L'INIZIATIVA UCEI, TAVOLO INTERRELIGIOSO DI ROMA E PITIGLIANI
“Pane, linguaggio che unisce”
“Donne di varie identità e tradizioni culturali e religiose hanno accolto l’invito dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, insieme al Tavolo Interreligioso di Roma e al Centro Ebraico Italiano Il Pitigliani, a incontrarsi e impastare assieme il pane. Simbolo delle tradizioni e della condivisione, da sempre il pane è il principale elemento presente sulle nostre tavole. È il cibo che unisce nel quotidiano, nelle feste e nelle celebrazioni rituali. Sono le premesse a questo riuscito evento, organizzato con l’obiettivo di lanciare un messaggio di pace, dialogo e vitalità interamente declinato al femminile. Al centro la challah, il pane ebraico del Sabato, ma anche il pane preparato secondo la tradizione indiana, yemenita e marocchina.
“Tante tradizioni differenti, che si conoscono e riconoscono attraverso l’alimento più antico. Ciascuna che insegna qualcosa e allo stesso tempo che si fa insegnare qualcosa da un’altra. Un modo diverso di stare insieme” ha affermato Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, nel fare gli onori di casa. “Siamo riuscite a passare una bella serata. Oltre una trentina di donne, di tutte le età e religioni. Abbiamo condiviso ricette e processo di lavorazione, con le energie e i nostri corpi, mischiando tutto quanto. Il pane dà profumo alle nostre case, dà un significato al nostro stare insieme. È importante saper condividere qualcosa della propria cultura. Ma anche avere la consapevolezza che le cose non si fanno in un attimo. Ci sono diverse fasi da rispettare. Bisogna saper pianificare, ma anche attendere. Il risultato – ha commentato Di Segni – lo abbiamo potuto degustare”.
“Oggi, è proprio il caso di dirlo, siamo state tutte con le mani in pasta. Un’espressione che, anche nella lingua italiana, richiama un senso forte di impegno” sottolinea Maria Angela Falà, presidente del Tavolo interreligioso di Roma. “È stata – prosegue Falà – una serata di grande gioia, interesse, scambio. Un’iniziativa di cui sono molto felice, anche perché caratterizzata da qualcosa di autenticamente concreto. Non c’è infatti, nella dimensione del Dialogo, il solo parlare e discutere. Bisogna anche fare. E quello che oggi abbiamo fatto ce lo siamo portate a casa”.
Karima Moual, marocchina, è stata attiva protagonista della serata. Con le altre partecipanti ha condiviso infatti sapori e profumi del pane di casa. “Un’esperienza che non avevo mai fatto. Molto bella, arricchente, mi ha lasciato tanto. È bello stare tutte e tutti insieme. E farlo attraverso il cibo è un qualcosa di più” commenta mentre le sue creazioni raggiungono la padella per una rapida friggitura.
Anche Khaled Belquis, yemenita, conserverà un ricordo di questa serata. “Ho partecipato con gioia a questa iniziativa, che non è stata solo un’occasione per divertirsi ma una vera e propria azione culturale. Il pane – sottolinea Khaled – è infatti cultura in tutti i sensi”.
Condivide questa idea Jacqueline Fellus, assessore UCEI alla Kasherut. “Avevo già partecipato a un’iniziativa di preparazione del pane, ma dedicata alla sola challah. Questa apertura al confronto con altre culture si è rivelata una scelta vincente. Stimolante farsi conoscere e al tempo stesso farsi insegnare. Davvero – commenta – una bella esperienza”.
Ad illustrare il significato della challah è stata tra le altre Daniela Pavoncello, Consigliera della Comunità ebraica di Roma. “Ogni ingrediente – spiega – ha un significato, un richiamo storico-valoriale profondo. Bello insegnare qualcosa. Ma è almeno altrettanto bello ricevere. Un’esperienza da ripetere”.
Fanno parte del Tavolo Interreligioso di Roma le seguenti sigle: Centro Islamico Culturale d’Italia, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Diocesi Ortodossa Romena d’Italia, Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, Unione Buddhista Italiana, Unione Comunità Ebraiche Italiane, Unione Induista Italiana, Unione Italiana Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, Vicariato di Roma, AVO.
Il 5 febbraio sono state discusse e approvate nell’aula del Senato tre differenti mozioni presentate separatamente da diverse aree politiche e incentrate tutte sulla valorizzazione delle iniziative legate al giorno della memoria. Si tratta di un importante segnale istituzionale. Il Parlamento (cioè il luogo dove la sovranità popolare viene rappresentata) in sede di dibattito (quindi esprimendo anche opinioni dialettiche) individua un’emergenza nella formazione delle giovani generazioni e fornisce indicazioni operative al governo. Quale emergenza?
“C’è forse il Signore in mezzo a noi oppure no? E venne ‘Amalek…” (Shemòt 17; v 7-8)
Alla fine della nostra parashà la presenza divina in mezzo al popolo si manifesta con tutta la sua regalità: passaggio del Mar Rosso, l’acqua amara che diviene dolce, la manna ecc. ancora una volta il popolo mette in dubbio il Suo sostegno “Hajesh A’ – C’è forse il Signore..”.
Qualche mese fa leggendo il romanzo La moglie del rabbino di Chaim Grade mi ero lasciata suggestionare dalle inattese somiglianze: le fratture all’interno di una comunità ebraica, le polemiche tra rabbini alimentate più dai loro seguaci che da loro stessi, il ruolo della donna nell’ebraismo ortodosso. Va detto, però – come ha fatto notare la traduttrice Anna Linda Callow presentando il libro a Torino – che non c’è bisogno di andare a caccia di somiglianze per rendersi conto di quanto il libro sia attuale: anche se non siamo più nella Lituania degli anni ’20-‘30 del secolo scorso, quel mondo charedì (quello che viene solitamente definito “ultraortodosso”) non chassidico non è affatto scomparso, come talvolta si tende a credere, e ancora oggi, come nel romanzo, è spesso lacerato da fratture, tra cui – tuttora assai rilevante – quella tra sionisti e antisionisti.
Com’è possibile spiegare la vicenda di Samuele G. Artale von Belskoj-Levy, un “finto testimone” della Shoah? Se digitiamo su google il suo nome appariranno nella ricerca innumerevoli video, resoconti ed interviste dei suoi incontri nelle scuole e in altri luoghi pubblici. Un anno esatto fa comparve già su queste pagine un articolo di Gadi Luzzato Voghera il quale spiegava che attraverso il lavoro del CDEC la sua testimonianza era stata considerata dubbia. Come mai allora Artale continuava ad essere invitato dalle istituzioni e a tenere incontri?