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12 febbraio 2013 - 2 Adar
5773 |
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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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“…Non
favorirai il povero nella sua causa giudiziaria…” (Shemòt 23; 3).
Per quanto possano essere nobili le intenzioni non si può pervertire il
diritto. La giustizia in tutta la tradizione ebraica non è solo
qualcosa che deve correggere l'odio e i conflitti, ma la sua
applicazione serve anche a correggere l'amore. E chi proclama che
l'amore è il superamento della giustizia vede in questa solo la
correzione del male e non anche la correzione del bene. L'amore solleva
il problema della giustizia e la giustizia quello dell'amore, l'uno
tende a escludere l'altra. Se io amo non sarò giusto e se sarò giusto è
perché devo mettere tra parentesi l'amore. La riconciliazione tra amore
e giustizia appartiene all'utopia messianica, ed è la tentazione di
ogni messianesimo realizzato nel quale amore sussume e sostituisce la
giustizia cioè l'amore che dispone ad un perdono al punto di essere
connivente con il male ma c'è anche una giustizia così innamorata di se
stessa , così narcisista da distruggere il mondo. In tutta la
tradizione rabbinica esiste una correzione della giustizia da parte
dell'amore e questo si chiama “rachamìm”, misericordia, che deve
sempre mitigare la durezza del delitto ed esiste una correzione
dell'amore da parte della giustizia. E’ proprio questo ponte tra amore
e giustizia ciò che noi chiamiamo l'etica ebraica che ha una faccia
rivolta verso l'amore e una faccia rivolta verso la giustizia. Questi
valori “etici” si chiamano anche mitzvot.
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Dario
Calimani,
anglista
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L’allenatore
Zeman ha lasciato la squadra di calcio della Roma, e il mondo è in
gramaglie. Io non mi occupo molto di calcio, e non so se Zeman sia
l’unico onesto in un mondo di corrotti o il più morale in un mondo di
depravati. So soltanto che, intervistato sui cori razzisti contro il
calciatore di colore Boateng, ebbe a dire “È difficile valutare, visto
che io non ero sul campo, ma se qualcun altro fa il gesto di Boateng
(il calciatore aveva tirato il pallone in direzione degli ultras e
aveva lasciato il campo) sicuramente viene espulso. Sul campo sono
tutti uguali… Non riesco a fare una valutazione su quali offese sono
più importanti, non so fare distinzione. Vedo anche in altre partite,
tra soli bianchi, cose intollerabili ma si continua a giocare”.
Insomma, di maleducati nei campi di calcio ce ne sono tanti, e la
maleducazione dell’uno vale e compensa la maleducazione (leggi:
‘razzismo’) dell’altro. L’importante è giocare a pallone. Il resto è
questione di lana caprina, un semplice problema del nero Boateng,
giocatore ipersensibile. Il che dimostra che un allenatore in gamba – o
anche no – non è necessariamente maestro di vita per i suoi giocatori.
E il principio che nello sport imporrebbe come un a priori il rispetto
reciproco è un optional, non un imperativo categorico.
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Benedetto
XVI – Sulla stampa le reazioni del mondo ebraico
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Il
giorno dopo le dimissioni di Benedetto XVI, tra i tanti, tantissimi
aspetti che i giornali approfondiscono, rilievo viene dato al rapporto
del papa con l’ebraismo e alle reazioni dei leader ebraici. Vari i
punti presi in considerazione: i passi intrapresi sul piano del dialogo
interreligioso, le visite del papa in numerose sinagoghe, i rapporti
tra Santa Sede e Stato d’Israele, l’approccio del papa tedesco al tema
della Shoah, ricordando anche la sua visita ad Auschwitz.
Tra le reazioni dei leader ebraici italiani, l’Osservatore romano riporta le parole del
presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.
“Ratzinger ha avuto un ruolo importante per l'ebraismo, abbiamo sempre
apprezzato il fatto che sottolineasse le radici ebraiche del
cristianesimo, come premessa per un rapporto rispettoso e costruttivo.
