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9 aprile 2013 - 29 Nisan 5773
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alef/tav
linea

Roberto
Della Rocca,
rabbino

Non è casuale che in questo periodo di transizione dell’Omer che va da Pesach a Shavuòt, contraddistinto da un susseguirsi di momenti di gioia e momenti di lutto, si passa anche da Yom HaShoah a Yom Hatzmaùt a distanza di soli 8 giorni. Una contiguità che rafforza in molti quella coniugazione associativa tra la Shoah e la nascita dello Stato di Israele, talvolta fuorviante e caratterizzata da emozioni e gesti irrazionali. È un tema di dibattito aperto e molto acceso e che per certi aspetti rischia di svalorizzare la portata del grande ideale sionista da parte di coloro (ebrei e non ebrei) che vorrebbero vedere nella realizzazione dello Stato ebraico una sorta di risarcimento e di riscatto alla tragedia della Shoah. È sempre opportuno rammentare pertanto che l’ideale sionista è precedente alla Shoah. In questi giorni, in alcuni siti, sta girando un  fotomontaggio con una suggestiva immagine, per metà di deportati ebrei nei campi di sterminio sviliti nel corpo e nello spirito, e per l’altra metà di robusti e rassicuranti giovani soldati dell’esercito israeliano. Il tutto sotto la scritta “Am Israel Chai,” il popolo ebraico vive. Non mi sento di criticare chi, nello sforzo di cercare risposte a un’angoscia che continua a segnare la vita di noi tutti, trova rassicurazione nel messaggio di questo fotomontaggio che sicuramente riflette in parte una consequenzialità temporale e concettuale, ma personalmente è un’operazione che mi provoca inquietudine. Lo Stato di Israele costituisce l’inizio del germoglio della nostra redenzione e in questi 65 ani è riuscito a far rivivere molta di quella Torah e di quella cultura ebraica di cui una immensa parte è andata perduta con la Shoah, ma noi che non siamo né quei prigionieri, né quei soldati del fotomontaggio, in quale fotografia siamo? Quale rappresentazione vogliamo dare di noi?

Dario
 Calimani,
 anglista



Il presidente dell’Assemblea rabbinica, ha deciso di rispondere al mio insistito interrogativo sulla auspicabilità che l’Italia ebraica disponga di un dayan unico e sulle aperture di Rav Dichowski (direttore generale dei Tribunali rabbinici d’Israele) sul ghiur. (...)
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davar
Boldrini: "Inasprire le sanzioni contro chi semina odio"
Processo Stormfront, dure condanne agli estremisti del web

Processo Stormfront: condannati i quattro estremisti di destra alla sbarra con pene che vanno dai due anni e sei mesi ai tre anni di reclusione. Soddisfazione è espressa dal presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e dal presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici. Il presidente della Camera a colloquio con l'ambasciatore Gilon: "Inasprire le sanzioni contro chi semina odio".
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L'intervento del rabbino capo lodato da Benedetto XVI riproduce in parte e senza citarla un'opera cattolica
Tensione e sconcerto, nel mondo ebraico francese, nell'attesa che la posizione del rabbino capo della maggiore realtà ebraica europea, Gilles Bernheim, sia chiarita. Lo stesso Rav ha annunciato un suo intervento pubblico che avverrà probabilmente nelle prossime ore. I quotidiani parigini di questa mattina riferiscono delle forti pressioni registrate all'interno del mondo ebraico francese perché il rabbino lasci immediatamente l'incarico a seguito delle numerose e documentate accuse di plagio derivate da un'analisi dei suoi recenti scritti e dal fatto che il vantato titolo accademico di abilitazione alla docenza di filosofia non avrebbe in effetti riscontro nella realtà dei fatti e riportano la notizia che almeno uno stralcio dell'intervento del rabbino contro i diritti dell'omoparentalità e del riconoscimento civile delle unioni di persone dello stesso sesso riproduce in parte, e senza citarlo, il libro di un sacerdote cattolico apparso nel marzo del 2012 (Joseph-Marie Verlinde: "Identité recue ou choisie", Le Livre Ouvert).
Proprio l'intervento del rav Bernheim su questo argomento era stato lodato dal papa Benedetto XVI nel discorso di questo Natale e aveva suscitato grande interesse nel mondo cattolico. Lo stesso intervento era stato all'inizio di gennaio anche al centro di un editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera con cui si lodava l'impostazione rappresentata dal rav Bernheim e si incitava l'ebraismo italiano, a suo avviso succube della cultura degli intellettuali laici progressisti, a seguirne le tracce.

