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20 ottobre 2010 - 12 Cheshvan 5771
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Adolfo Locci, rabbino capo di Padova
Adolfo
Locci,
rabbino capo
di Padova

“Il Signore lo fece uscire fuori e gli disse: guarda il cielo e conta le stelle se puoi contarle. Gli disse: così sarà la tua discendenza” (Bereshit 15:5). Il MaHaRa”M di Lublino (Meir Lublin o Meir ben Ghedalya, 1558-1616) afferma che questa frase rappresenti un invito divino a non fermarsi davanti all’impossibilità di un azione (contare le stelle) ma provare comunque a compierla. Avraham, a priori, tenta di adempiere ciò che gli chiede il Signore, di eseguire la Sua volontà, anche se sa che ciò che gli viene chiesto è impossibile. La promessa che Dio fa al nostro patriarca è che la sua discendenza avrà la sua stessa facoltà: non misurare la volontà in base alla possibilità ma la possibilità in base alla volontà. Un vera volontà porta la persona a scoprire nuove forze che lo possono portare a fare quello che all’inizio gli pare impossibile. Pertanto, per noi ebrei discendenti di Avraham, nessuna Mitzwà è impossibile se c’è una vera volontà che ci muove per adempierla... 
Matilde
Passa,
giornalista


Matilde Passa


Siamo come dischi incisi e chiamiamo conoscenza quella che è semplice ripetizione  (Krishnamurti)

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davar
Qui Milano - Assemblea verso il Congresso
vignettaIl 7 novembre si avvicina e così è tempo di prepararsi per la nuova tornata elettorale. In gioco l’elezione degli 11 delegati che la Comunità di Milano porterà al Congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane di dicembre, insieme ai sette già designati dal Consiglio. Le due liste, Milano per l’Unione e Unità Ebraica, si sono presentate durante un’assemblea caratterizzata da una partecipazione di pubblico molto scarsa. Dato rilevato con una certa preoccupazione da entrambe le compagini, oltre che da alcuni presenti, “che dimostra come l’UCEI sia percepita come qualcosa di molto lontano rispetto alla nostra Comunità” ha sottolineato il presidente della Comunità Roberto Jarach durante il suo intervento introduttivo. “Questo tipo di percezione deve cambiare. Mi sembra invece di poter affermare che il dato positivo sia il superamento della conflittualità che aveva caratterizzato le precedenti elezioni”. Le due liste infatti seguono in qualche modo le differenze tra la maggioranza e l’opposizione nel Consiglio della Comunità, ma vanno anche oltre. Così Milano per l’Unione presenta, oltre al capolista Giorgio Sacerdoti, tre assessori Milo Hasbani, Daniele Nahum e Daniele Cohen, un consigliere di minoranza Roberto Liscia, e poi Giorgio Mortara e Annie Sacerdoti. Di Unità ebraica, guidata dal consigliere Walker Meghnagi, fanno invece parte Sara Modena e Daniela Zippel, anche loro nel Consiglio della Comunità, poi Luisa Grego Arbib, David Nassimiha, Leone Mevorah, Marco Ottolenghi. In effetti durante il dibattito presieduto da Riccardo Hoffman, consigliere UCEI uscente, le posizioni delle due liste non si distanziano. Sia pure con “qualche sensibilità diversa”, i due capolista Giorgio Sacerdoti, e Walker Meghnagi presentano punti simili. “L’UCEI è cresciuta molto negli ultimi anni, sia dal punto di vista della rappresentanza esterna, che da quello dell’attività interna, ma il suo ruolo deve essere ulteriormente incrementato secondo alcune linee guida - ha spiegato il professor Sacerdoti, docente di diritto internazionale all’Università Bocconi, e membro della Commissione che studiò l’Intesa tra Comunità ebraiche e Stato italiano. “Tre sono le direttive lungo cui riteniamo sia importante muoversi, un ripensamento della ripartizione dell’Otto per Mille, una valorizzazione del ruolo attivo dell’UCEI come rappresentante dell’ebraismo nella società civile, e la riforma dello Statuto, che allo stato attuale non ci convince”. “Sottoscrivo tutto quello che ha detto Giorgio, e penso che tutti insieme potremo fare buone cose – gli ha fatto eco Walker Meghnagi, imprenditore già presidente nazionale del Keren Hayesod – Forse su alcuni temi possiamo avere un approccio differente, ma tutti dobbiamo andare a Roma per dare voce ai problemi dell’ebraismo milanese, così come a diverse istanze nazionali, alla pari e con forza. I fondi Otto per Mille, il sostegno alle piccole Comunità, la possibilità di accedere a finanziamenti pubblici per le nostre scuole… Dobbiamo essere pronti e uniti”. La serata si è così trasformata in un’occasione di confronto tra le due liste, i delegati designati dal Consiglio, e i due consiglieri UCEI uscenti Hoffman e Ortona, per scambiarsi idee e proposte concrete. Come quella di dare vita, dopo il 7 novembre, a un tavolo tecnico sui temi del Congresso per arrivare a Roma preparati, che è stata accolta con favore da tutti i presenti.

