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22 febbraio 2013 - 12 Adar 5773
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Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano
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La parashà di
Zakhòr prescrive di ricordare ciò che ci ha fatto Amalèk. Questo
ricordo è una delle 613 mitzvòt della Torah ma che cosa dobbiamo
ricordare? Ovviamente l'attacco di Amalèk, il tentativo di distruzione
del popolo ebraico e i vari tentativi di distruzione che si sono
susseguiti nella storia. I Chakhamìm però sottolineano anche la
situazione del popolo ebraico alla vigilia di quell'attacco. Divisioni
interne e il momento di crisi nel rapporto con Dio (gli ebrei si
chiedono se Dio è in mezzo a loro). Da questo punto di vista il ricordo
diventa un invito a un auto-esame. C'è però un aspetto che spesso si
dimentica. Lo spiego attraverso una cosa che mi è capitato di sentire
nel Giorno della memoria. In un'intervista, una sopravvissuta italiana
alla Shoah disse che il numero tatuato sul braccio rappresentava per
lei, fra le altre cose, il segno di una vittoria, il simbolo della
sconfitta del tentativo di soluzione finale. È questo un ulteriore
elemento del ricordo. Amalèk viene sconfitto, il tentativo di
distruzione del popolo ebraico fallisce. La parashà di Zakhòr precede
la festa più allegra dell'anno ebraico, la festa di Purìm.
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Gadi
Luzzatto Voghera,
storico
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Il Jewish Chronicle riporta una
notizia che trovo nel medesimo tempo curiosa e carica di suggestioni.
La pioggia di meteoriti che ha interessato gli Urali la scorsa
settimana ha colpito durante la preghiera di shachrit anche una
sinagoga a Chelyabinsk. Prima una luce intensa ha illuminato il cielo,
e in seguito un meteorite è entrato da un finestrone e ha seriamente
danneggiato il beth hakenesset. Quando, nel 2013, un evento del genere
capita “quasi” annunciato dagli esperti e dai media, noi ci limitiamo a
sorriderne e a correre ai ripari. Al più dobbiamo contare i danni e
riparare le finestre. Ma cosa mai potevano pensare i fedeli di epoche
passate che si vedevano colpiti da un evento così incomprensibile nel
bel mezzo di una devota preghiera mattutina? Quali speculazioni
mistiche poteva suscitare un simile, inspiegabile avvenimento? Il
ricercatore storico dovrebbe riuscire a immedesimarsi meglio con chi
nel passato viveva queste situazioni, e assegnare il giusto peso ad
avvenimenti che oggi noi giudichiamo forse con troppa leggerezza.
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Assemblea rabbinica: Voci false e infondate rischiano di avvelenare i rapporti in Italia |
"Voci
false e assolutamente prive di fondamento sulla presunta inadeguatezza
di alcuni componenti del Tribunale rabbinico che fa riferimento a rav
Laras. Un fatto molto grave, soprattutto perché originato da una
comunicazione che, a quanto ci risulta, sarebbe partita dall'Italia”.
