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11 aprile 2013 - 1 Iyar 5773
l'Unione informa
ucei
moked è il portale dell'ebraismo italiano
alef/tav
elia richetti Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
 

Nell’esposizione di tutti i tipi di impurità derivanti da diverse affezioni della pelle compaiono diversi passaggi oscuri. In particolare, una regola sembra contraria alla logica: una persona affetta da “tzarà‘ath” (in base alla traduzione latina spesso viene considerata lebbra, ma la descrizione non corrisponde alla lebbra che conosciamo) è a priori impura, e ciò è comprensibile; ma se successivamente l’affezione si estende a tutto il corpo, il paziente diventa puro, mentre se permane qualche zona di pelle sana, il paziente è talmente impuro da dover essere messo in quarantena al di fuori dell’abitato. E qui i conti non tornano più: perché mai una persona completamente malata deve poter girare tranquillamente in mezzo agli altri, mentre chi sta discretamente bene deve essere messo al bando? Per rispondere dobbiamo sgombrare la mente dalla nostra abitudine, di origine positivistica, di giustificare le mitzwòth con motivi medici, igienici, dietetici, profilattici o altro. La Torà è un testo che ci vuole insegnare un comportamento ispirato a principi di un’etica superiore, e cercarvi qualcos’altro è solo limitativo o riduttivo. Partendo da questo presupposto, ci accorgiamo che la “tzarà‘ath” compare nella Torà in connessione con la punizione per la maldicenza: ad esempio, Miryàm, sorella di Moshè, per aver parlato contro il fratello, viene colpita per l’appunto da questa affezione. E questo aspetto chiarisce il nostro quesito. La maldicenza è di per sé impura, infetta e contagiosa, perché avvelena chi la fa, chi ne è vittima e chi l’ascolta. Quando una persona vive e prospera di sola maldicenza, però, poco danno può fare, perché il suo difetto diventa manifesto a chiunque. Ben diverso è il caso di chi mescola alla maldicenza dei commenti positivi: l’ipocrita è più pernicioso del maldicente puro, perché si riveste di brani di “pelle sana” tali da scagionarlo dall’accusa di faziosità. Quando l’ipocrita parla male di qualcuno, lo fa mostrando tutti i crismi della credibilità e dell’obiettività. Ecco perché deve essere tenuto al bando. Anche sulle norme che ci sembrano aridamente riservate ad addetti ai lavori, la Torà si dimostra “un albero vivente per chi l’afferra”, secondo la dizione del Salmista.


Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme


Sergio Della Pergola
È Susanna Tchilibon il nome nuovo della Hevràt Yehudé Italia che gestisce il Tempio Italiano e il Museo di Arte Ebraica Italiana Umberto Nahon a Gerusalemme. La giovane e brillante ricercatrice universitaria entra per la prima volta nel nuovo Consiglio eletto ieri sera dall'assemblea generale (al posto di Samuele Giannetti, che non si è ripresentato) accanto a Eliahu Ben Zimra, Sergio Della Pergola, Angela Polacco Lazar, Viviana Sacerdote Di Segni, Cecilia Cohen Hemsi Nizza e Angelo Piattelli, riconfermati quasi all'unanimità. Un'assemblea generale molto affollata, intensa, attenta e matura nella quale è stata espressa piena fiducia al Consiglio uscente per i risultati conseguiti negli ultimi due anni, fra i quali spicca il bilancio in pareggio. Sono stati discussi i grandi temi di attualità: la conclusione della trattativa con lo Stato e il Comune sulla definizione della proprietà della sede in Rehov Hillel 27, il potenziamento e la gestione del Museo di Arte ebraica (di cui va assolutamente visto il nuovo sito), e la possibile nomina di un direttore generale. Il dibattito ha toccato anche il rapporto fra la generazione degli Italkím veterani e quella dei loro figli nati in Israele, la funzione positiva del Tempio nel processo di integrazione in Israele dei molti nuovi immigrati, e la necessità di allargare il quadro dei volontari. Fra sei mesi il nuovo Consiglio riferirà all'assemblea sugli esiti del proprio lavoro.

davar
Qui Parigi - Il rav Bernheim lascia l'incarico
Il rav Gilles Bernheim ha deciso di lasciare l'incarico di Gran Rabbino di Francia. Nella tarda mattinata, di fronte al Concistoro centrale delle comunità ebraiche, l'annuncio delle sue dimissioni dall'incarico.
Una decisione che arriva dopo le numerose accuse di plagio che sono circolate negli ultimi giorni sul suo conto in merito al recente saggio Quarante méditations juives, al conseguimento del titolo accademico di abilitazione alla docenza di filosofia e all'originalità di alcuni passaggi del testo su matrimonio omosessuale, omoparentalità e adozioni lodato in pubblico da papa Benedetto XVI. Accuse non smentite da rav Bernheim nel corso della sua recente intervista a Radio Shalom in cui il Gran Rabbino aveva duramente respinto l'ipotesi delle dimissioni. “Sarebbero equiparabili a un atto di diserzione”, aveva affermato in uno dei passaggi emotivamente più significativi. Eletto nel 2008, rav Bernheim lascia dopo cinque anni contrassegnati da molti successi e da un proficuo dialogo intessuto con le altre realtà religiose e con tutta la società francese. In attesa di nuove elezioni l'incarico è assunto ad interim dal Gran Rabbino di Parigi Michel Gugenheim e dal direttore della scuola rabbinica Olivier Kaufmann.

