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14 febbraio 2013 - 4 Adar
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Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
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Alcuni
commentatori hanno messo il versetto di apertura di questa Parashah,
“Parla ai figli d’Israele e dì loro che prendano per Me una
prelevazione”, con un insegnamento tradizionale dei Maestri: “Per i
giusti il loro denaro è più caro del loro stesso corpo”. Questo
insegnamento è problematico: come può essere considerata cosa degna dei
giusti essere così attaccati al denaro? Rav Schapira di Lublino aveva
dato la seguente interpretazione. I giusti sanno molto bene quante
opere buone si possono compiere col denaro: dare mezzi di sopravvivenza
alle persone, aiutare giovani nello studio della Torà, creare
istituzioni di studio... tutte cose che col solo corpo non sono
fattibili; perciò amano il denaro più del corpo. Chi invece spende
tutto il denaro per se stesso (abiti belli, cibi, oggetti preziosi
eccetera) lo fa per il suo piacere fisico, quindi per il corpo, che
diventa così l’istanza più importante alla quale asservire ogni cosa.
Quando un ebreo prende una parte del prodotto del suo campo pensando
che questa diventerà una prelevazione destinata a Ha-Qadòsh Barùkh Hu’,
già le dà una valenza sacra, perché una destinazione a D.o anche solo
col pensiero conferisce un livello di santità. È quindi particolarmente
importante che ognuno abbia chiaro in mente, nel momento in cui offre
parte della sua proprietà, che in quel momento sta destinando qualcosa
che vale, nella sua destinazione, più del proprio stesso corpo.
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Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme
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Con il definitivo addio a Papa Giovanni Paolo II, e con l'addio (o
arrivederci?) di Papa Benedetto XVI, si conclude una fase irripetibile
nella storia della Chiesa Cattolica Apostolica Romana. I due Pontefici,
cosí diversi per carattere e rating, sono infatti gli ultimi per i
quali il periodo della Shoah è stato vissuto in prima persona e ha
lasciato una profonda traccia nella memoria – nel sentire, nel pensare
e nell'agire individuale. D'ora in avanti, chiunque sia il nuovo capo
designato della Chiesa, per Lui la memoria sarà una nozione acquisita
indirettamente, libresca, non vissuta e metabolizzata dall'esperienza
reale. In un certo senso, è come se la storia delle relazioni fra
Chiesa cattolica e collettivo ebraico debba ripartire da zero, come se
tutto ciò che è stato finora acquisito nella comprensione e
nell'interpretazione di ciò che è avvenuto – e non è poco e non è
semplice – debba essere riscoperto e rispiegato. È un'immensa sfida per
la Chiesa, è una sfida di pari magnitudine per il mondo religioso,
intellettuale e politico ebraico.
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Melamed - A Torino un laboratorio di progetti sulla scuola |
Molte
idee e molti progetti discussi nella visita del ministro
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Francesco Profumo alla
Comunità ebraica di Torino, che si è articolata in due occasioni, molto
diverse nella loro natura. Ieri sera in Comunità la tavola rotonda
dedicata a La Memoria oltre il Giorno ha mostrato una volta di più
quanto un corpo docente appassionato e impegnato possa fare per i
ragazzi: l’Asset, Associazione ex allievi e amici della scuola ebraica
di Torino, in collaborazione con la Comunità, ha portato numerose
scuole superiori a confrontarsi sui principi e sulle idee che hanno
guidato il loro lavoro sulla memoria della Shoah. Alla presenza del
ministro, che si è mostrato un ascoltatore attento e partecipe per
tutta la lunga serata, Giulio Disegni, nel ruolo di vicepresidente
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, presidente Asset e
moderatore della serata, dopo aver richiamato alla memoria dei presenti
la storia della scuola ebraica torinese ha ricordato come nel gennaio
del 2012 sia stato firmato un protocollo d’intesa fra il Miur e l’UCEI
per la realizzazione dei comuni obiettivi per trasmettere alle giovani
generazioni i valori della Memoria e favorire la partecipazione di
insegnanti e studenti a corsi di formazione sulla didattica della
Shoah, in un percorso didattico ma anche culturale e umano che non sia
limitato alle attività di un giorno. Protocollo a cui ha fatto seguito,
poche settimane fa a Cracovia, la firma di un’importante dichiarazione
congiunta che guarda alla consapevolezza delle nuove generazioni. Il
presidente della Comunità ebraica di Torino Beppe Segre, ha poi
sottolineato come quella di Torino sia una piccola comunità,
felicemente integrata nella società italiana, che collabora con diversi
enti ed associazioni della città in vari progetti culturali e che offre
servizi aperti alla cittadinanza tutta come la biblioteca, la casa di
riposo e la scuola. Ha poi aggiunto sui temi della serata: “Pensiamo
che sia questo il ruolo della scuola, trasmettere la memoria alle
giovani generazioni, analizzare come si sia facilmente sviluppato il
percorso dagli stereotipi e dalla diffidenza, alla esclusione dai
diritti, fino alla violenza estrema, ragionare sulle responsabilità
individuali e collettive.”