Così il presidente dell'Assemblea rabbinica italiana rav Elia Richetti
sulla lettera privata inviata lo scorso 13 febbraio dal rabbino capo
sefardita di Israele rav Shlomo Amar allo stesso rav Richetti e al
segretario dell'Ari rav Giuseppe Momigliano oltre che, per conoscenza,
ai rabbini capo di Roma e Milano rav Riccardo Di Segni e rav Alfonso
Arbib, in merito alle diverse competenze e autonomie dei Beth Din
italiani. “Il rabbino capo d'Israele rav Shlomo Amar – si legge – ha
deciso, nella sua funzione di presidente del tribunale rabbinico
superiore e responsabile dei tribunali rabbinici per le conversioni,
che la Rabbanut Rashit continuerà a riconoscere gli atti di Beth Din
(conversioni, divorzi, verifiche di ebraicità) firmati dal rabbino Di
Segni e dal rabbino Arbib, rabbini capo rispettivamente di Roma e
Milano. Per tutto ciò che riguarda gli atti di tribunale rabbinico e le
verifiche di ebraicità prodotti da altri tribunali rabbinici in Italia,
la Rabbanut Rashit si riserva il diritto di verificare ogni caso
distintamente e solo dopo verifica deciderà se confermarlo, secondo i
risultati della verifica". Un documento di estrema delicatezza divenuto
in queste ore di dominio pubblico dopo la pubblicazione sul sito della
Comunità ebraica di Roma (proprio stamane il rabbino capo rav Riccardo
Di Segni e' intanto apparso al fianco del presidente della Comunità per
illustrare la nuova politica dell'informazione comunitaria). La
decisione ha turbato il leader dell'Ari. “Avrebbero dovuto chiedermi il
permesso prima di procedere all'eventuale diffusione del testo di rav
Amar visto che era indirizzato al sottoscritto. Perfino su Facebook è
circolato”, commenta con amarezza. La replica dell'Ari, oltre a un
messaggio personalmente inviato da rav Richetti a rav Amar nella
giornata di ieri, è stata affidata a una lettera congiunta che reca in
calce numerose firme di rabbini italiani. “In risposta alla lettera del
3 Adar (13 febbraio, ndr) – è scritto – vi comunichiamo che tutti noi
sottoscritti, Rabbini Capo delle Comunità d’Italia e membri del
Tribunale Rabbinico del Centro-Nord Italia presieduto dall’Ecc.mo Rav
Giuseppe Laras Shlita, apprezziamo l’attività importante e dedita del
Presidente del Tribunale Rabbinico Rav Giuseppe Laras Shlita. A D.o
piacendo, continueremo ad avvalerci dell’aiuto del Tribunale Rabbinico
del Centro-Nord Italia per il futuro, e ad appoggiarci ad esso come
avveniva in passato, e continueremo a riconoscere senza alcun dubbio
qualunque documento emesso da tale Tribunale Rabbinico, come ha sempre
fatto anche il Rabbinato Centrale d’Israele”. Firmatari del testo rav
Richetti, presidente dell'Ari e rabbino di riferimento della Comunità
di Merano; rav Alberto Sermoneta, vicepresidente dell'Ari e rabbino
capo di Bologna; rav Giuseppe Momigliano, segretario dell'Ari e rabbino
capo di Genova; rav Adolfo Locci, consigliere dell'Ari e rabbino capo
di Padova; rav Eliahu Birnbaum, rabbino capo di Torino; rav David
Sciunnach, rabbino capo di Parma; rav Ghili Benyamin, rabbino capo di
Venezia; rav Luciano Caro, rabbino capo di Ferrara; rav Yosef Levi,
rabbino capo di Firenze; rav Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli e
rav Roberto Della Rocca, membro del Tribunale Rabbinico. Prime reazioni
di preoccupazione e incredulità nel mondo ebraico. “Siamo iscritti
all'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e, con tutto il rispetto
anche per chiunque altro – sottolinea tra gli altri Gadi Polacco, gia'
consigliere dell'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane – è da questa
che dobbiamo ricevere risposta visto che in essa è anche compreso il
rabbinato. Occorre appunto che ciò avvenga presto e che si realizzi
bene, salvo dare un ulteriore colpo al già traballante impianto
dell'ebraismo italiano”.
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Purim - Il ritorno di Pagine Ebbraiche
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Purim
è ormai alle porte e in occasione della lieta circostanza la redazione
è tornata ad occuparsi di witz, ironia e di alcuni aspetti peculiari
dell'umorismo ebraico con il consueto appuntamento, giunto alla terza
edizione, del dossier Pagine Ebbraiche. Tre pagine speciali, tra serio
e faceto, tra realtà e paradosso, che sono elemento centrale del numero
di marzo del giornale dell'ebraismo italiano in distribuzione. Cos'è
Pagine Ebraiche, si chiedera qualcuno? "Pagine Ebbraiche - si legge nel
piè di pagina - è il giornale più incredibile dell’universo: vi potete
leggere solo notizie vere e solo notizie serie, ma per farlo dovrete
scovarlo. Compare solo quando non lo volete e per pochi istanti, di
norma nel frigorifero, durante la stagione di Purim. Ma unicamente se
avrete prestato la giusta attenzione alle porte di casa e avrete letto
al contrario tutti gli ingredienti del dentifricio Marvis classic
strong mint saltando su una sola gamba".
