaggio a milioni di esseri umani - donne, uomini, bambini, anziani - vittime innocenti della volontà nazista di annientare il popolo ebraico, ma impegno per impedire che l’umanità possa tornare a conoscere quell’orrore. E a vigilare affinché i germi delle dittature non mettano radice, mai” si legge nella nota del sindaco Piero Fassino con la quale si pubblicizzano alcuni eventi organizzati dal Comune in collaborazione con la Provincia di Torino, la Regione Piemonte, il Comitato provinciale Resistenza Costituzione Democrazia della Provincia e la Comunità ebraica. Il 27 gennaio alle 9.30 al Cimitero Monumentale in Corso Novara 135 vi sarà una cerimonia in ricordo dello sterminio del popolo ebraico, degli internati militari e di tutti i deportati nei campi nazisti. La mattinata proseguirà alle 11 nella sala del Consiglio Comunale del Palazzo civico dove lo storico Bruno Maida parlerà de “La Shoah dei bambini" La persecuzione dell’infanzia ebraica in Italia (1938 – 1945). Nel pomeriggio alle 15.30 il Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra inaugura la “panchina rosa triangolare”, progettata da Corrado Levi come monumento alle vittime omosessuali nei lager e da lui donata al Museo. In serata sarà proprio Torino ad ospitare, quest’anno dalle 19.30 alle 21.30, la tradizionale diretta di Radio3 dedicata al Giorno della Memoria, nel Liceo Massimo D’Azeglio - storico liceo del capoluogo piemontese in cui hanno studiato Primo Levi e Leone Ginzburg e in cui ha insegnato Cesare Pavese. La Memoria del futuro è il titolo della serata ricca di testimonianze e di riflessioni a conclusione della quale il Coro Ha-Kol proporrà al pubblico lo spettacolo “Ma come posso cantare…?” tratto dal Canto del popolo ebraico massacrato di Yitzhak Katzenelson. Il 4 febbraio alle 21 al Centro Sociale della Comunità ebraica sarà invece presentato il film 76847 Giuliana Tedeschi, di Daniele Segre, musiche di Maria Teresa Soldani. “Ho deciso di far diventare l’intervista a Giuliana Tedeschi un film poiché ritengo di massima urgenza ricordare la tragedia disumana dei campi di sterminio nazisti in tempi nei quali stanno aumentando gravi episodi di antisemitismo e razzismo in Europa e nel mondo” ha sottolineato Segre, che sarà presente alla proiezione del film assieme alle figlie di Giuliana Tedeschi, Rossella e Erica. Rimarrà invece in cartellone fino al 31 gennaio la mostra Il segno e l'immagine, esposizione internazionale di 50 artisti contemporanei che illustrano la persecuzione degli ebrei d'Europa. La mostra è organizzata dalla Comunità ebraica e dall’Associazione Culturale "RectoVerso" in collaborazione con il Presidio del Libro Idromele di Sannicola (Lecce), la libreria Claudiana e la libreria Trebisonda e con il patrocinio della Circoscrizione 8 di Torino. Nell'ambito dell'esposizione sono previsti due incontri: il 22 gennaio alle 18 alla libreria Claudiana con Stefano Levi Della Torre su "La memoria dei libri" e il 29 gennaio sempre alle 18 alla libreria Trebisonda con Cristina Giudice su "Charlotte Salomon a Maja Bajevic - un dialogo ininterrotto tra artiste e storia".