Fabio
Levi, docente di storia contemporanea all’Università di Torino e
presidente del Centro Internazionale Primo Levi ha tenuto una breve
lezione in cui ha percorso le fasi in cui si sono articolate le
modalità di trasmissione della Memoria della Shoah per poi cercare di
dare risposta al senso di smarrimento che spesso provano coloro che
devono portare avanti percorso iniziato dai testimoni nel primo
dopoguerra indicando tre direttrici di lavoro possibili. Il primo
passaggio sta in una grande attenzione e cura per la verità storica,
che non sia vuota ripetizione, per poi arrivare a definire e avviare
una libera discussione su quali siano i problemi etici posti dalla
Shoah e infine lavorare con serietà e sensibilità sulle modalità di
comunicazione, senza dimenticare l’importanza del medium letterario.
A seguire il cuore della serata: prima a raccontare l’esperienza della
sua scuola è stata Maria Grazia Alemanno, del Liceo Cottini, che
partendo dall’osservazione di come le scuole siano una comunità
intergenerazionale ha sottolineato le potenziali difficoltà di
comunicazione che possono sorgere fra un corpo docente che nei licei ha
in media almeno cinquant’anni e i giovani che vivono in un mondo
diverso e non fanno più parte di una generazione “del libro” e che
hanno riferimenti culturali molto differenti. L’emozione e la ritualità
di certi passaggi però resta importante, per cui in un percorso partito
da una ricerca su chi abbia dato il nome alla scuola, si è arrivati a
due momenti che si ripetono tutti gli anni: la presenza di una
delegazione di studenti alla commemorazione dell’eccidio dove ha perso
la vita il giovane partigiano Cottini alla consegna intorno alla
ricorrenza del 2 giugno, a chi a compiuto la maggiore età di una copia
tascabile della costituzione. Ma il centro del progetto è stato la
ricerca di un linguaggio che potesse davvero coinvolgere ed emozionare
gli studenti, portandoli ad approfondire la riflessione. Sono nate così
le Primule Rosse, un gruppo musicale, che si è esibito con grandissimo
successo alla fine della serata, formato da studenti (ora ex) del liceo
che hanno fatto una ricerca sulle canzoni popolari, partigiane ed
ebraiche, spesso portatrici di storie capaci di appassionare gli
studenti.
