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28 gennaio 2013 - 17 Shevat
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Adolfo
Locci, rabbino capo
di Padova
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"L'Eterno disse a Moshè:
scendi…L'Eterno gli disse (di nuovo): va' e scendi…" (Esodo 19:21,24).
Il Signore deve ripetere due volte a Moshè di scendere per ricordare al
popolo di non avvicinarsi al monte nel momento della Sua rivelazione.
Moshè non comprende perché deve scendere e rifiuta di credere che il
popolo, che aveva appena ricevuto in forma chiara le istruzioni da
seguire, sta per trasgredire ad un chiaro ordine divino. L'ordine
divino è chiaro per Moshè, ma può non esserlo per il popolo. Con il
doppio invito a "scendere", il Signore vuole ricordare a Moshè,
completamente immerso nella sua dimensione di essere "di poco inferiore
rispetto agli angeli" (Salmi 8:6) che i figli d'Israele non sono al suo
stesso livello. Allora, per far comprendere la realtà nella quale essi
ora vivono, è lui a dovere scendere, a dover adeguarsi al loro livello.
Solo così un maestro può trasmettere nel modo migliore la parola di
D-o, parlando secondo le capacità di comprensione dei propri allievi...
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Anna
Foa,
storica
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E’ triste che alla vigilia del
27 gennaio i muri del Museo di Via Tasso siano stati imbrattati di
scritte antisemite e negazioniste. Ma è ancora più triste che un ex
Presidente del Consiglio del nostro Paese abbia approfittato della
cerimonia di inaugurazione del Memoriale Binario 21 a Milano e della
ricorrenza della Giornata della Memoria per esternazioni, come ben ha
detto il Presidente Gattegna, “destituite di senso morale e di
fondamento storico”. Credo che dobbiamo raddoppiare il nostro impegno
per trasmettere non solo la memoria ma anche la conoscenza esatta di
ciò che è stata la Shoah e di quel che è successo in Italia dalle leggi
razziste all’occupazione nazista e all’attiva complicità di Salò nella
cattura e nella deportazione degli ebrei italiani. Per insegnarlo ai
giovani, naturalmente, a chi è in grado di comprendere e ricevere il
sapere, non a chi non vuole né può imparare né a chi mente, come i
negazionisti, per principio.
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Memoria - Monti e
Berlusconi esprimono visioni antitetiche riguardo alle responsabilità
italiane di fronte alla Shoah |
 “Anche
quella dell’Italia è una responsabilità perpetua, un aspetto sul quale
dobbiamo riandare con la memoria e dobbiamo essere molto attenti a
evitare che piccoli focolai che ogni tanto si manifestano possano di
nuovo nell’indifferenza dare luogo a un ritorno di cose che l’umanità
non deve mai più permettersi”. Così il premier Mario Monti ha
dichiarato nel corso della sua visita al Memoriale della Shoah di
Milano. L’occasione è stata un’intervista realizzata per conto della
Fondazione Binario 21 dal regista e Consigliere comunale Ruggero Gabbai
nel corso della cerimonia di inaugurazione. I filmati, ha fatto sapere
la fondazione, saranno trasmessi Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano nelle prossime ore. Proprio nel corso delle interviste
realizzate da Gabbai, un altro leader politico italiano, l’ex primo
ministro Silvio Berlusconi, di fronte alla medesima domanda sulle
responsabilità dell’Italia a fronte della recente affermazione del
cancelliere tedesco Angela Merkel (“Noi siamo responsabili di questa
immane tragedia per sempre”) ha affermato “Noi non abbiamo la stessa
responsabilità. Ci sono responsabilità assolutamente diverse. Da parte
nostra ci fu una connivenza non completamente consapevole”, e che “Il
fatto delle leggi razziali è la peggiore colpa di un leader, Mussolini,
che per tanti altri versi invece aveva fatto bene”. Parole che
secondo molti riflettono un’opinione diffusa, se non addirittura comune
in larghi strati della popolazione italiana, come è stato
profeticamente espresso dallo scrittore Claudio Magris nell’intervista
rilasciata a Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione “Se il
nazismo e il fascismo si fossero limitati ad essere una dittatura di
destra, come per esempio il regime di Franco in Spagna, avrebbero
probabilmente potuto godere della passività dell'Occidente e forse
anche dell'appoggio degli ebrei reazionari. E sarebbero rimasti lì per
chissà quanto tempo. Attraverso il loro immenso sacrificio gli ebrei
hanno salvato la libertà del mondo”. E nella prolusione che tenne al
Quirinale in occasione del Giorno della Memoria nel 2008, anch’essa
riproposta dal giornale dell’ebraismo italiano, lo stesso Magris lanciò
un ammonimento anch'esso profetico: “Dopo l’antisemitismo – ha scritto
Egon Schwarz, il saggista viennese di famiglia ebraica che riuscì a