Qui Bruxelles - Al Parlamento europeo per la Memoria
Celebrato per la prima volta anche al Parlamento Europeo l'appuntamento con il Giorno della Memoria. L'iniziativa, realizzata su impulso dello European Jewish Congress, si è svolta alla presenza tra gli altri di Martin Schulz e Jose Manuel Barroso, rispettivamente presidente del Parlamento e presidente della Commissione europea. Intervenendo nel prestigioso consesso il leader del Congresso ebraico Moshe Kantor ha speso parole di ammonimento contro il nuovo fluire di venti d'odio nelle società occidentali. “L'Europa – ha affermato – deve svegliarsi immediatamente e contrastare con tutte le sue forze i fenomeni del razzismo e dell'antisemitismo”. Citate nel suo intervento alcune realtà particolarmente angoscianti: l'aumento esponenziale di attacchi antisemiti in Francia e in altri paesi e l'irruzione sulla scena politica di Alba Dorata in Grecia e del partito di estrema destra Jobbik in Ungheria. Tra le varie testimonianze quella di Samuel Pisar, sopravvissuto ad Auschwitz e avvocato e autore di fama internazionale, che ha ricordato – nella commozione generale – la sua esperienza di deportato. In conclusione di cerimonia la recitazione di un kaddish da parte di due sopravvissuti, Bat Sheva Dagan e Jehuda Widawski. Presente in aula anche Claudia De Benedetti, membro dell'esecutivo Ejc per il quadriennio 2012-2016 e consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

Qui Budapest - Una missione per la solidarietà
A Budapest, per esprimere preoccupazione e vicinanza in merito ai nuovi episodi di razzismo e antisemitismo in Ungheria. La missione, coordinata dal vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera Fiamma Nirenstein e del parlamentare del Partito Democratico Sandro Gozi, vede la partecipazione di numerosi politici europei e israeliani tra cui Yossi Peled, ex ministro a Gerusalemme e sopravvissuto alla Shoah. La delegazione incontrerà, tra gli altri, i vertici politici del ministero degli Esteri, il ministro della Giustizia e vice premier ungherese Tibor Navracsics, il ministro per la Cultura e l’Integrazione Zoltan Balog, il presidente della commissione Esteri Mihaly Balla. Previsti anche incontri con i partiti dell’opposizione, i vertiti della comunità ebraica ungherese e una conferenza stampa finale, presso l’Assemblea Nazionale, “Lotteremo con tutte le nostre forze, con la nostra mente, con i nostri corpi e ci opporremo con la forza della cultura e della democrazia per sconfiggere le tenebre del male e dell’odio. E vinceremo. La nostra presenza a Budapest – ha affermato Nirenstein – vuole essere un gesto per testimoniare profonda solidarietà ai cittadini ebrei che vivono in Ungheria”.
 