Qui Roma - La lezione del rav Soloveitchik 
“Rav Soloveitchik continua ad essere una figura di riferimento per l'ebraismo mondiale. Un intellettuale di spessore, un grande maestro di Talmud e di Halakhah, uno tra gli esponenti più significativi della corrente che ha cercato una sintesi tra sionismo e valori religiosi”. Ad affermarlo, in occasione dell'avvio dei lavori del convegno romano in memoria del rav Joseph Dov Soloveitchik, il coordinatore del Collegio rabbinico italiano rav Gianfranco Di Segni.
L'iniziativa, organizzata dal Collegio rabbinico e dall'Assemblea rabbinica in collaborazione con l'Istituto Eretz Hemdah di Gerusalemme, vuole rendere omaggio a una delle massime figure ebraiche del Novecento nel ventesimo anniversario della scomparsa. Due giornate di studio, quattro distinte sessioni di studio promosse anche su impulso dell'assessore UCEI al culto Settimio Pavoncello, come ha ricordato rav Di Segni portandone i saluti al pubblico in apertura.
Ad inaugurare il convegno una lezione del rav Ron Klopstock, makhon di Eretz Hemdah, sul Seder di Pesach visto secondo la prospettiva halakhica di rav Soloveitchik. In sala, oltre agli studenti del Collegio, numerosi rabbanim: tra gli altri rav Giuseppe Momigliano (Genova), rav Itzhak Margalit (Trieste), rav Cesare Moscati (Verona), rav Umberto Piperno e rav Ariel Di Porto.
I lavori riprenderanno al Centro Bibliografico UCEI, a partire dalle 17, con tre interventi volti ad approfondire differenti sfaccettature del pensiero del rav Soloveitchik. Rav Benedetto Carucci Viterbi, preside delle scuole ebraiche di Roma, ne parlerà come “Ish ha-Emunà”, uomo di fede; rav Gianfranco Di Segni si soffermerà invece sullo studio del Talmud al femminile muovendosi in un arco temporale che ha origine dalle riflessioni del rav Shemuel Archivolti; concluderà la sessione rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, con un focus sull'approccio alle sfide e agli stimoli del dialogo interreligioso.

Margaret Thatcher (1925-2013)
“Non esitare mai nel fare tutto quello che puoi per salvare una vita”. Così Margaret Thatcher, sull’episodio che costituiva per lei il più importante risultato raggiunto nella vita: aver salvato una ragazza austriaca dallo sterminio nazista.
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Qui Milano - Istruzione e storia del popolo ebraico
Il dibattito su “I pochi eletti” coinvolge gli studenti
Quale ruolo per l’istruzione nella storia e nella tradizione ebraica? A discuterne stamattina prendendo spunto dal libro “I pochi eletti. Il ruolo dell’istruzione nella storia degli ebrei, 70-1492” (Egea – Università Bocconi Editore, 2012) è stata l’autrice Maristella Botticini, professoressa di economia alla Bocconi (che firma il volume insieme a Zvi Eckstein dell’Università di Tel Aviv) insieme a coloro che del sistema educativo sono i principali protagonisti, gli studenti e gli insegnanti del liceo della Comunità ebraica di Milano, in un’assemblea organizzata dalla preside Esterina Dana e dal consigliere comunitario Guido Osimo. Ad offrire un approfondimento sul volume è anche Paolo Sciunnach, docente della scuola superiore della Comunità.
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Qui Torino - Nel nome di Emanuele Artom
Da Vercelli a Parma a Meina proseguono gli appuntamenti italiani di Yom HaShoah. Questo pomeriggio a Torino una marcia ricorderà il partigiano Emanuele Artom.
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pilpul
La sofferenza animale e la riflessione ebraica
Domenica scorsa si è svolta a Firenze la presentazione dell’ultima “Rassegna mensile di Israel” (Giuntina editore), gloriosa rivista ebraica intitolata quest’anno “Gli animali e la sofferenza - La questione della Shechità e i diritti dei viventi”. É stata la prima tappa di un giro che la porterà a Napoli (10 maggio), a Genova (21 maggio) e a Roma (17 giugno). Insieme a Laura Quercioli Mincer abbiamo curato questo volume e ci abbiamo creduto fin dal principio, fin da quando organizzammo un convegno sulla Shechità alla fine del 2011. Ma questo risultato non sarebbe stato possibile senza il sostegno dell’Ucei, del Collegio rabbinico italiano, di Pagine ebraiche, dellecomunità ebraiche italiane e, naturalmente, di tutti i collaboratori.
Ritorniamo su questo argomento. Perché, come ebrei, dobbiamo occuparci della sofferenza animale? Innanzitutto per ragioni etiche, visto che i nostri testi sono densi di precetti che ci impongono il rispetto delle bestie e spiegano che mangiare animali è consentito ma va fatto all’insegna della pietà e del rispetto. Ma anche per una questione politica. Si parla spesso di valori ebraici e del loro apporto al vivere civile: non è forse un banco di prova, per questi valori, opporsi al macello a cielo aperto che è diventato il mondo (oltre tre miliardi di animali in questo momento sono allevati per essere mangiati sul pianeta)? Non è ebraico sottolineare – nell’indifferenza generale - gli enormi costi etici, ambientali, sanitari, economici del sistema di allevamento industriale?
Il dibattito, parlando di Shechità, ha mostrato che esistono, anche tra i rabbini, posizioni diverse. Lo stordimento dell’animale da macellare non è vietato pregiudizialmente, ma occorre trovare una modalità che non lo danneggi e quindi lo renda taref (inadatto). Ma il problema va allargato: possiamo oggi parlare di kasheruth senza occuparci delle condizioni indecenti e vergognose in cui gli animali vengono allevati? Può essere kasher un pollo che non ha mai toccato terra e respirato aria aperta in vita sua? Può essere kasher un pesce pescato con una rete di 120 chilometri? Su questo leader ebraici e rabbini devono aprire una riflessione coraggiosa. Minoritaria e difficile, ma anche entusiasmante e necessaria. Se così non fosse, che valori ebraici sarebbero?