Il
professor Giorgio Brandone, del Liceo Massimo D’Azeglio, ha invece
raccontato come nella sua scuola la riflessione venga fatta a partire
da una mostra che racconta come l’applicazione delle leggi razziali, o
più correttamente leggi razziste secondo la definizione degli storici,
abbiamo avuto effetto sugli studenti della scuola. Per un passaggio
dalla microstoria alla macrostoria che permette ai ragazzi di
identificarsi con i loro compagni di un tempo per poi arrivare a un
momento di educazione ai diritti fatta anche attraverso lo studio della
Costituzione e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La
professoressa Raffaella Brondolo accompagnata dallo studente Matteo
Rosazza, entrambi del Liceo Galileo Ferraris, ha sottolineato come la
cosa più importante resti l’esperienza diretta. La partecipazione al
progetto sperimentale Eye Witness dell’Università del South California
con la collaborazione della Shoah Foundation, ha permesso ai ragazzi di
essere coinvolti non sono direttamente nella ricerca ma anche come
tutor dei compagni, e nell’elaborazione di unità didattiche
utilizzabili anche in altre scuole. I ragazzi, coinvolti come soggetti
attivi di apprendimento, sono stati poi anche accompagnati sia in un
viaggio ad Auschwitz che in Israele, esperienza considerata da Matteo
Rosazza ancora più importante e rilevante. Adriana Castellucci, del
Liceo Spinelli ha lasciato spazio al video di uno spettacolo montato in
un progetto interclasse - e successivamente portato in numerose
scuole, alla comunità ebraica e nelle carceri cittadine - che è
partito dallo studio dei regi decreti che hanno interessato la scuola
per lavorare sulla burocrazia che ha permesso l’escalation di
discriminazione e violenza culminata nella Shoah.
Anche al Liceo Majorana di Moncalieri, come ha raccontato la
professoressa Gabriella Pernechele, il lavoro sulla Memoria è stato
elaborato con la collaborazione di docenti di varie materie in maniera
davvero trasversale e interdisciplinare, utilizzando video, scrittura e
un produzione artistica e letteraria che vuole portare i ragazzi ad un
vero attivismo etico.
Ultima scuola rappresentata è stata quella della Comunità, per la quale
il professor Rinaldo Allais ha sottolineato con forza e ripetutamente
come il passaggio fondamentale sia quello di investire in formazione
dei formatori, perché spesso nelle scuole c’è grandissima
sensibilizzazione emotiva ma una scarsa competenza: “Bisogna ripensare
al proprio percorso di formazione e non smettere mai di studiare ed
approfondire perché ‘fare memoria’ deve essere un esercizio attivo di
pensiero. Ultimo intervento della serata, prima di lasciare spazio alle
parole del ministro, il dialogo fra Sonia Brunetti, preside della
scuola ebraica di Torino e Beatrice Hirsch, che ne è uscita lo scorso
anno, a raccontare il percorso di crescita durante gli otto anni a
scuola. “Abbiamo iniziato alle elementari con delle letture adatte a
noi, di cui conservo alcuni ricordi precisi, per andare nella direzione
di un continuo approfondimento e ragionamento che mi ha fatto capire
come la memoria non debba essere solo iil ricordo diventi sempre più
limpido”
In seguito la voce di Simone Disegni, in rappresentanza dell’Unione
giovani ebrei d'Italia, che ricordando la grande responsabilità portata
dai giovani delle comunità ha ricordato le attività svolte nelle scuole
e l’impegno costante perché la memoria non venga mai meno.
Il ministro, dopo aver auspicato che l’incontro fra le scuole possa
diventare una vera occasione di lavoro comune, per portare a una
esperienza condivisa da offrire anche ad altre scuole, ha voluto
rileggere l’intervento fatto in occasione della celebrazione delle
Giornata della Memoria al Quirinale, lo scorso 29 gennaio. Ha
sottolineato come le migliori esperienze debbano diventare un bene
comune, che possa aiutare l’intero sistema paese a crescere, perché
anche se il suo giudizio complessivo sulle scuole italiane è
assolutamente positivo il rischio è che si arrivi ad una frammentazione
di esperienze. Ha poi ricordato come l’Italia sia uno dei paesi più
attivi in Europa e l’unico ad avere attivato un Master in didattica
della Shoah, perché davvero la crescita degli studenti passa attraverso
la formazione degli insegnanti.