Qui Milano - ­ Gariwo, i Giusti spiegati agli studenti
"La buona memoria. Gli studenti protagonisti". Con questa iniziativa Gariwo, la foresta dei Giusti ha scelto di celebrare il Giorno della Memoria. Quattro quadri teatrali in scena all¹Auditorium San Fedele di Milano, ciascuno dedicato al ricordo di una figura esemplare, il norvegese Fridtjof Nansen, ideatore dell¹omonimo passaporto che negli anni Venti e Trenta permise a 450 mila apolidi di immigrare in un paese diverso da quello di origine, il bulgaro Dimitar Peshev, che si oppose alla deportazione degli ebrei nel suo paese, il presidente ceco Vaclav Havel e il giornalista libanese Samir Kassir: così Gariwo, in collaborazione con l¹associazione culturale Ser Tea Zeit, ha invitato gli studenti a riflettere sulla storia lontana e recente. Saranno questi quattro uomini coloro ai quali verrà dedicata la giornata del prossimo 6 marzo, che il Parlamento europeo ha deciso di intitolare al ricordo dei Giusti, di coloro che in tutto il mondo hanno messo a repentaglio la propria vita per salvare quella degli altri. Ad animare il dibattito sono stati Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera, Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, Pietro Kuciukian, console onorario d'Armenia, e Francesco Di Maggio, regista e direttore artistico di Ser Tea Zeit (nell'immagine Nissim in occasione della cerimonia dello scorso anno al Giardino dei Giusti di tutto il mondo al Monte Stella a Milano).
Qui Milano ­ - La Memoria entra in carcere
Un luogo di dolore. Ieri come oggi. È questo il carcere di San Vittore di Milano, prigione che ospita attualmente oltre 1700 detenuti e che quasi settant’anni fa rappresentò per tanti ebrei arrestati in Italia la prima tappa di privazione della libertà verso i campi di sterminio. Per il Giorno della Memoria rientra fra quelle mura il racconto di quelle storie, “di quegli innocenti finiti in carcere solo per la colpa di essere nati” per usare le parole di Liliana Segre, che a San Vittore fu rinchiusa a tredici anni insieme al suo papà per poi essere deportata ad Auschwitz. Liliana Segre è tornata in quei corridoi per portare la sua testimonianza in occasione dell’inaugurazione della mostra “Il filo dimenticato 1943-45 – Gli anni bui di San Vittore”. Realizzata su progetto della giornalista Alice Werblowsky, l’esposizione propone venti opere ricamate, eseguite proprio sulle lenzuola del carcere da 23 detenute, raffiguranti gli eventi di cui il carcere fu teatro negli anni della seconda guerra mondiale. A raccontare ciò che accadde anche Goti Bauer, che trascorse a San Vittore alcuni giorni nella primavera del 1944. E poi ancora Gabriella Cardosi, che riuscì a tenersi in contatto con sua madre Carla che lì era stata rinchiusa grazie al coraggio di una delle guardie carcerarie, Andrea Schivo, che per l’aiuto che portava ai detenuti ebrei fu arrestato e deportato, e oggi è onorato come Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem di Gerusalemme.
Presenti all’inaugurazione della mostra, che rimarrà a San Vittore fino al 27 gennaio, per poi essere trasferita allo spazio Energolab dal 3 al 10 febbraio, anche l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Stefano Boeri, il presidente della Provincia Guido Podestà, la direttrice di San Vittore Gloria Manzelli, il provveditore della Lombardia per l'amministrazione penitenziaria Aldo Fabozzi e il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach, che ha portato il saluto della Fondazione Memoriale della Shoah, che ha patrocinato l’iniziativa insieme a Comune, Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, Associazione amici del Museo dell’arte di Tel Aviv, e Gariwo Foresta dei Giusti.
Impressionante la collocazione delle opere, le celle del Quarto Raggio di San Vittore, attualmente in disuso in attesa di ristrutturazione, ma utilizzate fino a pochi anni fa (e dove furono inizialmente rinchiusi i detenuti ebrei nel 1943). Negli spazi angusti, accanto ai ricami, fotografie di automobili e squadre di calcio, scritte e ritagli di giornale ricoprono completamente le pareti scrostate e i soffitti. Attraverso le sbarre delle finestre, si intravedono gli altri raggi: panni stesi ad asciugare, bottiglie di bibite, piccoli frammenti della vita quotidiana del carcere.

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(nell'immagine scattata da Joel Valabrega le detenute che ricamano)

Qui Milano - La Memoria della Resistenza
Se il Giorno della Memoria 2013 è stato dedicato alle resistenze, Milano fu senza dubbio protagonista della guerra di liberazione condotta dai partigiani. Come ogni anno, il capoluogo lombardo ha ricordato questi fondamentali anni della sua storia, quando alla violenza e alla prevaricazione di fascisti e nazisti al governo della città, si affiancarono storie di coraggio di oppositori politici e partigiani. Tanti di loro, scoperti, passarono per l’ex Albergo Regina di Milano, sede del comando SS e quartier generale della Gestapo dal 1943 al 1945, dove furono imprigionati e sottoposti a torture ed efferati interrogatori. Per onorarli si sono ritrovati, in un incontro coordinato dallo storico Marco Cavallarin, Daniela Benelli, assessore del Comune di Milano, Roberto Cenati, presidente provinciale dell’Associazione nazionale partigiani, Gianfranco Maris, presidente dell’Associazione nazionale ex deportati, Gino Morrone della Federazione italiana associazione partigiani, Graziano Gorla della Segreteria Camera del Lavoro e il presidente della Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi . A seguire un convegno sul valore della testimonianza a Palazzo Reale, con la partecipazione di Maris, Goti Bauer, sopravvissuta ad Auschwitz, e Giovanna Massariello, vicepresidente della Fondazione Memoria della Deportazione.

