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28 gennaio 2013 - 17 Shevat 5773
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav

Adolfo Locci, rabbino capo
di Padova

"L'Eterno disse a Moshè: scendi…L'Eterno gli disse (di nuovo): va' e scendi…" (Esodo 19:21,24). Il Signore deve ripetere due volte a Moshè di scendere per ricordare al popolo di non avvicinarsi al monte nel momento della Sua rivelazione. Moshè non comprende perché deve scendere e rifiuta di credere che il popolo, che aveva appena ricevuto in forma chiara le istruzioni da seguire, sta per trasgredire ad un chiaro ordine divino. L'ordine divino è chiaro per Moshè, ma può non esserlo per il popolo. Con il doppio invito a "scendere", il Signore vuole ricordare a Moshè, completamente immerso nella sua dimensione di essere "di poco inferiore rispetto agli angeli" (Salmi 8:6) che i figli d'Israele non sono al suo stesso livello. Allora, per far comprendere la realtà nella quale essi ora vivono, è lui a dovere scendere, a dover adeguarsi al loro livello. Solo così un maestro può trasmettere nel modo migliore la parola di D-o, parlando secondo le capacità di comprensione dei propri allievi...

Anna
Foa,
 storica

   
Anna Foa
E’ triste che alla vigilia del 27 gennaio i muri del Museo di Via Tasso siano stati imbrattati di scritte antisemite e negazioniste. Ma è ancora più triste che un ex Presidente del Consiglio del nostro Paese abbia approfittato della cerimonia di inaugurazione del Memoriale Binario 21 a Milano e della ricorrenza della Giornata della Memoria per esternazioni, come ben ha detto il Presidente Gattegna, “destituite di senso morale e di fondamento storico”. Credo che dobbiamo raddoppiare il nostro impegno per trasmettere non solo la memoria ma anche la conoscenza esatta di ciò che è stata la Shoah e di quel che è successo in Italia dalle leggi razziste all’occupazione nazista e all’attiva complicità di Salò nella cattura e nella deportazione degli ebrei italiani. Per insegnarlo ai giovani, naturalmente, a chi è in grado di comprendere e ricevere il sapere, non a chi non vuole né può imparare né a chi mente, come i negazionisti, per principio.

davar
Memoria - Monti e Berlusconi esprimono visioni antitetiche riguardo alle responsabilità italiane di fronte alla Shoah
“Anche quella dell’Italia è una responsabilità perpetua, un aspetto sul quale dobbiamo riandare con la memoria e dobbiamo essere molto attenti a evitare che piccoli focolai che ogni tanto si manifestano possano di nuovo nell’indifferenza dare luogo a un ritorno di cose che l’umanità non deve mai più permettersi”. Così il premier Mario Monti ha dichiarato nel corso della sua visita al Memoriale della Shoah di Milano. L’occasione è stata un’intervista realizzata per conto della Fondazione Binario 21 dal regista e Consigliere comunale Ruggero Gabbai nel corso della cerimonia di inaugurazione. I filmati, ha fatto sapere la fondazione, saranno trasmessi Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nelle prossime ore. Proprio nel corso delle interviste realizzate da Gabbai, un altro leader politico italiano, l’ex primo ministro Silvio Berlusconi, di fronte alla medesima domanda sulle responsabilità dell’Italia a fronte della recente affermazione del cancelliere tedesco Angela Merkel (“Noi siamo responsabili di questa immane tragedia per sempre”) ha affermato “Noi non abbiamo la stessa responsabilità. Ci sono responsabilità assolutamente diverse. Da parte nostra ci fu una connivenza non completamente consapevole”, e che “Il fatto delle leggi razziali è la peggiore colpa di un leader, Mussolini, che per tanti altri versi invece aveva fatto bene”.
Parole che secondo molti riflettono un’opinione diffusa, se non addirittura comune in larghi strati della popolazione italiana, come è stato profeticamente espresso dallo scrittore Claudio Magris nell’intervista rilasciata a Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione “Se il nazismo e il fascismo si fossero limitati ad essere una dittatura di destra, come per esempio il regime di Franco in Spagna, avrebbero probabilmente potuto godere della passività dell'Occidente e forse anche dell'appoggio degli ebrei reazionari. E sarebbero rimasti lì per chissà quanto tempo. Attraverso il loro immenso sacrificio gli ebrei hanno salvato la libertà del mondo”. E nella prolusione che tenne al Quirinale in occasione del Giorno della Memoria nel 2008, anch’essa riproposta dal giornale dell’ebraismo italiano, lo stesso Magris lanciò un ammonimento anch'esso profetico: “Dopo l’antisemitismo – ha scritto Egon Schwarz, il saggista viennese di famiglia ebraica che riuscì a lasciare Vienna subito dopo l’Anschluss – la cosa peggiore è il filosemitismo. Il filosemitismo è infatti sospetto; può indicare una cattiva coscienza o la preoccupazione di nasconderla, agli altri o a se stessi; suona talora stridulamente come una excusatio non petita, una affannata ostentazione di sentimenti buoni o politicamente corretti. Il filosemitismo rivela spesso insicurezza e imbarazzo nei confronti degli ebrei e può coprire un represso e livido antisemitismo”.
Le frasi di Berlusconi hanno suscitato la ferma reazione del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna e di altri leader ed esponenti del mondo ebraico italiano.
Fra i tanti interventi che vanno raccogliendosi la storica Anna Foa, nel suo editoriale che abitualmente appare il lunedì mattina sul notiziario quotidiano “l’Unione informa” afferma come sia “triste che un ex Presidente del Consiglio del nostro Paese abbia approfittato della cerimonia di inaugurazione del Memoriale Binario 21 a Milano e della ricorrenza della Giornata della Memoria per esternazioni, come ben ha detto il presidente Gattegna, destituite di senso morale e di fondamento storico”. “Questo documentario non voleva avere nessun tipo di connotazione politica, ma soltanto riportare il pensiero dei grandi rappresentanti del paese sul tema della Memoria, in un luogo che della Memoria vuole essere custode, al di là delle contrapposizioni politiche ed elettorali” ha puntualizzato intanto Ruggero Gabbai, che ha rivolto personalmente le domande agli intervistati, coinvolgendo tra gli altri anche il sindaco Giuliano Pisapia. “Penso che ciò che ha dichiarato Berlusconi, forse impreparato sull’argomento, rappresenti una visione antitetica rispetto a quella di tutti coloro che hanno a cuore i valori dell’antifascimo, ed è importante notare la differenza con quanto allo stesso interrogativo ha risposto Monti”. In serata anche il presidente della Comunità di Milano Walker Meghnagi, che appariva in video al fianco di Silvio Berlusconi nel corso dell’intervista, si è associato alla posizione espressa dal presidente UCEI condannando le espressioni pronunciate dal leader del Pdl.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