lasciare Vienna subito dopo l’Anschluss – la cosa peggiore è il
filosemitismo. Il filosemitismo è infatti sospetto; può indicare una
cattiva coscienza o la preoccupazione di nasconderla, agli altri o a se
stessi; suona talora stridulamente come una excusatio non petita, una
affannata ostentazione di sentimenti buoni o politicamente corretti. Il
filosemitismo rivela spesso insicurezza e imbarazzo nei confronti degli
ebrei e può coprire un represso e livido antisemitismo”. Le frasi
di Berlusconi hanno suscitato la ferma reazione del presidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna e di altri leader ed
esponenti del mondo ebraico italiano. Fra i tanti interventi che
vanno raccogliendosi la storica Anna Foa, nel suo editoriale che
abitualmente appare il lunedì mattina sul notiziario quotidiano
“l’Unione informa” afferma come sia “triste che un ex Presidente del
Consiglio del nostro Paese abbia approfittato della cerimonia di
inaugurazione del Memoriale Binario 21 a Milano e della ricorrenza
della Giornata della Memoria per esternazioni, come ben ha detto il
presidente Gattegna, destituite di senso morale e di fondamento
storico”. “Questo documentario non voleva avere nessun tipo di
connotazione politica, ma soltanto riportare il pensiero dei grandi
rappresentanti del paese sul tema della Memoria, in un luogo che della
Memoria vuole essere custode, al di là delle contrapposizioni politiche
ed elettorali” ha puntualizzato intanto Ruggero Gabbai, che ha rivolto
personalmente le domande agli intervistati, coinvolgendo tra gli altri
anche il sindaco Giuliano Pisapia. “Penso che ciò che ha dichiarato
Berlusconi, forse impreparato sull’argomento, rappresenti una visione
antitetica rispetto a quella di tutti coloro che hanno a cuore i valori
dell’antifascimo, ed è importante notare la differenza con quanto allo
stesso interrogativo ha risposto Monti”. In serata anche il presidente
della Comunità di Milano Walker Meghnagi, che appariva in video al
fianco di Silvio Berlusconi nel corso dell’intervista, si è associato
alla posizione espressa dal presidente UCEI condannando le espressioni
pronunciate dal leader del Pdl.
Rossella
Tercatin twitter @rtercatinmoked
Qui di
seguito la trascrizione delle affermazioni di Mario Monti e di
Silvio Berlusconi e i link per rivedere i filmati delle due interviste.
Silvio Berlusconi
Domanda: Cosa
possiamo dire oggi ai nostri giovani oggi delle
responsabilità italiane durante il fascismo e durante la guerra?
Berlusconi:
È difficile adesso mettersi nei panni di chi decise allora.
Certamente il governo di allora, per il timore che la potenza tedesca
si concretizzasse in una vittoria generale, preferì essere alleato alla
Germania di Hitler piuttosto che contrapporvisi. E dentro questa
alleanza ci fu l’imposizione della lotta e dello sterminio contro gli
ebrei. Quindi il fatto delle leggi razziali è la peggiore colpa di un
leader, Mussolini, che per tanti altri versi invece aveva fatto bene.
Domanda: La
Merkel ieri ha detto: “Noi siamo responsabili di questa
immane tragedia per sempre”. In fondo anche l’Italia dovrebbe dire
questo…
Berlusconi: Beh, noi non abbiamo la stessa responsabilità. Ci sono
responsabilità assolutamente diverse. Da parte nostra ci fu una
connivenza non completamente consapevole”.
Clicca qui per vedere il video.
Mario
Monti
Domanda: Che
significato ha per Milano e per l’Italia intera un luogo
di questo tipo, il recupero di un luogo così?
Monti: Ha un
significato terribile e importantissimo perché ci richiama
quotidianamente e richiamerà quotidianamente ai milanesi la memoria di
fatti che non possono essere dimenticati, non possono cadere
nell’indifferenza. E’ un’esperienza davvero sconvolgente visitare
questo luogo che è stato realizzato in modo da ridare, per quanto
possibile, l’emozione di chi qui iniziava un viaggio di cui non
conosceva la destinazione, e a queste cose, in questo momento in cui è
facile che tutto si dimentichi presi come si è dalle preoccupazioni
della vita moderna e dell’avvenire è fondamentale soprattutto per i
giovani che non hanno memoria neanche indiretta di questi terribili
avvenimenti, tornare, anche perché il rischio della discriminazione e
dell’antisemitismo noi sappiamo è purtroppo ben presente ancora e va
combattuto.
Domanda: La
presidente Merkel ha dichiarato in questi giorni che la
colpa della Germania sia una colpa perpetua. Lei cosa pensa della
resposabilità pesante dell’Italia fascista?
Monti: Anche quella è perpetua e anche quello è un aspetto sul quale
dobbiamo riandare con la memoria e dobbiamo essere molto attenti a
evitare che piccoli focolai che ogni tanto si manifestano possano di
nuovo nell’indifferenza dare luogo a un ritorno di cose che l’umanità
non deve mai più permettersi.
