L'AGGRESSIONE ALL'UCRAINA E IL RECORD DI NUOVI IMMIGRATI NEL 2022 IN ISRAELE
"Aliyah, cuore del sionismo"
Mentre all'interno della nuova maggioranza alla Knesset ci sono partiti che vorrebbero restringere le maglie della Legge del Ritorno, l'Agenzia Ebraica ha annunciato un nuovo record: nel 2022 sono arrivati “70mila nuovi immigrati in Israele da 95 Paesi diversi, la maggior parte dei quali a causa della guerra in Ucraina”. Da ventitré anni, ha spiegato in una nota l'Agenzia che si occupa di promuovere e aiutare chi vuole fare l'aliyah, non si raggiungeva un numero così grande.
Come era ampiamente annunciato, a determinare l'importante incremento negli arrivi quanto accaduto il 24 febbraio scorso. L'aggressione russa dell'Ucraina ha infatti aperto a un nuovo flusso di immigrazione sia dal paese aggredito sia dall'aggressore: anzi soprattutto dal secondo. Se infatti sono state 14680 le persone arrivate dall'Ucraina in Israele nel 2022, le aliyot dalla Russia sono state oltre il doppio. Per la precisione, fa sapere l'Agenzia Ebraica, 37364. “È stato un anno drammatico che ha enfatizzato il valore della responsabilità interna al popolo ebraico. - ha dichiarato il presidente dell'Agenzia Ebraica Doron Almog ai media israeliani. In questo 2022, ha aggiunto Almog, l'Agenzia “ha contribuito a rafforzare la resilienza delle comunità ebraiche, ha portato decine di migliaia di olim in Israele”. In particolare “salvando migliaia di persone da tutta l'Ucraina e portandole in un porto sicuro, Israele”. “L'aliyah - il pensiero di Almog - è di importanza esistenziale per lo Stato di Israele, sia a livello pratico che morale”. Proprio nelle scorse ore sono sbarcati cento nuovi olim (immigrati) dall'Ucraina. Tra loro il quotidiano Israel Hayom ha raccolto la testimonianza di Ella Smirnova, 76 anni, costretta a fuggire da Odessa, in condizioni di grande precarietà, essendo completamente paralizzata. “Sono costretta a letto e questa guerra ha aumentato il mio senso di impotenza. - il racconto di Smirnova - non vedevo una via d'uscita. Quando sono suonate le sirene dell'allarme aereo, l'unica cosa che mi è venuta in mente di fare è stata quella di nascondermi sotto il lenzuolo. L'unico modo per salvarmi era che qualcuno venisse ad aiutarmi”.
I dati parlano chiaro: a differenza d’Israele dove la popolazione è in continua crescita, le comunità ebraiche della Diaspora da decenni registrano un significativo calo demografico. Come affrontare la questione è uno – se non il – grande tema che si pone davanti all’ebraismo internazionale. Unito a un’altra importante tendenza: rispondere a un for- te desiderio di appartenenza. “Ci sono molte spinte anche in Italia di persone che vogliono appartenere al mondo ebraico in modi differenti. Dobbiamo chiederci se, anche a fronte dei numeri in calo, non sia il momento di ampliare le prospettive. Di aprire ad altri modi possibili di sentirsi ebrei in una società in cui tutto è cambiato, in cui i valori sono liquidi e gli individui si spostano, ma cercano comunque un senso di comunità” sottolineava la sociologa Betti Guetta in un recente incontro a Milano, alla Biblioteca della Fondazione Cdec. Interrogativi che Guetta ha poi girato al suo ospite, il demografo Sergio Della Pergola, professore emerito dell’Università Ebraica di Gerusalemme, che per l’occasione ha presentato i dati dell’indagine sul mondo ebraico europeo commissionata dall’agenzia europea FRA (European Agency for Fundamental Rights) nel 2018. Prima di rispondere su possibili aperture, Della Pergola ha dunque dato un quadro generale del presente ebraico tra Diaspora e Israele. Punto di partenza, l’interrogativo sull’identità ebraica a cui hanno risposto gli intervistati dell’indagine Fra (che ha coinvolto dodici nazioni europee tra cui l’Italia): che cos’è per te l’ebraismo (una religione, una cultura, una tradizione, famiglia…), a cosa ti senti legato (a Dio, al ricordo della Shoah, a Israele…), come ti presenti (haredi, ortodosso, riformato, progressivo, semplicemente ebreo, misto, nulla).
IL GIORNALE EBRAICO DEI BAMBINI E LE RICETTE DELLA FESTA
Chanukkah con DafDaf, otto giorni in cucina
Siamo all'ultimo giorno di Chanukkah e DafDaf, con la sua rubrica "in cucina", propone due ricette, questa volta non tradizionalmente associate alla festa. C'è l'idea dell'olio, ovviamente usato per friggere, e non sono piatti leggeri neppure oggi, ovviamente, ma sarà difficile resistere, soprattutto per i giovani lettori del giornale ebraico dei bambini.
Della mozzarella in carrozza Claudia De Benedetti scrive: "Questo piatto nasce come una ricetta di riciclo per consumare tutto ciò che rimane dal pranzo precedente e trasformarlo in qualcosa di veramente appetitoso. I fagottini dal guscio fragrante e dal cuore filante piaceranno grazie alla loro semplicità, ma se volete realizzare una versione gourmet potete aggiungere all’interno acciughe, pomodori secchi, basilico e pepe nero".
La seconda ricetta, la concia, "È un piatto fritto che non è tipico esclusivamente di Channukà, ma una famosissima ricetta della tradizione ebraica romana, molto usato anche nelle nostre cucine, un contorno semplice e gustoso, adatto ad accompagnare piatti di carne e di pesce o anche a farcire gustosi panini". In altre regioni sono chiamate zucchine "a scapece" o "in carpione", ma l'idea alla base è molto simile, e altrettanto irrestistibile il sapore.
Buone fritture!
Dopo aver acceso i lumi si usa recitare il brano “Hannerot hallalu/questi lumi”. In questo testo, che originariamente si trova nel trattato extra canonico di Soferim (20:6) e successivamente riportato nell’Arba‘a Turim (Orakh Chayym, 676) di Rabbenu Ya‘akov ben Asher (1269-1343) è scritto: “per i miracoli, per le salvezze, per le meraviglie che ha operato ai nostri padri per mezzo dei tuoi Kohanim”. Tuttavia, in alcune versioni si trova scritto anche “ve‘al hamilchamot/ per le battaglie”. Questa espressione dimostra chiaramente che l’accensione della chanukkyà non è stata istituita solo per il miracolo dell’olio come raccontato dal Talmud, ma anche per quello della vittoria militare.