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Qui Bologna - DafDaf, Vittorio Giardino e La quinta verità |
Dopo
alcuni giorni in cui Bologna si è man mano riempita di gente grazie al
programma di “Aspettando Bilbolbul” finalmente è arrivata la grande
giornata di apertura del programma ufficiale, con gli eventi principali
del grande festival internazionale del fumetto. Nonostante il
tempo, che sicuramente non invogliava a passeggiare per la città
nonostante l’abbondanza dei portici, mai amati come in questa fredda
giornata di pioggia mista a neve, sono state numerosissime le persone
accorse: in mattinata la premiazione di due concorsi – Un fuoco dentro
e Noi e gli altri – e all’inizio del pomeriggio uno dei due eventi clou
di tutto il festival: l’incontro con Vittorio Giardino, finalmente
protagonista di una grande mostra nella sua città. La grande aula
universitaria era già piena prima dell’inizio, e al suo arrivo il
protagonista – un inedito Vittorio Giardino in giacca e cravatta – è
stato accolto con un grande applauso e subito messo davanti a un fuoco
di fila di domande da Emilio Varrà, uno dei fondatori di Hamelin,
l’associazione culturale artefice, tra altre cose, di Bilbolbul. E
la prima confessione dell’autore è quella di non essersi in realtà reso
conto di quanto grande fosse il rischio, quando ha deciso di
abbandonare la professione sicura (Giardino ha lavorato per una decina
d’anni come ingegnere elettronico) per dedicarsi interamente ai
fumetti: “E’ stata una totale follia, non avevo idea delle probabilità
che avevo contro”. Ma lavorare di giorno e disegnare di sera non era
una scelta sostenibile, fare fumetti è una cosa impegnativa, seria, e
non bastano i ritagli di tempo. Sicuramente non possono bastare a un autore
come Giardino (nell'immagine a fianco), che ha proseguito spiegando
come il suo modo di raccontare disegnando sia una scelta precisa:
parole e disegni non solo devono convivere, ma sono simbiotici, al
punto che i disegni da soli, o le parole da sole, non hanno – e non
devono avere – la capacità di far comprendere una storia. Perché tutto
è importante, i minimi dettagli delle tavole sono studiati, con quella
che lui stesso definisce “l’ossessione Giardino”. Dopo un appassionato
racconto di quali siano i suoi riferimenti, che spaziano dai grandi
autori greci – in primis Omero, la cui antiretorica lo ha portato a
ragionare sulla necessità di raccontare le cose onestamente, senza
farsi trascinare in convenzioni letterarie che possano sfociare in
luoghi comuni – a Carl Barks, inventore di Paperone e autore e
disegnatore delle più belle storie della saga dei paperi, il grande
autore bolognese rallenta il ritmo e sembra abbassare il tono, quasi a
cercare una verità ancora più profonda. Le sue parole si accompagnano a
uno sguardo differente, in cui il guizzo ironico sempre presente sembra
messo da parte: “La storia, nei miei fumetti è protagonista rispetto ai
personaggi. Le avventure che racconto sono sempre storicamente molto
determinate, si svolgono in periodi storici complessi, di transizione.