Un
appuntamento dal tono completamente differente invece quello di questa
mattina a scuola, dove il ministro Profumo è stato accompagnato a
visitare la scuola ebraica, incontrando prima i bambini della scuola
dell’infanzia, che dopo averlo accolto cantando lo hanno portato a
vedere i lavori appesi alle pareti, con una scioltezza sorridente che
lo ha colpito e che ha ricordato con evidente piacere nel suo
intervento finale. Scortato da una rappresentanza delle famiglie della
scuola è stato poi accompagnato dalla direttirce delle scuole Sonia
Brunetti in una visita alle diverse classi, a partire dalla prima
primaria, dove il ministro ha assistito ad una lezione di matematica,
svolta con il supporto della LIM, per poi proseguire dai bambini di
quarta e quinta riuniti dove ha assistito ad un piccolo e divertente
documentario da loro preparato in cui hanno intervistato i loro
compagni di tutte le età su cosa faccia il ministro dell’Istruzione e
quali consigli sia possibile dargli. Per poi sottoporlo ad un fuoco di
fila di domande sul suo lavoro e sul suo ruolo. Una lezione d’inglese
cantata e ballata ha nuovamente mostrato la partecipazione dei bambini,
dopo una lezione di italiano centrata intorno alla Festa del libro che
si svolge a scuola tutti i mesi. Il gruppo ha poi raggiunto i ragazzi
delle medie che stavano lavorando tutti insieme sul tema del
mascheramento, in preparazione di Purim. Un’occasione per mostrare come
viene svolto il lavoro sulle fonti e come i ragazzi siano costantemente
invitati a interrogarsi e ad approfondire. Un percorso che Francesco
Profumo ha mostrato di apprezzare, invitando ancora, al momento dei
saluti tutti i presenti a far sì che la scuola diventi un elemento
catalizzatore, aperto allo scambio e alla collaborazione con la realtà
esterna, per condividere il patrimonio di ricchezza ed esperienza
dovuto anche alla presenza, all’interno delle sue classi, di bambini
della comunità così come di bambini non ebrei, in una vera prova di
integrazione ed apertura, punto di partenza di un confronto continuo e
costruttivo.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
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Qui Sanremo - Refaeli, Avidan e Raiz sulla scena
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Se
venerdì ci sarà la puntata dedicata alla storia di Sanremo, quella di
ieri sera è stata un gemellaggio con Israele. Dopo il magnifico
Fiorello jr con una esibizione in onore di Modugno, entra in scena Bar
Refaeli avvolta in un fluttuante abito turchese. Lucy Littizzetto si
dimostra preparata: "Bar posso chiamarti chiosco? Barbie in confronto a
te è nonna Abelarda". La biondissima modella ride ma non risponde e
consola il pubblico femminile, almeno non è anche simpatica. Una Carla
Bruni in un tailleur grigio un po' deprimente, da spending review
(Sanremo ci piace per i brillantini un po' cafoni), canticchia. Entrano
gli Almamegretta. Il loro front man Raiz aveva fatto parlare di sé la
scorsa settimana con la sua decisione di non cantare venerdì sera per
rispettare Shabbat. Solo challah e kiddush quindi per Raiz, che
indossava un piccolo Maghen David nascosto sotto la camicia. Si è
meritato pure un tweet raffinato di Roberto Saviano, "Raiz, napoletano
ebreo con voce araba. Il Mediterraneo intero nella sua gola". Poi
arriva lui ed è standing ovation. Oramai anche noi a casa ci stiamo
esaltando come la finale dei Mondiali: Asaf Avidan intona One day, si
contorce, gorgheggia e il miracolo è compiuto. Perfino Bar diventa più
amichevole e nemmeno il buon Fazio lo vuole più mandare via. Saviano
raddoppia:"Asaf Avidan canta un brano che ascolto sempre come un
imperativo a vivere vivere vivere". Il leitmotiv del festival però è
sempre lo stesso: meno male che Luciana c'è.
Rachel
Silvera twitter @RachelSilvera2
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Israele – Il nuovo governo si fa attendere
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Sono passate oltre tre settimane dalle elezioni, e quasi due dal
conferimento ufficiale dell’incarico di formare il nuovo governo
all’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu, ma sulla fisionomia
della maggioranza che guiderà il paese ancora non si hanno risposte.