E questo non è mai scontato. Certo non sono mancati momenti di
divergenza” ha commentato poi il rabbino capo di Roma Riccardo Di
Segni, in un’approfondita intervista al Messaggero, indicando in particolare il giudizio
sull’operato di Pio XII durante la Shoah, e la teoria teologica
sostituzionista, cioè la convinzione che la Chiesa si sia sostituita a
Israele come popolo della salvezza, ma anche il processo di
riavvicinamento al movimento lefebvriano. Interrogato sul significato
dei numerosi gesti verso l’ebraismo compiuti dal papa, dalla visita
alla sinagoga alla preghiera al Muro del Pianto, rav Di Segni ha poi
precisato “II problema è che questo Papa nasce soffocato dalla
personalità mediatica che l'ha preceduto, e quindi molti dei suoi gesti
sono stati vissuti più come ripetizione. Ma ha sempre mostrato il suo
interesse per l'ebraismo: culturale, storico, ideologico”, aggiungendo
“forse arriveremo a rimpiangerlo”.
Le dimissioni di Benedetto XVI hanno ricevuto grande eco anche sulla
stampa ebraica internazionale e sui giornali israeliani.
“Durante il suo pontificato ci sono state le migliori relazioni tra la
Chiesa e il Rabbinato centrale – il commento del rabbino capo
ashkenazita di Israele Yona Metzger apparso sul Jerusalem Post – Penso
gli vada attribuito un grande merito per aver fatto progredire i legami
interreligiosi tra ebraismo, cristianesimo e islam”.
“L’ho visto come un uomo di gentilezza, quiete e calma, un individuo
profondamente riflessivo e carico di compassione, circondato da un’aura
di grazia e saggezza” la descrizione del rabbino capo del Commonwealth
Jonathan Sacks, ricordando i due incontri con Benedetto XVI in Gran
Bretagna nel 2010 e in Vaticano nel 2011.
Haaretz riporta invece un lungo testo di rav David Rosen, direttore del
dipartimento per gli affari interreligiosi dell’American Jewish
Committee e consigliere del Rabbinato centrale per il dialogo con le
altre fedi. Rav Rosen avverte che “mentre sono in molti all’interno e
all’esterno della Chiesa a sperare in un successore con una visione
differente, coloro che hanno a cuore il futuro delle relazioni fra
ebrei e cattolici e che conoscono le azioni di Benedetto XVI sono
preoccupati che il prossimo papa possa non mostrare lo stesso impegno e
attenzione dei suoi predecessori”. A proposito degli episodi che invece
hanno segnato momenti di tensione, rav Rosen ha parlato di cattiva
comunicazione, piuttosto che di incidenti sostanziali.
Un altro punto approfondito sono state le relazioni tra la Santa Sede e
Israele, che con Benedetto XVI secondo molti analisti hanno raggiunto
il punto più alto di sempre, come ha sottolineato anche il presidente
israeliano Shimon Peres, che ha aggiunto “sotto la sua leadership, il
Vaticano ha rappresentato una chiara voce contro il razzismo e
l’antisemitismo, una voce per la pace”.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
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Benedetto XVI – L'enigma dell'abbandono |
Alla
fine del 2003 fui ricevuto al Sant`Uffizio dal Cardinale Ratzinger ed
ebbi una vivace discussione sul suo articolo del 29 dicembre 2000, nel
quale scrisse tra l`altro che i nazisti volendo colpire le radici
abramiche del Cristianesimo, uccisero gli ebrei. Ero indignato di una
concezione che mi sembrava simile a una gigantesca partita di biliardo
nella quale si mira a sinistra per colpire a destra. Mi rispose con la
vivacità di chi non ammetteva discussioni sulle sue tesi teologiche.
Da allora passò molta acqua nel Tevere, Benedetto XVI si affermò come
un Papa coraggioso che parlò contro il terrorismo il 9 gennaio 2006
dicendo:” Nessuna situazione può giustificare tale attività criminale,
che copre i perpetranti di infamia, ed è tanto più deplorevole quando
si nasconde dietro la religione”. Nello stesso anno, il 12 settembre
2006, tenne una conferenza all’Universita` di Regensburg, nella quale
citò l’imperatore bizantino Manuel II che aveva detto “Mostratemi che
cosa Maometto ha portato di nuovo”.