Clicca qui per vedere il video
(27 gennaio 2013)
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Quale Memoria per
rispondere alle domande |
Sulle pagine di
primo piano delle cronache italiane del Corriere della Sera
di oggi, nel mezzo delle polemiche suscitate dalle idiozie di un
apologo del fascismo che continua ad affabulare con la storiella della
sua amicizia per Israele (come se stare dalla parte di Israele non
consistesse anche nel difendere la sua storia, i valori di cui è
portatore e la sua dignità), compare una notizia da Gerusalemme su un
(pessimo) striscione antiarabo issato in uno stadio di calcio nello
stato di Israele (pagina 8). Perché questa notizia non è comparsa come
avrebbe dovuto nelle pagine Esteri? Il Corriere della sera trattando
dello stereotipo di Berlusconi cade simultaneamente nell’altro grande
stereotipo molto più sottile ma oggi ancora più insidioso e diffuso.
Quello dell’immagine dell’ebreo che esce dalla celebrazione
della Memoria: un’immagine di vittima, facente parte del passato,
un’immagine che non include quegli aspetti vitali e normali, ovvero
relativi ad una vita comune scandita dalla quotidianità. Essa non
include quel resto dell’identità ebraica, sempre complessa,
tutt’altro che monolitica e immersa nel mondo. Tale immagine
dell’ebreo, del tutto parziale e per questo falsa, lontano dalla realtà
quotidiana, non aiuta a comprendere la ricchezza e le problematiche
della storia e dell’identità ebraica. Il dovere della Memoria dissocia
gli ebrei vittime della Shoà da se stessi: si mostrano, si compiangono,
si celebrano, si esaltano i corpi morti degli ebrei, disincarnati,
universalizzati, mentre è assente l’ebreo vivo, il popolo ebraico nella
sua specificità. Questa celebrazione della Shoà sembra così presentare
pesanti ricadute non solo sul piano simbolico, ma soprattutto su quello
storico, giuridico e morale: infatti più gli ebrei sono
esaltati come vittime della Shoà, più sono esclusi come popolo, come
soggetto reale della Storia. La ricomposizione di un’immagine
dell’ebreo non idealizzata, ma vicina alla realtà, dovrebbe essere
quella a cui l’ebreo e il non ebreo dovrebbero invece aspirare:
immagini e metafore sono infatti importanti tappe cognitive che guidano
l’essere umano in qualsiasi processo di conoscenza e
costituiscono così quegli elementi funzionali alla costruzione di una
propria coscienza. Questa immagine diventa pericolosa quando viene
utilizzata per dimostrare altre tesi e non tanto, quindi, quando viene
presa, magari temporaneamente, come punto di partenza per porre domande
e capire di più. Questa immagine diventa un elemento fondante, semplice
e alla portata di tutti, destinato ad altri scopi, strumentalizzato per
sostenere quelle tesi negazioniste e antisemite, e, in alcuni casi,
contro la legittimità dello Stato di Israele: l’immagine della vittima
nazista viene infatti accorpata e identificata all’immagine della
vittima israeliana per una strana proprietà transitiva, da cui ne
consegue che “gli israeliani si comportano come dei nazisti nei
confronti dei propri fratelli palestinesi”. Da queste congetture e
sillogismi possono scaturire poi tesi ancor più allarmanti: “se gli
ebrei (Israele=sionisti=ebrei) oggi sono come i nazisti, allora i loro
padri hanno meritato di essere massacrati. Se i carnefici e i loro
complici di ieri hanno ucciso degli ebrei — così si suggerisce allora
hanno fatto bene, limitando almeno in parte, le future angherie che gli
ebrei (= gli israeliani) commettono oggi. E ancora: se loro sono come i
nazisti, che colpa abbiamo noi (i nostri padri, i nostri nonni, la
società italiana, la cultura europea) per essere stati se non attori,
almeno indifferenti spettatori della loro umiliazione, della loro
persecuzione, della loro deportazione, delle loro torture e della loro
morte?” Come ci insegnano i testi ebraici, per essere educativa una
memoria deve svolgersi al presente e deve quindi poter rispondere alle
domande del singolo e del gruppo nella sua contingenza. Solo in questo
modo potrà costruirsi una nuova coscienza che non sia scissa dalla vita
quotidiana, ma potrà crescere e accompagnare i singoli durante l’arco
della loro vita, senza rappresentare così una parentesi e un momento
istantaneo, sconnesso con il resto delle riflessioni, dei pensieri e
forse anche delle piccole o grandi decisioni.