Israele - Un nuovo Consiglio per gli Italkim
Rinnovato il consiglio della Hevràt Yehudé Italia di Gerusalemme: riconfermati il presidente Eliahu Ben Zimra, e poi Sergio Della Pergola, Angela Polacco Lazar, Viviana Sacerdote Di Segni, Cecilia Cohen Hemsi Nizza e Angelo Piattelli, cui si è aggiunta Susanna Tchilibon, ricercatrice in ambito farmaceutico. L’associazione, che costituisce un’importante espressione della comunità degli italkim, i cittadini israeliani di origine italiana, in questi anni divenuta sempre più numerosa e ricca di progetti, ha il compito di gestire il Tempio italiano di Gerusalemme e il Museo di Arte ebraica italiana Umberto Nahon, importante punto di riferimento del panorama culturale della città. La visita a questi luoghi rappresenta ormai un appuntamento imprescindibile per i rappresentanti tricolori in visita nello Stato ebraico, ma anche per i tanti leader israeliani che negli anni hanno volto rendere omaggio al contributo che gli italkim hanno offerto nei decenni allo sviluppo del Paese.


Israele - Le donne del Muro
Grande l’attenzione ricevuta in Israele in questi giorni dal dibattito relativo alle rivendicazioni e alle vicende del movimento Women of the Wall e alla proposta di Natan Sharasky, dissidente sovietico già parlamentare e ministro, oggi alla guida dell’Agenzia ebraica e voce di primo piano del confronto pubblico, di istituire una “sezione egalitaria” al Kotel accanto a quelle dedicate alla preghiera di uomini e donne. Un’idea che ha trovato l’appoggio del rabbino responsabile del Kotel Shmuel Rabinowitz e che il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato di stare studiando. Del tema si occupa anche il docente Paolo Sciunnach in un intervento sul numero di Pagine Ebraiche di aprile attualmente in distribuzione.
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Qui Roma - La leggenda del papa ebreo
Torna la leggenda del papa ebreo. Se ne discute a Roma in occasione di un convegno internazionale organizzato da Università Sapienza, John Cabot University e Università degli studi di Urbino con il sostegno della Comunità ebraica capitolina. Tra i relatori il rabbino capo rav Riccardo Di Segni.
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Franco Perlasca: "Mio padre, un eroe italiano"
“Una libro pieno di non verità, facilmente dimostrabili”. Franco Perlasca è esplicito nel commentare l'uscita nelle librerie di "En nombre de Franco. Los héroes de la embajada de Espana en el Budapest Nazi”, volume in cui il giornalista spagnolo Arcadi Espada ridurrebbe drasticamente i meriti del padre Giorgio, Giusto tra le Nazioni dal 1989, nel salvataggio di migliaia di ebrei ungheresi durante la seconda guerra mondiale. Tra le varie contestazioni di Espada il fatto che Perlasca “non sapesse parlare né l'inglese né il tedesco” e che per salvare i perseguitati avrebbe avuto bisogno di un interprete che, a suo dire, “non cita mai”.
“Per l'ungherese, lingua ostica – sostiene Perlasca – mio padre aveva una interprete citata per nome e cognome nelle sue memorie (l'Impostore, Il Mulino 1996) e che ora vive a Montecarlo. Di Farkas, l'avvocato che curava gli interessi delle Legazione, parla diffusamente nelle sue memorie, facilmente reperibili in libreria. Di Sanz Briz (l'ambasciatore spagnolo cui Espada attribuisce gran parte dei meriti, ndr) esiste un dato di fatto: a inizio dicembre se ne va da Budapest destinazione Svizzera. Sino all'arrivo dei russi in città chi regge la Legazione è Perlasca. Esistono centinaia di documenti scritti/testimonianze di salvati ancor oggi viventi e della Croce Rossa che testimoniano il tutto. Al signor Espada che qualche mese fa era venuto a casa mia avevo fornito documentazione e fonti; vedo che nella migliore ipotesi non le ha lette ma ha interpretato la vicenda come un derby italo spagnolo per dimostrare i meriti di Sanz Briz”. Ieri, nel pomeriggio, un durissimo commento postato dagli amministratori del sito Informazione Corretta (“Giudichiamo indecente che un quotidiano come il Corriere della sera dedichi quasi una pagina intera a una simile vergognosa menzogna”), pubblicato sul profilo Facebook di Perlasca, suscita la reazione sdegnata di Pierluigi Battista, editorialista del Corriere, che scrive: “Dica a quelli di Informazione corretta che sono degli stupidi e fanatici censori. Il Corriere ha riportato la tesi di un libro. Significa fare informazione, non assumere la tesi come propria. Il fanatismo censorio è una brutta bestia, ho visto che di recente si è risvegliato riesumando le più turpi accuse contro Hannah Arendt. Mi spiace che una buona causa sia rovinata dall'idiozia dei censori”. Immediata la replica di Perlasca: “Battista, con grande stima non sono d'accordo con lei. L'articolo è totalmente appiattito sulla tesi del signor Arcada. Tesi facilmente smentibili con documenti. Quello che fa male non è il fanatismo – non lo vedo in questo caso – ma di non aver voluto approfondire l'argomento con la famiglia e la Fondazione. Le buone cause saranno sì rovinate dall'idiozia dei censori ma anche dalla leggerezza, usiamo questo termine, dei giornalisti. Questo il mio pensiero”. Controreplica finale di Battista: “Si sbaglia, mi perdoni. Il giornalista riferisce che c'è un libro in cui sono contenute certe tesi e le illustra. Non è il giornalista che sta facendo un'inchiesta. La distinzione è semplice. I fanatici censori di Informazione corretta vorrebbero che i lettori non venissero nemmeno nformati dell'esistenza del libro”.