Dal punto di vista ebraico il contributo più importante di Benedetto
XVI è nella sua trilogia su Gesù. Egli ha scritto nel 2011, che nel
Vangelo secondo Marco la richiesta di mettere a morte Gesù includeva
anche la folla che sosteneva Barabba, ma non “il popolo ebraico come
tale”.
Durante la visita a Yad Vashem, a Gerusalemme, Benedetto XVI tenne un
ottimo discorso spiegando ai suoi fedeli l’importanza di un monumento
funebre ed un nome per ogni vittima. Purtroppo i dirigenti di Yad
Vashem non capirono il testo.
Ora sono dispiaciuto che Benedetto XVI abbia deciso di lasciare
l'incarico. Non abbiamo il diritto di intrometterci nelle questioni
interne del Vaticano, ma alcune riflessioni vengono allo spirito.
Anzitutto la sua decisione è maturata probabilmente già l’anno scorso
quando fu costretto ad accettare le dimissioni di Ettore Gotti Tedeschi
che aveva nominato personalmente a presidente dello IOR.
Già all’epoca di Papa Luciani, nel 1978, correvano voci in Vaticano su
malversazioni finanziarie e su una presunta eliminazione del papa dopo
33 giorni di regno. Il caso fu archiviato, ma riaffiora nella nostra
memoria. Ora un libro di documenti pubblicati da Gianluigi Nazzi nel
maggio 2012 mette a disposizione del pubblico i segreti finanziari del
Vaticano. Poi di rincalzo è venuto un altro libro “I segreti del
Vaticano” di Maria Antonietta Calabrò e Gian Guido Vecchi, pubblicato
dal Corriere della Sera.
A questo punto affiorano alcune domande. Se il Segretario di Stato
Tarcisio Bertone non riesce a gestire la Curia, come sembra, perché
Benedetto XVI non ha preso al balzo l’occasione dei suoi limiti di età
pochi mesi fa e non ha messo termine al suo incarico?
Perché Benedetto XVI ha preferito presentare le proprie dimissioni? Ha
ricevuto forse delle minacce? Perché non è rimasto al suo posto anche
quando la nave affonda?
Ignoriamo le risposte a queste domande e forse non potremo mai
conoscerle.
O forse ha ragione Don Giovanni Battista Franzoni che scrive: "E`
proprio il papato come forma istituzionale ad essere ormai antiquato?".
Sergio Minerbi, diplomatico
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Qui Roma – Memoria e generazioni a confronto |
Prosegue
la raccolta di testimonianze documentali promossa dalla Fondazione
Museo della Shoah. L'occasione per una nuova messa a fuoco attraverso
un incontro pubblico condotto dallo storico Marcello Pezzetti,
direttore scientifico della Fondazione, svoltosi al Teatro Vascello di
Roma. Protagonisti del confronto i Testimoni del 16 ottobre 1943,
giorno del rastrellamento nel vecchio Ghetto della Capitale che avrebbe
portato alla deportazione di oltre un migliaio di persone nei campi di
sterminio nazisti. Con loro i figli e i nipoti di quella immane
tragedia. Tre differenti generazioni che hanno dato vita a una
conversazione sviluppatasi su vari filoni tematici: l'inizio della
testimonianza, la dimensione – familiare o pubblica – di questa,
eventuali fobie e paure sviluppate a seguito di quei drammatici
avvenimenti, le insidie rappresentate oggi dal fiorire di nuovi
antisemitismi e venti d'odio.
Obiettivo della serata, particolarmente vivace e con oltre 300 persone
presenti in sala, sensibilizzare e favorire la raccolta di
documentazione per la grande mostra che la Fondazione organizzerà il
prossimo autunno, verosimilmente al Vittoriano, in occasione del
settantesimo anniversario di quella buia pagina di storia del Novecento
italiano.