Per questo il qui e ora è determinante, e non è un caso che molti dei
miei protagonisti siano ebrei, perché gli ebrei erano, in quei contesti
storici, straordinariamente sotto pressione.” E in una delle
divagazioni che si è concesso durante le oltre due ore in cui si è
generosamente raccontato, Giardino ha anche messo in guardia i
tantissimi ragazzi presenti dalla tentazione di individuare in una
persona o in un personaggio storico il male assoluto: “Si tratta di un
sistema semplice per liquidare le cose difficili o scomode, meglio
analizzare, capire le ragioni in lotta. Se voglio combattere un nemico
devo capire bene chi è” E la cura dei dettagli è protagonista di
una bellissima carrellata di immagini, mostrate sul grande schermo
dell’aula universitaria, in cui il racconto di come abbia cercato
riferimenti iconografici precisi è anche diventato l’occasione per
ragionare sull’importanze della precisione, su come a volte uno decida
di “fare sul serio”, per il semplice piacere di andare a fondo delle
cose, non perché sia necessario ma per una personale valutazione di
cose sia giusto e rispettoso dei lettori, altro tasto su cui Giardino è
evidentemente molto sensibile. Una sensibilità a tutto campo,
mostrata anche nella sua volontà e curiosità di incontrare le persone,
di dedicare loro tempo per parlarsi, e ascoltare, molto evidente quando
nonostante il programma fittissimo della giornata, si è preso il tempo
di partecipare all’inaugurazione della mostra di DafDaf, che dopo
l’incontro dei giorni scorsi apriva ufficialmente le porte proprio
nella giornata di apertura di Bilbolbul, con un incontro dedicato al
rapporto fra illustrazione, fumetto e cultura ebraica, intitolato
Comics & Jews, come il dossier che ogni anno la redazione di Pagine
Ebraiche dedica a questo mondo. Dopo una visita guidata alla
mostra degli illustratori di DafDaf il pubblico presente è stato introdotto dal professor Franco
Bonilauri, direttore del Museo Ebraico di Bologna che ospita la mostra,
al tema dell’incontro, su cui si sono confrontati, oltre Vittorio
Giardino, il direttore di Pagine Ebraiche Guido Vitale, il disegnatore
e Giorgio Albertini, illustratore e docente di Storia del fumetto e Ada
Treves, responsabile di DafDaf e curatrice della mostra. Soffermarsi
sulla storia della stampa ebraica in Italia è stato così anche un modo
per ragionare su come anche esperienze piccole, come quella di un
giornale ebraico per i bambini destinato a un pubblico minuscolo nei
numeri, possano essere una grande lezione di coesistenza, di
integrazione senza dispersione; anche attraverso il modo in cui vengono
recepite, accettate e garantite le minoranze si misura la democrazia di
un paese. E il rapporto fra i disegnatori noti che hanno regalato le
loro opere a DafDaf e i giovanissimi che ogni mese permettono di fare
un giornale sempre più ricco promette di stringersi ancora di più, e
camminando insieme verso l’inaugurazione della grande mostra dedicata
all’opera di Vittorio Giardino non sono mancate le idee, grazie anche
all’attenzione con cui il grande disegnatore, autore anche della
copertina dell’ultimo numero di DafDaf, ha voluto conoscere e ascoltare
le storie di Katia Ranalli e Sonia Biscella, autrici di numerose
illustrazioni per il giornale ebraico dei bambini. Al Museo
archeologico di Bologna la folla era quella delle grandi occasioni, in
attesa di aprire – seppure nel modo informale che contraddistingue le
inaugurazioni di Bilbolbul – La quinta verità, mostra che l’autore pur
evidentemente commosso ha commentato dicendo, in un lampo ironico “A me
è andata meglio di altri: poteva capitare come a miei illustri
colleghi, come Magnus. Almeno io sono ancora vivo. Sono molto contento”. E
alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni locali – oltre
all’assessore alla cultura Alberto Ronchi anche il sindaco di Bologna,
i rappresentanti di Provincia e Regione non hanno voluto mancare
l’occasione – finalmente le porte delle sale sono state aperte e la
grande folla convenuta ha potuto vedere le 250 tavole scelte per la
mostra: i curatori hanno voluto inserire le produzioni più drammatiche,
il noir di Sam Pezzo, o quelle legate alla grande storia, il nazismo,
lo stalinismo o la guerra civile spagnola. Sono stati esclusi i fumetti
più leggeri, a cui pure l’autore è molto legato. Non mancano anche gli
inediti e una sezione a cui Vittorio Giardino tiene molto: i manifesti
realizzati per sostenere campagne o iniziative locali. Sono esposte
anche le tantissime edizioni straniere, più di 150, che mostrano come
l’autore sia apprezzatissimo anche all’estero. Mentre invece,
purtroppo, le edizioni italiane sono ormai difficili, se non
impossibili da trovare. Ma il terzo e ultimo volume delle avventure di
Jonas Fink sta nascendo, giorno dopo giorno, e chissà che in
concomitanza con la conclusione della sua avventura non si decida di
ripubblicare almeno qualcuna delle avventure di Maximilien David
Fridman, quel Max Fridman alter ego del suo autore.