Qui di seguito la trascrizione delle affermazioni di Mario Monti e di Silvio Berlusconi e i link per rivedere i filmati delle due interviste.

Silvio Berlusconi

Domanda: Cosa possiamo dire oggi ai nostri giovani oggi delle responsabilità italiane durante il fascismo e durante la guerra?
Berlusconi: È difficile adesso mettersi nei panni di chi decise allora. Certamente il governo di allora, per il timore che la potenza tedesca si concretizzasse in una vittoria generale, preferì essere alleato alla Germania di Hitler piuttosto che contrapporvisi. E dentro questa alleanza ci fu l’imposizione della lotta e dello sterminio contro gli ebrei. Quindi il fatto delle leggi razziali è la peggiore colpa di un leader, Mussolini, che per tanti altri versi invece aveva fatto bene.
Domanda: La Merkel ieri ha detto: “Noi siamo responsabili di questa immane tragedia per sempre”. In fondo anche l’Italia dovrebbe dire questo…
Berlusconi: Beh, noi non abbiamo la stessa responsabilità. Ci sono responsabilità assolutamente diverse. Da parte nostra ci fu una connivenza non completamente consapevole”.

Clicca qui per vedere il video.

Mario Monti

Domanda: Che significato ha per Milano e per l’Italia intera un luogo di questo tipo, il recupero di un luogo così?
Monti: Ha un significato terribile e importantissimo perché ci richiama quotidianamente e richiamerà quotidianamente ai milanesi la memoria di fatti che non possono essere dimenticati, non possono cadere nell’indifferenza. E’ un’esperienza davvero sconvolgente visitare questo luogo che è stato realizzato in modo da ridare, per quanto possibile, l’emozione di chi qui iniziava un viaggio di cui non conosceva la destinazione, e a queste cose, in questo momento in cui è facile che tutto si dimentichi presi come si è dalle preoccupazioni della vita moderna e dell’avvenire è fondamentale soprattutto per i giovani che non hanno memoria neanche indiretta di questi terribili avvenimenti, tornare, anche perché il rischio della discriminazione e dell’antisemitismo noi sappiamo è purtroppo ben presente ancora e va combattuto.
Domanda: La presidente Merkel ha dichiarato in questi giorni che la colpa della Germania sia una colpa perpetua. Lei cosa pensa della resposabilità pesante dell’Italia fascista?
Monti: Anche quella è perpetua e anche quello è un aspetto sul quale dobbiamo riandare con la memoria e dobbiamo essere molto attenti a evitare che piccoli focolai che ogni tanto si manifestano possano di nuovo nell’indifferenza dare luogo a un ritorno di cose che l’umanità non deve mai più permettersi.