a.s - twitter @asmulevichmoked


Qui Venezia - Il ritorno del Machatzor
Nuovamente in Laguna, dopo oltre due secoli, un prezioso Machatzor settecentesco realizzato dalla stamparia Bragadina. La presentazione dell'opera ieri sera al Museo ebraico.
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Qui Torino - Il mare in valigia
Spettacolo intenso  alla Sala Valdese di Torino dove Miriam Camerini ha portato in scena la vicenda artistica e personale della poetessa tedesca Else Lasker-Schüler, in un monologo sorprendente e coinvolgente.
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pilpul
Setirot - Da Istanbul a Milano Marittima
Breve vacanza a Istanbul prima di partecipare alle quattro giornate Moked2013 di Milano Marittima. Grandissimo interesse per i risultati della ricerca sociodemografica sull’ebraismo italiano curata da Enzo Campelli: chissà, forse ci spiegherà la tensione crescente tra componenti diverse all'interno delle nostre Comunità. Ascolterò avendo nella testa lo spirito con cui è stato pensato e attuato il piccolissimo Jewish Museum che “canta” la storia di 700 anni di amicizia tra turchi ed ebrei.

Stefano Jesurum, giornalista

Time out - Il dialogo e i Tribunali rabbinici
Insomma, la colpa del dayan di Roma e di Milano sarebbe quella di è essere troppo severo. Sarà perché non ho le competenze per giudicare, ma vorrei chiedere la ragione di queste affermazioni. Con quali criteri si stabilisce infatti se un dayan sia troppo rigoroso nell’applicazione della legge e, soprattutto, perché un giudice conciliante dovrebbe essere migliore di uno severo? Ciò che traspare è che il problema del dayan di Roma e Milano sia quello di far rispettare le leggi della Halacha, senza sorvolare di tanto in tanto. Colpa gravissima per carità, soprattutto nell’ebraismo italiano in cui i presidenti di comunità amano parlare di halacha, senza fra talvolta averne le competenze. Ma in realtà non è questo il punto, credo sia legittimo e comprensibile discutere di ogni argomento e chiedere spiegazioni ai nostri rabbanim sulle loro scelte. È giusto ed è un bene che sia così. A patto che però questo avvenga con onestà intellettuale. E non affermando prima che : un giudice di Tribunale rabbinico è una figura che in Italia non abbiamo perché nessuno ha interesse a istituirla. Salvo poi due settimane dopo dire che in realtà c’è, ma è troppo severo e quindi non va bene. Perché non è di questo tipo di polemiche sterili che abbiamo bisogno, ma di una sana e corretta volontà di confrontarci, altrimenti il dialogo, diciamolo con franchezza, è una pura perdita di tempo.

Daniel Funaro

notizie flash   rassegna stampa
Israele - Scoperti i resti
di un antico mikveh
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 I resti di un antico bagno rituale, risalente a oltre 2000 anni fa, sono stati scoperti nel quartiere di Kiryat Menachem a Gerusalemme durante i lavori di costruzione di una strada. Il mikveh, in uso all’epoca del Secondo Tempio, presenta un sistema per raccogliere e convogliare l’acqua nella vasca particolarmente complesso.
 

Reazioni indignate dopo la proposta della sezione Empolese Valdelsa del Movimento cinque stelle, che ha auspicato l’abolizione delle spese per i viaggi studio ai lager nazifascisti per salvare la sede distaccata del Tribunale che ha sede nel territorio, sono giunte non solo dalla Comunità ebraica fiorentina (Repubblica Firenze), ma anche dalle autorità regionali e locali (Giuseppe Del Fuoco sulle pagine cittadine del Corriere della Sera).


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