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Verso le urne - "Perché scegliamo la politica"
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Idee
e prospettive differenti, storie politiche più o meno consolidate,
biografie che tracciano un quadro estremamente complesso e
diversificato. Ad accomunare i candidati alle prossime elezioni
regionali che presentiamo in queste pagine è però la medesima
proiezione dell’identità nell'impegno pubblico. Grazie al loro
contributo proviamo a fare una prima ricognizione della nuova geografia
politica dell'Italia che uscirà dal voto del 24 e 25 febbraio. Ospiti
di questo spazio i candidati alla Regione Lombardia Benjamin Khafi
(Movimento Lombardia Civica per Gabriele Albertini), Maximilian Mairov
(Maroni Presidente) e Daniele Nahum (Patto Civico con Ambrosoli
Presidente) e la candidata alla Regione Lazio Claudia Fellus (Lista
Zingaretti).
Qui Milano - L’integrazione, la sicurezza e il futuro
L’impegno
per i giovani. È questo un tratto che avvicina i tre esponenti della
Comunità ebraica di Milano candidati alle prossime elezioni regionali:
Benjamin Khafi di Movimento Lombardia Civica per Gabriele Albertini,
Maximilian Mairov per Maroni Presidente, Daniele Nahum per Patto Civico
con Ambrosoli Presidente (nelle immagini rispettivamente: in alto, al
centro e in basso). Dirigente di una società immobiliare, nato a Tel
Aviv, una laurea in scienze politiche e un passato come attivista
nell’associazionismo giovanile ebraico, Kafhi – 37 anni – spiega il suo
impegno per istanze che lui, per la Comunità ebraica, ritiene
importanti: “Assicurare che vengano mantenuti i finanziamenti pubblici
alle scuole private e lavorare per una
società in cui la sicurezza venga prima dell’integrazione”. Sul fronte
dei giovani, allo scopo di rimediare alla grave disoccupazione, Khafi
suggerisce invece l’impiego dei fondi europei per incentivare la
formazione nei settori professionali in cui mancano lavoratori, e
agevolazioni fiscali per gli under 35. “Il sostegno all’imprenditoria
giovanile è un punto fondamentale del nostro programma – spiega Mairov,
32 anni, avvocato - Puntiamo a istituire un fondo di ammortamento e ad
agevolare l’accesso al credito. Da questo punto di vista, mi impegno
personalmente a mettere a disposizione la mia esperienza giuridica
nella redazione di leggi chiare ed efficaci”. Un ulteriore intento che
l’avvocato si propone è quello di lavorare per ottimizzare l’utilizzo
delle risorse del sistema sanitario lombardo
attraverso la promozione di un sistema di telemedicina già diffuso in
Israele e negli Stati Uniti. “Se eletto, il mio primo atto sarà
proporre una mozione per la riduzione dello stipendio dei consiglieri
del 70 per cento” spiega Nahum, 30 anni, già alla guida dell’Unione
giovani ebrei d’Italia e vicepresidente della Comunità ebraica,
operatore dell’Associazione Eclettica&Media. Fra i progetti di
Nahum l’istituzione di un tavolo tecnico che raccolga i rappresentanti
delle comunità etniche e religiose sul territorio lombardo (“che
diventerebbe un punto di riferimento per loro quanto per le
istituzioni”) e un registro delle coppie di fatto che consenta di
esercitare determinati diritti, come quelli in campo sanitario. Infine
proposte a favore degli stagisti e delle start up, con l’idea di creare
un incubatore sul modello di Tel Aviv.