Clicca qui per vedere il video

(27 gennaio 2013)
Quale Memoria per rispondere alle domande
Sulle pagine di primo piano delle  cronache italiane del Corriere della Sera di oggi, nel mezzo delle polemiche suscitate dalle idiozie di un apologo del fascismo che continua ad affabulare con la storiella della sua amicizia per Israele (come se stare dalla parte di Israele non consistesse anche nel difendere la sua storia, i valori di cui è portatore e la sua dignità), compare una notizia da Gerusalemme su un (pessimo) striscione antiarabo issato in uno stadio di calcio nello stato di Israele (pagina 8). Perché questa notizia non è comparsa come avrebbe dovuto nelle pagine Esteri? Il Corriere della sera trattando dello stereotipo di Berlusconi cade simultaneamente nell’altro grande stereotipo molto più sottile ma oggi ancora più insidioso e diffuso. Quello  dell’immagine dell’ebreo che esce dalla celebrazione della Memoria: un’immagine di vittima, facente parte del passato, un’immagine che non include quegli aspetti vitali e normali, ovvero relativi ad una vita comune scandita dalla quotidianità. Essa non include  quel resto dell’identità ebraica, sempre complessa, tutt’altro che monolitica e immersa nel mondo. Tale immagine dell’ebreo, del tutto parziale e per questo falsa, lontano dalla realtà quotidiana, non aiuta a comprendere la ricchezza e le problematiche della storia e dell’identità ebraica. Il dovere della Memoria dissocia gli ebrei vittime della Shoà da se stessi: si mostrano, si compiangono, si celebrano, si esaltano i corpi morti degli ebrei, disincarnati, universalizzati, mentre è assente l’ebreo vivo, il popolo ebraico nella sua specificità. Questa celebrazione della Shoà sembra così presentare pesanti ricadute non solo sul piano simbolico, ma soprattutto su quello storico, giuridico e morale: infatti  più gli ebrei sono esaltati come vittime della Shoà, più sono esclusi come popolo, come soggetto reale della Storia. La ricomposizione di un’immagine dell’ebreo non idealizzata, ma vicina alla realtà, dovrebbe essere quella a cui l’ebreo e il non ebreo dovrebbero invece aspirare: immagini e metafore sono infatti importanti tappe cognitive che guidano l’essere umano in  qualsiasi processo di conoscenza e costituiscono così quegli elementi funzionali alla costruzione di una propria coscienza. Questa immagine diventa pericolosa quando viene utilizzata per dimostrare altre tesi e non tanto, quindi, quando viene presa, magari temporaneamente, come punto di partenza per porre domande e capire di più. Questa immagine diventa un elemento fondante, semplice e alla portata di tutti, destinato ad altri scopi, strumentalizzato per sostenere quelle tesi negazioniste e antisemite, e, in alcuni casi, contro la legittimità dello Stato di Israele: l’immagine della vittima nazista viene infatti accorpata e identificata all’immagine della vittima israeliana per una strana proprietà transitiva, da cui ne consegue che “gli israeliani si comportano come dei nazisti nei confronti dei propri fratelli palestinesi”. Da queste congetture e sillogismi possono scaturire poi tesi ancor più allarmanti: “se gli ebrei (Israele=sionisti=ebrei) oggi sono come i nazisti, allora i loro padri hanno meritato di essere massacrati. Se i carnefici e i loro complici di ieri hanno ucciso degli ebrei — così si suggerisce allora hanno fatto bene, limitando almeno in parte, le future angherie che gli ebrei (= gli israeliani) commettono oggi. E ancora: se loro sono come i nazisti, che colpa abbiamo noi (i nostri padri, i nostri nonni, la società italiana, la cultura europea) per essere stati se non attori, almeno indifferenti spettatori della loro umiliazione, della loro persecuzione, della loro deportazione, delle loro torture e della loro morte?” Come ci insegnano i testi ebraici, per essere educativa una memoria deve svolgersi al presente e deve quindi poter rispondere alle domande del singolo e del gruppo nella sua contingenza. Solo in questo modo potrà costruirsi una nuova coscienza che non sia scissa dalla vita quotidiana, ma potrà crescere e accompagnare i singoli durante l’arco della loro vita, senza rappresentare così una parentesi e un momento istantaneo, sconnesso con il resto delle riflessioni, dei pensieri e forse anche delle piccole o grandi decisioni.