Tecnicamente il leader del Likud ha a disposizione 28 giorni,
rinnovabili per altri 14: il margine quindi non manca. Tuttavia,
all’indomani delle elezioni, fonti del Likud avevano assicurato che
Bibi aveva intenzione di metterci molto meno tempo di quanto
accordatogli dalla legge.
Nel frattempo però i negoziati sembrano più spinosi del previsto.
Netanyahu ha atteso diversi giorni prima di incontrarsi con Naftali
Bennett, il leader del partito di destra vicino agli insediamenti
Habayit Hayehudì, che molti avevano indicato come un naturale partner
del Likud. Alla base, secondo quando ha spiegato la stampa israeliana,
ci sarebbe un conflitto di natura personale. Un conflitto talmente
profondo da dubitare che i due possano collaborare, nonostante molte
idee in comune. Bennett lavorò anche per Netanyahu come capo dello
staff dal 2006 al 2008. Le loro strade si separarono per dissapori con
la moglie di Netanyahu Sarah. Che il leader di Habayit Hayeudì ha preso
in giro nel corso di una recente intervista alla televisione. Episodio
che, nonostante le successive scuse, non ha aiutato a stemperare la
tensione. Durante il suo primo discorso alla Knesset, Bennett ha
dichiarato impossibile che possa nascere uno Stato di Palestina accanto
a Israele, proprio nello stesso giorno in cui Yair Lapid, alla guida
della seconda forza politica del paese Yesh Atid, sottolineava la
necessità di tornare al negoziato con i palestinesi, all’indomani di
una dichiarazione di reiterato supporto alla soluzione dei due Stati da
parte di Netanyahu, per cui è fondamentale portare il centro di Lapid
nel governo. Alla finestra, i partiti religiosi, che premono per
entrare nella coalizione per difendere i propri interessi, non solo i
fondi alle scuole rabbiniche, ma anche l’esenzione degli studenti di
Yeshivah dalla leva obbligatoria. Un punto, quello di portare i haredim
a “condividere il fardello” del militare che unisce invece Lapid e
Bennett, che sarebbero pronti a lavorare insieme per raggiungerlo. In
questa prospettiva s’inquadrerebbe il rifiuto di Habayit Hayehudì,
dell’offerta di entrare nella coalizione con il ministero
dell’Educazione “Un’offerta fatta per irritare Yesh Atid”, hanno
commentato funzionari del partito.
Intanto Obama ha annunciato la sua imminente visita a Gerusalemme
(20-23 marzo) e tutta Israele si interroga sulla vicenda del
“Prigioniero X”, un detenuto, tenuto in isolamento e sotto sorveglianza
speciale, morto suicida nel 2010. I media australiani ne hanno nelle
scorse rivelato la vera identità, Ben Zygier, doppia cittadinanza
australiana e israeliana. Forse un ex agente del Mossad, forse
arrestato per tradimento. Di certo la vicenda e i suoi punti oscuri
dominano tutti i giornali di oggi, da Yedioth Achronoth ad Haaretz, da
Maariv a Israel Hayom. Mentre guardando ai siti web dei quotidiani,
elezioni e negoziati di coalizione sono scomparsi dagli “hot topics”,
gli argomenti caldi del momento. Non rimane dunque che attendere che ci
tornino. Anche per accogliere Obama e per fare luce sul prigioniero X,
Israele avrà bisogno del suo nuovo governo.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
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Qui Napoli - Una nuova biblioteca
ebraica per la città
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Inaugurata ieri mattina presso l'Emeroteca Tucci di Napoli la mostra
“Ebraismo e Shoah in 500 libri di cinque secoli” (Piazza Matteotti,
palazzo delle poste 2 piano).
Dopo il successo dello scorso anno, quando la mostra di quotidiani
sulle leggi razziste restò aperta sei mesi invece di uno per le
continue richieste di scolaresche e visitatori, lo staff dell'Emeroteca
ha organizzato una nuova esposizione mettendo in mostra parte dei 500
volumi reperiti nell'arco dell'anno, che andranno a costituire un nuovo
fondo bibliografico, donando così a Napoli una nuova biblioteca ebraica.