Qui Venezia - Sei lumi in Ghetto Novo
Una corona d’alloro e sei lumi posti sul memoriale della Shoah in campo di Ghetto Nuovo in ricordo di altrettanti milioni di ebrei deportati e sterminati nei campi di concentramento. Una cerimonia, consolidatasi negli anni, che vede la Regione Veneto e il governatore Luca Zaia, in prima fila per celebrare adeguatamente il Giorno della Memoria. Presenti all’evento gli esponenti della Regione Veneto e della Comunità ebraica di Venezia e tra questi il presidente, Amos Luzzatto e il rabbino capo di Venezia, Ghili Benyamin, che ha recitato un salmo in ricordo dei caduti e il kaddish. Durante la cerimonia il presidente Amos Luzzatto ha sottolineato come si debbano prendere degli impegni precisi affinché la gente capisca cosa sia il negazionismo, un fenomeno che si diffonde sempre più in Italia: “Si è ricominciato a dire che la Shoah è un falso. Negare questo è come negare la sofferenza di coloro che oggi non ci sono più e di coloro che hanno avuto la fortuna di sopravvivere alla persecuzione. Non possiamo polemizzare o attuare ritorsioni contro coloro che vogliono negare questa tragica realtà, dobbiamo solo mantenere vivo questo ricordo e deve essere una fonte di ispirazione nel nostro vivere di oggi, un vissuto che ci spinga a rapportarsi in maniera diversa tra esseri umani, dando un diverso valore alla vita. Noi ebrei non siamo qui come ospiti, siamo qua con la nostra storia, con la nostra cultura e la capacità di parlare e di esprimerci secondo le nostre tradizioni, che sono una parte integrante e irrinunciabile della realtà sociale italiana e di questa regione”. Nel corso dell’incontro il governatore Zaia ha portato il suo saluto alla Comunità ricordando che il negazionismo è una realtà a cui dobbiamo opporci e citando poi i recenti fatti di Napoli, perpetrati da ragazzi giovani che hanno sposato le posizioni negazioniste e che considerano gli ebrei come dei nemici: “In tempi di crisi simili a questi, nascevano correnti di pensiero che si sono poi tradotte nei campi di concentramento. Non possiamo affrontare la crisi negando la storia”. A conclusione il presidente Zaia ha ricordato l’appuntamento per il 2016, momento in cui si celebreranno i 500 anni del Ghetto ebraico di Venezia, confermando l’impegno e la collaborazione dell’amministrazione regionale e ricordando il motto, sempre valido che chi tocca un ebreo è come toccasse ognuno di noi.

Michael Calimani

Qui Milano - Ketubbot in mostra all’Archivio di Stato
Una raccolta di straordinarie Ketubbot risalenti al XVII, XVIII e XIX secolo in mostra all’Archivio di Stato di Milano. A fornire la spiegazione di ciò che le Ketubbot, contratti matrimoniali di diritto ebraico, rappresentano nella tradizione ebraica, il rabbino capo emerito della città Giuseppe Laras, che si è soffermato sul rito del matrimonio, sui vari passaggi religiosi e giuridici sul suo significato. La studiosa Stefania Roncolato ha poi illustrato al folto pubblico i dettagli delle opere esposte, non soltanto importanti documenti storici, ma anche dall’alta valenza artistica, grazie alle decorazioni che le famiglie benestanti erano solite far miniare sulle pergamene che celebravano l’unione dei propri figli. Città d’origine, elementi identificativi degli sposi e clausole per tutelare la sposa nella vita coniugale, così come in caso di divorzio o morte del marito i contenuti più significativi della Ketubbah, risalente come contratto matrimoniale al I secolo, e ulteriormente codificata in quelli immediatamente successivi. Un documento che, come precisato in seguito alle numerose domande del pubblico, rappresenta ancora il fondamento del matrimonio ebraico di oggi.

