LE PAROLE DEL CAPO DELLO STATO

"Costituzione, la nostra bussola"

Il primo gennaio del 1948 entrava in vigore la Costituzione repubblicana, la carta fondamentale dell’ordinamento giuridico italiano. A ricordare l’immenso significato di quella giornata il Capo dello Stato Sergio Mattarella, nel suo tradizionale discorso di fine anno al Paese, durante il quale ha ribadito come la Costituzione resti “la nostra bussola” e il suo rispetto “il primario dovere, anche il mio”. La Repubblica, ha detto Mattarella, “vive della partecipazione di tutti” ed è questo “il senso della libertà garantita dalla nostra democrazia”. Un valore da preservare anche davanti alle tante sfide del presente, sia interne che esterne. Tra le crisi internazionali citate l’aggressione russa all’Ucraina, oltre alla negazione dei diritti in Iran e Afghanistan.
“Il 2022 – le parole del Presidente – è stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libertà e i propri diritti. Se questo è stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze. La pace è parte fondativa dell’identità europea e, fin dall’inizio del conflitto, l’Europa cerca spiragli per raggiungerla nella giustizia e nella libertà”. Mattarella ha inoltre spiegato di provare “profonda tristezza per le tante vite umane perdute e perché, ogni giorno, vengono distrutte case, ospedali, scuole, teatri, trasformando città e paesi in un cumulo di rovine; vengono bruciate, per armamenti, immani quantità di risorse finanziarie che, se destinate alla fame nel mondo, alla lotta alle malattie o alla povertà, sarebbero di sollievo per l’umanità”. Atti, ha proseguito, la cui responsabilità “ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi”. Consapevoli di ciò, appare pertanto necessario impegnarsi per la diffusione a livello globale di una pace “fondata anche sul rifiuto di una visione che fa tornare indietro la storia, di un oscurantismo fuori dal tempo e dalla ragione”, facendo leva in particolare “sulla forza della libertà” e “sulla volontà di affermare la civiltà dei diritti”. Un qualcosa, il suo pensiero, che è radicato nel cuore delle donne e degli uomini ed è “ancor più forte nelle nuove generazioni”. A testimoniarlo “le giovani dell’Iran, con il loro coraggio, le donne afghane che lottano per la loro libertà, quei ragazzi russi, che sfidano la repressione per dire il loro no alla guerra”.
 

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L'ITALIA TRA I PAESI CONTRARI

"Risoluzione anti-Israele, all'Onu ennesima vergogna"

Con una risoluzione che ha registrato 87 voti a favore, 26 contrari e 53 astenuti l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha chiesto alla Corte internazionale di giustizia di esprimersi sulla presunta “occupazione” e “annessione” di alcuni territori da parte di Israele. Nel documento si parla di “diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione costantemente violato” e si sostiene che Israele starebbe agendo nella direzione di “alterare la composizione demografica, il carattere e lo status” di Gerusalemme. Veementi le contestazioni all’iniziativa del governo israeliano appena insediatosi, anche per il rinnovato disconoscimento dell’ebraicità dell’area del Monte del Tempio (che si definisce con il solo nome islamico di “al-Haram al-Sharif”) in questa e altre sedi. “Come centinaia di altre risoluzioni ‘distorte’ votate nel corso degli anni, anche questa, vergognosa, non sortirà effetti”, le parole del premier Benjamin Netanyahu in un video messaggio diffuso ieri in serata. Per il neo ministro degli Esteri Eli Cohen “questa iniziativa rappresenta un ulteriore errore commesso dalla leadership palestinese, che da anni sostiene e incita al terrorismo e guida il suo popolo in modo tale da danneggiare sia gli stessi palestinesi sia la possibilità di risolvere il conflitto”. Il leader dell’Anp Mahmoud Abbas dal canto suo “ha ringraziato tutti i Paesi che hanno sostenuto la causa palestinese e tutte le parti che hanno lavorato per il successo di questa risoluzione”.
L’Italia è tra gli otto Paesi dell’Unione Europea che hanno votato contro, insieme a Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna. A favore tra gli altri Russia e Iran oltre al blocco dei Paesi del mondo arabo e a maggioranza islamica. Anche quelli con cui Israele ha rapporti diplomatici più o meno consolidati come Egitto, Giordania, Marocco, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Azerbaijan.

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LA NOTA UCEI IN RICORDO DEL PAPA EMERITO

"Ratzinger, un papa che ha seminato per il futuro"

L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane intende esprimere la sua vicinanza a Papa Francesco, ai vertici della Chiesa e all’intero mondo cattolico per la scomparsa del Papa emerito Joseph Ratzinger. Una grande figura di leader spirituale, capace di lasciare un segno profondo con la sua opera, che ricordiamo anche per l’incontro di cui fu protagonista con l’ebraismo romano e italiano varcando la soglia del Tempio Maggiore della Capitale nel gennaio del 2010. Secondo Papa nella storia a compiere un gesto dalla valenza anche simbolica e universale nel solco tracciato 24 anni prima, in una indimenticabile giornata di aprile, da Karol Wojtyla e rav Elio Toaff. Fondamentali, per rafforzare l’impegno comune nel dialogo e nella lotta contro ogni distorsione e pregiudizio, anche la visita al Muro del Pianto a Gerusalemme, nell’anno del giubileo, e poi la tappa ad Auschwitz-Birkenau. Un Papa che ha mostrato coraggio e coerenza nelle sue scelte. Anche alla luce di ciò, sono pertanto profonde la commozione e la riconoscenza nel salutare un personaggio che ha fatto la Storia e seminato le basi per un futuro migliore, non soltanto per la Chiesa.