rav Roberto Della Rocca
direttore del dipartimento Educazione e Cultura

Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

"Frasi destituite di senso morale e fondamento storico"
Lo sdegno degli ebrei italiani sulla stampa internazionale
“Affermazioni destituite di senso morale e di fondamento storico”. Oltre ai principali quotidiani italiani, dal Corriere a Repubblica, dal Messaggero alla Stampa, l'immediata reazione di Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, in risposta alle “sconcertanti dichiarazioni” pronunciate dal leader del Pdl Silvio Berlusconi sul ventennio fascista è stata riportato con grande rilievo da molta stampa internazionale che conta. Riflettori puntati su Israele e sulle reazioni della sua opinione pubblica. Sconcerto, per le parole di Berlusconi, è tra gli altri espresso da Haaretz. E anche una testata dalla visione diametralmente opposta, Arutz 7 – voce della destra israeliana – dà molto spazio alla notizia integrando con alcune reazioni di esponenti del Pdl a sostegno di Berlusconi. Lo sdegno degli ebrei italiani su numerose testate europee e americane: “Silvio Berlusconi under fire for defending Benito Mussolini”, titola il britannico Telegraph. “Outrage as Berlusconi says Mussolini was good for Italy”, incalza Indipendent. “Tollé après les propos de Berlusconi sur l'action positive de Mussolini”, scrive in Francia Liberation mentre l'argentino El Clarin racconta di un Berlusconi “repudiado”. Los Angeles Times, negli Stati Uniti, mette in luce la particolare inappropriatezza del luogo e dell'occasione in cui tali frasi sono state pronunciate: “Berlusconi defends Mussolini at Holocaust event”.
Sulla Stampa, in un editoriale in prima pagina intitolato “Messaggio agli irriducibili di destra”, Gianni Riotta – riprendendo il comunicato emesso dall'UCEI – sviscera alcuni punti essenziali ed estremamente controversi del discorso politico di questi giorni. Il suo è un messaggio trasversale, rivolto a tutti i partiti e a tutti i leader. “La campagna elettorale – denuncia con parole accorate – sta cancellando ogni decenza, ogni comune interesse nazionale, nascondendo con superficiale vacuità i problemi che ci attendono dal 25 febbraio in poi tra slogan, demagogia, populismo”. Le parole del presidente dell'Unione anche sul principale quotidiano sportivo d'Italia, La Gazzetta dello Sport, che nel paginone dedicato all'attualità a cura di Giorgio Dell'Arti introduce cinque domande e cinque risposte ispirandosi alla nota del leader UCEI. “Perché proprio ora Berlusconi rivaluta Mussolini?”, si chiede il giornalista. Ad intervere sulla stampa nazionale, tra gli altri, anche i presidenti delle due maggiori Comunità ebraiche italiane, il romano Riccardo Pacifici e il milanese Walker Meghnagi, l'ex presidente UCEI Amos Luzzatto, la vicepresidente Commissione Affari Esteri della Camera Fiamma Nirenstein. Sharon Nizza, candidata con il Pdl da Israele per la circoscrizione Estero, assicura a Repubblica : "Farò cambiare idea a Berlusconi".

Adam Smulevich – twitter @asmulevichmoked

Qui Milano - Musica e parole per ricordare la Shoah
Nel giorno della straordinaria inaugurazione  del Memoriale della Shoah alla Stazione centrale, evento che ha richiamato a Milano rappresentanti delle autorità nazionali e locali, ma anche migliaia di cittadini, la città ha ricordato la Shoah anche in un appuntamento divenuto ormai un punto fermo del Giorno della Memoria: la serata concerto al conservatorio. Davanti a una sala gremita da centinaia di persone, adalternarsi sul palco introdotti dalla regista Miriam Camerini e accolti dalla direttrice del Conservatorio Sonia Bo, sono stati i testimoni della Shoah, Liliana Segre e Nedo Fiano, ma anche Alessandro Venezia, figlio di Shlomo, uno dei pochissimi sopravvissuti al mondo dei Sonderkommando, scomparso alcuni mesi fa (a dialogare con lui, il regista e consigliere comunale Ruggero Gabbai, che diresse il documentario Memoria, in cui Shlomo Venezia riportava la sua testimonianza), e poi i ragazzi del Conservatorio, il coro e i musicisti. Una giornata in cui la soddisfazione per la grande partecipazione della città all’apertura del Memoriale era stata oscurata dalle dichiarazioni del leader del Pdl Silvio Berlusconi a proposito delle responsabilità italiane nella Shoah. “Non voglio entrare questa sera nella polemica - ha sottolineato il direttore del Corriere della Sera e presidente della Fondazione Memoriale Ferruccio De Bortoli - ci tengo a ribadire solo una cosa: un regime che approva le leggi razziali non trova nella storia alcuna giustificazione”. Sull’argomento è tornato anche il presidente della Comunità ebraica Walker Meghnagi “La storia non si può cambiare, la storia è storia. Noi ebrei denunciamo le persecuzioni razziali non solo perché siamo ebrei ma perché il regime è stato duro e ha privato della libertà”. A portare il saluto delle istituzioni sono stati l’assessore comunale Daniela Benelli, e il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dapei. Presente in sala anche il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach. “Yaakov lottando con l’Angelo, uscì zoppicante – la riflessione proposta dal rabbino campo di Milano Alfonso Arbib – Questo ci deve insegnare a ricordare che dalla lotta con il Male, si esce sempre zoppicanti. Dalla Shoah non è uscito zoppicante il popolo ebraico, ma l’umanità intera. Ma Yaakov, pur ferito, nella lotta contro quell’Angelo vinse. Un messaggio che dobbiamo tenere a mente, anche nei momenti di sconforto”.
La serata è stata anche l’occasione per presentare l’anteprima del documentario realizzato da Gabbai sulla deportazione degli ebrei da Rodi, che verrà presentato al Centro Primo Levi di New York il 13 marzo.
Sono state le riflessioni dei testimoni a concludere il Giorno della Memoria. Il ricordo, dolcissimo, di Shlomo Venezia offerto da suo figlio Alessandro (intervistato insieme ai due fratelli Mario e Alberto sulnumero di Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione). Le speranze, ma anche le perplessità di fronte alla sfida di tramandare la Memoria e la consapevolezza di quello che avvenne alle nuove generazioni: un compito su cui hanno riflettuto Liliana Segre e Nedo Fiano insieme a Liliana Picciotto, consigliere UCEI e storica della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, spiegando quanto possa essere diversa la reazione dei ragazzi, a seconda dell’età,  della provenienza geografica, e soprattutto degli insegnanti che li preparano. “Gli insegnanti sono fondamentali - hanno sottolineato Segre e Fiano - Se non hanno l’atteggiamento giusta possono rappresentare un grande ostacolo. I ragazzi in generale hanno una buona disposizione verso di noi, ma è difficile prevedere come cresceranno. Perché ci vuole molta forza per diventare uomini e donne con il coraggio di fare delle scelte”.

