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| 12 febbraio 2013 - 2 Adar 5773 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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| Benedetto
XVI – Sulla stampa le reazioni del mondo ebraico |
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Il
giorno dopo le dimissioni di Benedetto XVI, tra i tanti, tantissimi
aspetti che i giornali approfondiscono, rilievo viene dato al rapporto
del papa con l’ebraismo e alle reazioni dei leader ebraici. Vari i
punti presi in considerazione: i passi intrapresi sul piano del dialogo
interreligioso, le visite del papa in numerose sinagoghe, i rapporti
tra Santa Sede e Stato d’Israele, l’approccio del papa tedesco al tema
della Shoah, ricordando anche la sua visita ad Auschwitz.Tra le reazioni dei leader ebraici italiani, l’Osservatore romano riporta le parole del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. “Ratzinger ha avuto un ruolo importante per l'ebraismo, abbiamo sempre apprezzato il fatto che sottolineasse le radici ebraiche del cristianesimo, come premessa per un rapporto rispettoso e costruttivo. E questo non è mai scontato. Certo non sono mancati momenti di divergenza” ha commentato poi il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, in un’approfondita intervista al Messaggero, indicando in particolare il giudizio sull’operato di Pio XII durante la Shoah, e la teoria teologica sostituzionista, cioè la convinzione che la Chiesa si sia sostituita a Israele come popolo della salvezza, ma anche il processo di riavvicinamento al movimento lefebvriano. Interrogato sul significato dei numerosi gesti verso l’ebraismo compiuti dal papa, dalla visita alla sinagoga alla preghiera al Muro del Pianto, rav Di Segni ha poi precisato “II problema è che questo Papa nasce soffocato dalla personalità mediatica che l'ha preceduto, e quindi molti dei suoi gesti sono stati vissuti più come ripetizione. Ma ha sempre mostrato il suo interesse per l'ebraismo: culturale, storico, ideologico”, aggiungendo “forse arriveremo a rimpiangerlo”. Le dimissioni di Benedetto XVI hanno ricevuto grande eco anche sulla stampa ebraica internazionale e sui giornali israeliani. “Durante il suo pontificato ci sono state le migliori relazioni tra la Chiesa e il Rabbinato centrale – il commento del rabbino capo ashkenazita di Israele Yona Metzger apparso sul Jerusalem Post – Penso gli vada attribuito un grande merito per aver fatto progredire i legami interreligiosi tra ebraismo, cristianesimo e islam”. “L’ho visto come un uomo di gentilezza, quiete e calma, un individuo profondamente riflessivo e carico di compassione, circondato da un’aura di grazia e saggezza” la descrizione del rabbino capo del Commonwealth Jonathan Sacks, ricordando i due incontri con Benedetto XVI in Gran Bretagna nel 2010 e in Vaticano nel 2011. Haaretz riporta invece un lungo testo di rav David Rosen, direttore del dipartimento per gli affari interreligiosi dell’American Jewish Committee e consigliere del Rabbinato centrale per il dialogo con le altre fedi. Rav Rosen avverte che “mentre sono in molti all’interno e all’esterno della Chiesa a sperare in un successore con una visione differente, coloro che hanno a cuore il futuro delle relazioni fra ebrei e cattolici e che conoscono le azioni di Benedetto XVI sono preoccupati che il prossimo papa possa non mostrare lo stesso impegno e attenzione dei suoi predecessori”. A proposito degli episodi che invece hanno segnato momenti di tensione, rav Rosen ha parlato di cattiva comunicazione, piuttosto che di incidenti sostanziali. Un altro punto approfondito sono state le relazioni tra la Santa Sede e Israele, che con Benedetto XVI secondo molti analisti hanno raggiunto il punto più alto di sempre, come ha sottolineato anche il presidente israeliano Shimon Peres, che ha aggiunto “sotto la sua leadership, il Vaticano ha rappresentato una chiara voce contro il razzismo e l’antisemitismo, una voce per la pace”. Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked |
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| Benedetto XVI – L'enigma dell'abbandono | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Alla
fine del 2003 fui ricevuto al Sant`Uffizio dal Cardinale Ratzinger ed
ebbi una vivace discussione sul suo articolo del 29 dicembre 2000, nel
quale scrisse tra l`altro che i nazisti volendo colpire le radici
abramiche del Cristianesimo, uccisero gli ebrei. Ero indignato di una
concezione che mi sembrava simile a una gigantesca partita di biliardo
nella quale si mira a sinistra per colpire a destra. Mi rispose con la