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Qui
Torino - Antisemitismo, memoria e prospettive future,
le nuove sfide provenienti dal mondo dei social network |
Sono
in realtà molti i giovani che non corrispondono affatto all’immagine
che comunemente viene data della loro generazione: tra coloro che si
mettono in discussione, che non hanno perso il gusto del ragionamento e
dell’impegno, senza dimenticare lo studio, ovviamente, ci sono gli
studenti dell’Elsa (European Law Students' Association) che a Torino,
insieme ai ragazzi altrettanto impegnati dell’Unione giovani ebrei
d'Italia hanno provato a ragionare su cosa sia veramente importante
fare intorno al Giorno della Memoria. Amalia Luzzati, che oltre a
essere socia Elsa, è stata a lungo nelle file dell’Ugei, e Alessandra
Ortona, attuale vicepresidente della stessa associazione, hanno
iniziato a interrogarsi su cosa abbia senso fare in occasione di questa
ricorrenza. Avere chiaro che è grande la responsabilità delle nuove
generazioni nel conservare la memoria nel tempo non basta per saper
come far sì che la giornata della memoria non resti una celebrazione
simbolica e meramente istituzionale. Hanno valutato necessario aprire
un dibattito e interrogarsi su ciò che ogni singolo, ma anche le
istituzioni e lo Stato possono fare, lavorando, in questo caso, in
ambito operativo e giuridico.
Tra le critiche più frequenti all’entrata in vigore di una legge che
introduca il negazionismo come reato vi è la presunta violazione della
libertà di espressione, stessa critica rivolta alla recente sentenza
francese che ha visto condannare Twitter a rivelare i nominativi di
coloro che si sono resi fautori di affermazioni antisemite e razziste
sul social network. Cinque associazioni francesi, tra cui l’Uejf
(Unione degli studenti ebrei di Francia) avevano denunciato le derive
antisemite e razziste di Twitter, dove, dall’ottobre 2012, si era
scatenato una specie di “concorso” di frasi odiose, antisemite,
sessiste, omofobe, razziste. E il tribunale di Parigi ha dato loro
ragione: Twitter non puo’ invocare la legge californiana (e il primo
emendamento) ma deve applicare la legge francese, che proibisce “ogni
discriminazione fondata sull’appartenenza a un’etnia, una nazione, una
razza o una religione” e che punisce gli “atti antisemiti, razzisti o
xenofobi” e il negazionismo (legge Gayssot, 1990). Twitter dovrà quindi
individuare gli autori e comunicarne i nomi alle associazioni che hanno
sporto denuncia, che si rivolgeranno poi alla giustizia. Twitter,
inoltre, dovrà mettere in opera un sistema di segnalazione (per i tweet
francesi) che permetta di individuare i messaggi razzisti. Una sentenza
definita storica dal New York Times.
Il motto dell’ELSA, l’associazione che da circa trent’anni permette a
studenti di legge provenienti da tutta Europa di confrontarsi e
raccontarsi, arrivando a raccogliere più di 30mila soci, è "A just
world in which there is respect for human dignity and cultural
diversity", e Giulia Badella, presidente della sezione torinese, ha
subito accolto la proposta di approfondire un argomento di tale
portata, organizzando per questa sera insieme all’Ugei un convegno dal
titolo “Antisemitismo: memoria e prospettive future - Una riflessione
giuridica su come affrontare il negazionismo dalle parole del
Presidente Napolitano al ‘Caso Twitter’ in Francia.
Dopo un saluto del ministro per la Cooperazione internazionale Andrea
Riccardi interverranno l’onorevole Anna Rossomando, membro della
Commissione Giustizia della Camera, che spiegherà se potrà realmente
essere introdotto nel nostro ordinamento il reato di negazionismo e
quali sono gli eventuali ostacoli all’entrata in vigore di tale legge e
Stéphane Lilti, avvocato delle associazioni francesi, secondo cui la
sentenza del tribunale di Parigi contro Twitter “metterà al bando il
sentimento di impunità alla base di tutte le derive”.