Rossella Tercatin

Qui Firenze - Haaretz e la democrazia partecipativa 
HaaretzApproda sulle colonne del quotidiano israeliano Haaretz, che dedica alla vicenda un lungo articolo di approfondimento, l’esperimento di democrazia partecipativa organizzato dall’amministrazione comunale fiorentina per lavorare al nuovo volto della città insieme ai suoi abitanti. Cento i luoghi identificati da Palazzo Vecchio per una nuova Firenze, più funzionale e adatta alle esigenze dei cittadini, e cento le assemblee popolari che si sono svolte in quei luoghi. Uno di questi incontri, recentemente ospitato nelle sale delle Comunità ebraica, ha avuto come argomento di discussione il futuro utilizzo extraliturgico della sinagoga, che proprio l’attuale amministrazione comunale ha contribuito in modo decisivo a restaurare e illuminare, e delle altre strutture di proprietà della collettività ebraica fiorentina. Nel corso della serata, coordinata da Sara Funaro e Marta Fallani, erano state lanciate numerose proposte. Tra i punti ritenuti prioritari dai partecipanti, una migliore cartellonistica nelle strade adiacenti al Tempio, il coinvolgimento delle tante scuole americane presenti in città, una maggiore caratterizzazione ebraica del quartiere soprattutto in vista del centocinquantenario dell’Unità di Italia e l’inserimento del giardino della sinagoga e della vicina piazza d’Azeglio tra le location dell’Estate Fiorentina con concerti e altre iniziative culturali a carattere ebraico.

A.S.

16 ottobre, Yad Vashem: il discorso di Vito Anav 
Segue il testo del discorso del presidente dell’Irgun Olei Italia, Vito Anav, pronunciato allo Yad Vashem durante le celebrazioni del 16 ottobre: “Nella catena del ricordo ogni generazione è particolare, trae infatti la sua memoria dalla precedente e trasmette il ricordo alla successiva. Alcune generazioni hanno una collocazione netta: sopravvissuti, loro figli, nipoti, ecc. Non sempre viene presa in considerazione un’altra generazione, una mezza generazione spuria, quella alla quale appartengono i cinquantenni di oggi. Siamo nati da figli della Shoah, perseguitati non deportati, che se così fosse non avrebbero avuto via di scampo e non sarebbero potuti diventare genitori. A otto, dieci anni non si usciva vivi da Auschwitz.
Siamo nati figli della Shoah che erano troppo giovani per capire appieno la tragedia che stavano vivendo, troppo giovani per ribellarsi, per combattere, troppo giovani per fare qualunque cosa che non fosse un subire passivamente, senza capirlo appieno lo sconvolgimento che stavano vivendo.
»