vivacità di chi non ammetteva discussioni sulle sue tesi teologiche.Da allora passò molta acqua nel Tevere, Benedetto XVI si affermò come un Papa coraggioso che parlò contro il terrorismo il 9 gennaio 2006 dicendo:” Nessuna situazione può giustificare tale attività criminale, che copre i perpetranti di infamia, ed è tanto più deplorevole quando si nasconde dietro la religione”. Nello stesso anno, il 12 settembre 2006, tenne una conferenza all’Universita` di Regensburg, nella quale citò l’imperatore bizantino Manuel II che aveva detto “Mostratemi che cosa Maometto ha portato di nuovo”. Dal punto di vista ebraico il contributo più importante di Benedetto XVI è nella sua trilogia su Gesù. Egli ha scritto nel 2011, che nel Vangelo secondo Marco la richiesta di mettere a morte Gesù includeva anche la folla che sosteneva Barabba, ma non “il popolo ebraico come tale”. Durante la visita a Yad Vashem, a Gerusalemme, Benedetto XVI tenne un ottimo discorso spiegando ai suoi fedeli l’importanza di un monumento funebre ed un nome per ogni vittima. Purtroppo i dirigenti di Yad Vashem non capirono il testo. Ora sono dispiaciuto che Benedetto XVI abbia deciso di lasciare l'incarico. Non abbiamo il diritto di intrometterci nelle questioni interne del Vaticano, ma alcune riflessioni vengono allo spirito. Anzitutto la sua decisione è maturata probabilmente già l’anno scorso quando fu costretto ad accettare le dimissioni di Ettore Gotti Tedeschi che aveva nominato personalmente a presidente dello IOR. Già all’epoca di Papa Luciani, nel 1978, correvano voci in Vaticano su malversazioni finanziarie e su una presunta eliminazione del papa dopo 33 giorni di regno. Il caso fu archiviato, ma riaffiora nella nostra memoria. Ora un libro di documenti pubblicati da Gianluigi Nazzi nel maggio 2012 mette a disposizione del pubblico i segreti finanziari del Vaticano. Poi di rincalzo è venuto un altro libro “I segreti del Vaticano” di Maria Antonietta Calabrò e Gian Guido Vecchi, pubblicato dal Corriere della Sera. A questo punto affiorano alcune domande. Se il Segretario di Stato Tarcisio Bertone non riesce a gestire la Curia, come sembra, perché Benedetto XVI non ha preso al balzo l’occasione dei suoi limiti di età pochi mesi fa e non ha messo termine al suo incarico? Perché Benedetto XVI ha preferito presentare le proprie dimissioni? Ha ricevuto forse delle minacce? Perché non è rimasto al suo posto anche quando la nave affonda? Ignoriamo le risposte a queste domande e forse non potremo mai conoscerle. O forse ha ragione Don Giovanni Battista Franzoni che scrive: "E` proprio il papato come forma istituzionale ad essere ormai antiquato?". Sergio Minerbi, diplomatico |
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| Qui Roma – Memoria e generazioni a confronto | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Prosegue
la raccolta di testimonianze documentali promossa dalla Fondazione
Museo della Shoah. L'occasione per una nuova messa a fuoco attraverso
un incontro pubblico condotto dallo storico Marcello Pezzetti,
direttore scientifico della Fondazione, svoltosi al Teatro Vascello di
Roma. Protagonisti del confronto i Testimoni del 16 ottobre 1943,
giorno del rastrellamento nel vecchio Ghetto della Capitale che avrebbe
portato alla deportazione di oltre un migliaio di persone nei campi di
sterminio nazisti. Con loro i figli e i nipoti di quella immane
tragedia. Tre differenti generazioni che hanno dato vita a una
conversazione sviluppatasi su vari filoni tematici: l'inizio della
testimonianza, la dimensione – familiare o pubblica – di questa,
eventuali fobie e paure sviluppate a seguito di quei drammatici
avvenimenti, le insidie rappresentate oggi dal fiorire di nuovi
antisemitismi e venti d'odio.Obiettivo della serata, particolarmente vivace e con oltre 300 persone presenti in sala, sensibilizzare e favorire la raccolta di documentazione per la grande mostra che la Fondazione organizzerà il prossimo autunno, verosimilmente al Vittoriano, in occasione del settantesimo anniversario di quella buia pagina di storia del Novecento italiano. |
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| Qui
Torino - Antisemitismo, memoria e prospettive future, le nuove sfide provenienti dal mondo dei social network |
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Sono
in realtà molti i giovani che non corrispondono affatto all’immagine
che comunemente viene data della loro generazione: tra coloro che si
mettono in discussione, che non hanno perso il gusto del ragionamento e
dell’impegno, senza dimenticare lo studio, ovviamente, ci sono gli
studenti dell’Elsa (European Law Students' Association) che a Torino,
insieme ai ragazzi altrettanto impegnati dell’Unione giovani ebrei
d'Italia hanno provato a ragionare su cosa sia veramente importante
fare intorno al Giorno della Memoria. Amalia Luzzati, che oltre a
essere socia Elsa, è stata a lungo nelle file dell’Ugei, e Alessandra
Ortona, attuale vicepresidente della stessa associazione, hanno
iniziato a interrogarsi su cosa abbia senso fare in occasione di questa
ricorrenza. Avere chiaro che è grande la responsabilità delle nuove
generazioni nel conservare la memoria nel tempo non basta per saper
come far sì che la giornata della memoria non resti una celebrazione
simbolica e meramente istituzionale. Hanno valutato necessario aprire
un dibattito e interrogarsi su ciò che ogni singolo, ma anche le
istituzioni e lo Stato possono fare, lavorando, in questo caso, in