L’appuntamento è alle 18, al Campus Einaudi, in Lungo Dora Siena 100/A.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
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Qui Napoli - Tra identità e memoria |
“Ho
condotto questa ricerca stimolata da una domanda: "chi sono gli
ebrei?". È una domanda intrigante, divenuta ancora più urgente quando
ho saputo di uno studente che, durante la visita della sua scolaresca
in sinagoga a Napoli, aveva chiesto alla guida: 'Ma voi siete
italiani?'. Penso di poter rispondere che sono profondamente e
appassionatamente italiani, di origini diverse, presenti a Napoli da
molte generazioni o da poco tempo, ma comunque capaci di amare questa
città alla pari degli altri napoletani”. Così Pierangela Di Lucchio,
dottore di ricerca in Antropologia ed Epistemologia della Complessità
all'Università degli Studi di Bergamo, nell'introduzione al suo scritto
Tra identità e memoria-Viaggio nella Comunità ebraica di Napoli (ed.
Lexis) che sarà presentato domani alle 18 nella sede della Comunità
partenopea. Un'opera di grande valore, primo saggio a descrivere
etnograficamente gli ebrei napoletani, che ci guida passo dopo alla
scoperta di quella che l'autrice non esita a definire una Comunità “di
frontiera”, ultima proiezione verso il Mediterraneo sefardita e
baricentro del risveglio ebraico in corso nell'Italia meridionale.
L'opera, realizzata a conclusione degli studi di dottorato, è suddivisa
in quattro sezioni volte ad approfondire gli aspetti fondamentali della
Comunità e i suoi protagonisti. In uno specifico capitolo si dà inoltre
voce a chi da Napoli ha scelto di emigrare in Israele e al legame
sempre saldo dei nuovi italkim con la città di origine. Numerose e
dense le interviste, i dialoghi che si dipanano lungo un filo di
emozioni e ricordi personali. Ne emerge un quadro complesso e
diversificato. Una Comunità piccola nei numeri ma decisamente attiva,
viva, vitale. “Tra identità e memoria – spiega Ottavio Di Grazia,
professore di Storia delle Religioni all'Università di Napoli, che
domani pomeriggio dialogherà assieme all'autrice, a Stefano De Matteis
e Miriam Rebhun – è un libro che offre una ricostruzione brillante,
rigorosa, informata, di uno spaccato di una comunità, quella di Napoli
che è immediatamente metafora non solo di una città unica, ma anche di
un luogo europeo di incontro, di biografie sociali e umane che
attraverso le loro voci ci parlano anche della nostra storia”.
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Sharon Nizza: “In
politica zone d’ombra ovunque” |
Rimango
interdetta nel constatare che la professoressa Anna Foa, ieri su queste
pagine, stabilisce chi ha il diritto di definirsi ebreo e chi no. Come
se l’identità ebraica fosse un cappello che si può levare o togliere a
seconda delle circostanze. Io sono ebrea e ogni azione che compio è
imprescindibile da questo dato identitario, anagrafico, sociale. Da
quando ho ricordo di me stessa sono impregnata della mia ebraicità. Sto
conducendo una campagna elettorale in una vasta circoscrizione dove
vivono milioni di persone di ogni credo e non nascondo la mia identità,
peraltro incassando anche un grande sostegno da parte di musulmani che
mi scrivono quotidianamente sulla mia pagina Facebook, che in poco più
di una settimana è stata visitata da oltre mezzo milione di persone. Mi
colpisce quindi ancora di più che proprio sul portale dell’ebraismo
italiano si raggiungano certi toni. La “giovane Nizza” ha alle spalle
svariati anni di lavoro in Parlamento su tematiche di grande rilievo
per l’ebraismo e per l’affermazione dei diritti delle minoranze
religiose, etniche, di genere. Ha accettato la prima (e per ora unica)
proposta di candidatura fatta da un partito, il Pdl, a un residente in
Israele per concorrere al singolo seggio alla Camera su 630 espresso
dalla Circoscrizione Asia-Africa-Oceania-Antartide. Con un grande
lavoro radicato in tutti i paesi chiave della circoscrizione, concorre
per ottenere un certo numero di preferenze che, se raggiunto, le darà
il credito necessario per portare avanti queste battaglie. Ho già avuto
modo di esprimermi al riguardo su queste pagine domenica e ho inviato
ai firmatari dell’appello a non votarmi una risposta argomentata che
smentisce le informazioni parziali in esso contenute. In una riga
soltanto: delegittimare una parte politica nella sua interezza è per me
sempre sbagliato in un sistema democratico. Quando poi le zone d’ombra
sono ovunque (specie quando si parla di Israele e di ebrei) è
semplicemente risibile.