rav Roberto
Della Rocca
direttore del dipartimento Educazione e Cultura
Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane
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"Frasi destituite di
senso morale e fondamento storico"
Lo sdegno degli ebrei italiani sulla stampa internazionale |
“Affermazioni destituite di
senso morale e di fondamento storico”. Oltre ai principali quotidiani
italiani, dal Corriere a Repubblica, dal Messaggero
alla Stampa,
l'immediata reazione di Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, in risposta alle “sconcertanti
dichiarazioni” pronunciate dal leader del Pdl Silvio Berlusconi sul
ventennio fascista è stata riportato con grande rilievo da molta stampa
internazionale che conta. Riflettori puntati su Israele e sulle
reazioni della sua opinione pubblica. Sconcerto, per le parole di
Berlusconi, è tra gli altri espresso da Haaretz. E anche una testata
dalla visione diametralmente opposta, Arutz 7 – voce della destra
israeliana – dà molto spazio alla notizia integrando con alcune
reazioni di esponenti del Pdl a sostegno di Berlusconi. Lo sdegno degli
ebrei italiani su numerose testate europee e americane: “Silvio
Berlusconi under fire for defending Benito Mussolini”, titola il
britannico Telegraph. “Outrage as Berlusconi
says Mussolini was good for Italy”, incalza Indipendent. “Tollé après les
propos de Berlusconi sur l'action positive de Mussolini”, scrive in
Francia Liberation mentre
l'argentino El Clarin racconta di un
Berlusconi “repudiado”. Los Angeles Times, negli Stati
Uniti, mette in luce la particolare inappropriatezza del luogo e
dell'occasione in cui tali frasi sono state pronunciate: “Berlusconi
defends Mussolini at Holocaust event”.
Sulla Stampa, in un editoriale in prima
pagina intitolato “Messaggio agli irriducibili di destra”, Gianni
Riotta – riprendendo il comunicato emesso dall'UCEI – sviscera alcuni
punti essenziali ed estremamente controversi del discorso politico di
questi giorni. Il suo è un messaggio trasversale, rivolto a tutti i
partiti e a tutti i leader. “La campagna elettorale – denuncia con
parole accorate – sta cancellando ogni decenza, ogni comune interesse
nazionale, nascondendo con superficiale vacuità i problemi che ci
attendono dal 25 febbraio in poi tra slogan, demagogia, populismo”. Le
parole del presidente dell'Unione anche sul principale quotidiano
sportivo d'Italia, La Gazzetta dello Sport, che nel
paginone dedicato all'attualità a cura di Giorgio Dell'Arti introduce
cinque domande e cinque risposte ispirandosi alla nota del leader UCEI.
“Perché proprio ora Berlusconi rivaluta Mussolini?”, si chiede il
giornalista. Ad intervere sulla stampa nazionale, tra gli altri, anche
i presidenti delle due maggiori Comunità ebraiche italiane, il romano Riccardo Pacifici e il milanese Walker Meghnagi, l'ex presidente
UCEI Amos Luzzatto, la vicepresidente
Commissione Affari Esteri della Camera Fiamma Nirenstein. Sharon Nizza,
candidata con il Pdl da Israele per la circoscrizione Estero, assicura
a Repubblica : "Farò cambiare idea a
Berlusconi".
Adam Smulevich
– twitter @asmulevichmoked
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Qui Milano - Musica e
parole per ricordare la Shoah |
Nel giorno della
straordinaria inaugurazione del
Memoriale della Shoah alla Stazione centrale, evento che ha richiamato
a Milano rappresentanti delle autorità nazionali e locali, ma anche
migliaia di cittadini, la città ha ricordato la Shoah anche in un
appuntamento divenuto ormai un punto fermo del Giorno della Memoria: la
serata concerto al conservatorio. Davanti a una sala gremita da
centinaia di persone, adalternarsi sul palco introdotti dalla regista
Miriam Camerini e accolti dalla direttrice del Conservatorio Sonia Bo,
sono stati i testimoni della Shoah, Liliana Segre e Nedo Fiano, ma
anche Alessandro Venezia, figlio di Shlomo, uno dei pochissimi
sopravvissuti al mondo dei Sonderkommando, scomparso alcuni mesi fa (a
dialogare con lui, il regista e consigliere comunale Ruggero Gabbai,
che diresse il documentario Memoria, in cui Shlomo Venezia riportava la
sua testimonianza), e poi i ragazzi del Conservatorio, il coro e i
musicisti. Una giornata in cui la soddisfazione per la grande
partecipazione della città all’apertura del Memoriale era stata
oscurata dalle dichiarazioni del leader del Pdl
Silvio Berlusconi a proposito delle responsabilità italiane nella
Shoah. “Non voglio entrare questa sera nella polemica - ha sottolineato
il direttore del Corriere della Sera e presidente della Fondazione
Memoriale Ferruccio De Bortoli - ci tengo a ribadire solo una cosa: un
regime che approva le leggi razziali non trova nella storia alcuna
giustificazione”. Sull’argomento è tornato anche il presidente della
Comunità ebraica Walker Meghnagi “La storia non si può cambiare, la
storia è storia. Noi ebrei denunciamo le persecuzioni razziali non solo
perché siamo ebrei ma perché il regime è stato duro e ha privato della
libertà”. A portare il saluto delle istituzioni sono stati l’assessore
comunale Daniela Benelli, e il presidente del Consiglio provinciale
Bruno Dapei. Presente in sala anche il vicepresidente dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach. “Yaakov lottando con
l’Angelo, uscì zoppicante – la riflessione proposta dal rabbino campo
di Milano Alfonso Arbib – Questo ci deve insegnare a ricordare che
dalla lotta con il Male, si esce sempre zoppicanti. Dalla Shoah non è
uscito zoppicante il popolo ebraico, ma l’umanità intera. Ma Yaakov,
pur ferito, nella lotta contro quell’Angelo vinse. Un messaggio che
dobbiamo tenere a mente, anche nei momenti di sconforto”.