Qui Roma - Dalla sanità alla lotta contro i razzismi
“Ho
sempre cercato di mettermi dalla parte del cittadino e così intendo
fare presentandomi a questa sfida per me assolutamente nuova”. Claudia
Fellus Pirani, 54 anni, è candidata alla Regione Lazio nella lista
civica che sostiene Nicola Zingaretti. Estremamente articolato il suo
programma: cultura, territorio, politiche per l'integrazione. E
soprattutto sanità, suo settore di riferimento professionale. Per una
Regione Lazio, spiega, “al fianco dei più deboli”. “La situazione
drammatica in cui si trova la nostra Sanità necessita di una scelta
strategica chiara per fare sì che si adottino i provvedimenti giusti e
non solo tagli lineari. Per questo – sostiene Fellus – partire dai
cittadini, dalla loro esperienza e dalle loro valutazioni può essere
utile strumento per capire priorità e bisogni. È arrivato il momento
d’invertire la tendenza, mettendo al primo posto i pazienti e adottando
alcune linee di lavoro che rendano operative le scelte già compiute
sulla carta, ma mai attuate”. Grande attenzione anche ai temi del
razzismo e dell'antisemitismo. “La gravissima crisi economica che
stiamo attraversando, l'ingresso nella scena politica di partiti che si
richiamano a ideologie estremiste - spiega Fellus - non possono e non
devono lasciarci indifferenti”. “Ritengo - conclude - che si tratti di
un fenomeno sottovalutato anche per via dell'abuso che negli anni è
stato fatto dei termini 'fascismo' e 'nazismo'. Oggi purtroppo il
pericole è reale”.
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Qui Milano - L’ambasciatore Gilon incontra la Comunità
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L’ambasciatore
israeliano a Roma Naor Gilon ha incontrato i vertici dell’ebraismo
milanese in una cena riservata organizzata dal presidente della
Comunità ebraica Walker Meghnagi. Presenti tra gli altri il
vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto
Jarach e numerosi consiglieri UCEI, oltre a diversi esponenti del
Consiglio della Comunità e a molti rabbanìm milanesi, tra cui il
rabbino capo Alfonso Arbib. L’attuale situazione in Medioriente, e in
particolare la crescente instabilità che caratterizza la regione, ma
anche i rapporti fra Israele e l’Italia sempre ottimi, al centro
dell’intervento dell’ambasciatore Gilon, che è stato accolto dal saluto
di Meghnagi e di rav Arbib, in una serata introdotta dal consigliere
della Comunità Simone Mortara.