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Qui Roma - Luci spente contro l'indifferenza
Luci spente. Per la Memoria, per il ricordo attraverso le generazioni, per la consapevolezza che voltare le spalle al presente non è un'opzione per quanti si riconoscono in valori irrinunciabili come la libertà e la democrazia. Così, luci spente sul Colosseo – simbolo di Roma – che per il Giorno della Memoria guarda, su impulso della Comunità ebraica e dell'amministrazione cittadina, verso le nuove minacce e i nuovi venti di odio che spirano da Est e in particolare dall'Ungheria. A raccogliere l'invito esponenti del mondo istituzionale e della società civile. Con loro l'ambasciatore ungherese a Roma, Janos Balla. Sul palco si susseguono gli interventi. “Chi è sopravvissuto vuole da noi il futuro della Memoria. Per questo noi ricorderemo tutto, per sempre, e ci impegneremo a fondo perché la battaglia contro i fascismi non è ancora finita”, afferma Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del Partito Democratico. Fiamma Nirenstein, vicepresidente della Commissione affari esteri della Camera, si sofferma invece sulla missione appena conclusasi in Ungheria con al fianco parlamentari europei e israeliani. “C'è un rigurgito di antisemitismo fortissimo – racconta – ma noi non ci lasceremo più terrorizzare. Noi vinceremo, noi li batteremo, noi ce la faremo”. L'ambasciatore Balla elogia l'impegno del governo Orban contro Jobbik e le altre forze dell'estrema destra magiara che minacciano ebrei, rom, omosessuali e altre identità e ribadisce la centralità di Budapest come luogo di cultura e rinascita ebraica. “L'antisemitismo – dice – non è più presente da noi che in altri paesi”. Il presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici rassicura sull'intenzione di “non voler mettere sotto processo l'Ungheria e il suo popolo” e si dichiara preoccupato per la comparsa sulla scena politica europea di alcuni partiti intenzionati “ad emulare lo Jobbik”. Allarme, dal leader degli ebrei romani, anche per la partecipazione di formazioni che si richiamano a ideologie di morte e di violenza alle prossime consultazioni elettorali in Italia. “Dobbiamo fermarli”, il suo appello. La serata, condotta da Daniel Funaro, si chiude con l'intervento del sindaco Gianni Alemanno che ricorda l'importanza del gesto simbolico in procinto di essere compiuto e sottolinea la sfida di Memoria lanciata dalla città di Roma con il completamento dell'iter burocratico che dalla prossima settimana, con l'approvazione dell'ultima delibera, porterà alla posa della prima pietra del Museo della Shoah. Sul palco, tra gli altri, a fianco del rabbino capo rav Riccardo Di Segni, l'ex presidente della Corte costituzionale e presidente emerito del Museo della Shoah Giovanni Maria Flick. Soddisfazione, in un messaggio congiunto inviato a Pacifici, è oggi espressa dai leader delle Comunità ebraiche ungheresi Peter Feldmajer e Gusztal Zoltai. “La vostra iniziativa – si legge – ci tocca nel profondo”.
Proseguono intanto nella Capitale le iniziative dedicate alla Memoria. Questa mattina al sacrario della Guardia di Finanza la deposizione di una corona e di alcuni fiori sulla lapide che ricorda quanti – tra coloro che hanno vestito la divisa – sono stati iscritti nel registro dei Giusti tra le Nazioni dello Yad Vashem. Presente per l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane l'assessore Noemi Di Segni, cui è stato donata una copia de Il contrabbandiere di uomini, volume dedicato all'eroica vicenda di Giovanni Gavino Tolis. Un'opera, a cura di Gerardo Severino, che si inserisce nel solco delle varie attività realizzate dall'arma a sei anni dall'istituzione del nucleo di ricerca storica volto a far luce sul contributo umanitario offerto dalla Guardia di Finanza durante il nazifascismo. “L'aspetto che più ho percepito – spiega Di Segni – è un impegno per il ricordo e la consapevolezza che va oltre le specifiche iniziative per il Giorno della Memoria ma che si concretizza in un lavoro quotidiano fatto di ricerca a stretto contatto con lo Yad Vashem”.
E ieri, da mattina a sera, sono stati molteplici gli appuntamenti cui ha preso parte la Comunità ebraica. Al Cimitero del Verano, con la cerimonia organizzata congiuntamente da Aned e associazione Nipoti della Shoah; al Pitigliani, con la seconda edizione del progetto Memorie di famiglia; al Bet Michael, dove sono state unite due ricorrenze – Tu Bishvat e Giorno della Memoria – con la piantumazione, da parte dei bambini di Monteverde, di aiuole e ulivi in ricordo dei testimoni Shlomo Venezia e Sabatino Finzi. Recitato un Izhkor in loro memoria. Ad intervenire, tra gli altri, l'assessore alle relazioni esterne della Comunità ebraica Ruben Della Rocca, il rav Umberto Piperno, il maskil Gadi Piperno e Aldo Anav del Keren Kayemeth LeIsrael.