La serata è stata anche l’occasione per presentare l’anteprima del
documentario realizzato da Gabbai sulla deportazione degli ebrei da
Rodi, che verrà presentato al Centro Primo Levi di New York il 13
marzo.
Sono state le riflessioni dei testimoni a concludere il Giorno della
Memoria. Il ricordo, dolcissimo, di Shlomo Venezia offerto da suo
figlio Alessandro (intervistato insieme ai due fratelli Mario e Alberto
sulnumero di Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione). Le
speranze, ma anche le perplessità di fronte alla sfida di tramandare la
Memoria e la consapevolezza di quello che avvenne alle nuove
generazioni: un compito su cui hanno riflettuto Liliana Segre e Nedo
Fiano insieme a Liliana Picciotto, consigliere UCEI e storica della
Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, spiegando
quanto possa essere diversa la reazione dei ragazzi, a seconda
dell’età, della provenienza geografica, e soprattutto degli
insegnanti che li preparano. “Gli insegnanti sono fondamentali - hanno
sottolineato Segre e Fiano - Se non hanno l’atteggiamento giusta
possono rappresentare un grande ostacolo. I ragazzi in generale hanno
una buona disposizione verso di noi, ma è difficile prevedere come
cresceranno. Perché ci vuole molta forza per diventare uomini e donne
con il coraggio di fare delle scelte”.
rt
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Qui Roma - Luci spente
contro l'indifferenza
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Luci spente. Per la Memoria,
per il ricordo attraverso le generazioni, per la consapevolezza che
voltare le spalle al presente non è un'opzione per quanti si
riconoscono in valori irrinunciabili come la libertà e la democrazia.
Così, luci spente sul Colosseo – simbolo di Roma – che per il Giorno
della Memoria guarda, su impulso della Comunità ebraica e
dell'amministrazione cittadina, verso le nuove minacce e i nuovi venti
di odio che spirano da Est e in particolare dall'Ungheria. A
raccogliere l'invito esponenti del mondo istituzionale e della società
civile. Con loro l'ambasciatore ungherese a Roma, Janos Balla. Sul
palco si susseguono gli interventi. “Chi è sopravvissuto vuole da noi
il futuro della Memoria. Per questo noi ricorderemo tutto, per sempre,
e ci impegneremo a fondo perché la battaglia contro i fascismi non è
ancora finita”, afferma Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del
Partito Democratico. Fiamma Nirenstein, vicepresidente della
Commissione affari esteri della Camera, si sofferma invece sulla
missione appena conclusasi in Ungheria con al fianco parlamentari
europei e israeliani. “C'è un rigurgito di antisemitismo fortissimo –
racconta – ma noi non ci lasceremo più terrorizzare. Noi vinceremo, noi
li batteremo, noi ce la faremo”. L'ambasciatore Balla elogia l'impegno
del governo Orban contro Jobbik e le altre forze dell'estrema destra
magiara che minacciano ebrei, rom, omosessuali e altre identità e
ribadisce la centralità di Budapest come luogo di cultura e rinascita
ebraica. “L'antisemitismo – dice – non è più presente da noi che in
altri paesi”. Il presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici
rassicura sull'intenzione di “non voler mettere sotto processo
l'Ungheria e il suo popolo” e si dichiara preoccupato per la comparsa
sulla scena politica europea di alcuni partiti intenzionati “ad emulare
lo Jobbik”. Allarme, dal leader degli ebrei romani, anche per la
partecipazione di formazioni che si richiamano a ideologie di morte e
di violenza alle prossime consultazioni elettorali in Italia. “Dobbiamo
fermarli”, il suo appello. La serata, condotta da Daniel Funaro, si
chiude con l'intervento del sindaco Gianni Alemanno che ricorda
l'importanza del gesto simbolico in procinto di essere compiuto e
sottolinea la sfida di Memoria lanciata dalla città di Roma con il
completamento dell'iter burocratico che dalla prossima settimana, con
l'approvazione dell'ultima delibera, porterà alla posa della prima
pietra del Museo della Shoah. Sul palco, tra gli altri, a fianco del
rabbino capo rav Riccardo Di Segni, l'ex presidente della Corte
costituzionale e presidente emerito del Museo della Shoah Giovanni
Maria Flick. Soddisfazione, in un messaggio congiunto inviato a
Pacifici, è oggi espressa dai leader delle Comunità ebraiche ungheresi
Peter Feldmajer e Gusztal Zoltai. “La vostra iniziativa – si legge – ci
tocca nel profondo”.