Si tratta di volumi in diverse lingue, italiano, francese, inglese,
tedesco, ebraico, spagnolo e ungherese, per la maggior parti volumi
riguardanti la Shoah e le leggi razziali, ma anche preziosissimi libri
sull'ebraismo, il più antico data al 1632: il De republica hebraeorum
di Petrus Cunaeus.
Un fondo preziosissimo, unico nel sud Italia, che va ad aggiungersi a
quelli di Roma e Milano (dove gli studiosi del sud erano fin ad oggi
costretti a recarsi).
L'inaugurazione è avvenuta alla presenza del Cardinale Crescenzio Sepe
che si è congratulato per l'iniziativa di grande pregio, sottolineando
l'importanza dell'iniziativa per le future generazioni dato che i
testimoni viventi, per ragioni anagrafiche, stanno diventando sempre
meno.
Il rabbino capo Shalom Bahbout, oltre a complimentarsi per
l'iniziativa, ha auspicato che l'emeroteca possa raccogliere un numero
maggiori di documenti e volumi dei secoli precedenti, che riguardino
sopratutto la cacciata degli ebrei dalla Spagna e dal sud Italia, altro
capitolo doloroso della storia del Meridione.
Claudia Campagnano
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Via Rovello
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Contro
l'antisemitismo, il razzismo e il fascismo, in via Rovello, a Milano,
sotto le finestre delle stanze dove tra il '43 e il '45 i miliziani
delle famigerate squadracce Muti torturavano, uccidevano, consegnavano
alle SS ebrei e antifascisti. La coalizione che sostiene Umberto
Ambrosoli alla guida della Lombardia aveva indetto domenica scorsa un
concentramento proprio sotto quelle stanze, con un discorso di Lele
Fiano. Ci saranno state una ventina di persone, tra cui – direi – meno
di cinque ebrei. Alla faccia della memoria.
Stefano Jesurum, giornalista
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Valori |
Pur
senza voler entrare nelle polemiche elettorali che hanno
contraddistinto gli ultimi giorni c’è un aspetto negli interventi di
Anna Segre e di Anna Foa che ci fornisce uno spunto interessante.
Scrivono entrambe che esistono una serie di valori tra cui la memoria,
la giustizia, la cultura o il rispetto per la donna che possono essere
identificati come tra i più profondi ideali dell’ebraismo. Ora non v’è
dubbio che ciò corrisponda al vero; chi si sognerebbe mai di sostenere
il contrario? Il problema casomai è un altro, spiegare come
l’affermazione universalistica di alcuni principi non corrisponda
automaticamente alla visione particolare che l’ebraismo ha di questi.
Tutti sono a favore della pace nel mondo, più complesso sarà spiegare
come raggiungerla. Pertanto affermare alcuni valori come profondamente
ebraici non basta. In primis perché questi principi non appartengono
solo a noi e secondo perché esiste una declinazione ebraica a questi
valori che non sempre corrisponde a quella degli altri popoli.
L’estinzione del debito per il povero o la tzniut, la modestia nei
comportamenti pubblici, sono soltanto due esempi di come su temi come
la giustizia o il ruolo della donna, la visione ebraica possa
differire. Per questo condivido la pretesa di una rappresentanza dei
valori ebraici nella società, purché lo si faccia a modo, onde evitare
la beffa che ad essere rappresentati non siano i nostri valori, ma
quelli di qualcun altro.
Daniel Funaro
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Qui Roma - Israele e Noi
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Leggi
la rassegna |
Sono
in molti oggi tra gli ebrei italiani che decidono di trasferirsi in
Israele. Per quale motivo? Cosa è cambiato rispetto al passato? E cosa
trova oggi un ebreo italiano in questa Terra tanto sognata?
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Saranno giudicati con rito abbreviato i
quattro estremisti di destra arrestati nel corso delle operazioni che
hanno portato all’oscuramento del portale Stormfront (Repubblica Roma).
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
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