a.s.

Qui Milano - I disturbi dello sviluppo
Camminando per i corridoi della struttura complessa di pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli a Milano, in occasione del seminario I disturbi dello sviluppo: diagnosi precoce, riabilitazione e ricerca tenutosi venerdì, impossibile non notare i pavimenti cosparsi di pezzi di feltro colorato e affollati di ragazzi e ragazze intenti a ritagliare. L’ospedale sta infatti rinnovando tutto il reparto, con l’obiettivo di rendere l’ambiente più familiare, meno ospedaliero, per far sentire maggiormente a loro agio i giovanissimi ospiti, e a questo scopo gli studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Brera hanno collaborato creando delle allegre decorazioni per i muri. Un altro passo verso il rinnovamento è stato quello di intraprendere una collaborazione con Villa Santa Maria, centro neuropsichiatrico infantile e residenza sanitaria per disabili a Tavernerio, in provincia di Como, che ha organizzato il seminario. Dopo i saluti del dottor Luca Bernardo, direttore della struttura complessa di pediatria e dell’area dell’adolescenza dell’ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano, e della dottoressa Gaetana Mariani, presidente e direttore generale di Villa Santa Maria, hanno seguito due relazioni incentrate sulla diagnosi dei disturbi dello sviluppo nei bambini. A parlare per prima la dottoressa Marina Norsi, direttrice ora in pensione del Centro di diagnosi e riabilitazione pediatrica Tzad Kadima di Beer Sheva, che a sua volta ha un accordo di gemellaggio con Villa Santa Maria nato nel 2009 e approvato dalla regione Lombardia. Al centro del suo intervento gli aspetti clinici e il ruolo del pediatra nella diagnosi precoce dei disturbi dello sviluppo, che può avvenire già prima dei due anni e permette di iniziare subito la terapia che risulta decisamente più efficace nei primi anni di età. È poi intervenuto il dottor Enzo Grossi, direttore scientifico di Villa Santa Maria, che si è concentrato più nello specifico sull’autismo, illustrando lo scenario attuale della ricerca nel campo e le prospettive future.