Vito Anav, presidente dell’Irgun Olei Italia


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pilpul
Ancora sul negazionismo
pubblicoIl dibattito sulle possibili misure da prendere per fronteggiare il pericolo del negazionismo, riacceso dalla squallida e triste vicenda dell’Università di Teramo, ha registrato una molteplicità di proposte, voci e pareri discordanti, tanto da indurmi a tornare sull’argomento (già oggetto del mio Pilpul di mercoledì scorso).
Come ho avuto modo di osservare, non c’è dubbio che il lugubre fenomeno vada contrastato con tutti i mezzi, per evitare un  pericoloso inquinamento morale dei nostri valori e della nostra civiltà. La proposta - avanzata da Riccardo Pacifici, e subito accolta favorevolmente dai presidenti delle due Camere e da un ampio schieramento di personalità del mondo politico e della società civile - di introdurre anche nel nostro Paese una sanzione legale per questo genere di abietta mistificazione, va senz’altro nella giusta direzione, ed è certamente meritevole della massima considerazione. Restano anche, però, delle sensate obiezioni, scaturenti dai legittimi dubbi riguardo all’efficacia e alla necessità di una nuova misura penale ad hoc, volta ad arricchire ulteriormente il nostro già affollato calderone normativo. “Corruptissima re publica, plurimae leges”, annotava il saggio Tacito: uno stato serio non ha bisogno di sempre nuove leggi, ma solo di far funzionare quelle esistenti. Potrebbe essere quindi sufficiente, a mio avviso, applicare la vigente norma sanzionante l’incitamento all’odio razziale, magari integrandola con una postilla atta a puntualizzare che esso va punito in qualsiasi modi si manifesti, “compresi l’oltraggio o la negazione della memoria storica”. Sarebbe così superato ogni dubbio interpretativo, e il negazionismo potrebbe andare punito (cosa, a mio avviso, che sarebbe già possibile, comunque, secondo la legislazione vigente) per quel che è, ossia un’apologia di reato e un’istigazione all’odio e alla sopraffazione razziale.
Del tutto fuori luogo, fra le voci levatesi contro l’introduzione di un reato specifico di negazionismo, appaiono, invece, i richiami alla libertà di pensiero, che, secondo alcuni, dovrebbe andare comunque e sempre tutelata. Tra la libertà di pensiero e il negazionismo c’è lo stesso rapporto che intercorre tra l’amore  e lo stupro, e la parola ‘libertà’ dovrebbe essere usata con maggiore prudenza e ponderazione, soprattutto quando si parla (come nel caso teramano) di educazione dei giovani: esiste la libertà di corrompere i giovani, la scelta di allevare nuove generazioni di neonazisti va tutelata come un atto di libertà? Un utile suggerimento, da questo punto di vista (anche al fine di superare le eventuali perplessità di fronte a quello che potrebbe essere visto come un eccesso di intervento legislativo), potrebbe essere quello di una circoscrizione del reato alle sole ipotesi di negazionismo effettuato in ambito didattico: il più ripugnate, il più insidioso, quello di fronte al quale nessuno, ma proprio nessuno, potrebbe avanzare obiezioni in nome della libertà di coscienza.
Del tutto inutile e inopportuno, infine, contraddire le tesi di questi signori ricordando dati, testimonianze, numeri, così accettando, in pratica, un terreno di discussione surreale, che deve essere assolutamente evitato. Per confutare i negazionisti, d’altronde, basta richiamare la loro stessa esistenza: negano che qualcuno abbia odiato gli ebrei al punto da assassinarli in massa, ma lo fanno esprimendo quel medesimo odio di cui  - affermandolo - negano l’esistenza. È la stessa sulfurea coerenza di Ahmadinejad: “non è vero che Hitler ha ucciso sei milioni di ebrei, quindi lo faccio io”. ‘Affermazionisti’, più che ‘negazionisti’.

Francesco Lucrezi, storico

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notizieflash

Il ricordo di Yitzhak Rabin
Gerusalemme, 20 ottobre

rassegna stampa
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L’Herald Tribune, a seguito di un’indagine demoscopica sulle conoscenze in ambito religioso degli americani, osserva che, dopo la guerra, anche religiosa, scatenata contro l’Occidente da Bin Laden, l’ignoranza dei cittadini in materia è drammatica: circa il 50 per cento ignora che il Corano è il libro sacro dei musulmani, oltre il 50 per cento dei protestanti non sa nulla di Lutero e il 40 per cento degli ebrei ignora che Maimonide fu un grande della cultura ebraica. » 

Emanuel Segre Amar

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