ambito operativo e giuridico.Tra le critiche più frequenti all’entrata in vigore di una legge che introduca il negazionismo come reato vi è la presunta violazione della libertà di espressione, stessa critica rivolta alla recente sentenza francese che ha visto condannare Twitter a rivelare i nominativi di coloro che si sono resi fautori di affermazioni antisemite e razziste sul social network. Cinque associazioni francesi, tra cui l’Uejf (Unione degli studenti ebrei di Francia) avevano denunciato le derive antisemite e razziste di Twitter, dove, dall’ottobre 2012, si era scatenato una specie di “concorso” di frasi odiose, antisemite, sessiste, omofobe, razziste. E il tribunale di Parigi ha dato loro ragione: Twitter non puo’ invocare la legge californiana (e il primo emendamento) ma deve applicare la legge francese, che proibisce “ogni discriminazione fondata sull’appartenenza a un’etnia, una nazione, una razza o una religione” e che punisce gli “atti antisemiti, razzisti o xenofobi” e il negazionismo (legge Gayssot, 1990). Twitter dovrà quindi individuare gli autori e comunicarne i nomi alle associazioni che hanno sporto denuncia, che si rivolgeranno poi alla giustizia. Twitter, inoltre, dovrà mettere in opera un sistema di segnalazione (per i tweet francesi) che permetta di individuare i messaggi razzisti. Una sentenza definita storica dal New York Times. Il motto dell’ELSA, l’associazione che da circa trent’anni permette a studenti di legge provenienti da tutta Europa di confrontarsi e raccontarsi, arrivando a raccogliere più di 30mila soci, è "A just world in which there is respect for human dignity and cultural diversity", e Giulia Badella, presidente della sezione torinese, ha subito accolto la proposta di approfondire un argomento di tale portata, organizzando per questa sera insieme all’Ugei un convegno dal titolo “Antisemitismo: memoria e prospettive future - Una riflessione giuridica su come affrontare il negazionismo dalle parole del Presidente Napolitano al ‘Caso Twitter’ in Francia. Dopo un saluto del ministro per la Cooperazione internazionale Andrea Riccardi interverranno l’onorevole Anna Rossomando, membro della Commissione Giustizia della Camera, che spiegherà se potrà realmente essere introdotto nel nostro ordinamento il reato di negazionismo e quali sono gli eventuali ostacoli all’entrata in vigore di tale legge e Stéphane Lilti, avvocato delle associazioni francesi, secondo cui la sentenza del tribunale di Parigi contro Twitter “metterà al bando il sentimento di impunità alla base di tutte le derive”. L’appuntamento è alle 18, al Campus Einaudi, in Lungo Dora Siena 100/A. Ada Treves twitter @atrevesmoked |
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| Qui Napoli - Tra identità e memoria | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“Ho
condotto questa ricerca stimolata da una domanda: "chi sono gli
ebrei?". È una domanda intrigante, divenuta ancora più urgente quando
ho saputo di uno studente che, durante la visita della sua scolaresca
in sinagoga a Napoli, aveva chiesto alla guida: 'Ma voi siete
italiani?'. Penso di poter rispondere che sono profondamente e
appassionatamente italiani, di origini diverse, presenti a Napoli da
molte generazioni o da poco tempo, ma comunque capaci di amare questa
città alla pari degli altri napoletani”. Così Pierangela Di Lucchio,
dottore di ricerca in Antropologia ed Epistemologia della Complessità
all'Università degli Studi di Bergamo, nell'introduzione al suo scritto
Tra identità e memoria-Viaggio nella Comunità ebraica di Napoli (ed.
Lexis) che sarà presentato domani alle 18 nella sede della Comunità
partenopea. Un'opera di grande valore, primo saggio a descrivere
etnograficamente gli ebrei napoletani, che ci guida passo dopo alla
scoperta di quella che l'autrice non esita a definire una Comunità “di
frontiera”, ultima proiezione verso il Mediterraneo sefardita e
baricentro del risveglio ebraico in corso nell'Italia meridionale.
L'opera, realizzata a conclusione degli studi di dottorato, è suddivisa
in quattro sezioni volte ad approfondire gli aspetti fondamentali della
Comunità e i suoi protagonisti. In uno specifico capitolo si dà inoltre
voce a chi da Napoli ha scelto di emigrare in Israele e al legame
sempre saldo dei nuovi italkim con la città di origine. Numerose e
dense le interviste, i dialoghi che si dipanano lungo un filo di
emozioni e ricordi personali. Ne emerge un quadro complesso e
diversificato. Una Comunità piccola nei numeri ma decisamente attiva,
viva, vitale. “Tra identità e memoria – spiega Ottavio Di Grazia,
professore di Storia delle Religioni all'Università di Napoli, che
domani pomeriggio dialogherà assieme all'autrice, a Stefano De Matteis
e Miriam Rebhun – è un libro che offre una ricostruzione brillante,
rigorosa, informata, di uno spaccato di una comunità, quella di Napoli
che è immediatamente metafora non solo di una città unica, ma anche di
un luogo europeo di incontro, di biografie sociali e umane che
attraverso le loro voci ci parlano anche della nostra storia”. |
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