Francesca Matalon – twitter @MatalonF

Qui Casale - La Shoah vista dai ragazzi
C'è il pane, le azzime della pasqua abbandonate sul selciato come dopo un saccheggio, ci sono i pezzi degli scacchi che diventano crudeli soldati chiodati, c'è una scrivania: le foto di famiglia scheggiate i libri lasciati a metà... e ci sono forme di uomini di pietra distese e scheggiate. Questo Giorno della Memoria verrà ricordato così alla Comunità ebraica di Casale Monferrato, attraverso le opere dei ragazzi del liceo artistico Ambrogio Alciati di Trino. Una cinquantina di pezzi che hanno occupato integralmente la sala Carmi, il cortile e il portico attorno alla sinagoga. Opere mai banali che tengono conto delle influenze dell'arte moderna e che rivelano soprattutto le tracce dell'assenza. I sei milioni di ebrei uccisi nei campi di sterminio diventano milioni di fili impossibili da riannodare,fotografie dove poco per volta non rimane nessuno. Un lavoro lodato da tutti e realizzato dalle classi III A, III B, IV A, V A e V B, guidate dagli insegnanti Daniela Fontanesi, Rosanna Gregorace, Tiziana Salé e Monica Falcone, responsabile anche della coordinazione artistica del progetto. “E’ sempre importante per noi passare il testimone del ricordo alle generazioni più giovani, man mano che i testimoni diretti scompaiono” spiega Elio Carmi, vicepresidente della Comunità ebraica alle autorità arrivate in vicolo Salomone Olper per questa ricorrenza. Ci sono il prefetto di Alessandria Romilda Tafuri, Il comandante provinciale dei Carabinieri colonnello Massimo Bergamini, il consigliere regionale Marco Botta, il sindaco di Casale Monferrato Giorgio Demezzi e tanti, tantissimi amici delle associazioni nazionali partigiane, degli studi sulla resistenza o semplici cittadini vicini alla Comunità in questo giorno. La giornata è proseguita all’interno della sinagoga con la lettura dei nomi delle vittime casalesi e moncalvesi della Shoah e l’accensione di sette lampade a simboleggiare le  sei milioni di vittime del popolo ebraico e il milione di non ebrei periti nei campi di sterminio.
Toccante la conclusione della rievocazione affidata all’attore casalese Emilio Bonelli e alla lettura del testo del testo Domande a Dio dal ghetto di Varsavia, in cui l’eterna domanda sulla sofferenza di Giobbe accomuna il destino degli uomini.

Alberto Angelino

pilpul
Memoria: Berlusconi ne evidenzia la necessità
Le frasi di Silvio Berlusconi pronunciate durante l'inaugurazione del Memoriale della Shoah alla stazione centrale di Milano, hanno – e forse ce n'era bisogno – restituito un senso al Giorno della Memoria.
Qualcuno ha sottolineato l'inopportunità del luogo, dell'evento e del giorno in cui sono state rilasciate. Credo invece che sia proprio quello che le ha rese più interessanti. La celebrazione del Giorno della Memoria rischia da qualche anno di diventare un mero esercizio retorico, privato del contenuto centrale. Il pericolo che, come aveva indicato Primo Levi, è accaduto e possa accadere ancora. Questo pericolo si manifesta proprio con l'autoassoluzione che è dentro le dichiarazioni di Berlusconi. Il capo della coalizione di centrodestra ha fatto quella dichiarazione rispondendo a una domanda su quanto a sua volta detto dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel che aveva riconosciuto come gli orrori del nazionalsocialismo fossero una responsabilità perenne del popolo tedesco. Berlusconi invece ha sostenuto che tra italiani e tedeschi ci sono responsabiltà assolutamente diverse e che "da parte nostra ci fu una connivenza non completamente consapevole". Una colpevole inconsapevolezza che dura tutt'oggi mi viene da dire. Il Giorno della Memoria è stato istituito per conservare il ricordo non soltanto delle vittime ma anche della tragedia dell'Europa nella prima metà del secolo scorso. Ma non si può rendere omaggio alle vittime occultando le responsabilità dei carnefici, né scaricandole su altri. Se il monito è quello che non accada mai più, bisogna poter individuare quali sono stati i comportamenti che hanno determinato lo sterminio. Sì, le camere a gas, i campi di sterminio, le marce della morte, sono stati perpetrati dalle SS tedesche. Ma le razzie e le retate, le denunce e gli arresti, i campi di concentramento e l'indifferenza di chi ha visto e non è intervenuto. E' avvenuto in Italia e fatto dagli italiani.
Silvio Berlusconi ha dato la prova decisiva, suo malgrado, che c'è ancora molto da fare per mantenere viva la Memoria della tragedia della Shoah e dell'Europa del secolo scorso e che è ancora necessario celebrare con contenuti autentici il Giorno della Memoria per preservare la società umana da simili catastrofi.
               