(Nell'immagine: Ratzinger al Muro Occidentale di Gerusalemme)

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LA TESTIMONIANZA DEL RABBINO CAPO DI ROMA

“Un interlocutore di altissimo livello"

Reazioni e commozione in tutto il mondo per la scomparsa di Joseph Ratzinger.
“Benedetto XVI nel suo pontificato breve ma intenso ha lasciato un segno importante non solo nella sua Chiesa ma nel mondo intero” sottolinea tra gli altri il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni. “L’immagine di sé che proponeva – si legge in una nota – era più quella del teologo, del professore, che quella del pastore. Per questo la sua ascesa al trono pontificio per molti sollevava domande e persino preoccupazioni. Nel mondo ebraico in particolare si temeva una involuzione dottrinale e un rallentamento del dialogo che con Giovanni Paolo II aveva fatto molti passi avanti. Invece è stata proprio la profondità dottrinale che lo caratterizzava a dare forza e strumenti anche nuovi al percorso di amicizia. Benedetto XVI da una parte ha stabilito dei limiti precisi, dall’altra ha mostrato insolite aperture e ha combattuto pregiudizi radicati”.
“Anche dopo il suo ritiro – conclude il rav Di Segni – ha continuato a elaborare il suo pensiero discutendone con rabbini. La notizia della sua morte ci lascia con il rammarico e il rimpianto per la perdita di un interlocutore di altissimo livello, fermo nella sua fede e nelle sue convinzioni, ma disposto all’ascolto rispettoso”.

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LA VISITA AL TEMPIO MAGGIORE DI ROMA DEL GENNAIO 2010

Il papa in sinagoga, un incontro per la Storia

Tra gli eventi più significativi del magistero di Ratzinger la visita compiuta al Tempio Maggiore di Roma, secondo papa nella storia a varcare quella soglia dopo l’appuntamento senza precedenti che aveva avuto per protagonisti Karol Wojtyla e rav Elio Toaff nel 1986. Un toccante omaggio al rabbino capo emerito, raggiunto all’esterno del Tempio, aveva costituito il preludio a questo secondo incontro con l’ebraismo romano e italiano. Numerosi i temi e le complessità sul tavolo: a richiamarle due straordinarie vignette donate a Pagine Ebraiche da Enea Riboldi e riprodotte in quei giorni dalla stampa nazionale. Un’efficace fotografia dei tanti sentimenti di quelle ore.


“La dottrina del Concilio Vaticano II – avrebbe poi dichiarato Ratzinger in sinagoga – ha rappresentato per i cattolici un punto fermo a cui riferirsi costantemente nell’atteggiamento e nei rapporti con il popolo ebraico, segnando una nuova e significativa tappa. L’evento conciliare ha dato un decisivo impulso all’impegno di percorrere un cammino irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia, cammino che si è approfondito e sviluppato in questi quarant’anni con passi e gesti importanti e significativi”. Ratzinger aveva poi rivendicato, nell’arco della sua missione, di “aver voluto mostrare la mia vicinanza e il mio affetto verso il popolo dell’Alleanza”. Sostenendo inoltre che la Chiesa non avesse mai mancato “di deplorare le mancanze di suoi figli e sue figlie, chiedendo perdono per tutto ciò che ha potuto favorire in qualche modo le piaghe dell’antisemitismo e dell’antigiudaismo”.
Quanto alla Shoah, aveva detto, “rappresenta, in qualche modo, il vertice di un cammino di odio che nasce quando l’uomo dimentica il suo Creatore e mette se stesso al centro dell’universo”.

(Nelle immagini: le vignette donate a Pagine Ebraiche da Enea Riboldi)


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IL SUO INTERVENTO IN SINAGOGA

"Rafforziamo insieme la fraternità"

“Il Signore ha fatto grandi cose per loro”
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia” (Sal 126)
“Ecco, com’è bello e com’è dolce
che i fratelli vivano insieme!” (Sal 133)


All’inizio dell’incontro nel Tempio Maggiore degli Ebrei di Roma, i Salmi che abbiamo ascoltato ci suggeriscono l’atteggiamento spirituale più autentico per vivere questo particolare e lieto momento di grazia: la lode al Signore, che ha fatto grandi cose per noi, ci ha qui raccolti con il suo Hèsed, l’amore misericordioso, e il ringraziamento per averci fatto il dono di ritrovarci assieme a rendere più saldi i legami che ci uniscono e continuare a percorrere la strada della riconciliazione. 

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