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas  twitter @tobiazevi

Storie - Carte inedite sulle Fosse Ardeatine
Nella ricorrenza del 50° anniversario della scomparsa di Attilio Ascarelli, il medico legale ebreo che dall’estate all’autunno del 1944 diresse le attività di esumazione e di identificazione delle salme della strage delle Fosse Ardeatine, esce un libro intitolato I Martiri Ardeatini. Carte inedite 1944-1945 (AM&D Edizioni, pp. 331, euro 30). Il volume, curato da Martino Contu, Mariano Cingolani e Cecilia Tasca, propone per la prima volta le schede biografiche delle vittime che furono redatte all’epoca dalla commissione, accompagnate da un interessante saggio sui più recenti sviluppi storiografici relativi all’eccidio, una preziosa bibliografia sull’argomento, un profilo del professor Ascarelli, e l’inventario del Fondo a lui intestato e  conservato presso l’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Macerata. In qualità di direttore della commissione medico-legale, Ascarelli raccolse la documentazione prodotta in quel periodo e nel dopoguerra. In uno di questi corposi fascicoli, sono contenute 291 schede di martiri (su un totale di 335), alcune più ampie, alcune telegrafiche, che vengono pubblicate in questo volume e ci rivelano particolari inediti di alcuni di loro. Le schede rappresentano, come scrive Claudio Procaccia nella prefazione, “un punto di partenza per la creazione di un dizionario biografico delle persone assassinate il 24 marzo 1944”, tra cui figurano anche 75 ebrei, per lo più non partigiani ma arrestati solo per motivi razziali. Per la maggior parte di essi, i documenti pubblicati in questo volume sono le uniche testimonianze biografiche sino ad ora note.

Mario Avagliano
twitter @Marioavagliano

notizie flash   rassegna stampa
Un'applicazione in ricordo
della rivolta del Ghetto di Varsavia
  Leggi la rassegna

Helga Deen L'ultima Notte è una graphic novel italiana per iPad che racconta la storia di Helga Deen, giovane studentessa ebrea che scrisse un diario nel lager di Vought in Olanda fino alla sua morte nel campo di stermino di Sobibor. L'app contiene 32 pagine ed è proposta gratis per iPad.

 

Processo Stormfront: puniti i quattro estremisti di destra alla sbarra con pene che vanno dai due anni e sei mesi ai tre anni di reclusione. Intervistato da Marco Pasqua sul Messaggero, il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici esprime la sua soddisfazione. “Il giudice – afferma – ha preso una decisione esemplare che segna un punto importante nella lotta all’odio razziale. Non gioisco, perché all’odio non rispondo con altro odio. All’odio si risponde con la giustizia e questa sentenza ha fatto giustizia”. 
















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