Proseguono intanto nella Capitale le iniziative dedicate alla Memoria.
Questa mattina al sacrario della Guardia di Finanza la deposizione di
una corona e di alcuni fiori sulla lapide che ricorda quanti – tra
coloro che hanno vestito la divisa – sono stati iscritti nel registro
dei Giusti tra le Nazioni dello Yad Vashem. Presente per l'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane l'assessore Noemi Di Segni, cui è stato
donata una copia de Il contrabbandiere di uomini, volume dedicato
all'eroica vicenda di Giovanni Gavino Tolis. Un'opera, a cura di
Gerardo Severino, che si inserisce nel solco delle varie attività
realizzate dall'arma a sei anni dall'istituzione del nucleo di ricerca
storica volto a far luce sul contributo umanitario offerto dalla
Guardia di Finanza durante il nazifascismo. “L'aspetto che più ho
percepito – spiega Di Segni – è un impegno per il ricordo e la
consapevolezza che va oltre le specifiche iniziative per il Giorno
della Memoria ma che si concretizza in un lavoro quotidiano fatto di
ricerca a stretto contatto con lo Yad Vashem”.
E ieri, da mattina a sera,
sono stati molteplici gli appuntamenti cui ha preso parte la Comunità
ebraica. Al Cimitero del Verano, con la cerimonia organizzata
congiuntamente da Aned e associazione Nipoti della Shoah; al
Pitigliani, con la seconda edizione del progetto Memorie di famiglia;
al Bet Michael, dove sono state unite due ricorrenze – Tu Bishvat e
Giorno della Memoria – con la piantumazione, da parte dei bambini di
Monteverde, di aiuole e ulivi in ricordo dei testimoni Shlomo Venezia e
Sabatino Finzi. Recitato un Izhkor in loro memoria. Ad intervenire, tra
gli altri, l'assessore alle relazioni esterne della Comunità ebraica
Ruben Della Rocca, il rav Umberto Piperno, il maskil Gadi Piperno e
Aldo Anav del Keren Kayemeth LeIsrael.
a.s.
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Qui Milano - I disturbi
dello sviluppo
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Camminando per i corridoi
della struttura complessa di pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli a
Milano, in occasione del seminario I disturbi dello sviluppo: diagnosi
precoce, riabilitazione e ricerca tenutosi venerdì, impossibile non
notare i pavimenti cosparsi di pezzi di feltro colorato e affollati di
ragazzi e ragazze intenti a ritagliare. L’ospedale sta infatti
rinnovando tutto il reparto, con l’obiettivo di rendere l’ambiente più
familiare, meno ospedaliero, per far sentire maggiormente a loro agio i
giovanissimi ospiti, e a questo scopo gli studenti dell’Accademia delle
Belle Arti di Brera hanno collaborato creando delle allegre decorazioni
per i muri. Un altro passo verso il rinnovamento è stato quello di
intraprendere una collaborazione con Villa Santa Maria, centro
neuropsichiatrico infantile e residenza sanitaria per disabili a
Tavernerio, in provincia di Como, che ha organizzato il seminario. Dopo
i saluti del dottor Luca Bernardo, direttore della struttura complessa
di pediatria e dell’area dell’adolescenza dell’ospedale
Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano, e della dottoressa Gaetana
Mariani, presidente e direttore generale di Villa Santa Maria, hanno
seguito due relazioni incentrate sulla diagnosi dei disturbi dello
sviluppo nei bambini. A parlare per prima la dottoressa Marina Norsi,
direttrice ora in pensione del Centro di diagnosi e riabilitazione
pediatrica Tzad Kadima di Beer Sheva, che a sua volta ha un accordo di
gemellaggio con Villa Santa Maria nato nel 2009 e approvato dalla
regione Lombardia. Al centro del suo intervento gli aspetti clinici e
il ruolo del pediatra nella diagnosi precoce dei disturbi dello
sviluppo, che può avvenire già prima dei due anni e permette di
iniziare subito la terapia che risulta decisamente più efficace nei
primi anni di età. È poi intervenuto il dottor Enzo Grossi, direttore
scientifico di Villa Santa Maria, che si è concentrato più nello
specifico sull’autismo, illustrando lo scenario attuale della ricerca
nel campo e le prospettive future.