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Qui Milano - Nuovo cinema israeliano |
Torna
anche quest’anno la rassegna dedicata al Nuovo Cinema Israeliano
organizzata dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica
Contemporanea in collaborazione con Fondazione Cineteca di Milano e il
Pitigliani Kolno'a Festival, è curata da Nanette Hayon e Paola Mortara,
con la direzione artistica di Dan Muggia e Ariela Piattelli. Una
quindicina le pellicole proposte tra la sera di sabato 23 febbraio e la
giornata del 28, a partire dai più recenti film che hanno riscosso il
successo della critica internazionale, Footnote di Josef Ceddr,
candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 2012, e La sposa
promessa di Rama Burshtein, rivelazione dell’ultimo Festival del Cinema
di Venezia. “Il cinema israeliano continua a suscitare interesse, ad
essere apprezzato quasi in tutto il mondo – scrivono Muggia e Piattelli
nella presentazione - Un successo conquistato con l'alta qualità delle
opere, ma anche attraverso la varietà dei soggetti affrontati. L'unico
tema che ricorre in varie forme, in alcuni dei film presentati, è il
mondo religioso”. A prendere spunto dai film proposti anche una serie
diincontri in parallelo: dalla lezione dello stesso Muggia sui talenti
emergenti del cinema israeliano domenica 24 febbraio alle 11,
all’incontro con il regista e consigliere comunale Ruggero Gabbai sul
confronto fra Milano e Tel Aviv lunedì 25 alle 17, poi ancora la
presentazione de Il Mediterraneo degli altri. Le rivolte arabe tra
sviluppo e democrazia (Università Bocconi Editore, 2012) di Rony
Hamaui, docente di Economia all’Università Cattolica, in un colloquio
tra l’autore e il presidente del Cdec e consigliere dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Giorgio Sacerdoti. Tra i titoli in programma
anche God’s Neighbors di Meni Yaesh, Life in Stills di Tamar Tal, The
Exchange di Eran Kolirin e Restoration di Yossi Madmoni. “In queste
giornate porteremo a Milano film e documentari che altrimenti non
arriverebbero in alcun modo - spiega Nanette Hayon – Oggi il Cdec
rappresenta un punto di riferimento non più, come originariamente, solo
per lo studio della Shoah, ma anche per raccontare la cultura ebaica a
360 gradi, compresa dunque Israele. Siamo orgogliosi di offrire alla
città di Milano un prodotto originale e di grande qualità, con un
occhio anche ai giovani, grazie alle realizzazioni degli allievi del
Dipartimento di Cinema dell’Università di Tel Aviv.
Per scaricare il programma completo clicca qui
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
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Qui Roma - La Comunità investe sulla comunicazione |
Novità
e investimenti sul fronte della comunicazione da parte della Comunità
ebraica di Roma. Tra le iniziative annunciate questo pomeriggio dal
presidente della Comunità Riccardo Pacifici e dal rabbino capo della
Capitale Riccardo Di Segni il restyling del giornale comunitario
Shalom, la sinergia con il notiziario Yarchon della Comunità ebraica
triestina, la nascita di un notiziario settimanale online Shalom7 in
cui ogni venerdì sono riassunte le notizie dei giorni precedenti e la
nomina del nuovo portavoce della Comunità (incarico che in passato era
stato esercitato dallo stesso Pacifici), il giornalista Fabio
Perugia.Pacifici, riferendo di un colloquio con il presidente della
Comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi, ha anche preannunciato una
futura collaborazione tra Il giornale comunitario romano e il
Bollettino della Comunità ebraica di Milano. Ai colleghi di Roma,
di Milano e di Trieste impegnati in questi progetti, i migliori auguri
di buon lavoro da parte della redazione del Portale dell'ebraismo
italiano.
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Ci riguarda
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Se qualcuno aprisse la
Meghillat Ester sapendo che è un libro del Tanakh ma senza avere
nessuna idea del contenuto, probabilmente all’inizio penserebbe di aver
preso in mano il testo sbagliato. Non siamo in Eretz Israel, non si
parla di ebrei, si racconta la storia di un imperatore persiano, per di
più soffermandosi sulle sue vicende matrimoniali. Cosa ce ne importa di
quei banchetti descritti così dettagliatamente, di un consiglio di
stato convocato solo per discutere su come il re debba reagire a uno
sgarbo della moglie, o delle procedure poco edificanti con cui viene
scelta la moglie successiva? (È vero che le interpretazioni midrashiche
coinvolgono gli ebrei fin da subito, ma esse si affiancano alla lettura
lineare del testo, non la annullano: il midrash pare scritto per chi
conosce già la storia, mentre la Meghillà, con la struttura complessa e
ricca di colpi di scena, sembra fatta apposta per coinvolgere chi legge
per la prima volta, o, per meglio dire, per far provare ogni anno al
lettore la curiosità e l’ansia di chi legge per la prima volta). Solo
nel corso del secondo capitolo compaiono finalmente Mordechai ed Ester,
ma ancora fino al successivo un lettore del tutto all’oscuro della
vicenda non avrebbe nessun indizio che lo porti a supporre che i loro
fatti personali possano riguardare il popolo ebraico nel suo complesso.