Sharon
Nizza
Cara
Sharon, grazie per il tuo testo, che pubblico oggi a chiusura del
dibattito. Ti confermo anche la mia intenzione di considerare chiuso il
confronto con questa tua replica, che considero opportuna in quanto sei
stata chiamata personalmente in causa. Su questo tema non sarà offerto
ulteriore spazio ai tanti che lo richiedono e intendo invitare tutti i
collaboratori alla massima misura fino alla chiusura dei seggi
elettorali. La tua lettera dimostra il desiderio di accettare critiche
e reagire in maniera misurata e civile. Ti confermo comunque quanto ti
dissi già nel giorno della tua candidatura: in alcun modo queste
testate possono divenire, sotto la mia responsabilità, il luogo dove
sviluppare una campagna elettorale. Questa non è e non è mai stata la
volontà dell’ente editore e anche se mai lo fosse non sarebbe comunque
la mia. Il tuo entusiasmo ha finito, in un modo o nell’altro, per
generare dinamiche estranee all’identità di questi mezzi di
comunicazione. Gam zu letova, a condizione che tutto ciò resti
un’eccezione dettata dal momento e dalle tante passioni ideali degli
ebrei italiani e non una mutazione dell’identità delle testate.
Da
parte di tutti noi della redazione un saluto affettuoso a te e a tutti
gli altri candidati che prendono parte, da posizioni diverse, ma sempre
con sincera partecipazione, a questa difficile stagione politica.
gv
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Eternità |
Concludendo
la puntata di Porta a porta interamente dedicata alle dimissioni del
papa, Bruno Vespa mostrava un visibile imbarazzo. Dopo aver parlato di
Chiesa e di Eternità, spiegava, lo studio si sarebbe riempito di
esponenti politici pronti a sbranarsi in vista delle prossime elezioni.
Nei prossimi giorni, inoltre, la trasmissione non andrà in onda a causa
del Festival di San Remo. Solo lunedì prossimo si tornerà a parlare di
Benedetto XVI, quando il palinsesto e le scadenze più urgenti lo
consentiranno.
Involontariamente, il conduttore più istituzionale della Rai ha messo
in luce la contraddizione dei tempi: si può ancora parlare di Eternità
in una società come la nostra? Ed è interessante che l’interrogativo
sia indotto proprio da Joseph Ratzinger, che prima da cardinale e poi
da papa ha condotto una coraggiosa battaglia – minoritaria? – contro il
relativismo, la laicizzazione della Chiesa, l’arretramento della
religione nei costumi e nella cultura.
Le dimissioni di ieri sono state uno scoop sensazionale, e anche una
prova di abilità nella comunicazione, se pensiamo che non era filtrata
la benché minima indiscrezione. E magistralmente teatrali saranno i
prossimi giorni, scanditi dai rituali per l’elezione del nuovo
pontefice. Ma proprio questa capacità della Chiesa di gestire la
comunicazione evidenzia quanto il rapporto tra religione e società, tra
Eternità e contingenza sia difficilmente eludibile. Come si suole
ripetere, tutti noi ci occupiamo del domani, mentre la Chiesa si
preoccupa dell’eternità. Ed è chiaro che le conseguenze della scelta
del papa si misureranno negli anni e nei secoli.
Ma fa comunque impressione, a pensarci, che anche l’Eternità debba
attendere. Solo pochi giorni, giusto il tempo del Festival di San Remo.