pilpul
Esther Béjarano: da Auschwitz al rap
Anna SegreSentiamo parlare continuamente della distanza temporale che sempre più ci allontana dalla Shoah e ci sembra quasi incredibile ascoltare dal vivo la voce di una donna che suonava nell’orchestra femminile di Auschwitz. Forse sarebbe bastata la curiosità a riempire ieri sera l’aula magna del Politecnico di Torino per il concerto e l’incontro con Esther Béjarano. Ma c’è stato molto più di questo. Come nelle due sere precedenti ad Alessandria e a Cuneo, il pubblico si è trovato di fronte a una donna con una vitalità e una capacità comunicativa straordinarie: a ottantotto anni Esther Béjarano, accompagnata da suo figlio Joram Béjarano (chitarra e basso) e dalla fisarmonica di Gianni Coscia, canta, balla, coinvolge il pubblico invitandolo a unirsi a lei nel ritornello di Dona Dona. Niente in comune con la musica di Auschwitz, quando l’orchestra era costretta a suonare per accompagnare la marcia verso il lavoro o per ingannare chi scendeva dai treni (“pensavano che dove c’è la musica non può accadere niente di terribile”, racconta, sollecitata dalle domande di Antonella Romeo, curatrice del libro La ragazza con la fisarmonica - Dall’orchestra di Auschwitz alla musica rap Edizioni SEB27). È proprio il caso di dire tutta un’altra musica: il canto dei partigiani ebrei, quello della resistenza del ghetto di Vilna, e anche uno in lingua romanes, omaggio esplicitamente dichiarato alle vittime rom e sinti. Non solo, ma alcuni momenti del film Esther che suonava la fisarmonica nell’orchestra di Auschwitz di Elena Valsania ci mostrano la Béjarano che canta insieme ai giovani (tra cui il suo gruppo rap Microphone Mafia), con un repertorio che guarda anche ad altri contesti storici e ad altre guerre: dal Disertore di Boris Vian a Shir la shalom (la canzone della pace cantata anche da Rabin poco prima di essere assassinato). Qualche giorno fa presso la libreria Claudiana di Torino (uno dei due luoghi dove, insieme con la libreria Trebisonda, è allestita la mostra Il segno e l’immagine - 50 artisti contemporanei illustrano la persecuzione degli ebrei in Europa) Stefano Levi Della Torre rifletteva sulla difficoltà di trovare un equilibrio tra le banalizzazioni della Shoah e il rischio, non meno pernicioso, di un’unicità che l’allontana dalla storia e dalla possibilità di insegnare qualcosa al mondo contemporaneo: equilibrio che Levi della Torre individua per esempio in Primo Levi; credo che Esther Béjarano sia un buon esempio di come si possa trovare questo equilibrio nell’ambito della musica e del canto, anch’essi veicoli fondamentali per non dimenticare. “Voi non siete colpevoli per quello che è successo - dice la Béjarano ai giovani tedeschi di oggi – ma vi renderete colpevoli se non vorrete ascoltare, se non vi sforzerete di capire.”

Anna Segre, insegnante

notizie flash   rassegna stampa
Qui Tel Aviv - Il futuro è un ponte
fatto di tanti container colorati
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Un lungo ponte coperto niente meno che da coloratissimi container dismessi, un modo per far sì che il riciclo sia davvero produttivo e che tutto possa passare a una nuova vita. E' la nuovissima costruzione che adornerà presto la città di Tel Aviv, il progetto è firmato dallo studio di architetti Yav Messer. 
 

È Sami Modiano, sopravvissuto ad Auschwitz, il protagonista della copertina dell'inserto settimanale Sette del Corriere.




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