Anselmo Calò, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

In cornice - Rotaie
daniele liberanomeAffidare il ricordo della Shoah solo a un resoconto freddo, numerico, scientifico significa rinunciare a mantenere vivo il ricordo della tragedia in gran parte della popolazione. Bisogna emozionare, bisogna ricreare le situazioni, e per questo che il ruolo dei testimoni è fondamentale. Ma cosa fare quando non saranno più fra noi? Credo proprio che l'unica risposta sia affidarsi all'arte, agli artisti, meglio se non semplicemente figurativi, che non si rifacciano troppo a immagini già viste, ma lavorino a livello più profondo, con le associazioni che la Shoah ormai richiama in vaste platee. Prendete ad esempio l'installazione che Dani Karavan ha creato per ricordare la nostra grande tragedia: sistema in spazi chiusi (meglio) o in piazze (comunque con ottimi risultati), delle rotaie complete di traversine e di massicciato, usate, sporche, vissute. Quelle rotaie finiscono contro un muro, senza speranza e sul muro ha scritto il numero dell'ultimo prigioniero liberato da Auschwitz. L'effetto è mozzafiato, e i moltissimi che legano le rotaie, i treni alla Shoah, vengono colpiti al cuore.

Daniele Liberanome, critico d'arte

Tea for Two - Mi salverebbe o no?
Ricordo bene quando me ne hanno parlato la prima volta. Ero alle elementari, a scuola ebraica e non avevo dato alcun peso alla cosa, esattamente come quando sono cadute le Twin Towers. Leggevamo un testo di antologia che si chiamava Wasser bitten ed era accompagnato da una foto di gente stipata in treno che pregava per avere dell'acqua. Mi sembrava una richiesta come un'altra, avevo una tipica indifferenza di bambina, a causa della quale quando vedi la morte di Mufasa nel Re leone a cinque anni non batti ciglio e quando ne hai venti prorompi in un pianto torrenziale. Tornata a casa, con uno dei miei soliti completi lilla e la faccia tonda e gioconda, mi imbatto in mia madre e le dico con leggerezza che devo rispondere alle domande di un testo che si chiama Wasser bitten. Poi sorrido, non so nemmeno perché lo faccio, forse per reprimere la nota stonata che percepisco in lontananza. Mamma di solito così serafica, si oscura e mi dice: "Ma non hai capito che non possono scendere dal treno? Pensa se ci fossero al loro posto...". E dice il nome della mia migliore amica e del bambino per cui avevo una cotta. Sa bene che dirmi "pensa se ci fossi te" non avrebbe ottenuto alcun risultato. Allora la guardo con gli occhi iniettati di rabbia e piango. Piango perché non voglio sapere, non voglio pensarci, vorrei continuare a non sapere e non scontrarmi con la durezza del mondo. Così comincia il mio rapporto con la Shoah, come una elaborazione del lutto per fasi. Se prima negavo con il sorriso, dopo il bernoccolo preso contro la verità inizio ad ossessionarmi al tema e a vivere nella tragedia. Allora hai quel senso di colpa tutto ebraico per i sommersi e i salvati. E sei la nipote della generazione ferita e hai paura. Perché tutto diventa più sbiadito, perché le persone sbuffano se ne sentono ancora parlare, perché tu stessa sei in conflitto con la storia. Ed eccomi immersa in un'adolescenza passata tra treni per la vita e notti ascoltando Elie Wiesel. A mettermi subito in guardia e a sospettare di tutti. Poi la vita, matrigna e strana come è, ti insegna a convivere con il dolore. Cammini e hai paura di vivere perché potresti dimenticare. Le cicatrici fanno paura, fanno impressione, bisogna nasconderle per essere accettati, ci si ripete. Ma la verità viene a galla, allora ti ritrovi in maniera incontrollata a fare quel giochetto che Nathan Englander fa con sua sorella e appena conosci qualcuno ti chiedi in maniera apparentemente folle: "Mi salverebbe dai nazisti o mi denuncerebbe perché sono fastidiosa?". Forse il momento peggiore è stato quando una mia cara amica mi ha guardato e sinceramente addolorata mi ha detto: "Non vi fidate più di noi, vero?". Mi ha fatto soffrire ancora di più di qualche ventenne represso che si lamenta della sovraesposizione della memoria. E poi vedo un'altra compagna di studi, che non ha scritto alcuno status su facebook per il 27 gennaio, ma ha pubblicato un'immagine di Maus. Sorrido tristemente. E mi fido.
               
Rachel Silvera, studentessa – twitter@RachelSilvera2


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Calcio - Zahavi lascia Palermo
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Ufficialmente terminata l'esperienza di Eran Zahavi al Palermo. Il centrocampista israeliano, approdato in rosanero nel 2011 con buone prospettive di carriera, è infatti tornato in patria a titolo definitivo. Ad accaparrarsi le sue prestazioni, con la speranza di un rilancio internazionale, il Maccabi Tel Aviv.


 

Dal Corriere a Repubblica, dal Messaggero alla Stampa. Le reazioni del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna alle affermazioni “destituito di senso morale e di fondamento storico” del leader del Pdl Silvio Berlusconi in merito al ventennio fascista hanno fatto il giro della stampa italiana (e internazionale).



















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