Tobia
Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
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Storie - “Parole
trasparenti” sull’Italia razzista
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In
tema di persecuzione degli ebrei, tra i diversi modi per raccogliere
l’invito di David
Bidussa a dare più spazio alla storia rispetto alla memoria, c’è il
ritorno ai documenti. E quali migliore viatico delle lettere e dei
diari? Ne costituisce un mirabile esempio il nuovo libro della collana
Storie Italiane del Mulino, Parole Trasparenti. Diari e lettere
1939-1945, che racconta la storia appassionante e a tratti tenera di
due sposini ebrei, il triestino Ettore Finzi e la parmigiana Adelina
Foà, che decidono, nell’Italia dell’aprile 1939, di imbarcarsi a
Genova, con la scusa del viaggio di nozze, e di raggiungere la
Palestina per sfuggire alle persecuzioni razziali. L’epistolario è
stato curato dal figlio Daniele Finzi e ha vinto, nel 2011, la
ventisettesima edizione del Premio dei Diari di Pieve Santo Stefano.
Le vicende che si susseguono da quell’anno fino al 1945 vengono
ricostruite attraverso la corrispondenza fra i due coniugi e i brani
dei loro diari. Adelina, avvocato in un prestigioso studio legale di
Milano, vivrà per un lungo periodo sola a Tel Aviv con due figli
piccolissimi, Anna e Daniele, adattandosi ad impieghi modesti per
sopravvivere. Suo marito Ettore, chimico industriale, trova lavoro ad
Abadan in Persia, alle dipendenze della Anglo Iranian Oil Company.
Tra loro ci sono migliaia e migliaia di chilometri, ma i due giovani
per sentirsi più vicini si scrivono ogni giorno raccontandosi la
quotidianità, la disperazione per aver lasciato l’Italia “più per lo
schifo che sentivo al calcare quel suolo che per un imminente
pericolo”, confidandosi la consapevolezza che la maggior parte dei loro
amici non ebrei non aveva compreso “cosa volesse significare per
l’eternità, per la storia che l’Italia era diventata un paese
razzista” e i timori per i parenti rimasti lì ed esposti ai
pericoli della guerra e della deportazione.
Ma non è solo la storia di una nostalgia e di un abbandono, è anche la
cronaca dal vivo di un nuovo Stato che tra mille difficoltà sta
nascendo, in Palestina, dove “in un terra in sommossa, senza un governo
suo, senza un futuro certo e prevedibile, senza un sicuro lavoro e con
altre mille incertezze, ci si sente molto, ma molto più liberi che in
Italia”.
E scrivendo scrivendo, il 2 novembre 1944 Adelina si rende conto di
dell’eccezionalità del momento storico e chiede al marito: “Cosa fai
delle mie lettere? Se le tieni come faccio io avremo alla fine un
diario abbastanza completo di questo periodo della nostra vita”. Ettore
le risponde: “Io conservo la tua ultima (…) come tutte le altre. Tu
salva anche le mie e così avremo alla fine il nostro libro”.
Il momento più straziante è quello del 3 agosto 1945, quando dal
Consolato italiano arriverà la “desolante notizia” della morte dei
genitori di Ettore nell’inferno di Auschwitz.
Al termine della guerra, la famiglia Finzi tornerà in Italia. Le infami
leggi razziali sono state abrogate, la persecuzione è finita ma tanti
amici e parenti non ci sono più. Restano le lettere e diari di
Ettore e Adelina, straordinaria testimonianza che “questo è stato”.
Mario
Avagliano twitter
@Marioavagliano
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notizie flash |
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rassegna
stampa |
Barack
Obama a Gerusalemme
visiterà Yad Vashem e il Museo d'Israele
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Leggi
la rassegna |
Ci
saranno Yad Vashem e una lunga visita al Museo d'Israele tra gli
appuntamenti del presidente USA Barack Obama nello Stato ebraico. Ad
anticipare alcuni dettagli del viaggio in programma il prossimo 20
marzo è stato il quotidiano israeliano Yedioth Achronoth. Obama
visiterà anche le tombe di Rabin e Herzl e una batteria anti-missile
Iron Dome.
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La
notizia delle dimissioni di papa Benedetto XVI domina ovviamente tutti
i giornali. Sono in molti a scegliere, tra le altre cose, di raccontare
i rapporti con il mondo ebraico e le sue reazioni
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono
rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
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