Francesca
Matalon – twitter @MatalonF
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Qui Casale - La Shoah
vista dai ragazzi
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C'è il pane, le azzime della
pasqua abbandonate sul selciato come dopo un saccheggio, ci sono i
pezzi degli scacchi che diventano crudeli soldati chiodati, c'è una
scrivania: le foto di famiglia scheggiate i libri lasciati a metà... e
ci sono forme di uomini di pietra distese e scheggiate. Questo Giorno
della Memoria verrà ricordato così alla Comunità ebraica di Casale
Monferrato, attraverso le opere dei ragazzi del liceo artistico
Ambrogio Alciati di Trino. Una cinquantina di pezzi che hanno occupato
integralmente la sala Carmi, il cortile e il portico attorno alla
sinagoga. Opere mai banali che tengono conto delle influenze dell'arte
moderna e che rivelano soprattutto le tracce dell'assenza. I sei
milioni di ebrei uccisi nei campi di sterminio diventano milioni di
fili impossibili da riannodare,fotografie dove poco per volta non
rimane nessuno. Un lavoro lodato da tutti e realizzato dalle classi III
A, III B, IV A, V A e V B, guidate dagli insegnanti Daniela Fontanesi,
Rosanna Gregorace, Tiziana Salé e Monica Falcone, responsabile anche
della coordinazione artistica del progetto. “E’ sempre importante per
noi passare il testimone del ricordo alle generazioni più giovani, man
mano che i testimoni diretti scompaiono” spiega Elio Carmi,
vicepresidente della Comunità ebraica alle autorità arrivate in vicolo
Salomone Olper per questa ricorrenza. Ci sono il prefetto di
Alessandria Romilda Tafuri, Il comandante provinciale dei Carabinieri
colonnello Massimo Bergamini, il consigliere regionale Marco Botta, il
sindaco di Casale Monferrato Giorgio Demezzi e tanti, tantissimi amici
delle associazioni nazionali partigiane, degli studi sulla resistenza o
semplici cittadini vicini alla Comunità in questo giorno. La giornata è
proseguita all’interno della sinagoga con la lettura dei nomi delle
vittime casalesi e moncalvesi della Shoah e l’accensione di sette
lampade a simboleggiare le sei milioni di vittime del popolo
ebraico e il milione di non ebrei periti nei campi di sterminio.
Toccante la conclusione della rievocazione affidata all’attore casalese
Emilio Bonelli e alla lettura del testo del testo Domande a Dio dal
ghetto di Varsavia, in cui l’eterna domanda sulla sofferenza di Giobbe
accomuna il destino degli uomini.
Alberto
Angelino
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Memoria: Berlusconi ne evidenzia la necessità |
Le
frasi di Silvio Berlusconi pronunciate durante l'inaugurazione del
Memoriale della Shoah alla stazione centrale di Milano, hanno – e forse
ce n'era bisogno – restituito un senso al Giorno della Memoria. Qualcuno
ha sottolineato l'inopportunità del luogo, dell'evento e del giorno in
cui sono state rilasciate. Credo invece che sia proprio quello che le
ha rese più interessanti. La celebrazione del Giorno della Memoria
rischia da qualche anno di diventare un mero esercizio retorico,
privato del contenuto centrale. Il pericolo che, come aveva indicato
Primo Levi, è accaduto e possa accadere ancora. Questo pericolo si
manifesta proprio con l'autoassoluzione che è dentro le dichiarazioni
di Berlusconi. Il capo della coalizione di centrodestra ha fatto quella
dichiarazione rispondendo a una domanda su quanto a sua volta detto
dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel che aveva riconosciuto come gli
orrori del nazionalsocialismo fossero una responsabilità perenne del
popolo tedesco. Berlusconi invece ha sostenuto che tra italiani e
tedeschi ci sono responsabiltà assolutamente diverse e che "da parte
nostra ci fu una connivenza non completamente consapevole". Una
colpevole inconsapevolezza che dura tutt'oggi mi viene da dire. Il
Giorno della Memoria è stato istituito per conservare il ricordo non
soltanto delle vittime ma anche della tragedia dell'Europa nella prima
metà del secolo scorso. Ma non si può rendere omaggio alle vittime
occultando le responsabilità dei carnefici, né scaricandole su altri.
Se il monito è quello che non accada mai più, bisogna poter individuare
quali sono stati i comportamenti che hanno determinato lo sterminio.
Sì, le camere a gas, i campi di sterminio, le marce della morte, sono
stati perpetrati dalle SS tedesche. Ma le razzie e le retate, le
denunce e gli arresti, i campi di concentramento e l'indifferenza di
chi ha visto e non è intervenuto. E' avvenuto in Italia e fatto dagli
italiani. Silvio Berlusconi ha dato la prova decisiva, suo
malgrado, che c'è ancora molto da fare per mantenere viva la Memoria
della tragedia della Shoah e dell'Europa del secolo scorso e che è
ancora necessario celebrare con contenuti autentici il Giorno della
Memoria per preservare la società umana da simili catastrofi. Anselmo Calò, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
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In cornice - Rotaie |
Affidare il ricordo della
Shoah solo a un resoconto freddo, numerico, scientifico significa
rinunciare a mantenere vivo il ricordo della tragedia in gran parte
della popolazione. Bisogna emozionare, bisogna ricreare le situazioni,
e per questo che il ruolo dei testimoni è fondamentale. Ma cosa fare
quando non saranno più fra noi? Credo proprio che l'unica risposta sia
affidarsi all'arte, agli artisti, meglio se non semplicemente
figurativi, che non si rifacciano troppo a immagini già viste, ma
lavorino a livello più profondo, con le associazioni che la Shoah ormai
richiama in vaste platee. Prendete ad esempio l'installazione che Dani
Karavan ha creato per ricordare la nostra grande tragedia: sistema in
spazi chiusi (meglio) o in piazze (comunque con ottimi risultati),
delle rotaie complete di traversine e di massicciato, usate, sporche,
vissute. Quelle rotaie finiscono contro un muro, senza speranza e sul
muro ha scritto il numero dell'ultimo prigioniero liberato da
Auschwitz. L'effetto è mozzafiato, e i moltissimi che legano
le rotaie, i treni alla Shoah, vengono colpiti al cuore.