A ben vedere anche questo potrebbe essere un insegnamento nascosto in
un testo in cui il nascondimento è uno dei temi fondamentali: quando
gli ebrei vivono come minoranza in una società non ebraica a volte può
sembrare che i fatti che li circondano non li riguardino, o che li
riguardino solo come persone singole; poi capita che un’identità
identità ebraica trascurata o taciuta diventi improvvisamente
determinante. È un pensiero che forse ci accompagnerà mentre ci
recheremo a votare proprio il giorno di Purim o di Purim Shushan.
Vale la pena ricordare che la vicenda non si conclude con le sorti
rovesciate, né con lo scampato pericolo per gli ebrei, e neppure con
l’istituzione della nuova festa; l’ultima cosa che accade è che il re
(presumibilmente su consiglio di Mordechai) impone una nuova tassa. Un
finale davvero prosaico per una vicenda così ricca di pathos, ma forse
è il finale adatto per ricordarci che anche dopo il lieto fine la vita
continua con i suoi problemi quotidiani ed è impossibile affermare con
certezza che un dato tema non ci riguarda.
Anna
Segre, insegnante
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L'etica del dubbio
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Il
film svedese Il sospetto fa davvero pensare. Non è solo una drammatica
riflessione sul potere distruttivo della “diceria”, ma uno stimolo ad
affrontare un paradosso etico: se credi all’accusa, puoi distruggere un
innocente; se non credi, ne puoi distruggerne un altro. Questo film mi
ha fatto pensare alle storiche calunnie sugli ebrei e sui bambini
cristiani. Nel film lo spettatore sa chi sono i “buoni” e chi i
“cattivi”, ma nella vita non si hanno certezze: e chi non sa può forse
restare immune dall’effetto della diceria? Tendo a pensare che l’unico
modo per resistere al pericolo di credere senza sapere sia lottare
contro l’atto stesso di credere, cercando di educarsi all’etica non
violenta e umile del dubbio. Da un provocatorio, celebre, spudorato, geniale, malinconico, umoristico cantore dell’ebraismo russo contemporaneo:
La mia vita dalla culla al bastone ho ingoiato con spirito e nerbo, ma a nessuno son stato padrone, neanche a Dio ho fatto da servo. (Igor’ Guberman, Versi da Gerusalemme)
Laura
Salmon, slavista
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notizie
flash |
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rassegna
stampa |
Calcio - Leo Messi in campo per la pace
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Leggi
la rassegna |
L'estate
israeliana si tinge di blaugrana. Con Messi e altri nomi illustri in
campo, il Barcellona sarà infatti protagonista di una partita
amichevole per la pace, il prossimo 31 luglio allo stadio Ramat Gan,
contro una squadra mista formata da calciatori israeliani e
palestinesi. L'annuncio è stato dato congiuntamente dal presidente del
club iberico Sandro Rosell e dal Capo di Stato Shimon Peres. “Il calcio
– ha affermato Peres – è un linguaggio universale che deve servire ad
avvicinare la gente. Il Barcellona, per la sensibilità dimostrata nel
voler creare e rafforzare ponti di dialogo in Medio Oriente, ne è un
esempio tangibile".
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La
Cassazione ha stabilito che contro l’ex SS Erich Priebke si dovrà
svolgere il processo civile per il risarcimento dei danni, come
richiesto dai familiari delle vittime della Strage delle Fosse
Ardeatine (Nazione Carlino Giorno).
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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