Daniele
Liberanome, critico d'arte
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Tea for Two - Mi salverebbe
o no?
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Ricordo bene quando me ne
hanno parlato la prima volta. Ero alle elementari, a scuola ebraica e
non avevo dato alcun peso alla cosa, esattamente come quando sono
cadute le Twin Towers. Leggevamo un testo di antologia che si chiamava
Wasser bitten ed era accompagnato da una foto di gente stipata in treno
che pregava per avere dell'acqua. Mi sembrava una richiesta come
un'altra, avevo una tipica indifferenza di bambina, a causa della quale
quando vedi la morte di Mufasa nel Re leone a cinque anni non batti
ciglio e quando ne hai venti prorompi in un pianto torrenziale. Tornata
a casa, con uno dei miei soliti completi lilla e la faccia tonda e
gioconda, mi imbatto in mia madre e le dico con leggerezza che devo
rispondere alle domande di un testo che si chiama Wasser bitten. Poi
sorrido, non so nemmeno perché lo faccio, forse per reprimere la nota
stonata che percepisco in lontananza. Mamma di solito così serafica, si
oscura e mi dice: "Ma non hai capito che non possono scendere dal
treno? Pensa se ci fossero al loro posto...". E dice il nome della mia
migliore amica e del bambino per cui avevo una cotta. Sa bene che dirmi
"pensa se ci fossi te" non avrebbe ottenuto alcun risultato. Allora la
guardo con gli occhi iniettati di rabbia e piango. Piango perché non
voglio sapere, non voglio pensarci, vorrei continuare a non sapere e
non scontrarmi con la durezza del mondo. Così comincia il mio rapporto
con la Shoah, come una elaborazione del lutto per fasi. Se prima negavo
con il sorriso, dopo il bernoccolo preso contro la verità inizio ad
ossessionarmi al tema e a vivere nella tragedia. Allora hai quel senso
di colpa tutto ebraico per i sommersi e i salvati. E sei la nipote
della generazione ferita e hai paura. Perché tutto diventa più
sbiadito, perché le persone sbuffano se ne sentono ancora parlare,
perché tu stessa sei in conflitto con la storia. Ed eccomi immersa in
un'adolescenza passata tra treni per la vita e notti ascoltando Elie
Wiesel. A mettermi subito in guardia e a sospettare di tutti. Poi la
vita, matrigna e strana come è, ti insegna a convivere con il dolore.
Cammini e hai paura di vivere perché potresti dimenticare. Le cicatrici
fanno paura, fanno impressione, bisogna nasconderle per essere
accettati, ci si ripete. Ma la verità viene a galla, allora ti ritrovi
in maniera incontrollata a fare quel giochetto che Nathan Englander fa
con sua sorella e appena conosci qualcuno ti chiedi in maniera
apparentemente folle: "Mi salverebbe dai nazisti o mi denuncerebbe
perché sono fastidiosa?". Forse il momento peggiore è stato quando una
mia cara amica mi ha guardato e sinceramente addolorata mi ha detto:
"Non vi fidate più di noi, vero?". Mi ha fatto soffrire ancora di più
di qualche ventenne represso che si lamenta della sovraesposizione
della memoria. E poi vedo un'altra compagna di studi, che non ha
scritto alcuno status su facebook per il 27 gennaio, ma ha pubblicato
un'immagine di Maus. Sorrido tristemente. E mi fido.
Rachel
Silvera, studentessa – twitter@RachelSilvera2
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notizie flash |
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rassegna
stampa |
Calcio -
Zahavi lascia Palermo
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la rassegna |
Ufficialmente terminata
l'esperienza di Eran Zahavi al Palermo. Il centrocampista israeliano,
approdato in rosanero nel 2011 con buone prospettive di carriera, è
infatti tornato in patria a titolo definitivo. Ad accaparrarsi le sue
prestazioni, con la speranza di un rilancio internazionale, il Maccabi
Tel Aviv.
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Dal Corriere a Repubblica, dal Messaggero alla Stampa. Le reazioni del presidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna alle
affermazioni “destituito di senso morale e di fondamento storico” del
leader del Pdl Silvio Berlusconi in merito al ventennio fascista hanno
fatto il giro della stampa italiana (e internazionale).
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